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La Reincarnazione e la legge del Karma
La Reincarnazione e la legge del Karma
La Reincarnazione e la legge del Karma
E-book136 pagine2 ore

La Reincarnazione e la legge del Karma

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Info su questo ebook

La reincarnazione, la credenza secondo la quale l'anima dopo la morte passa in altri corpi umani o animali, è un'idea antichissima e affascinante. Ma dove e come nasce questa idea?

Cosa c'è di vero?

Questo libro si propone di far luce su questa verità spesso negata, partendo dalle sue origini più remote, che vanno dal mondo egizio a quello greco-romano, da quello ebreo a quello indiano, per arrivare fino ai nostri giorni.

Il risultato è un'indagine accuratissima che raccoglie prove, argomenti, testimonianze, e spiega non solo la genesi e l'evoluzione di questo credo ma anche il suo significato, la sua importanza, la sua portata.

Una fede che oltre essere un momento fondamentale della religione induista, professata oggi da più di due terzi dell'umanità, sta diventando oggetto di crescente interesse da parte del mondo occidentale, conquistando un numero sempre maggiore di persone.
LinguaItaliano
Data di uscita10 ago 2016
ISBN9788822830678
La Reincarnazione e la legge del Karma
Autore

William Walker Atkinson

William Walker Atkinson (1862 – 1932) was a noted occultist and pioneer of the New Thought Movement. He wrote extensively throughout his lifetime, often using various psydonyms. He is widely credited with writing The Kybalion and was the founder of the Yogi Publication Society.

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    La Reincarnazione e la legge del Karma - William Walker Atkinson

    William Walker Atkinson

    La reincarnazione e la legge del Karma

    Prove – Argomenti - Testimonianze

    Edizioni riforma dello Stato - Prima edizione digitale 2016 a cura di David De Angelis

    INDICE

    PREFAZIONE

    CAPITOLO PRIMO - le prime razze

    CAPITOLO SECONDO - egiziani, caldei, druidi

    CAPITOLO TERZO – romani e greci

    CAPITOLO QUARTO - ebrei, esseni e primi cristiani

    CAPITOLO QUINTO - gli indiani

    CAPITOLO SESTO - l'occidente moderno

    CAPITOLO SETTIMO - intervalli fra incarnazioni e meta finale

    CAPITOLO OTTAVO - la reincarnazione e la sua base di giustizia

    CAPITOLO NONO - argomenti in favore della reincarnazione

    CAPITOLO DECIMO - prove della reincarnazione

    CAPITOLO UNDICESIMO - argomenti contrari alla reincarnazione

    CAPITOLO DODICESIMO - la legge del Karma

    PREFAZIONE

    Benedetto Croce, nel suo Filosofia della pratica scrive: L'uomo morale...., deve volere non solo il se stesso individualizzato, ma insieme quel se stesso che, essendo tutti i se stessi, è il loro comune Padre. Per tale modo promuove il realizzarsi del Reale, vive la vita piena e fa battere il suo cuore dell'universo: cor cordium.

    La volizione morale diventa, dunque, volizione dell'universale, intesa come inserimento del proprio agire in un ambito onnicomprensivo più vasto di quello personale.

    Da Croce risulta ancora che né la coscienza, né l'interiorità dell'atto sono essenziali alla moralità di una azione; ciò che conta è la sua concretezza, l'esteriorità, gli effetti prodotti sulla vita universale.

    In questo volume su Reincarnazione e Karma, troverete espressi concetti assai simili a quelli dichiarati da Croce e teorizzazioni che, partendo dall'idea di una legge universale, regolatrice del destino degli uomini, giungono a prospettare la non-esistenza del Male in assoluto, nella convinzione che in Dio, nell'universo e in noi, ogni cosa è tendenzialmente rivolta al Bene, oggettivamente, al di là delle superstizioni e delle forme demoniache. Croce stesso, prosegue dicendo che: L'individuo morale ha questa coscienza di lavorare per il Tutto.

    E' essenziale, per comprendere questo libro, essere perfettamente consapevoli del carattere assiomatico di una concezione che sorge nella Giustizia Finale non una dispensatrice di punizioni o premi e ricompense, ma la prova della stessa Giustizia Suprema.

    Se tutto, nell'universo delle forme fenomeniche e delle entità spirituali, è tendenzialmente rivolto al Bene, in quanto Dio, che tutto comprende, è Bene, ogni attività del complesso cosmico si svolge nella direzione esatta.

    Non esiste morale, dunque? La domanda è lecita e necessita di una risposta esauriente che sgombri il campo dagli equivoci.

    Morale è consapevolezza di questa realtà delle cose, è coscienza di operare in un tutto organico regolato da leggi supreme, che non possono sbagliare, è certezza interiore di trovarsi nel posto esatto, quello più opportuno ad ognuno di noi, per il raggiungimento della meta finale che è l'identificazione con l'Assoluto, proprio perché è l'Assoluto stesso, che definisce quel piano universale lungo il quale si svolge ogni manifestazione di vita.

    Questa, sotto certi aspetti, può senz'altro apparire una forma di determinismo, già riscontrabile, peraltro, in varie occasioni, presso la filosofia indù. Ad esempio, B. Chatterji spiega la credenza indù nel carattere sacro dei Veda, attraverso un ragionamento apparentemente tautologico, in realtà profondamente esatto e consono alla tradizione logica orientale: "I Veda esistono in una forma inalterata lungo una intera catena di creazioni e distruzioni nell'evoluzione del mondo.

    Durante un Pralaya (periodo di riposo, negativo, distruttivo), solo Dio è. Successivamente, Egli crea Brahma e gli fornisce la conoscenza dei Veda. Crea dunque i Rishi, capaci di ricevere i Mantra vedici perfetti.

    I Veda sono veri perché il mondo è stato creato in base ad essi; dunque, non può esistere disaccordo fra i Veda e il Mondo... L 'Induismo, che si fonda sui Veda, è vero ed eterno".

    Analogamente si può prospettare il discorso circa la legge universale karmica, che regola il destino degli uomini in modo tale che essi si trovino sempre nel gradino evolutivo favorevole alla ulteriore ascesa.

    Scrive ancora Croce: La vita eterna... è uno stato che si possiede e sperimenta in ogni atto in cui pensiamo il vero, diamo forma al bello, operiamo il bene. In ognuno di questi atti sentiamo di staccarci dal perituro e mortale e di innalzarci verso l'imperituro, verso l'eterno, e di unirci a Dio (Discorsi di varia filosofia).

    Dunque in Croce, come afferma F. Valentini, si può parlare quasi di una professione di fede, di una disposizione d'animo, tipica di chi agisce nel mondo sperando che la sua azione sia, in fondo, sensata.

    Ora, se è vero che le affermazioni di Croce si inseriscono in un ambito genericamente cristiano, è fuori dubbio che questa sua professione spiritualistica trova molti punti di contatto con la più antica fede karmica indù.

    A prima vista sarebbe senz'altro possibile scorgere una maggiore affinità fra l'induismo ed Hegel che non fra l'induismo e Croce, ma ad un esame approfondito non potrà sfuggire che il riconoscimento ed il perdono del male descritto nella Fenomenologia, inteso da Hegel come presa di coscienza di ordine teorico, che segna la comparsa dello Spirito Assoluto, si risolve, infine, nella affermazione paradossale che lo Spirito Oggettivo del Mondo si concretizza nello... Stato prussiano.

    Questo problema morale è antico quanto l'uomo e non pretendiamo certo di risolverlo in questa occasione. Resta, comunque, il fatto, che la problematica indù, estremamente complessa nelle sue svariate forme, presenta una serie di soluzioni degne della massima attenzione.

    Vale la pena, d'altronde, ricordare che la teoria del Karma. Metempsicosi è una delle sei grandi sezioni, basi dell'induismo, nonché pilastro di ogni sistema religioso, dai Veda alle Upanishad, al Vishnuismo, allo Shivaismo ecc.

    Karma (karman), in sanscrito è atto, azione, rappresentazione, attività, destino, in rapporto alla disciplina in cui viene adoperato.

    Universalmente, comunque, è noto come legge morale che regola tutti i individuali.

    Gli stessi principi che regolano la natura, regolano gli uomini, e l'impegno morale è, per il credente indù, vivere conformemente a questi Principi Superiori.

    Un filo tiene legati Dei e uomini, quello della Verità e dell'ordine universale.

    È interessante sottolineare la marcata diversità riscontrabile fra l'induismo e il cristianesimo, in rapporto al problema della caduta, ed alle sue conseguenze etico-religiose.

    La caduta, in senso moralistico, ha determinato per l'uomo il peccato originale; ha creato una condizione di frustrazione, di rimorso, di colpa, che di fatto lo ha degradato, limitato.

    Una tale concezione sarebbe inconcepibile nell'induismo, che vi scorge la profonda ingiustizia insita nel voler far pagare ai figli le colpe dei padri.

    Per l'antico indo-ariano (come anche per il moderno), l'uomo non poteva essere un peccatore che ha necessità di redenzione per colpe non commesse; al contrario veniva concepito come un essere che si trova, nel lungo processo evolutivo che lo riconduce al riassorbimento nell'Io Universale, ad un livello inferiore di realtà, che comporta dolori e sofferenze, ma anche gioia e benessere, in una condizione di uniformità con la Volontà ed il Piano incomprensibile dell'Assoluto.

    In questo senso l'induismo rifiuta la morale cristiana fondata su ricompense e punizioni somministrate secondo l'insindacabile parere dell'Altissimo, né considera il piano materiale degli uomini come la valle di lacrime creata in funzione della sofferenza degli uomini.

    Il dolore è inteso come autoregolatore e sprone a non commettere errori e si giustifica di per sé, non come strumento punitivo. In altri termini, è proprio l'autoconsapevolezza, che progressivamente si sviluppa nell'anima dell'uomo, il criterio regolatore delle sue azioni, nel senso di una sua perenne identificazione con il Tutto (Bene supremo, Assoluto), sia pure ancora su un livello inferiore. La scala ascendente verso il Bene Universale si attua attraverso fasi evolutive progressive che trovano la loro matrice in se stesse, come parte di uno schema totale.

    Il supremo sacrificio è la realizzazione di Dio in noi, il che comporta la liberazione dalla stessa nostra condizione umana attraverso passaggi intermedi di esperienza e meditazione.

    L'uomo è Dio in fieri e la consapevolezza di ciò lo conduce alla sopportazione di ogni sua fase di esistenza.

    La stessa morte, se intesa correttamente, come fase particolare della vita, non potrà più suscitare timore ed orrore.

    E l'altra sponda, lungi dal doversi intendere come Paradiso o Inferno, luoghi della superstizione cristiana, si risolve in un nuovo stato di vita, propedeutico alla successiva reincarnazione, nuovo momento di esperienze essenziali allo sviluppo evolutivo dello spirito. La legge del Karma è assoluta e giusta; non v'è possibilità che nel destino di un'anima, nobile o umile che sia, si annidi il germe dell'ingiustizia.

    Questo accade perché l'anima va là dove la sua essenza la destina. Essa tesse i fili della sua esistenza futura attraverso il proprio agire; ed il Karma, che è la somma dei suoi atti e dei suoi pensieri si manifesta sotto forma di Legge Universale, finché non giunga ad un completo appagamento.

    È necessario, forse, insistere ancora una volta sul fatto che l'uomo non è punito peri suoi peccati, ma da essi stessi; premi e sofferenze, nascono dalla natura del nostro stesso carattere, e quest'ultimo è la somma dei nostri desideri.

    Il Desiderio è, quindi, il primo motore del Karma e, attraverso il Karma, delle nostre successive reincarnazioni.

    Sembrerebbe, a prima vista, che la rinascita si effettui contro i desideri dell'anima; al contrario, è proprio la totalità dei desideri che funge da motore della rinascita.

    Di fatto, l'anima è rinata perché le sue aspirazioni potevano essere soddisfatte solo attraverso una nuova permanenza sulla terra.

    Questa è la chiave per intendere il Karma, così spesso frainteso e tacciato di determinismo e fatalismo in occidente.

    Ci sembra necessario sottolineare, per chiudere queste nostre brevi note, che il complesso delle teorie del Karma e delle reincarnazione, è senz'altro, per la filosofia orientale, una pietra miliare, che funge da molla intellettuale per un verso e, per l'altro, da supporto mistico-individuale del perpetuarsi della tradizione culturale-religiosa di quei popoli i quali, nella loro semplicità illuminante, trovano nell'immortalità dell'anima e nella metempsicosi un motivo in più di esistenza.

    CAPITOLO PRIMO - LE PRIME RAZZE

    Quando parliamo di Reincarnazione, vogliamo significare l'immersione dell'anima, cioè di quella parte non materiale della natura dell'uomo, dentro la carne. Nello stesso senso è spesso usato il vocabolo metempsicosi, che si può definire come: Passaggio dell'anima, come essenza immortale, in un altro corpo vivente, nel momento della morte del primitivo corpo fisico.

    Per significare il passaggio fra corpi, spesso viene usata l'espressione trasmigrazione di anime. Tuttavia il termine trasmigrazione è adoperato anche da alcune razze non molto evolute, secondo cui in alcuni casi, le anime potrebbero trasferirsi in corpi animali come punizione per

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