La Volontà: Forza e Sviluppo
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“Esistono teorie diverse sulla natura della Volontà, nessuno nega la sua esistenza, né mette in questione il suo potere. Tutti riconoscono il potere di una Volontà forte. Tutti capiscono come potrebbe venir usata per superare gli ostacoli maggiori.
Essi intuiscono che potrebbero compiere meraviglie se avessero una Volontà forte. Ma invece di cercare di svilupparla si limitano a vani rimpianti. Sospirano, ma non fanno nulla.
Chi ha indagato la questione da vicino sa che la Forza di Volontà, con tutte le sue possibilità latenti e i suoi enormi poteri, può essere sviluppata, disciplinata, controllata e diretta, proprio come qualsiasi altra forza della Natura.
Personalmente credo che ogni uomo abbia, potenzialmente, una Volontà forte e che tutto ciò che deve fare è esercitare la sua mente per farne uso. Penso che nelle regioni più alte della mente di ogni uomo ci sia una grande riserva di Forza di Volontà che aspetta di essere utilizzata.”
La “Forza di Volontà” ha un grande potere, ma pochi comprendono che la Volontà può essere sviluppata e rafforzata da un esercizio intelligente.
“Esistono teorie diverse sulla natura della Volontà, nessuno nega la sua esistenza, né mette in questione il suo potere. Tutti riconoscono il potere di una Volontà forte. Tutti capiscono come potrebbe venir usata per superare gli ostacoli maggiori.
Essi intuiscono che potrebbero compiere meraviglie se avessero una Volontà forte. Ma invece di cercare di svilupparla si limitano a vani rimpianti. Sospirano, ma non fanno nulla.
Chi ha indagato la questione da vicino sa che la Forza di Volontà, con tutte le sue possibilità latenti e i suoi enormi poteri, può essere sviluppata, disciplinata, controllata e diretta, proprio come qualsiasi altra forza della Natura.
Personalmente credo che ogni uomo abbia, potenzialmente, una Volontà forte e che tutto ciò che deve fare è esercitare la sua mente per farne uso. Penso che nelle regioni più alte della mente di ogni uomo ci sia una grande riserva di Forza di Volontà che aspetta di essere utilizzata.”
William Walker Atkinson
William Walker Atkinson (1862 – 1932) was a noted occultist and pioneer of the New Thought Movement. He wrote extensively throughout his lifetime, often using various psydonyms. He is widely credited with writing The Kybalion and was the founder of the Yogi Publication Society.
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Anteprima del libro
La Volontà - William Walker Atkinson
NEGATIVA
CAPITOLO I CHE COSA È LA VOLONTÀ?
Non vi è forma di attività mentale universale nelle sue manifestazioni visibili quanto quella che chiamiamo la Volontà. E, similmente, non ve n’è una generalmente tanto incompresa e tanto male compresa quanto la Volontà. Mettendoci a considerare la natura della Volontà, ci troviamo di fronte a un bel numero di definizioni, teorie e supposizioni. Infatti si può quasi affermare che per ogni individuo la parola «Volontà» racchiude un significato diverso o almeno una sfumatura diversa del significato. Chiedetevi pure che cosa intendete col termine «Volontà»; chiedetelo poi ad alcuni fra i vostri amici e compagni, e vedrete quanto diverse risulteranno le loro risposte e definizioni. Per quanto ci sforziamo in questi studi di Nuova Psicologia, di astenerci da cavilli filosofici, ci accorgeremo tuttavia della necessità di addivenire in qualche modo a una chiara intesa coi nostri lettori rispetto al significato di certi termini; e all’uopo dovremo analizzare questi termini e considerare le opinioni delle autorità più eminenti. E questo corso è particolarmente dedicato all’argomento in questione, che è quello della Volontà. Che cosa è la Volontà?
Prescindendo dai concetti filosofici riguardanti la volontà, nel senso di una mente universalmente attiva, come formulata da Schopenhauer, von Hartmann, Nietzsche e altri, e limitandoci strettamente al significato psicologico del termine, consulteremo le varie autorità. Un autorevole dizionario americano definisce la «Volontà» come segue: «determinazione o scelta da parte di un’autorità che può permetterselo; piacere discrezionale, comando, decreto»; pure «forza d’arbitrio, disposizione, o autorità, potenza assoluta di controllare, determinare o disporre»; poi pure «forte desiderio o inclinazione, impulso, intenzione, disposizione, piacere »; poi ancora : « ciò che viene fortemente spinto dal desiderio in quanto proveniente da un volere individuale». La stessa autorità fornisce la seguente chiosa rispetto al significato filosofico del termine : « Benché la parola volontà sia stata spesso usata, secondo il significato popolare, in due sensi :
1) come forza della mente che mette in grado una persona di scegliere tra due svolgimenti di azione;
2) come esercizio effettivo di questa forza — degli argomentatori più precisi separano questi significati, chiamando il primo volontà e l’altro volizione.
Volontà in questo senso limitato significa quella forza o facoltà mentale con la quale, tra due o più oggetti di desiderio o svolgimenti d’azione, ad essa presentata, ne sceglie uno, scartando l’altro o gli altri. In quale misura questa forza di selezione sia arbitraria o sia un risultato di necessità, ciò è stato per secoli un argomento di discussione.
La divisione delle forze mentali pervenutaci dall’antichità, e che fu adottata dai filosofi nella misura più larga, era quella in forze appartenenti all’intelletto e in quelle appartenenti alla volontà. L’ha adottata pure Reid, benché non la considerasse del tutto logica. « Con la volontà » egli afferma, « intendiamo le nostre forze attive e tutte quelle che portano all’azione o influenzano la mente ad agire, così l’appetito, le passioni, gli affetti ».
Brown riguardò questa classificazione come alquanto illogica, considerando che la volontà non sarebbe in ogni senso opposta all’intelletto, ma eserciterebbe nel campo intellettuale un dominio quasi altrettanto vasto quanto quello assegnato ad esso. «Noi ragioniamo » egli dice, « e progettiamo e inventiamo, almeno altrettanto volitivamente quanto stimiamo od odiamo, o speriamo o temiamo. Il termine Forze Attive usato da Reid si riduce a un sinonimo della Volontà».
Per accorgervi ancor meglio degli usi poco precisi di questa parola, favorite esaminare le definizioni della stessa autorità rispetto a questo termine usato come verbo: «Determinare come atto di scelta; formare un desiderio o un volere; esercitare un atto della volontà; desiderare; avere l’intenzione, consentire; decidere, ordinare; formare un volere; avere un’intenzione, uno scopo o un desiderio intendere; recare od esprimere un ordine od istruzioni di un’autorità; dirigere; comandare; desiderare di produrre o di provocare; essere ansiosi ». Vi figurano ancora altre definizioni speciali, che abbiamo ommesse, ma pensiamo che quelle già citate vi metteranno in grado di farvi un’idea della confusione senz’altro derivante dai molti e svariati usi del termine, usi tutti quanti suffragati da indiscussa autorità.
Il Dizionario di Filosofia e Psicologia di Baldwin si esprime in questo modo a proposito della Volontà: cc L’impiego che si fa del termine Volontà è talmente vario che è impossibile ricavarne un qualunque significato esclusivo. Tre usi si sostengono comunque per il fatto che si riconnettono ai vari punti di vista da cui il soggetto viene considerato». Detta autorità, di conseguenza, procede nell’esame del termine dal punto di vista di questi tre usi differenti, come segue: 1) criterio del Conato, termine questo che si può definire : oc Gli elementi teorici della consapevolezza, manifestantesi a sua volta in tendenze, impulsi, desideri ed atti Volitivi. Preso nella sua forma più generica, il Conato è inquietudine. Esso sussiste quando e in quanto uno stato presente di consapevolezza tende per la sua natura intrinseca a svilupparsi in direzione di qualcosa d’altro ».
2) Criterio di uno Stato Intermedio a partire dal conato e a finire nel Volere; ossia, cc l’organizzazione Conativa di cui il Volere rappresenta il termine e compimento ».
3) Criterio del Volere, termine questo che viene definito come : fissazione od opera della mente di un effetto psichico, adozione di un compimento che porti a un’azione
.
Dopo aver percorso in lungo e in largo il labirinto degli sforzi tesi a definire e analizzare la Volontà, il pensatore coscienzioso cercherà di uscirne, e allora, dopo aver esaminato ciò che egli trova in sè stesso di rispondente al termine Volontà, perverrà alla conclusione che la Volontà, così com’egli la trova sussistere in sè stesso, si compone di tre fasi o stadi; e precisamente:
1) stadio del bisogno o desiderio di avere o fare qualche cosa;
2)ponderazione del bisogno o del non bisogno
rispetto alla determinata cosa: contrapposto di questo « bisogno » rispetto ad altri « bisogni » che egli pure trova sussistere in sè stesso; deliberazione se egli ha l’intenzione di pagar lo scotto ; e la decisione finale risultante da questa ponderazione e bilancio; e infine
3) l’azione derivante da tale bisogno , ponderare e bilanciare
e decidere.
Questi tre stadi possono chiamarsi:
1) Volontà-desiderio;
2) Volontà decisiva;
3) Volontà-azione.
Questi termini esprimono i tre stadi che si trovano rappresentati in tutte le manifestazioni di ciò che chiamiamo Volontà. Vi preghiamo di ricordare questa classificazione.
La nuova scuola filosofica rappresentata da William James e altri professanti idee consimili, dà par- ticolare peso alle fasi della volontà che abbiamo chiamato Volontà-Azione. Nei loro libri di testo viene messo in particolar rilievo l’aspetto o la fase della «Azione». James dice: «Desiderio e volontà rappresentano stati di mente che tutti conoscono, e che nessuna definizione può chiarire maggiormente.
Desideriamo di avere, di fare, cose di ogni specie, che al momento non siano nè sentite, nè acquisite, nè effettuate. Se al desiderio si accompagna un sentimento e questa conquista non è possibile, noi semplicemente desideriamo; ma se crediamo che il compimento si trovi a nostra portata, vogliamo che il desiderato sentimento, possesso o azione siano realtà; e ciò attualmente avviene, sia immediatamente al formarsi della volontà o dopo che certe premesse si siano realizzate... Noi sappiamo che cosa voglia dire levarsi dal letto in una mattinata di gelo, in una camera non riscaldata, e come lo stesso principio di vita in noi protesta contro quest'imposizione. Probabilmente moltissime persone saranno in certe mattinate rimaste coricate per un’ora prima di risolversi. Rifletteremo sì con quanto ritardo arriveremo ad occuparci delle nostre faccende, quanto gli impegni assunti per quel dato giorno ne soffriranno; diremo, sì, a devo alzarmi; è vergognoso! » ecc., ma ancora il caldo giaciglio lo si sente troppo delizioso, il freddo di fuori troppo atroce, e la risoluzione svanisce e tarda sempre di nuovo proprio quando sembrava sul punto di vincere la resistenza e di tradursi in atto decisivo. Ora come mai ci alziamo effettivamente in tali circostanze? Se mi è permesso di generalizzare in base alle mie personali esperienze, noi per lo più ci alziamo senza sforzo o decisione di sorta. Noi improvvisamente ci accorgiamo di esserci alzati. Interviene una provvidenziale interruzione di coscienza; dimentichiamo sia il caldo sia il freddo; cadiamo in una specie di fantasticheria connessa con la vita quotidiana, nel corso della quale l’idea ci attraversa come un lampo, « Perbacco ! non posso rimanere qui sdraiato più a lungo » — un’idea che in quel felice momento non risveglia suggerimenti — contrari o suggestioni paralizzanti e che quindi produce sull’istante il suo appropriato effetto motore ci trovavamo in uno stato di acuta consapevolezza sia del caldo che del freddo per la durata della lotta, la quale paralizzava la nostra attività e manteneva la nostra idea di alzarci allo stato di desiderio e non di volontà. Nello stesso istante in cui queste idee inibitrici cessarono, l’idea originaria sortì i suoi effetti.
Halleck, seguendo lo stesso ordine d’idee, dice: « La volontà si riconnette all’azione. Lo studioso deve tenere ben presente questo fatto, senza curarsi di quanto complesso il processo gli si presenti... Vedremo che la volontà si limita a certi tipi di azione. Dalla culla alla tomba noi non siamo mai soltanto recipienti passivi di chichessia; in altre parole noi non ci troviamo, mai sprovvisti dell’attività volitiva nel senso più lato del termine. Come dobbiamo distinguere tra sentimento e volontà? Qui non vi è una linea di demarcazione più precisa di quella che si possa immaginare fra l’Oceano Atlantico e lo stretto di Davis.
Abbiamo visto, studiando la sensazione e la percezione, che le varie forze mentali lavoravano talmente all’unisono che era difficile separarle con esattezza l’una dall’altra. La difficoltà si manifesta particolarmente nel separare il sentimento dalla volontà, poiché ben spesso sembra non sussistere differenza alcuna tra questi due processi. Siamo aiutati nel distinguere queste forze da due categorie di esperienze. 1) Talvolta sperimentiamo dei sentimenti dai - quali non risulta nessuna azione concreta. Essi svaniscono senza lasciare traccia alcuna nel mondo dell’azione. 2) Sentiamo della compassione per i poveri e i malati e lasciamo la nostra comoda casa, putacaso in un giorno di cattivo tempo, per correre in loro aiuto. È chiaro che vi è un elemento in più nella seconda esperienza. Si tratta appunto della Volontà, la quale, se fosse stata presente pure nella prima esperienza, avrebbe costituito un ingombro. Può