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Cavie umane dei lager nazisti
Cavie umane dei lager nazisti
Cavie umane dei lager nazisti
E-book891 pagine13 ore

Cavie umane dei lager nazisti

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Info su questo ebook

Un lungo reportage di impostazione documentaristica che parla dei campi di concentramento, della sperimentazione medica sui prigionieri, del processo di Norimberga e dei personaggi politici, medici e militari (spesso le tre cose si mescolavano fra loro) del Terzo Reich.
Il compito di trarre conclusioni e valutazioni morali è lasciato al lettore, anche se traspare un'ovvia e condivisibile repulsione per la mancanza di scrupoli e l'accanimento con cui certi "medici" (fra molte virgolette) infierivano sui loro pazienti e soggetti da esperimento.
Il libro non da motivo di dubitare della propria attendibilità, suffragata anche dal tono distaccato che non tradisce prese di posizione aprioristiche o politicamente schierate da parte dell’autore.
 
LinguaItaliano
Data di uscita14 mag 2019
ISBN9788834110317
Cavie umane dei lager nazisti

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    Anteprima del libro

    Cavie umane dei lager nazisti - Philippe Aziz

    VIAGGIO NEL REGNO DELLE OMBRE

    Amburgo, 12 novembre 1972...

    La città dei 100.000 morti, la martoriata Amburgo, spariva dietro di me... La regione di Lüneburg si presentava, in quel mattino di ottobre freddo e tetro, sconfinata e immobile nel silenzio. Si profilò improvvisamente Itsohoe, come uno spettrale paese di streghe.

    Il panorama desolato, l'arida e cupa brughiera che mi circondavano, aumentavano quel pesante senso di oppressione che provavo già dopo Amburgo, dove ho cominciato questa minuziosa ricostruzione dei fatti.

    Una casa bassa e rustica, in mattoni rossi, all'inizio del villaggio deserto... Il primo sorriso: quello di un donnone bruno che mi apriva la porta.

    ... In quel momento non notai la figuretta fragile adagiata fra i cuscini ed avvolta in scialli, presso l'enorme stufa in ghisa. Io sapevo solo che il mio viaggio finiva lì, in quel luogo angusto e troppo caldo, dai muri sbiaditi, davanti a quell'immensa carta della vecchia Germania, in mezzo a quei mobili pesanti e inutili, innanzi a quel vecchio calvo dallo sguardo assente e dalle mani nervose, che non cessarono di tremare convulsamente per tutto il colloquio.

    Il dottor Darnhoff1?

    La profonda voce parlò a lungo, molto a lungo... Eco perduta dei più oscuri giorni della Germania, del suo più incomprensibile eroe: Karl Brandt, medico al seguito di Hitler e commissario del Reich per la Sanità. Darnhoff era suo collega ed amico.

    E quando quello smise di parlare, coprendo col manto scuro del silenzio alcuni segreti per lui inviolabili, mi restò un amaro gusto di cenere...

    TESTIMONIANZA IN FAVORE DI UN AMICO

    " Ho accettato di parlare solo ora che un'intera generazione ci separa dalla guerra...

    L'ho conosciuto a Monaco di Baviera, intorno al 1925. Eravamo i più entusiasti allievi del professor Sauerbruch, ma egli era il più dotato e il più intelligente di tutti noi.

    Un pallido sorriso rischiarò, per un momento, lo scarno viso del mio interlocutore.

    "Chissà quante ragazze avrebbero voluto fare la sua conoscenza! Ma egli era talmente timido che, quando ne scorgeva una all'uscita delle lezioni, mi tratteneva presso di sè nei corridoi... Aveva una voce straordinaria, armoniosa, che ci affascinava quando lo ascoltavamo discutere di medicina. Infatti egli amava già appassionatamente la sua futura professione ed io ammiravo il suo entusiasmo, la sua fede cieca nella sua vocazione.

    'Vedi, Enrico', mi diceva, 'io sono ateo, eppure quando ripenso al mio primo bisturi, alla mia prima operazione, ebbene io credo proprio che sia una preghiera di ringraziamento quella che mormoravano in silenzio le mie labbra...'"

    La ragazza sorridente che mi aveva ricevuto qualche momento prima ci pose davanti la tradizionale bottiglia di Steinhèger e due bicchieri. Non la udimmo poi richiudere la porta, ma Darnhoff non sembrò farci caso.

    Karl Brandt, come me, proveniva da una famiglia di medici, ma, mentre io desideravo diventare dottore più per seguire la tradizione che per vocazione, egli non riusciva invece ad immaginare niente che fosse più bello e che desse un maggior senso di compiutezza dell'esercizio della professione medica. La personalità del mio amico ed il suo futuro comportamento trovano già una spiegazione in questo suo amore per la medicina e per la chirurgia in particolare. Anche quando diventò commissario del Reich, una specie di ministro della Sanità, non abbandonò mai la sua professione di chirurgo. Senza concedersi un attimo di riposo continuò ad operare nel policlinico di Berlino... Come se questa attività dovesse compensarlo dell'oscuro lavoro amministrativo che era costretto a svolgere sotto gli ordini diretti di Hitler...

    Quando gli chiesi delle spiegazioni su tale lavoro, che egli stesso aveva definito oscuro, Darnhoff mi rispose indirettamente.

    "A quell'epoca avevamo vent'anni, e l'amore per la Germania ci spingeva a giustificare tutte le nostre azioni.

    La guerra ci aveva dato un colpo terribile e la sconfitta, la spaventosa crisi economica, l'inflazione, la morte di milioni di persone ci apparivano come una mostruosa ingiustizia. Fuori c'era la vergogna, la carneficina; all'interno la rovina, la guerra fratricida, la paura e l'odio per il comunismo e per il capitalismo. Vivevamo a Monaco, il cuore della Baviera! Il nazionalsocialismo rappresentava l'unica via di salvezza verso cui si rivolgevano le nostre speranze... E il mio amico Brandt era originario dell'Alsazia! Uno di quegli esuli tedeschi costretti a fuggire dai loro paese dopo la guerra..."

    LA MIA TERRA CHE NON MI APPARTIENE PIU’

    Mulhouse, 8 gennaio 1904. Un uomo sollevò la pesante tenda di velluto che nascondeva un tenebroso cielo notturno sconvolto dal temporale. Il quieto calore della camera creava un violento contrasto con il continuo scrosciare della pioggia. Dell'imponente chiesa di Santo Stefano si poteva scorgere solo l'ombra cupa e cieca delle vetrate. Improvvisamente si udì l'eco soffocata e lontana di un vagito: l'uomo sobbalzò, lasciando bruscamente ricadere la tenda e si voltò con apprensione.

    Un momento dopo si apri una porta e un uomo con un pastrano nero entrò nella camera, il volto illuminato da un largo sorriso:

    Congratulazioni signor Brandt: siete padre di un magnifico maschio!

    Karl Brandt era nato. La terra che lo vide nascere, tedesca dal 1871, sarebbe restata tale ancora per quindici anni: giusto il tempo per uscire dall'infanzia.

    Desiderando comprendere a fondo, chiesi allora al dottor Darnhoff se, a suo parere, l'adesione di Karl Brandt al nazionalsocialismo potesse in parte derivare dal fatto che egli, alsaziano di nascita, fosse stato poi costretto ad emigrare in Germania nel 1919.

    Non solo lo penso, ma lo affermo categoricamente, rispose il vecchio. Brandt soffrì terribilmente per l'occupazione francese dell'Alsazia: aveva quindici anni ed aveva appena terminato le scuole secondarie... Scusatemi se vi parlo in questi termini dell'Alsazia, ma per migliaia di alsaziani tedeschi, essa era parte integrante della Germania...

    Darnhoff sembrò improvvisamente più turbato e cominciò a gesticolare tracciando strani gesti nell'aria. Poi continuò a voce bassa:

    Per Brandt e per la maggior parte di noi, il desiderio di riconquistare questa provincia si era trasformato nel più bello o forse nel più folle dei progetti... Non ci si sarebbe dovuti servire dell'ambizione smodata di Hitler?... Ma la nostalgia e l'amore verso la terra che ci ha dato i natali, sono sentimenti fortemente ancorati nei nostri cuori... Il partito nazionalsocialista sarebbe diventato per Karl Brandt il partito vendicatore, il partito della speranza. Poter camminare nuovamente, un giorno, per le strade di Mulhouse...

    LA DICHIARAZIONE DEL PROFESSOR PLATE

    Eravamo dei giovani ribelli disperati, destinati alla disoccupazione, perciò accogliemmo la propaganda antisemita come una cosa giusta e scontata... Ho bisogno di molto coraggio, oggi, per confessare cose che mi hanno fatto soffrire in silenzio per tanto tempo... Karl aveva cominciato i suoi studi a Jena, in Turingia, e come tutti noi subì l'influsso dei suoi professori.

    1923: il grande anfiteatro dell'università di medicina di Jena era pieno zeppo; qua e là si sentivano scoppi di risa fra gli studenti. Le interrogazioni si svolgevano in un'atmosfera distesa, in mezzo al baccano caratteristico di tutti i raduni universitari: improvvisamente apparve il professor Plate, il cui corso di zoologia era fra i più seguiti. Cupo e severo, si diresse verso la propria sedia e a poco a poco nei vari crocchi di studenti si fece il silenzio.

    Prima di cominciare le lezioni, devo fare una comunicazione a questa assemblea di studenti.

    Su tutto l'anfiteatro calò un silenzio sepolcrale: il professor Plate era conosciuto come una persona molto seria, per cui la sua comunicazione doveva essere veramente importante.

    Concisa e tagliente la sua voce cominciò:

    Devo avvertire gli studenti di razza non ariana ed in particolare gli ebrei, che d'ora in poi dovranno astenersi dal partecipare ai miei corsi ed ai miei seminari. Dalla prossima settimana comincerò a spiegarvi l'assoluta contraddizione insita nella mescolanza delle razze e vi illustrerò inoltre l'imprescindibile principio della superiorità della razza tedesca pura...

    Sbalorditi, gli studenti si guardarono l'un l'altro, poi, nell'opprimente silenzio, uno studente bruno si alzò lentamente, puntando un braccio verso la cattedra con gesto accusatorio.

    Plate, urlò, non vi riconosco più il diritto di continuare ad essere l'eminente professore che rispettavo e seguivo; vi nego la facoltà di esporre pubblicamente delle teorie che possono pregiudicare l'avvenire della Germania. Vi accuso di razzismo, di antisemitismo e di fascismo; vi accuso di propaganda nazista al servizio dei peggiori nemici della nostra democrazia.

    Un boato indescrivibile scoppiò alla fine di questo discorso: vi furono urla, alterchi e si venne anche alle mani. L'anfiteatro di Jena si trasformò in un campo di battaglia.

    Le autorità provinciali infatti avrebbero in seguito chiesto delle sanzioni disciplinari per il professar Plate, ma l'esito del processo fu un non luogo a procedere, gravido di conseguenze...

    Quando gli domandai se Brandt fosse presente quel famoso giorno, Darnhoff mi rispose:

    No, quell'anno Brandt non seguiva i corsi di Plate; però a Monaco di Baviera egli partecipò a qualche manifestazione in linea con le dichiarazioni di Plate.

    Mentre guardavo il vecchio, bruciavo dal desiderio di chiedergli quale fosse stato il suo comportamento ed egli, intuendo la mia esitazione cominciò a spiegare con un fil di voce:

    Se avessi avuto il carattere e le motivazioni nazionalistiche di Brandt, certamente mi sarei comportato come lui; invece ebbi la fortuna di essere di Amburgo. L'avvenire mi si presentava più sicuro del suo: dovevo ereditare il gabinetto medico di mio padre... e poi fra i miei più cari amici vi erano degli ebrei.

    LA FORCA E L'IMPICCATO

    Aprile 1925. L'associazione degli studenti di medicina di Monaco fece una clamorosa manifestazione davanti ai locali del Rettorato: come conseguenza il numerus clausus dei successivi esami fu particolarmente severo. I fascisti non perdevano l'occasione per protestare contro il numero, per loro troppo elevato, di studenti ebrei ammessi agli esami...

    Due studenti, stando in disparte, guardavano i loro compagni che manifestavano; il più giovane, preso da sgomento e inquietudine, mormorò a voce bassa:

    Sono desolato, caro Hirsch, tu per me sei tedesco quanto tutti noi; però mi fa paura la propaganda nazionalsocialista. Essa vuole un capro espiatorio che paghi per tutti i mali della Germania e non cerca altro che vittime: le teorie razziali sono come l'albero che nasconde la foresta.

    L'altro ragazzo, alto e bruno, non rispose: si limitò a scuotere la testa tristemente.

    All'improvviso uno studente uscì dalla folla e si precipitò verso di loro sventolando un libro.

    Hirsch, gridò in tono di scherno. Ti restituisco questo... con tanti ringraziamenti e congratulazioni.

    Il ragazzo alto acchiappò al volo il libro, che si aprì bruscamente all'ultima pagina.

    V'era disegnata con inchiostro nero una forca con un impiccato e, sotto, questo epitaffio: La fine di Hirsch, 19...?

    Lo studente, disse Darnhoff, che aveva disegnato la forca era Karl Brandt. Quello invece che accompagnava Hirsch quel giorno, ero io!

    Lo sguardo di Darnhoff si incrociò col mio e il vecchio dottore scosse la testa: tra poco si sarebbe rivelato lo spaventoso inganno di Hitler, che il tempo non è ancora riuscito a far dimenticare. Stavamo in silenzio, quasi volessimo adeguarci al monotono grigiore della brughiera che scorgevamo dalla finestra. Poi Darnhoff riprese lentamente:

    Tuttavia Karl Brandt non era un fanatico: non l'ho mai sentito fare discorsi antisemiti e credo che nel suo ufficio di Berlino avesse molti segretari ebrei o di origine ebraica. Ma egli era profondamente disgustato dalla corruzione politica che regnava a quel tempo e anch'egli cercava dei capri espiatori... Quello che sto per dirvi potrà sembrare incredibile, ma, seguendo i suoi ideali e la sua fede nella medicina, fu sul punto di partire per l'Africa con Albert Schweitzer.

    PARTO PER IL CONGO  CON IL DOTTOR SCHWEITZER

    Esortai Darnhoff a fornirmi precisazioni su quello che io chiamavo l' affare Schweitzer.

    "Il periodo 'Schweitzer' fu determinante nella vita di Brandt... Lavoravamo assieme, dopo il 1928, nella Ruhr industriale, a Bochum, nell'ospedale Bergmannsheil, al seguito del professor Magnus... Ma di questo vi parlerò più ampiamente in seguito... Anche il passaggio a Bochum è molto importante al fine di comprendere la sua adesione al partito nazionalsocialista e a Hitler.

    Kari Brandt era un ammiratore del professor Schweitzer (anch'egli alsaziano) e del suo lavoro; so che andò moltissime volte a trovarlo, durante la nostra permanenza a Bochum. La preparazione scientifica, l'intelligenza e lo spirito di abnegazione del professore, sembravano esercitare su di lui una straordinaria influenza. Egli me ne parlava come di un uomo da cui ci fosse tutto da imparare. Un giorno venne a trovarmi con un'espressione felice che mi stupì e 'Heinrich', mi disse entrando come un pazzo, 'io parto...' e prima che riuscissi a dire una sola parola continuò 'Parto, parto per il Congo con Schweitzer: ormai siamo d'accordo, mi porterà con sè...' Ahimé!... Almeno fosse partito! Ma il destino, per un problema di nazionalità, avrebbe deciso diversamente per lui: la legge francese infatti, per consentirgli di partire, esigeva che prima prestasse servizio militare nell'esercito francese e, per poter far ciò, avrebbe dovuto prendere, naturalmente, la nazionalità francese. Proprio lui, un alsaziano tedesco!... Mi confidò, in quel periodo, quasi avendo un presentimento di quello che sarebbe stato il suo destino, che mai aveva provato una delusione più cocente. ' Pazienza', aveva poi aggiunto amaramente, se non potrò mettere la mia scienza, la mia abnegazione ed il mio coraggio al servizio dei lebbrosi di Lambaréné, vorrà dire che li porrò al servizio dei lebbrosi tedeschi!' Egli si riferiva a quegli sventurati minatori che curavamo nell'ospedale di Bochum. Senza dubbio fu in quell'occasione che Karl Brandt ebbe il presentimento di quello che sarebbe stato il suo destino. Penso di poter oggi affermare che Schweitzer e Hitler furono i due personaggi che più influirono sulla sua personalità: furono gli esempi ai quali si ispirò e in cui si rispecchiò.

    Pensavo a Karl Brandt, al suo senso dell'organizzazione, alla sua passione per la medicina, al suo accanimento nel condurre fino in fondo la missione assegnatagli... Quali grandi cose avrebbe potuto compiere vicino a un uomo come Schweitzer!

    SIAMO TALMENTE ABITUATI ALLA MORTE DEGLI ALTRI!

    La voce di Darnhoff mi riportò alla realtà.

    "A Bochum eravamo sfiniti dal lavoro: operavamo tutti i giorni, sia col professor Magnus, che col professor Rostock, di cui avrete sicuramente sentito parlare, in quanto fu assolto al processo di Norimberga...

    "Un giorno eravamo insieme di servizio al pronto soccorso, quando ci avvisarono telefonicamente che un improvviso sprofondamento di putrelle di sostegno aveva provocato una grave disgrazia nelle miniere di Bertinghem. Ci preparammo a ricevere i feriti. Fu uno spettacolo doloroso: le ambulanze ci trasportavano in continuazione feriti gravissimi e nè io nè Brandt avevamo mai assistito ad una simile tragedia.

    "Alcuni feriti erano privi di conoscenza o addirittura in corna, ma altri erano ancora lucidi e soffrivano oltre. l'umana sopportazione... Sapete... La cosa più tragica era che noi medici capivamo subito che molti di loro stavano per morire. Ricordo una scena che ci turbò entrambi: stavamo attraversando la sala del pronto soccorso, quando un uomo, ferito in modo atroce alle gambe ed al bacino, si aggrappò convulsamente al camice di Brandt, mettendosi ad urlare:

    "' Dottore, vi supplico, fatemi morire presto... Non ce la faccio più... È troppo tardi, oramai non potete fare più niente per me... Dottore, voglio morire, mi capite? Voglio morire!'

    "Le sue parole divennero poi incomprensibili ed egli continuò a soffrire e a urlare, malgrado la morfina, e Brandt dovette aprire le mani con la forza affinché il disgraziato mollasse il suo camice. L'infelice morì qualche momento dopo.

    Apprendemmo poi dal barellista che il poveretto era restato per tre ore sotto la frana prima che lo liberassero. Brandt era cereo e in quanto a me non sapevo più cosa fare. Ma, nonostante tutto, eravamo talmente abituati a vedere morire la gente!... Non so se potete capire, non voglio giustificare le azioni che Brandt compì in seguito, ma può darsi che, se egli qualche anno dopo accettò di occuparsi con Boulher del terribile problema dell'eutanasia, ciò sia avvenuto in parte a causa di quello che ogni giorno avevamo visto nell'ospedale di Bochum. Avete mai sentito il pianto straziante di un moribondo, quando voi, il medico, non potete far altro che concedergli qualche attimo ancora di sofferenza? lo non so quali considerazioni siano state alla base del successivo atteggiamento di Brandt, però è fisso nella mia mente il ricordo di quella terribile sera; non posso spiegarmi, è impossibile.

    Per quanto Darnhoff non volesse ammetterlo, capii perfettamente che tentava di giustificare, con questo argomento, la partecipazione di Karl Brandt all'operazione eutanasia. Gli chiesi allora se.egli avesse fatto una deposizione al processo di Norimberga.

    Testimoniare?... Dio mio, e su che cosa? mi rispose sobbalzando con aria sorpresa. "I giudici di Norimberga cercavano solo i responsabili diretti o indiretti... lo avrei potuto solo parlare di motivazioni, mentre essi volevano ascoltare testimonianze su azioni, fatti, date, esperienze naziste... lo invece sto solo cercando di capire le cause del comportamento di un amico e tutte le componenti della sua personalità...

    Dall'anno 1934 Brandt sparì completamente dalla mia vita. Mentre io rimasi ad Amburgo come medico e chirurgo di quartiere, egli divenne medico al seguito del Führer: io continuai ad essere un oscuro professionista, egli diventò uno dei più eminenti personaggi del Terzo Reich... Su che cosa avrei potuto testimoniare? (A questo punto il tono si fece incerto. Sembrava che all'improvviso Darnhoff si sentisse turbato.)

    E poi, riprese, Karl Brandt fu processato come criminale di guerra, a Norimberga... Dicono che fu schiacciato dal peso di prove inconfutabili, ma io so per certo che gli stessi americani fecero di tutto per fargli ottenere la grazia, dopo che i giudici di Norimberga lo ebbero condannato alla pena capitale. Disgraziatamente l'ordine di effettuare l'esecuzione arrivò al comando militare prima che le autorità di Washington potessero giungere a una decisione... Quando lo venni a sapere... ne rimasi sconvolto. Non ho capito. Ma ciò che affermo ora in tutta convinzione l'aveva già detto Karl Brandt prima di me e quelle furono le sue ultime parole e cioè che quel tribunale americano, con la pretesa di emettere un verdetto, aveva invece solamente attuato un atto di vendetta politica.

    Darnhoff smise bruscamente di parlare, ma il tono duro delle sue ultime parole non mi sorprese poi molto; infatti sapevo già, quando avevo deciso di ascoltarlo, che egli non era assolutamente d'accordo con la sentenza emessa a Norimberga contro Karl Brandt.

    In quel momento il vecchio medico era pensieroso e sembrava in colloquio con se stesso: non osai interromperlo.

    IL ROMBO SINISTRO DELLE FORTEZZE VOLANTI

    "Lo rividi una sola volta, il 15 luglio 1944, proprio qui, ad Amburgo, dopo alcune incursioni aeree che causarono moltissime vittime. Quel giorno le sirene d'allarme avvertirono con una mezz'ora di ritardo la popolazione civile, per cui tutti si precipitarono in massa verso i rifugi sotterranei sparsi a centinaia per la città. Dopo un quarto d'ora il rombo sordo degli aerei da bombardamento degli Alleati preannunciò quella che sarebbe stata la più nefasta incursione mai avvenuta nel nord della Germania...

    "Vennero distrutti il 70% dei cantieri navali, l'80% dei complessi siderurgici e industriali; per tre ore furono bombardati senza respiro il centro della città, i quartieri residenziali, gli ospedali e le scuole.

    "Quando le fortezze volanti se ne andarono, e con esse il loro rombo di morte, lasciarono dietro di sè un cielo sinistramente illuminato dalle fiamme degli incendi.

    "... Un uomo in uniforme si adoperava per non far degenerare il panico ed era la stessa persona che in seguito avrebbe organizzato tutte le operazioni di soccorso in quello che era stato il più vasto e importante porto della Germania di Hitler: quell'uomo era Karl Brandt.

    " Per chilometri e chilometri quadrati, la città era in preda alle fiamme a causa delle bombe incendiarie al fosforo, e il bitume delle pavimentazioni stradali, fondendo, andava ad otturare le prese d'aria dei rifugi sotterranei; vi furono migliaia di morti per asfissia, migliaia di feriti e decine di migliaia di senza tetto. Per giorni e giorni risuonò l'urlo delle sirene delle ambulanze e delle vedette della polizia marittima. Ad Amburgo tutte le persone ancora valide, dai medici agli infermieri, dai soldati ai civili sconvolti, tutti obbedivano agli ordini precisi ed efficaci di un medico al seguito del Führer.

    "Quest'uomo che organizzò l'evacuazione in massa dei feriti stava per essere chiamato da Hitler alla più alta carica dello Stato nell'ambito della Sanità. Egli, a Norimberga, avrebbe dichiarato:

    ' In questo servizio io rappresentavo la più alta autorità del Reich: quel decreto mi forniva la facoltà di esercitare le funzioni di coordinamento e di impartirne le direttive. Posso citare ad esempio l'evacuazione per via aerea dei feriti, i convogli sanitari, la collaborazione con l'industria, la creazione di nuovi ospedali nei luoghi in cui erano andati distrutti, l'incarico di occuparmi delle città più bombardate della Germania occidentale...'

    Udii Darnhoff mormorare: E senza dubbio dovette risolvere anche ben altri terribili problemi di ordine sanitario...

    Quel 15 luglio 1944 Brandt, in un giro d'ispezione nella zona nord della città, dovette assistere al più completo disastro, alla più totale mancanza di organizzazione nei servizi di trasporto da parte della polizia della città. impiegò persino diverse ore per scovare il capo della polizia, che si era assentato senza lasciare alcun ordine.

    SEI TU CHE AVRAI I MERITI MAGGIORI

    Il vecchio si sprofondò ancor di più nella sua poltrona: gli anni non erano riusciti a cancellare il dramma vissuto come persona e come medico. Poi, con voce roca, ricominciò a parlare, mentre le mani erano scosse da un leggero tremito.

    "La sera di quel giorno dannato venne a trovarmi Karl Brandt... Era tanto invecchiato che stentai a riconoscerlo... I lineamenti tirati... certo per la fatica... ma egli mi sembrava soprattutto stanco... moralmente. Avrei voluto poter parlare con lui dei momenti che stavamo vivendo, dell'angoscia che mi assaliva quando pensavo al futuro; ma egli parlò poco, anzi a dire il vero ci limitammo a scambiarci frasi banali. Sembrava essere da tutt'altra parte col pensiero... Ed io non osavo fargli troppe domande sulle sue nuove responsabilità e su ciò che lui doveva sicuramente sapere sulle condizioni generali della Germania. Oltre tutto non era solo... Con lui c'erano degli ufficiali. In realtà nessuno osava parlare, come se, col nostro silenzio, avessimo potuto allontanare la catastrofe da quella città devastata dalle sofferenze.

    "Quando si alzò per andarsene, mi si strinse il cuore: egli tenne stretta a lungo la mia mano ed io lessi sul suo viso un'emozione di cui non l'avrei mai creduto capace. Sulla porta si voltò e mi disse:

    "' Sai, Heinrich, fra noi due sarai tu quello che avrà i maggiori meriti'.

    "Assunsi probabilmente un'aria così stupita che egli si affrettò ad aggiungere: 'In quanto a me... Non rimpiango niente... qualsiasi cosa possa capitare, tu sai... quello che ho fatto dovevo farlo. Il nostro popolo e il nostro Führer lo sanno ed io rimarrò loro fedele fino all'ultimo'.

    Poi tacque visibilmente emozionato ed io non seppi cosa rispondere; ci stringemmo la mano per l'ultima volta, poi la sua auto e la sua scorta militare scomparvero nelle strade devastate. Non l'avrei mai più rivisto.

    Dalla cucina il rumore familiare delle stoviglie ci riportò alla realtà presente e Darnhoff sospirò. Più tardi, seduti a tavola nella grande sala da pranzo, riprendemmo più serenamente la conversazione interrotta e Darnhoff mi mostrò una lettera di Brandt, datata 16 dicembre 1931. Quella lettera confermava che proprio durante il suo soggiorno a Bochum egli aveva aderito alle idee nazionalsocialiste.

    L'ANNO NERO DEL RISVEGLIO ALLA POLITICA: 1931

    Il Natale è vicino, Heinrich, (...) ed io non riesco più a sopportare lo sguardo della gente per la strada (...) ovunque c'è una miseria nera (...) Code di persone davanti alle officine e davanti ai negozi (...) alle porte delle chiese (...) Ho partecipato a qualche riunione del partito nazionalsocialista e sono in contatto con un gruppo importante (...) Bisogna fare qualcosa: la Germania è sull'orlo del precipizio (...) Ci sono stati degli scontri molto violenti tra nazionalsocialisti e comunisti (...) Quelli sono pazzi (...) Vorrebbero allearsi, come hanno fatto nell'ultima guerra, con i nostri peggiori nemici (...) E la nostra borghesia è composta quasi del tutto da ebrei (...) Non c'è accordo! (...) Perché allora i comunisti sono anch'essi ebrei? (...) E la Francia in tutto questo tempo che ha occupato l'Alsazia...

    Effettivamente il periodo cui si riferisce questa lettera fu il più nero di tutta la storia della Germania: essa infatti non avrebbe mai conosciuto una simile miseria, neanche dopo la resa senza condizioni del 1945; basti pensare che quello fu il momento in cui il marco perse tutto il suo valore. Gli storici hanno tramandato l'aneddoto della valigetta piena di marchi per andare ad acquistare una pagnotta: questo aneddoto riferisce la verità.

    La crisi si aggravò a partire dal settembre 1930, anno in cui i nazionalsocialisti ottennero il 18% dei voti, fino alle elezioni del 1932, quando fecero eleggere al Reichstag 230 loro deputati. Lo spettro della fame terrorizzava tutta la Germania e la crisi mondiale si ripercuoteva duramente su questo paese ancora prostrato da una sconfitta non accettata. I debiti di guerra non erano ancora estinti nè lo sarebbero stati mai. I capri espiatori denunciati con molta abilità dalla propaganda nazionalsocialista non mancavano certo: i politici traditori, i comunisti e gli ebrei.

    Nel gennaio del 1932, nell'atmosfera tesa di una riunione del partito nazista, cui partecipavano disoccupati, teorici e uomini d'azione, Karl Brandt decise di aderire al partito. I discorsi accesi contro coloro che avevano ucciso la Germania erano intercalati da promesse ai tedeschi, popolo di dominatori. Il giovane chirurgo viveva nell'ospedale, quotidianamente a contatto con le miserie morali e fisiche; nelle strade si imbatteva poi nelle lunghe code in attesa davanti alle porte dei negozi. Egli non rinnegò mai quella che giudicò l'unica via di salvezza e infatti avrebbe affermato davanti al tribunale di Norimberga:

    Nel 1932 aderii al partito spinto da motivi sociali: a quell'epoca ero assistente di chirurgia nella Ruhr, dove la disoccupazione e l'insicurezza regnavano sovrane.

    Nello stesso periodo egli divenne anche membro della Lega nazionalsocialista dei medici, ponendo tuttavia una condizione gravida di conseguenze: quella di non esercitare mai nessuna attività nè nelle SS nè nelle SA. Qualche anno dopo il medico nazista Conti, uno dei suoi più agguerriti avversari, e Bormann, l'eminenza grigia del regime, si sarebbero serviti proprio di questa condizione per screditarlo agli occhi di Hitler.

    UN CASO DEL DESTINO

    Riprendendo il corso della nostra conversazione, chiesi al vecchio in che circostanze Karl Brandt fosse diventato medico personale di Hitler.

    Il destino gioca degli strani tiri: tutto cominciò per caso, mormorò Darnhoff.

    Il 10 giugno 1933 le Mercedes nere del Führer attraversarono a rotta di collo la campagna tedesca: Hitler e il suo seguito avevano appena lasciato Berchtesgaden per trasferirsi a Berlino. Il nuovo cancelliere del Reich aveva fretta e perciò ordinò di accelerare; sua nipote, che li accompagnava nel viaggio, era salita coi suoi amici nella seconda auto, guidata dall'aiutante di campo del Führer Wilhelm Brüchner.

    Completava il corteo una terza vettura che trasportava due ufficiali dello stato maggiore, Karl Brandt e la sua fidanzata Annie Rebhorn...

    Un anno prima, nel 1932, Annie Rebhorn, campionessa di nuoto e amica personale di Hitler, che l'ammirava per la sua bellezza e il suo carattere deciso, aveva presentato al Führer il suo giovane fidanzato, ancora assistente di chirurgia a Bochum. Da quel momento i due giovani cominciarono a frequentare il nuovo capo di Stato, accompagnandolo nei suoi spostamenti non ufficiali e partecipando frequentemente alle sue festicciole intime...

    Improvvisamente all'uscita da Reit-im-Winkel, l'auto di Bhichner uscì di strada: era scoppiato un pneumatico anteriore. L'autista cercò, sterzando, di rimettersi in carreggiata, ma l'auto, ormai priva di controllo, prima si arrampicò su un terrapieno, rotolò poi sull'erba ed infine precipitò in un fossato. Le altre due Mercedes frenarono bruscamente e tutti i viaggiatori, spalancate con violenza le portiere, si precipitarono attorno all'automobile fuori strada. Si udì la voce allarmata di Hitler che urlava il nome di sua nipote.

    Frehel! Frehel!...

    Il povero Bhichner, semisvenuto, era piegato in due sul volante e perdeva sangue dall'orecchio sinistro.

    Attenzione, urlò Brandt avvicinandosi, non lo tirate fuori così... Ci può essere una frattura del cranio...

    Mentre Hitler, il suo autista e Annie Rebhorn si occupavano della giovane Frehel leggermente contusa e dei suoi amici, Brandt ed uno degli ufficiali stesero con precauzione l'aiutante di campo sul terreno. L'altro ufficiale era andato in tutta fretta a chiedere soccorso.

    All'ospedale di Traunstein, il paese più vicino, fu lo stesso Brandt ad eseguire l'operazione. Il personale ospedaliero, elettrizzato dall'arrivo di personaggi tanto importanti, collaborò incondizionatamente. Terminato l'intervento, che durò due ore e mezzo, Brandt usci dalla sala operatoria visibilmente sollevato: Bhichner era salvo.

    Lo aspettava Hitler, che non aveva voluto ripartire proprio per vedere il giovane chirurgo.

    Karl Brandt, gli disse stringendogli la mano, mi congratulo con voi: ci avete appena dato una dimostrazione di padronanza di nervi e di prontezza di decisione, ma, soprattutto, mi avete dato prova di essere un eccellente chirurgo. Desidero che d'ora in poi restiate al mio fianco in tutti i miei spostamenti: voi sarete il mio medico di scorta.

    Poi aggiunse, sorridendo in tono confidenziale:

    Con uno specialista del cranio e della colonna vertebrale al mio fianco, il massimo che mi possa capitare può essere una gamba rotta, vero? Vi chiedo dunque di restare accanto al mio fedele Brüchner fino a che non sia completamente ristabilito.

    Karl Brandt fu completamente conquistato dal calore con cui il Führer gli aveva espresso la sua ammirazione: quel giorno si decise il suo destino.

    Fu il caso a stabilire chi dovesse seguire: Schweitzer„ il medico dei dimenticati da Dio, o Hitler, il futuro sterminatore dei deboli. Egli, uomo influenzabile alla ricerca di un modello da seguire, subì il fascino del capo come si accetta un'evidenza: ciecamente.

    Da quel momento la sua vita appartenne al Führer: a 29 anni aveva ormai trovato il suo modello e la sua guida.

    UNA BRILLANTE CARRIERA SCIENTIFICA

    Darnhoff proseguì:

    "Nell'autunno del 1933 Brandt tornò a Bochum: Io trovai cambiato. Il suo incontro con Hitler, al momento dell'incidente di Brüchner lo aveva completamente trasformato: lo animava un senso di sicurezza del tutto nuovo ed era ormai completamente rassicurato riguardo al suo avvenire, ciecamente fiducioso in colui che 'stava per ridare alla Germania dignità e supremazia'. Più che mai deciso a proseguire nella carriera scientifica e chirurgica, si rimise al lavoro con un impegno ed un impeto che mi impressionarono.

    " Fu in questo periodo che cominciò a scrivere in collaborazione con il professor Magnus un certo numero di articoli di incontestabile valore sulle fratture del cranio e sulle lesioni della colonna vertebrale.

    "Brandt stava per diventare non solo uno dei più valenti chirurghi del Reich, ma anche uno degli esponenti più autorevoli nel campo della ricerca medica.

    "... Ero molto fiero di essere suo amico... Si era appena sposato con Annie Rebhorn e molto spesso trascorrevo con loro intere serate a chiacchierare e ad ascoltare musica, poiché Karl Brandt adorava la musica classica... Tutti e due avevano gusti colti e raffinati e questa fu, a mio parere, una delle cause della futura gelosia di tipi come Himmler e Conti verso Brandt...

    "Mi ricordo di una discussione che ebbe luogo una sera sempre in quel periodo, nel tranquillo salotto di Brandt. Egli mi disse una cosa che mi colpì; in seguito, venendo a conoscenza dei suoi contrasti con l'entourage politico di Hitler, mi sarebbero spesso tornate alla mente le sue parole:

    "'Vedi Heinrich', mi disse, 'si cerca troppo di far prevalere la politica nell'università e non ci si rende conto che la scienza e le ricerche non hanno niente a che fare con la politica.'

    " Egli si batteva sempre, contro i membri del partito, per l'autonomia della scienza: io stesso l'ho visto moltissime volte scontrarsi violentemente con loro a causa di ciò... Voi saprete certamente che egli si oppose nel 1944 alla chiusura delle Università... Come potevano le sue convinzioni conciliarsi con le direttive di Hitler? Non lo so... Ma Brandt era troppo integro per poter accettare una qualsiasi decisione del Führer a questo riguardo... No, io credo piuttosto che Hitler gli confidasse solo i provvedimenti di stretto ordine sanitario. Ai compiti più turpi provvedevano Himmler e Conti, il medico nazista.

    Questa conversazione ebbe luogo poco tempo prima che Brandt si trasferisse definitivamente a Berlino col professor Magnus e il professor Rostock, nel 1934, lo stesso anno in cui io feci ritorno ad Amburgo. Spesso ricevetti sue notizie, ma lo rividi una sola volta... nel 1944 come vi dissi. Mi scriveva che era in stretto contatto con lo stato maggiore di Hitler e che tuttavia svolgeva il suo lavoro in collaborazione con i più illustri luminari della medicina: Lexer, von Müller, Hiess. Non intendeva assolutamente abbandonare la sua attività di chirurgo al policlinico di Berlino...

    Dopo il caffè rimanemmo un po' intorpiditi dal calore dello Steinhàger e Darnhoff, più disteso che all'inizio del nostro colloquio, sembrava persino prendere gusto al suo racconto.

    CHIAMATE IMMEDIATAMENTE BRANDT!

    Nel 1934, poco prima di lasciare Bochum, Brandt attendeva notizie da Berlino prima di accettare una delle varie proposte che gli erano state fatte.

    Ma a Berlino Hitler era completamente assorbito da due grossi problemi: un'opposizione delle sinistre, che egli represse poi ferocemente, e la necessità di risanare l'economia tedesca... Si era forse dimenticato del giovane chirurgo che aveva salvato la vita al suo aiutante di campo? Può darsi. Però Brüchner non l'aveva certo dimenticato.

    Un giorno, nel giugno 1934, Hitler si preparava nel suo ufficio della cancelleria a raggiungere Mussolini a Venezia. Dal giorno precedente aveva tenuto una serie di riunioni con Goebbels e Goering: questo primo incontro col Duce, il fratello fascista, era stato preparato minuziosamente. Hitler esultava per il colpo inferto ai franco-inglesi... Ma in privato disse a Brüchner di temere un attentato come quello, non troppo lontano, di Monaco...

    Führer, rispose l'aiutante di campo, bisogna predisporre una scorta fedele: permettetemi di chiedere a Karl Brandt di accompagnarvi in qualità di medico personale.

    Hitler si battè la fronte ed esclamò:

    Giusto, chiamate immediatamente Brandt e ditegli di raggiungerci a Monaco; potete anche informarlo che desidero la sua presenza al mio seguito a Berlino.

    Brüchner si precipitò al telefono:

    Brandt? Qui parla Brüchner. Vi telefono dalla cancelleria del Reich, venite a Monaco. Vi unirete alla scorta del Führer che si reca a Venezia... No... Non mi ringraziate... Una benedetta cicatrice sulla testa mi rende vostro debitore...

    Il vecchio seduto accanto a me si accese una sigaretta e poi si mise a guardare attraverso la finestra appannata la monotona distesa della brughiera che si confondeva col grigio del cielo.

    Dovete sapere che io rividi Karl Brandt solo due o tre volte dopo il suo viaggio a Venezia: si preparava a trasferirsi e, pur essendo molto preoccupato riguardo le sue nuove funzioni, di cui presentiva l'importanza, mi parlò a lungo di quel che avrebbe rappresentato per lui quel primo contatto con la vita politica del Führer.

    DOPO IL CONCERTO AL PALAZZO DEI DOGI

    Non sempre i dittatori si trovano d'accordo l'uno con l'altro...

    14 giugno 1934: sotto le ali dell'aereo su cui si trovavano Hitler e la sua scorta, si stagliava la laguna favolosa di Venezia che sembrava attenderli. Dopo un'ultima virata e un'ultima scossa, l'aeroplano rullò sulla pista dell'aeroporto di San Nicolò. Erano le dieci. Mussolini, in grande uniforme, accolse il suo ospite. Hitler, fasciato da un lungo impermeabile giallo e con un cappello di feltro marrone in mano, si diresse con il suo seguito verso un motoscafo: l'abbraccio fra i due fu breve.

    Ovunque, al passaggio dei due dittatori, risuonavano le grida di Duce, Duce! La folla di Venezia era in delirio; Mussolini, raggiante, alzava la mano in segno di saluto, Hitler invece, serio, se ne stava in silenzio. Karl Brandt, seduto a fianco del comandante delle SS, Sepp Dietrich, ascoltava pensieroso le acclamazioni del popolo; senza dubbio stava pensando come sarebbe diventata la Germania una volta che il nazionalsocialismo avesse portato a termine la sua opera... Mussolini era ormai al potere da dodici anni. Il Duce ricevette i tedeschi con grande sfarzo e si servì abilmente, per questo incontro che riteneva storico, della fulgida cornice di Venezia.

    Il 14 giugno, alle 13, offrì un pranzo alla villa reale di Strà, dove già aveva soggiornato Napoleone.

    La sera assistettero ad un concerto nel sontuoso salone del palazzo dei Dogi, dove le acclamazioni della folla e le grida di Duce, Duce impedirono di udire anche una sola nota!

    Il 15 giugno Hitler e Mussolini si incontrarono di nuovo in colloquio privato sul campo di golf degli Alberoni; il tono della conversazione si fece più concitato.

    La sera Hitler offrì una cena seguita da un ballo. Il Führer era nervoso e si avvicinò a Karl Brandt al quale, imitando ironicamente l'accento italiano, disse: Duce, Duce, aggiungendo poi: Bisogna che gli Italiani si abituino a fare i conti con la realtà della Germania! Karl Brandt che aveva compreso rispose sorridendo: Il nazionalsocialismo è ancora giovane, Führer, ma noi un giorno inviteremo Mussolini in Germania e gli mostreremo ciò che siamo stati capaci di fare. Hitler annuì col capo ed aggiunse scandendo le parole: Il popolo tedesco ha una strada da seguire, accada quel che deve accadere...

    Il successivo incontro tra Mussolini e Hitler, nel 1937 a Monaco, diede ragione a Brandt; infatti in quell'occasione le parti furono invertite.

    L'UNIFORME DELLE SS: OBBLIGO MORALE ED ORGOGLIO

    Poiché mi interessava capire quali fossero esattamente i rapporti di Brandt con le SS, chiesi a Darnhoff di dirmi quello che ne sapeva...

    Come tutti i giovani tedeschi che gravitavano nell'orbita di Hitler, mi rispose, "anche Brandt ben presto ammise senza riserve che era un onore appartenere alle SA e poi alle SS. Entrando a far parte della Lega nazionalsocialista dei medici, inizialmente aveva rifiutato di esercitare qualsiasi attività nell'ambito di queste due organizzazioni, forse semplicemente per mancanza di tempo, o forse perché la sua adesione si fondava soprattutto su quelle 'ragioni sociali' di cui avrebbe parlato in seguito. Ma, indipendentemente dalla sua ostilità nei confronti di Himmler, egli avrebbe dichiarato poi a Norimberga, quando tutti condannavano il corpo scelto del nazismo:

    "' Non ho mai considerato le SS come una banda di assassini, soprattutto poi le Waffen SS. Se penso ai giovani ufficiali delle Waffen SS che prestavano servizio come staffette al quartier generale di Hitler, ricordo solo che tre di esse furono uccise e la quarta ferita. È per questo che quando indosso questa uniforme provo sempre un sentimento di orgoglio e un obbligo morale.

    Questa frase, riprese Darnhoff, "era caratteristica di Karl Brandt: anche accusato di aver cercato di coprire i peggiori delitti, egli non rinnegò mai il passato. Alcuni lo considerarono cieco fino a rasentare la stupidità; quanto a me considero il suo comportamento piuttosto logico e coerente con il suo spirito, fedele alle proprie convinzioni e a colui che le incarnava...

    "So che, dopo il viaggio a Venezia, venne trasferito alle SS e che, per tutta la durata della guerra, a partire dal 1940, fu destinato al quartier generale di Hitler e poi alle Waffen SS, senza mai esercitare funzioni di comando nè dirigere unità militari, secondo quanto egli stesso desiderava. Restò nell'esercito ma, sia ben chiaro, le sue attività furono unicamente di ordine medico e chirurgico, escluso quando dovette occuparsi della coordinazione e della messa a punto di tutte le misure sanitarie che si rendevano necessarie a causa della guerra. Nel 1943 ottenne il grado di medico generale dell'esercito e delle SS, il che dimostra l'eccezionale attaccamento di Hitler verso di lui.

    In compenso, anche se rispettava i combattenti delle Waffen SS, i suoi rapporti con Himmler furono sempre quanto mai tesi; credo che Himmler non sopportasse la presenza del giovane medico a fianco del Führer, tanto che alcuni insinuano che fu proprio lui ad inviare indirettamente ad Hitler, tramite il fotografo del Führer, il famoso dottor Morell, affinché soppiantasse il giovane Brandt. In ogni caso, se queste insinuazioni sono vere, egli dovette in seguito pentirsene amaramente, perché il caro Morell, abile imbroglione, organizzò più di un intrigo... e, fra l'altro, proprio ai danni suoi, di Himmler!

    PRIMA MISSIONE E TRIONFO DELLA CIARLATANERIA

    Mi viene in mente un altro fatto abbastanza importante, credo, in questo ritratto di un amico che sto rievocando per voi. Egli me ne parlò in una delle sue lettere datate 1936.

    Il 2 aprile 1936 il dottor Brandt si presentò alla cancelleria convocatovi in mattinata da Hitler. Le facce che incontrava erano impassibili ed anche l'ufficiale di picchetto che Io introdusse lo salutò senza una parola. Il medico aggrottò le sopracciglia pensieroso: l'atmosfera gli pareva tesa. Seduto dietro la scrivania, Hitler stava scrivendo frettolosamente, come era sua abitudine, e Brandt attese in silenzio. Finalmente il Führer alzò lo sguardo, restò un attimo pensieroso e poi disse velocemente:

    Ho bisogno del vostro parere di medico: mi hanno appena comunicato, tramite il maresciallo Goering, che un certo von Brehmer, di Norimberga, avrebbe scoperto la causa del cancro. Ne siete al corrente?

    Gli occhi azzurri di Brandt rimasero fissi un attimo per lo stupore, poi rispose:

    No, Ritirar, non ne sapevo nulla.

    Può darsi che questa storia sia completamente inventata, borbottò Hitler. Ma se invece fosse vera, questa scoperta sarebbe di capitale importanza per la Germania! Voglio sapere su che basi scientifiche si fonda... Se questo Brehmer ha scoperto qualcosa, mostreremo a tutto il mondo di che cosa è capace la Germania sotto la guida del nazionalsocialismo.

    Brandt guardò perplesso Hitler che si infervorava: la sua esperienza di medico e quanto sapeva riguardo al successo dei ciarlatani in quel periodo, gli consigliavano la prudenza, ma Hitler, senza dargli il tempo di esporre il suo parere, gli si avvicinò:

    Andate a informarvi sul posto: voglio che questa faccenda venga chiarita al massimo entro un mese.

    Karl Brandt si precipitò a Norimberga, dove scoprì che von Brehmer era un ciarlatano; costui era riuscito a procurarsi l'appoggio di Goering, ma la sua presunta scoperta rimaneva una vera e propria truffa. Aveva fatto delle radiografie a donne colpite da tumore al seno e ne aveva pubblicato la fotografia con la didascalia: PRIMA. Dopo di che, utilizzando le radiografie di persone sane, le aveva pubblicate con la scritta: DOPO.

    Brandt, scandalizzato, denunciò apertamente l'imbroglio, proprio mentre l'ideologo Streicker pubblicava degli articoli esaltanti l'opera di von Brehmer... in quanto a Brandt egli si vide quasi negare il soggiorno a Norimberga. Infatti il capo della polizia della città gli consigliò di non rimetterci mai più piede e Hitler, quando Brandt gli fece il suo rapporto, gli suggerì confidenzialmente:

    Non andate mai a Norimberga senza di me.

    Il Führer accompagnò questo consiglio con una amichevole stretta di mano. Ma il male sembrava troppo radicato: chi l'avrebbe vinta in avvenire? I ciarlatani o i medici?

    Nel riferire questo episodio scabroso, il dottor Darnhoff fece un gesto infastidito:

    Noi oggi possiamo forse dire, per rispondere a quella domanda, che la medicina nazionalsocialista, a giudicare dalla svolta presa già dal 1925, conteneva in germe la mala erba di quella ciarlataneria che allignò poi abbondantemente in seguito... e che, senza l'energica opposizione di uomini come Karl Brandt, avrebbe distrutto l'università.

    COME UN FIGLIO ADOTTIVO

    Era tardi, il crepuscolo avvolgeva di ombre la campagna ed io compresi che il nostro incontro volgeva al termine.

    Ma c'era una questione che mi preoccupava da molto tempo, perciò chiesi al vecchio medico quale secondo lui fosse stata la natura dei rapporti tra Hitler e Karl Brandt. Egli sorrise e fece un gesto vivace:

    "Vi risponderò con un aneddoto: Albert Speer, uno dei più intimi amici di Karl Brandt, racconta nei suoi Ricordi che un giorno questi fece molto ridere Hitler alle spalle di Molotov e del suo seguito, venuti a Berlino nel 1940. I russi infatti facevano sterilizzare tutti i loro piatti e le loro posate per paura dei microbi... Questa faccenda lo impressionò molto.

    "Brandt incontrava quasi ogni giorno Hitler, in un'atmosfera ben diversa da quella della scena politica, non so se mi capite, un'atmosfera quasi familiare...

    Hitler l'aveva fatto suo medico personale perché aveva salvato la vita a Brüchner e questo fu un gesto spontaneo di fiducia... Brandt visse fino al 1945 come un 'figlio adottivo', in piena intimità col Führer... E tutto perché questi un giorno lo aveva voluto vicino a sè... per un impulso improvviso... Altrettanto impulsivamente, nel 1945 si credette tradito dal suo medico e lo condannò a morte... senza pensarci sopra due volte e il resto lo fecero gli intrighi dei vari Bormann e Conti... È molto strano: se Speer non gli avesse salvato la vita nascondendolo in casa sua, Brandt sarebbe morto per ordine della stessa persona che, un giorno del 1933, lo aveva ammesso a far parte della sua cerchia di amici intimi e fedeli e che tale lo aveva considerato per undici anni. Cinque anni di guerra avevano cambiato molte cose...

    LA MEDICINA TEDESCA: UN GIGANTE DAI PIEDI D'ARGILLA

    Vi è una frase che può giustamente stupirci e si trova in una lettera che il dottor Conti, presidente dell'Ordine dei medici del Reich, scrisse prima di suicidarsi all'ufficiale americano che lo aveva interrogato: E triste dover finire così una vita di buone intenzioni e di attaccamento al dovere...

    Sembra di sognare: come poteva uno dei più alti responsabili, con Karl Brandt, dei servizi sanitari nazisti, essere convinto della propria buona fede? In effetti il paradosso è solo apparente: l'organizzazione della medicina nazionalsocialista, che non fu altro che un'industria di morte, era fondata su principi ben chiari. Il suo primo intento e il suo vero scopo erano soprattutto quelli di servire la Razza.

    ALL'INIZIO C'ERA LA RAZZA

    L'esistenza e la supremazia della razza ariana furono, per il nazionalsocialismo, un principio fondamentale, e per chi rifiutava questo principio non vi era salvezza: esso era al di là dì tutte le considerazioni etiche. Per il nazismo prima dell'etica veniva questo principio...

    Il professor Gebhardt, generale di brigata delle SS, amico d'infanzia di Himmler e uno dei principali imputati al processo di Norimberga, dirà:

    lo credo di poter affermare che ogni morale deriva da un principio filosofico e che ogni principio filosofico nasce dalla propria epoca, dai modi di vita e dalla scala di valori che quell'epoca si è imposta...

    È mai possibile porre, come fece questo medico delle SS, le cui responsabilità ebbero tanto peso nel corso della storia, il concetto di razza come principio filosofico per l'instaurazione di un ordine nuovo? Migliaia di medici nazionalsocialisti lo hanno creduto in buona fede. Quali forze occulte li resero talmente ciechi da poterlo credere? È ciò che cercheremo di scoprire.

    Essi furono poi spinti definitivamente verso questo vicolo cieco dai discorsi accesi degli ideologi e dalle massicce e teatrali dimostrazioni di potenza del nazionalsocialismo.

    Il 4 ottobre 1943 i Gruppen Führer SS, generali di divisione dell'Ordine Nero, nelle loro attillate uniformi, si riunirono a rapporto presso il loro comandante: Himmler. Costui, nell'alta uniforme di Reichsführer, salì sulla tribuna e pronunciò con voce dura un discorso fatto per galvanizzare i suoi dipendenti. Fu un susseguirsi incalzante di slogan implacabili:

    "Il giorno in cui avremo dimenticato la legge fondamentale della nostra razza, i sacri principi della selezione e della austerità, quel giorno avremo accolto in noi il germe della morte...

    Ricordiamoci la nostra dottrina: sangue, selezione, durezza.

    I Grüppen Führer SS, i cui uomini avrebbero imposto il terrore prima in Germania e poi in tutta Europa, ascoltavano in religioso silenzio il discorso del loro capo. Fra di loro vi erano quei medici che si sarebbero in seguito resi responsabili delle maggiori atrocità.

    Ma non furono solo i medici delle SS, purtroppo, a portare il peso della colpevolezza della medicina nazista. L'organizzazione dei medici civili, cioè la Lega nazionalsocialista dei medici del Reich, presieduta, come l'Ordine dei medici, da Edoardo Conti, divenne già nel 1932, prima dell'avvento di Hitler al potere, uno dei più validi sostegni del nuovo regime.

    Lo scopo del medico nazista non era più quello di aiutare l'uomo, bensì quello di aiutare la razza ariana, razza eletta, a prevalere sulle razze definite inferiori. Il giuramento di Ippocrate era ridotto ormai a ben misera cosa: prima di tutto veniva la Razza...

    Dal 1933 al 1945 i medici nazisti, fedeli ad un regime che dettava loro la linea di condotta, non ebbero mai alcun dubbio su quale fosse il loro dovere.

    Quei pochi che vollero opporsi furono eliminati senza pietà.

    IL CONTRASTO TRA BRANDT E HIMMLER

    Fin dal 1932 Karl Brandt divenne membro della Lega nazionalsocialista dei medici e, in quel periodo di violenza che precedette e seguì l'avvento al potere di Hitler, egli fu un ardente seguace delle idee del nuovo capo della Germania.

    Membro delle SA nel 1934, periodo in cui si scatenarono le repressioni contro gli oppositori e i non tedeschi, entrò a far parte delle SS alla fine dello stesso anno. Ricordiamo il giuramento che dovevano prestare quelli che avrebbero avuto il ruolo, nella folle avventura di Hitler e di Himmler, di aguzzini del popolo:

    Essere assolutamente fedeli, qualsiasi cosa capiti... Obbedire ciecamente per aiutare il nostro Führer e la Germania.

    Ma Brandt, quando entrò a far parte prima delle SA, poi delle SS, confermò la condizione che aveva già posto alla sua entrata nella Lega nazionalsocialista dei medici: non esercitare alcuna attività nell'ambito delle due formazioni paramilitari naziste. Come già si è accennato, questo suo incredibile atteggiamento, che rivelava senza possibilità di dubbio la sua prudenza ed il suo desiderio di indipendenza, non fu affatto gradito da Himmler. Nonostante ciò, Brandt avrebbe terminato la guerra col grado di medico generale delle SS.

    Un giorno del 1936, sulla terrazza del Berghof, residenza di Hitler nelle Alpi bavaresi, Himmler apostrofò quella SS poco ortodossa e privilegiata che era il medico privato del Führer:

    Sempre in abiti civili dottor Brandt... Vi fate degli scrupoli nel portare l'uniforme nera?

    No assolutamente, ReichsFührer, ribattè vivacemente Brandt. lo sono molto fiero di questa uniforme che, per altro, indosso spesso; ma in questo momento mi considero medico privato del Führer.

    Non ancora soddisfatto, Himmler lo trattenne per la manica.

    E questo sarebbe forse in contraddizione con l'appartenenza alle SS, dottor Brandt?

    Non vi è alcuna contraddizione ReichsFührer, ma io sono medico e come tale mi devo vestire...

    Voi siete innanzitutto un ufficiale, Sturmbannflihrer SS, cago dottor Brandt, ringhiò Himmler con sguardo feroce. Un dottore delle SS è soprattutto un soldato al servizio della Germania e del Führer...

    Brandt conosceva già da molto tempo le idee di Himmler circa la parte rappresentata da un medico, e in quanto al ReichsFührer, egli diffidava per principio di tutto ciò che potesse intralciarlo nel compito di imporre il suo volere alle truppe. Lo scontro era inevitabile; pertanto Brandt gli rispose con voce ferma e senza esitazione:

    Non sono d'accordo con voi, Reichshihrer prima di tutto io sono un medico e, come tutti i medici della Lega nazionalsocialista, sono fermamente deciso a difendere l'ideale della nuova Germania.

    Meglio per voi dottor Brandt, rispose Himmler seccamente. Perché non sopporteremo nessuna opposizione, specie poi proveniente dai ranghi delle SS, ai voleri del nostro Führer...

    Non è certamente il mio caso... assicurò Brandt sorridendo, mentre Himmler si allontanava con aria truce.

    La sera Hitler fece finta di non notare l'ostilità latente fra i due uomini. Il suo gioco non consisteva forse nel chiudere un occhio sulle scaramucce dei suoi protetti per poterli poi meglio dominare?

    Ma il contrasto tra Himmler e Brandt era veramente profondo ed il ReichsFührer si preoccupò sempre che le alte responsabilità di natura sanitaria affidate da Hitler a Brandt non riguardassero anche le SS, di cui egli teneva ad essere l'unico capo.

    La guerra e gli sforzi enormi che essa impose ai vari reparti della salute pubblica del Reich contribuirono ad aggravare tale disaccordo.

    Il Reichshihrer era allarmato dalla presenza, accanto a Hitler, di quell'indisciplinata SS, divenuta tale per vie non politiche. Brandt da parte sua giudicava Himmler un uomo mediocre, pieno di complessi di inferiorità verso le persone colte e i medici in generale e che gioiva nel poter nuocere loro.

    Questo, tuttavia, non era che uno dei tanti e ben più gravi casi di gelosia e rivalità, all'ordine del giorno nelle alte sfere dei dirigenti del nazionalsocialismo.

    IL POGROM DEI MEDICI DEL 1° APRILE

    Ritorniamo al 1933: a Berlino, due mesi dopo l'elezione di Hitler a cancelliere, la Lega nazionalsocialista dei medici passò all'azione. La propaganda antisemita si scatenò anche presso di loro, nei cui confronti l'allontanamento dalla categoria dei medici ebrei veniva presentato come una necessità per la salute pubblica.

    All'alba del 1° aprile 1933 i membri della Lega dei medici si introdussero negli appartamenti dei loro colleghi ebrei, li insultarono e li percossero sotto gli occhi terrorizzati dei loro familiari, poi li portarono al Parco delle esposizioni. Cortei di persone gementi attraversavano la città e molti cittadini, svegliati dal pianto delle vittime e dagli insulti degli aguzzini, partecipavano solidali: quelli di parere contrario si nascondevano dietro il silenzio. Cominciava il regno del terrore, che sarebbe durato per dodici anni, e tutti compresero, chi accogliendola con entusiasmo chi con spavento, che stava per iniziare una nuova era: quella dell'antisemitismo, delle torture e della morte.

    Il consenso al pogrom da parte dei medici seguaci del nuovo regime fu immediato e totale; essi costrinsero le loro vittime, senza tener conto della loro età avanzata, a correre intorno al parco sotto brutali percosse. Poi i medici ebrei vennero radunati come bestie e lasciati sulla piazza per ore ed ore, senza conforto e senza cibo; non contenti d'aver già dato un tale squallido e triste spettacolo, gli appartenenti alla Lega consegnarono in seguito molti loro colleghi ebrei nelle mani delle SS. Queste ultime trasportarono poi le loro vittime nei sotterranei della prigione di Medemannstrasse, che fu sotto Hitler il principale luogo di tortura di Berlino.

    Ad alcuni di loro fu concesso di ritornare a casa il giorno stesso, ma continuarono ad essere sorvegliati dalle SA e dalle SS, le quali impedivano persino ai loro pazienti di andare a farsi visitare.

    L'indomani l'ostracismo cessò.

    Ma anche se il nuovo regime concedeva loro una dilazione, il destino dei medici ebrei era ormai segnato.

    Le varie persecuzioni antisemite che si ripetevano sino a diventare un piano sistematico di sterminio, furono solo un segno precursore dei tempi: gli aguzzini erano convinti di preparare con le loro azioni un futuro di grandezza per la nazione tedesca ed anche la Lega nazionalsocialista dei medici avrebbe continuato a riproporre incessantemente questo slogan.

    A poco a poco l'influenza della Lega si fece sentire su tutta la classe medica ed i medici ebrei dovettero completamente cessare la propria attività. Infatti sarebbe diventato per loro sempre più difficile, fino a rivelarsi impossibile, terminare gli studi ed esercitare la professione senza aderire alla Lega.

    Alcuni stralci di articoli pubblicati tra il marzo ed il maggio del 1933 sono particolarmente illuminanti circa lo stato d'animo regnante in Germania fin da quell'epoca.

    In seguito alle lamentele del commissario di Stato di Berlino riguardo al considerevole numero di medici ebrei operanti negli ospedali della città, il camerata dottor Klein si è incaricato di esaminare la situazione dell'ospedale di Moabit. Seguivano i nomi di diciotto medici che dovevano essere licenziati.

    (Völkischer Beobachter, 21 marzo 1933)

    Il dottor Lippert ha intenzione di riorganizzare il collegio medico degli ospedali della nostra città e a questo scopo ha ricevuto venerdì -una delegazione di commissari di distretto. Questi si sono lamentati del fatto che, nella maggior parte degli ospedali della città, lavorano comunisti e socialisti ebrei, nella percentuale dell'80, 90 ed a volte 100%. II dottor Lippert ha loro assicurato che i contratti di tutti i medici saranno rescissi il più presto possibile.

    (Frankfurter Zeitung, 18 maggio 1933)

    In un giornale di Breslavia dell'aprile 1933, si legge:

    I medici ebrei, nonché la dottoressa ebrea Nusbaum, saranno esonerati dai loro incarichi relativi alla lotta contro le malattie veneree.

    L'APPELLO ALLA CLASSE MEDICA TEDESCA

    Si può capire guardando le date di questi articoli, che il pogrom dei medici del 1° aprile del 1933 faceva parte di un'offensiva ben precisa: esso infatti venne effettuato dopo un appello alla classe medica tedesca del 23 marzo 1933, sottoscritto dal capo dei medici del Reich, il vecchio dottor Wagner, che sarebbe stato poi sostituito alla sua morte, nel 1939, dal suo primo assistente Conti, il politicante nazista.

    Basta leggere questo appello per convincersene: "Camerati, Colleghi, Sbarazzatevi di tutti quelli che non vogliono comprendere la situazione del momento!

    " (...) Durante queste settimane abbiamo constatato con emozione ed orgoglio che il popolo tedesco ha preso coscienza di se stesso e del valore della sua stirpe!

    "In tutte le regioni, in tutti gli ambienti e in tutte le professioni assistiamo al risveglio del popolo e al rifiuto da parte sua degli errori dei liberali e degli stranieri. Fino a questo momento non abbiamo reagito.

    "Poche sono le professioni che possono contribuire all'avvenire ed alla gloria di una nazione quanto quella medica, ma essa, più di tutte, è in mano agli ebrei ed è soffocata in modo esasperante dalla presenza di stranieri. Incaricati ebrei occupano da padroni le cattedre di medicina, impoveriscono l'arte medica ed inculcano ad intere generazioni di giovani dottori uno spirito utilitaristico.

    "'Colleghi' ebrei si accaparrano i posti più elevati delle società e degli organismi medici.

    " Essi falsano e distruggono sistematicamente la nostra etica.

    "Vi sono dei 'colleghi' ebrei anche nei posti chiave dell'amministrazione. È a causa loro che, di giorno in giorno, alligna e si sviluppa uno spirito bassamente utilitaristico che offende la nostra professione. Ciò significherà per noi disagio economico, diminuzione del nostro prestigio presso il popolo e della nostra autorità nell'ambito dello Stato!

    " Medici tedeschi! Noi lo sappiamo: i responsabili di questa situazione sono unicamente gli stranieri che ci hanno diretti... Essi hanno osteggiato qualsiasi idea proveniente dai nostri gruppi tedeschi, mentre erano pronti ad accettare tutte le proposte dei gruppi marxisti ed ebrei. E noi l'abbiamo sopportato!

    " (...) Che la classe medica rappresenti un'isola giudeo-massonica, nel cuore della Germania, QUESTO NON Può ESSERE! Il senso dell'onore e del dovere ci impongono di mettere fine a questo scandalo!

    "Per questo ci rivolgiamo a tutta la classe medica tedesca.

    " Risanate la direzione delle nostre organizzazioni! Sbarazzatevi di tutti coloro che non vogliono credere nei nuovi principi. Fate che la nostra classe medica torni ad essere tedesca nell'organizzazione e nello spirito... Poiché noi vogliamo collaborare alla ricostituzione di una nuova classe medica per il bene del popolo e per ridare onore alla figura del medico tedesco.

    Firmato dott. Wagner, 23 marzo 1933.

    Come si può vedere il desiderio di un più giusto equilibrio di forze nella classe medica tedesca, dove forse gli ebrei erano veramente troppo numerosi, a questo punto è ampiamente superato. Nella gamma degli orrori compiuti vi fu solo una differenza di grado fra i medici nazisti del 1933 e gli aguzzini dei campi di Mauthausen e di Ravensbriick. Si trattava, sia per i medici della Lega nazionalsocialista del 1933, come per i medici dei futuri esperimenti su cavie umane, di una medesima volontà di eliminazione sistematica e di un medesimo spirito di dedizione assoluta a quella che essi ritenevano la razza eletta. E il famoso appello del 23 marzo era stato lanciato solo due mesi dopo l'elezione di Hitler a cancelliere del Reich...

    A Kharkov, nell'aprile del 1943, esattamente dieci anni dopo, Himmler trionfante avrebbe esclamato:

    L'antisemitismo è come l'eliminazione delle pulci: non è una questione di filosofia, ma di pulizia. Ben presto ci saremo completamente liberati dalle pulci: ancora ventimila parassiti e poi avremo portato a termine il nostro compito in favore della Germania!

    Quanti medici tedeschi si resero complici di questo genocidio? Non oso rispondere.

    NUOVI SUCCESSI DI KARL BRANDT AL FIANCO DI HITLER

    Maggio 1935. Nel suo ufficio della vecchia cancelleria Hitler dava in escandescenze, mentre il dottor Grawitz attendeva impassibile sull'attenti la fine della sfuriata. Egli sapeva di poter contare, in quella faccenda, sull'incondizionato appoggio del suo diretto superiore Himmler.

    Hitler, con voce roca ed irriconoscibile, proruppe:

    I vostri sedicenti specialisti delle SS non sono che degli imbecilli! Buoni solo a diagnosticare le 'malattie politiche' dei nostri nemici! lo non affiderei mai a loro la mia salute... Chiamatemi il dottor Brandt all'ospedale della Carità e fatelo venire qui...

    Già da qualche mese coloro che erano vicini al Führer erano preoccupati per una sua laringite cronica che andava peggiorando sempre più. Lui stesso, di

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