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Una condanna Infinita.
Una condanna Infinita.
Una condanna Infinita.
E-book291 pagine3 ore

Una condanna Infinita.

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Info su questo ebook

La vita carceraria e le emozioni di un uomo, Jack N., arrestato all’età di 23 anni, e dopo 46 anni … ancora detenuto. La funzione svolta dal carcere è stata ed è vendetta, e non giustizia, senza dare quella possibilità di recupero sancita dalla Costituzione.
Ma è destino perché solo così, nel dolore, Jack ha l'opportunità di affinare le sue attitudini, il Dono offertogli dalla Luce Infinita: spaziare nel tempo con dei viaggi astrali extra-corporei. In questi viaggi Incontra entità che gli hanno trasmesso la vera concezione della VITA: vivere, con l’AMORE nel cuore per tutti gli esseri della Terra.
LinguaItaliano
Data di uscita10 ago 2015
ISBN9786050404630
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    Anteprima del libro

    Una condanna Infinita. - Micaela Forza

    Micaela FORZA

    UNA CONDANNA INFINITA - 46 ANNI NELL'INFERNO

    UUID: f9b23046-3f39-11e5-99f8-119a1b5d0361

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write (http://write.streetlib.com)

    un prodotto di Simplicissimus Book Farm

    Indice dei contenuti

    Prefazione

    L'ARRESTO

    LA VEGGENTE

    INIZIAZIONE

    RIVOLTE

    LA RIVOLTA DI NOTO

    CIVITAVECCHIA

    CORSA SPECIALE

    EVASIONE DA VILLA BOBO'

    L'INFILTRATO

    I MIGLIORI SE NE VANNO

    ALGHERO

    ASINARA

    CASO MORO

    DISTRUZIONE DELLA DIRAMAZIONE FORNELLI

    I MAMMASANTISSIMA

    BADU 'E CARROS

    SI RICOMINCIA

    MATTANZE

    SCIOPERO DELLA FAME

    L'IMBRANATO

    AREA OMOGENEA

    SPECIALE DI CUNEO

    CANI E PORCI

    SUICIDI

    PORTO AZZURRO

    41 BIS

    UN’AMICA

    L'AGGUATO

    ED ORA

    L'ALTRA FACCIA DELLA MEDAGLIA

    IL SANTO RIBELLE

    IL SOGNO

    LA REALTA'

    IL CARCERE

    LE MIE SENSAZIONI

    RESURREZIONE

    SI PUO' CONOSCERE IL PROPRIO DESTINO

    IL DESTINO

    LA VERITA'

    CASTELLI IN ARIA

    LA SVOLTA

    COL SENNO DI POI

    UNA CONDANNA INFINITA

    Lettera n°1

    Lettera n°2

    Lettera n°3

    LA RESA DEI CONTI

    I MIEI RAGAZZINI

    CHEMISE LA MIA REGINA

    L'IMPATTO CON LA LIBERTA'

    I MIEI DUBBI

    IL PERMESSO

    RIFLESSIONI

    SCARCERAZIONE

    LA RINASCITA IMPOSSIBILE

    BELTA' CELESTIALE

    UNA VITA GIA' VISSUTA

    LA CARTOMANTE

    I CAPRICCI DEL DESTINO

    IL DESTINO E’ CONTROLLATO DAL FATO

    LE MIEI VISIONI

    SISTEMA INFAME

    PER CONCLUDERE

    IN CONCLUSIONE

    Postfazione

    O Signore,

    tu hai visto i

    miei errori, 

    giudica

    tu la mia causa

    Prefazione

    Questo manoscritto inizialmente non era altro che un diario dove annotavo scrupolosamente gli avvenimenti salienti della mia vita carceraria.

    Quindi fu inizato moltissimi anni fa, ed infatti si denota nello scritto la crescita che ho avuto sia umanamente che spiritualmente.

    Poi subentrò la chiaroveggenza, anche se da sempre ho avuto sentore della mia sensibilità, mai avrei creduto che io potessi spaziare nel tempo con dei viaggi astrali extracorporei, a dir poco straordinari, facendomi capire e vedere la realtà delle cose.

    Facendomi incontrare durante i miei viaggi extracorporei con determinate entità che mi aprirono gli occhi, facendomi capire che il mio cammino non era stato altro che una scelta della mia coscienza.

    Tutte le svolte importanti che ho avuto e che avrò durante il mio percorso erano già state programmate da molto tempo, ancora prima di affacciarmi in questa vita, a me era stato concesso solo di vivere determinati momenti della mia vita con molto anticipo, perchè io li ho cercati dentro di me.

    Tutto ha una logica: - L'amore, l'odio, la sofferenza, l'impulsività, la determinazione......, ogni componente del mio carattere servono a far si che io reagisca, dando ogni volta che necessitano le svolte necessarie al mio lungo ed interminabile percorso.

    Anche la mia sensitività ha uno scopo ben preciso, quello di anticiparmi gli eventi, per farmi capire che ogni percorso della mia vita era già stato programmato e quindi avrebbe dovuto avere una logica, un significato ben preciso.

    Anche alcuni miei scritti sono stati espressi con una certa rapidità, che io stesso ne rimanevo sbalordito, anche per gli argomenti che venivano trattati, sembravano dettati da altri, dall'entità che mi circondavano in quel momento.

    Infatti quando rileggevo quello che avevo scritto rimanevo perplesso, mi chiedevo cosa mi avesse spinto a scrivere delle cose così precise.

    Tante azioni le avevo viste io stesso, o per dir meglio le avevo vissute precedentemente quando io spaziavo nel tempo, ma le altre?

    Quello che asserisco, tutte le azioni che ho descritto, sia i conflitti che le evasioni, come le altre svolte importanti della mia esistenza, io le avevo già vissute precedentemente, proprio come io le ho descritte, percependo tutte le sensazioni di quei momenti.

    Ma i Siriviti, gli abitanti degli abissi dei mari, le città nel sottosuolo di Marte, gli extraterrestri della quinta Galassia, la spaccatura dell'Italia, la terza guerra mondiale, tutti quei sermoni di morale e di ammonimento, chi mi aveva spinto a trattare questi argomenti?

    Qualcuno e senz'altro più di uno, leggendo questo mio manoscritto dirà: <>.

    Ed avrà mille ragioni di essere sarcastico, perchè mentre parlo di amore, di bontà, di umiltà, di misericordia, subito dopo parlo con una certa facilità di morte, di castigo e di vendetta.

    E' una contraddizione vera e propria.

    L'intera vita di ognuno di noi è fatta di alti e bassi, di amore e di odio, di altruismo e di egoismo, di vita e di morte.

    Si può ammazzare in mille modi, anche non direttamente, anche non fisicamente, anche con un solo gesto di egoismo, di menefreghismo, tutti noi abbiamo cooperato alla disfatta totale, alla distruzione totale, all'apocalisse, anche rimanendo passivi facendoci gestire la propria vita da quei pochi che ci stanno conducendo al supplizio totale.

    Voi non vi state rendendo nemmeno conto di quello che avverrà, sarà una cosa spaventosa, immane, apocalittica, e tutto questo non lo vuole certamente Dio, la Luce, l'Amore, come quattro ciarlatani stanno farneticando da tempo, ma l'uomo e solo l'uomo.

    Non ci sarà nessun Giudizio Universale, la Luce, l'Immenso non giudicherà nessuno, sarà la vostra coscienza che vi giudicherà, sarà il rimorso della vostra coscienza, che un giorno vi stritolerà, siete voi stessi che giudicherete la vostra malvagità che vi tormenterà in Eterno.

    Avete costruito un sistema assurdo che non lascia nemmeno il tempo di riflettere sui propri errori, di meditare sulle sventure degli altri, di ingrandire l'amore che invece si affievolisce sempre più dentro di noi.

    Quei quattro sporchi soldi che voi date in beneficenza, non servono nemmeno per dare una carezza a tutte quelle anime innocenti che muoiono di fame, non servono nemmeno per asciugare gli occhi a quelle donne che vengono lapidate tutt'oggi tra l'indifferenza del mondo intero, o di tutta la gente che voi ammazzate tutti i giorni in mille modi diversi con le vostre sporche guerre.

    Occorrerebbero milioni di volumi per descrivere tutte le atrocità che ha commesso e che sta commettendo l'uomo tra l'indifferenza degli altri.

    Capi di Stato, uomini di governo, dittatori, principi, re, imperatori, papi, e religioni, tutti vi siete macchiati di sangue, usurpando il nome di Dio e del vostro popolo.

    Di Madre Teresa di Calcutta ce ne sono state ben poche con l'amore per gli altri per la natura e tutti gli animali.

    Privilegiate continuamente chi è più ricco e fortunato di altri.

    Insegnate da subito ai vostri piccoli la violenza con la vostra tv.

    Vi dovreste vergognare, siete esseri spregevoli, andate nel Biafra, andate dove per ogni battito di ciglia muoiono fra stenti e sofferenze atroci tanta povera gente.

    Vergognatevi per le vostre sporche guerre o uomini miserabili, che privilegiate solo una minima parte della popolazione mondiale trucidando tanti altri.

    Un giorno sarete schiacciati dalla vostra coscienza che non vi darà pace in Eterno.

    L'ARRESTO

    Era la sera del 14 Novembre 1967, quando entrai a far parte di quel mondo oscuro e repressivo, che terrorizzava anche il più incallito criminale.

    Poche ore prima ero stato arrestato dalla Polfer sul quarto binario della stazione di Alessandria, dove attendevo il treno che mi avrebbe portato a Genova, dove intendevo imbarcarmi per nuovi lidi.

    Una voce fastidiosa mi scosse dal mio torpore, mi diceva di spogliarmi nudo e di mettere sul tavolo tutti gli oggetti personali.

    Fu allora, che i miei occhi caddero sulle lancette dell'orologio, segnavano le 17 ed 8 minuti di quel fatidico martedi di 37 anni fa.

    Mi tolsero tutto, vestiario, oggetti affettivi, lasciandomi nudo come un verme, spogliandomi anche l'anima.

    Solo dopo un pò, quando stavo rabbrividendo, qualcuno mi passò della biancheria puzzolente di muffa, dicendomi di vestirmi.

    La chiusura della cella e lo sbattere con forza del blindato, mi fece sobbalzare, e solo in quel momento capìi che mi trovavo da solo in una cella angusta, dove c'era a malapena un pagliericcio, un piccolo lavabo e dietro un muretto vi era un gabinetto alla turca.

    Ero in piedi con le spalle al cancello, non mi rendevo ancora conto di dove fossi, scrutavo ogni angolo di quella cella semibuia come alla ricerca di qualcosa.

    Ero frastornato, stordito, non mi rendevo conto di quello che era successo.

    Feci un paio di passi e mi lasciai cadere su quel fetido pagliericcio, umido e appiccicaticcio.

    Mi sedetti prendendomi la testa fra le mani: <> mi chiedevo continuamente:<>.

    La mia mente era un vulcano in eruzione, i pensieri si accavallavano, volevo capire, le domande erano tante ma non avevano risposta.

    LA VEGGENTE

    Eppure 7 anni prima una veggente mi aveva messo sull'avviso.

    Avevo 16 anni, quando quel pomeriggio feci ritorno a casa, trovando con mia madre e mia sorella una donna vestita di nero.

    La conoscevo di vista, nel mio paese nativo era conosciuta come Nduscendera l'indovina.

    Quel giorno ero sereno, spensierato, come qualsiasi ragazzo della mia età, che viveva in una famiglia di agricoltori, orgogliosa e soddisfatta di quello che produceva la loro terra.

    Appena entrai in casa, incrociai lo sguardo di mia madre, che mi invitava in cucina dove accanto alla stufa s' intratteneva con questa donna, che m'incuteva un certo che d' inquietudine e di allarmismo.

    Nduscendera mi guardò insistentemente, poi tirando fuori di tasca un mazzo di carte cominciò a mescolarle, mise le carte sul tavolo e fissandomi negli occhi mi disse: <<Taglia!>>.

    Io guardai mia madre come per dirle: Ma cosa vuole questa?.

    Mia madre che intuì il mio messaggio, mi anticipò dicendomi: <>.

    Io ero un ragazzo vivacissimo con i piedi ben saldi per terra e non credevo minimamente a nulla, se non a quello che vedevo, quindi non ero un credulone e lo manifestai con ampi gesti.

    Ma per tutta risposta Nduscendera mi guardò serafica e m'invitò di nuovo a tagliare il mazzo di carte, smazzai con una certa ilarità.

    Nduscendera dopo aver messo sul tavolo 9 carte, con un certo sincronismo e con una cantilena infantile incominciò a leggere le carte, dicendomi: <>.

    Dopo una lunga pausa, riprese: <>.

    Poi ancora: <

    Diventerai potente, famoso e pericoloso, ed incuterai terrore, ma nonostante tutte queste peripezie, morirai nel tuo letto all'età di 87 anni>>.

    Sarà stata la sua serietà o da come scandiva le parole, che mi fece scoppiare in una fragorosa risata.

    Ma Lei senza scomporsi più di tanto mi rispose: <>.

    INIZIAZIONE

    Ed ora ero seduto sulla brandina, in una cella buia e tetra, con la testa tra le mani, cercando di ricordarmi nei minimi particolari quello che mi aveva predetto Nduscendera 7 anni prima.

    Eppure solo poche ore prima, alle 8 e 15 di quel fatale giorno, avevo lasciato una donna morta di traverso sulla scala di un condominio, uccisa da me con alcuni colpi di pistola.

    Dopo tutto non volevo arrivare a tanto, non desideravo la sua morte, anche se ha fatto di tutto per cercarsela, a cosa serve ora capire o parlare del perchè di questo tragico epilogo, certamente non voluto da me.

    Ma ormai quello per me era come un film già visto, perchè mi ritornò in mente la profezia che mi aveva predetto la veggente, nella mia mente in quei 7 anni avevo steso un velo.

    Non mi disperavo per quello che avevo fatto, non mi chiedevo nemmeno cosa mi avesse portato a compiere un gesto così tragico, perchè solo ora capivo che la profezia era sempre stata, anche se incosciamente, parte di me in quegli anni, e che io senza rendermene conto per ben due volte negli anni precedenti ho cercato di sfatarla.

    Precedentemente mi ero ribellato a questo fato, finchè non giunse l'ora esatta e tutto si compì in pochi secondi.

    <>.

    La mia stessa voce mi fece sobbalzare.

    Tra l'inferriata della piccola finestra della cella si intravvedevano le prime luci dell'alba.

    Lo spioncino del blindato si aprì di scatto, girai la testa come un automa, vidi nella penonbra una testa che mi scrutava ed una voce che mi diceva: <cavallina è lunga>>.

    E subito dopo uno sbattere forte dello spioncino e un tintinnio di chiavi che si allontanavano, accompagnate da una risata sguaiata e beffarda.

    Il tempo scorreva lentamente, cercavo di capire in che mondo ero stato introdotto.

    Non riuscivo ad ambientarmi, vedevo giovani della mia età che scherzavano e ridevano, invece io me ne stavo appartato in un angolo del cortile, durante l'ora d'aria, con le spalle al muro, scrutando quel piccolo spicchio di cielo che si intravvedeva.

    Eppure non ero uno sprovveduto, sapevo che la cavallina sarebbe stata lunga e mi dovevo adattare, come mi ero ambientato qualche anno prima durante i due anni di vita militare trascorso in Marina.

    Prima di mettere piede in questo mondo ogni qualvolta che parlavamo del carcere, c'era uno che diceva sempre le stesse parole: <>, ed ora al ricordo di quelle parole rabbrividìi.

    Io non appartenevo a quell'ambiente malavitoso.

    Alcuni anni prima, interrotti gli studi me ne andai dal mio paese natìo emigrando in Nord Italia, erano i primi mesi del 1962, inizialmente, trovando lavoro a Milano e dopo qualche anno stabilendomi definitivamente in Piemonte.

    Ero giovane, il lavoro non mi mancava, vivevo discretamente, riuscivo pure a mettere da parte qualche soldo, le ragazze non mi mancavano e mi divertivo con poco come quelli della mia generazione, una corsa in moto e qualche salto in qualche dancing.

    Ma non conoscevo nessuno della mala, sapevo ben poco di loro, delle loro regole e del loro modo di fare.

    Ma ero molto sveglio, e il mio senso di lealtà che mi distingueva, incominciava a far breccia in quell'ambiente diffidente.

    Imparai presto le loro regole, alcune le trovavo sacrosante, altre solo opportunistiche.

    Queste ultime le contestavo apertamente.

    I primi anni sono stati abbastanza duri, anche perchè mi scontravo sempre con la custodia.

    Mi ero congedato da poco ed avevo ancora il senso pratico del cameratismo, e così organizzai la cella in cui vivevo.

    Eravamo in 6, in una cella che a malapena potevano convivere 2 persone.

    Durante i primi giorni notavo che erano disorganizzati, ognuno provvedeva per se, anche con un certo egoismo, pur vivendo 22 ore su 24 nella medesima cella, mancava quell'unione e quella fratellanza che contraddistingue una camerata.

    Bastò poco tempo, anche perchè eravamo tutti giovani, e diventammo una camerata compatta, cosa che dava fastidio ai secondini.

    Dopo pochi mesi ero considerato a tutti gli effetti uno di loro, diventando in seguito un loro trascinatore.

    Le nostre giornate erano cortissime, 2 ore d'aria e il resto della giornata sepolti vivi in una cella di pochi metri, senza avere la possibilità di fare qualcosa, qualsiasi cosa pur di riempire quelle giornate: lunghe, noiose, monotone e inutili.

    Tutto ci era vietato, in alcune carceri non potevamo avere nemmeno la penna o qualche foglio di carta per scrivere, se non nelle 2 ore settimanali nella sala scrittura, per poter scrivere 2 lettere la settimana ai propri famigliari.

    Avevamo la censura su tutto: posta, giornali, libri e finanche la radio che era gestita da loro, nei primi anni non ho avuto mai la possibilità di ascoltare un giornale radio.

    Eravamo trattati come animali con minacce, soprusi e continui abusi di potere.

    Al sopravvitto potevamo comprare ben poco, perchè non potevamo cucinarci, si doveva mangiare solamente sbobba che per giunta era poca e schifosamente disgustosa.

    Potevamo fare il caffè alla turca, ma non avendo i fornelli, usavamo la meta, e di conseguenza il caffè sapeva di zolfo.

    Qualcuno che aveva la famiglia benestante riceveva qualche pacco, oppure quando avevamo la possibilità di fare un colloquio con i nostri cari ricevevamo il baule, una sorta di cassa di legno, piene di leccornie che ci portavano i nostri familiari.

    Si aspettava quel giorno con ansia e trepidazione, per poi svanire tutto in un attimo, una misera ora di colloquio in una stanza con un lungo bancone di legno sormontato al centro da un alto vetro divisorio.

    A volte potevamo darci a malapena una stretta di mano.

    La sera alle ore 20.00 dovevamo essere tutti a letto, perchè ci spegnevano le luci inserendo quella notturna, una luce bluastra che di notte ti penetrava fin nel cervello, lasciandoti con gli occhi sbarrati senza poterti addormentare fino alle prime luci dell'alba.

    Chi contestava veniva sbattuto senza riguardo nelle celle di punizione, spesso pestati a sangue, fino ad essere legati sul letto di contenzione.

    Era un tavolaccio con un buco al centro e pieno di cinghie, ci sbattevano con violenza su quell'asse legandoci come salami, mettendoci anche la fiorentina al collo, impedendoci di poter alzare anche la testa, e lasciandoci in quelle condizioni per settimane o mesi.

    Alcuni che ho conosciuto sono stati legati anche per anni nei manicomi criminali quali: Montelupo Fiorentino, Reggio Emilia, Aversa, Barcellona Pozzo di Gotto e S. Eframo.

    Quando si entrava in questi manicomi, se entravi sano ne uscivi pazzo e ti andava bene se uscivi solo robotizzato, perchè i più riottosi li distruggevano con continue punture di Scopolamina, che buttano giù finanche un cavallo, riducendoli a larve.

    Sì, eravamo trattati peggio delle bestie e i segni di quelle violenze me le porto ancora adosso, ed io sono stato uno dei fortunati, altri sono morti legati a quei letti di contenzione.

    Ma il detenuto stava diventando più cosciente, quella era una generazione sana, combattiva, gente di fegato che facevano azioni da veri Kommando.

    Era gente leale che non si tirava indietro per nessun motivo al mondo, preso un impegno lo si portava a termine anche a proprio scapito ma a favore della collettività.

    Non sopportavamo soprusi, angherie, ero uno che contestava continuamente con le direzioni delle carceri per i propri diritti.

    Diventai uno dei promotori delle nostre lotte, un avanguardia del nostro movimento interno.

    Chiedevamo solo i nostri diritti, chiedevamo solo di vivere e non vegetare, chiedevamo solamente che non venisse calpestata la nostra dignità di uomini, ma eravamo inascoltati.

    Tutti i nostri diritti venivano calpestati, disprezzati, non c'era alcun controllo, eravamo in balia dei nostri aguzzini.

    Basta ! ! Tutto ha un limite.

    Iniziarono le nostre lotte per la vita. 

    RIVOLTE

    Nel 1968 partì per primo Poggioreale, il carcere di Napoli, ma fu una folata di vento, ci colsero finanche impreparati, ma l'inverno del 1968-69 non

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