I nuovi tartufi
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I nuovi tartufi - Francesco Domenico Guerrazzi
Project Gutenberg's I nuovi tartufi, by Francesco Domenico Guerrazzi
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Title: I nuovi tartufi
Author: Francesco Domenico Guerrazzi
Release Date: January 13, 2009 [EBook #27791]
Language: Italian
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Produced by Carlo Traverso, Claudio Paganelli and the Online Distributed Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was produced from images generously made available by The Internet Archive)
SCRITTI
DI
F.-D. GUERRAZZI.
I NUOVI TARTUFI.
RACCONTO.
FIRENZE. FELICE LE MONNIER.
1847.
I NUOVI TARTUFI.
«Questa fu la sua fine: ecco le sue virtù. O Muzio, noi rendiamo omaggio a te che fosti così operoso membro delle nostre adunanze fraterne, egregio sposo, ottimo padre, eccellente amico, dei poveri soccorritore larghissimo, consolatore degli afflitti….. Tu non corresti mai dietro alla gatta altrui se non era più bella della tua. Tu non divorasti mai i tuoi figliuoli come Saturno, e solo consentivi che il tuo padrone li affogasse onde non assottigliassero il tuo mangiare. Animoso difensore della verità, tu avresti dato per lei la vita se tu ne avessi avuto due. Benefattore dei poveri, ponevi da parte per loro le teste dei pesci quando ti eri sazio dei corpi. O amici, sforziamoci imitare questo filogatto, onde essere degni un giorno di lasciarci dietro simili desiderii. Intanto, dormi in pace, o Muzio, e la terra ti sia leggiera.»
HOFFMANN, Orazione funebre del gatto Muzio.
«Da quel caso in poi la mia infanzia scorse per una sterilità spaventevole di sensazioni….. ed io soprattutto m'irrito contro gli stupidi genitori che assettano i loro figli negl'Istituti ove tutte l'educazioni di natura diverse sono tagliuzzate sopra il modello medesimo.»
HOFFMANN, Manoscritto del gatto Murr.
Mi stese la mano,—come tutte le sere quando io lo lasciava sopra la soglia della sua casa dopo avere percorso più miglia lungo il lido del mare silenziosi e mesti.
Giovani entrambi, quantunque d'indole, di corpo e di voglie affatto diverse, una invincibile tristezza ci univa finchè gli durò la vita, la quale fu breve e senza gioie: egli rassegnato, io ribellante; egli mansueto, almeno in sembianza, io iroso; egli sazio del presente, disperato del futuro, io dell'avvenire fidentissimo, e cupido d'impadronirmi del tempo; egli argomentatore per via di formule, io pieno di fantasimi; egli pauroso di darsi in balía delle immaginazioni, io non che inchinevole, lieto di lasciarmi trasportare dal torrente della fantasia; egli biondo e di sguardo azzurro e tranquillo, io nero e bieco: e nonostante, la tristezza comune ci tenne uniti. Così ai tempi del Terrore in Francia il taglio del ferro congiunse in fondo della paniera con bacio sanguinoso la testa del nobile e del plebeo, del bello e del brutto, dell'animoso e del codardo!
Mi stese la mano con la quale egli soleva stringere la mia,—più forte se alla stretta non aggiungeva parola;—meno forte se l'atto accompagnava con un saluto di addio, o con un desiderio di rivedermi il giorno veniente.
Povero amico! l'amarezza infinita che contristò tuoi pochi giorni non poteva trovare conforto nel mondo, però che non derivasse da obietti o da casi esteriori, ma sì da incognita, interna, ed arcana scaturigine del cuore; e come se sapesse che presto avrebbe abbandonato la vita, così per averla maggiormente in odio pose ogni studio a inacerbire i disagi fisici e morali, come se essi non fossero di per se medesimi abbastanza incomportabili.—Nonostante a lui piacque così; e quantunque di beni largamente provvisto, egli sempre repugnò adoperarli se non in quanto i bisogni più urgenti della vita desiderassero. Sofferse il freddo, sprezzò ogni comodo, fu schivo di masserizie eleganti e di arnesi leggiadri. A un tratto parve talentarsi di libri, e ne acquistò dei rari; all'improvviso si rimase, per paura che questa passione lo vincesse, ripetendo il detto dell'Ecclesiaste: nella molta scienza è molta angustia, e tutto è vanità ed afflizione di spirito.—Nelle vesti procedè squallido oltre il dovere, se togli i pannilini che costumò sempre candidissimi ed eletti. Però temendo che da simili abitudini non gli venisse fama di miseria, tenne usanza di comprarsi panni finissimi e ordinarsi vesti secondo correva il costume; e se il sarto glieli portava, ei li chiudeva negli armarii senza darvi più caso; se poi il sarto non li portava, ed ei li dimenticava.—Un vero santo Simone Stilita, che logorò i suoi giorni in cima alla colonna. Nella notte che trapassò a sorti migliori (e fu di mezzo agosto), essendo io solo dei suoi amici rimasto in camera con lui, aiutato dai servi lo vestii nobilmente di pantaloni bianchi di rara tela russa, sottoveste di raso operato, abito di bel panno turchino con bottoni di oro, camicia e fascetta di battista, e tutto il corredo come se aspettasse in riposo l'ora di andarsene al ballo. Invero anche nella morte era bello; ed egli parve desiderarla come il pellegrino stanco l'ombra dei platani paterni cresciuti su le sponde del rivo.—E dico parve; perchè un giorno,—pendendo uno specchio alla parete di faccia al letto in cui giaceva, e alla porta per la quale io entrava,—mi soffermai a contemplarlo nello specchio, e vidi che piangeva.—Certo io non saprei ben dire se piangesse il fiore della giovanezza perduta, o per tedio che la morte ritardasse tanto a scuoterlo giù dall'albero della vita; pure dacchè stava in potestà sua concluderla, e il modo nè il coraggio gli mancavano, dubito nol facesse per amore della esistenza, dalla quale, per quanto sappiamo, non ci