Melaverde

Le Marche e le sue tradizioni familiari

È ora di pranzo. La sala dell’osteria è piena. Immaginate la sua cucina con pentole sul fuoco, via vai di personale che fa saltare pappardelle alla lepre in padella, chiama, smista, infarina, taglia. Immaginate di essere dentro un film, mentre la macchina da presa lentamente passa attraverso questa cucina, con il personale come attori che lavorano, sminuzzano prezzemolo, friggono, impiattano. E la stessa macchina da presa ancora più lentamente si avvicina verso il fondo della cucina inquadrando una bambina seduta su due pentole a fare da poltroncina. Questa bambina in per riproporre i piatti della tradizione puntando tutto sull’importanza di tornare ai sapori, ai gusti e ai valori che la gastronomia del territorio rappresentava come collegamento forte con l’agricoltura, l’allevamento e la viticoltura dell’entroterra marchigiano ricco di prodotti e valori inimitabili. Ritrovò anche durante la ristrutturazione dei muri antiche scritte e disegni di cibo, riconducibili a tempi passati. Ed è da questi disegni che Martina ha deciso di ripartire, dalle origini dei sapori, quelli del ricordo, delle cose buone fatte a mano con passione utilizzando i prodotti acquistati solo da allevatori e agricoltori del territorio per valorizzare e promuovere le tipicità del territorio come elemento di riconoscibilità della città di Fano. Martina guardava sua mamma Cinzia in cucina, ancora oggi impegnata ai fornelli dell’osteria, crescendo tra sapori ed odori, apprendendo tutti i trucchi ed i segreti della cucina marchigiana fino a diventarne oggi la titolare. L’Osteria, riaprendo i ricettari di una volta, propone ciò che si mangiava allora: gli stessi piatti tradizionali delle nonne e delle zie quando la domenica mattina, di buon’ora, si apprestavano a fare sughi e pasta fresca. Le pietanze preparate e servite, oggi come allora, sono il coniglio cotto al forno con il finocchietto selvatico, la , carne di vitellone cotto a lungo con sugo al pomodoro, tenero e dal sapore unico, servito col suo sughetto di fondo, le fatte con la farina di polenta abbinate a fagioli, salciccia e cotiche (piatto proposto all’Expo di Milano nel 2015), detto “pasta dei poveri” perché fatta nelle case dei contadini e nata come piatto di recupero dalla polenta – era l’eccedenza della polenta. Il venerdì si propone il pesce: con patate, , , che anticamente veniva preparato dai pescatori direttamente sulle barche con il pesce troppo piccolo o non adatto al mercato.

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