Ragazze di città
Di Elin Wägner
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Info su questo ebook
Stoccolma, inizio Novecento. Elisabeth, venticinque anni, si è appena trasferita in città, dove ha accettato un lavoro come impiegata. Abita in un minuscolo appartamento di Norrtullsgatan, nel quartiere residenziale di Vasastan, a Stoccolma, insieme ad altre tre ragazze, Eva, Baby ed Emmy, tutte segretarie come lei. Non è una vita facile la loro: single e senza una famiglia che le aiuti, devono lavorare duramente per mantenersi, in cambio di un salario che basta a malapena a garantire loro la sopravvivenza e in un ambiente maschilista che le costringe a subire le molestie dei datori di lavoro e dei colleghi maschi. Eppure quella che si respira nella casa della Banda di Norrtull, come amano definirsi scherzosamente le quattro ragazze, è un’atmosfera allegra, solidale, vibrante di vita e di stimoli. La sera, dopo il lavoro, si incontrano per discutere con umorismo spesso sarcastico di ingiustizie, possibilità di condizioni di lavoro migliori e sogni di un futuro meno duro e soprattutto più equo. Ogni tentativo di porre fine a questa condizione si scontra con il muro di incomprensione di una società che non vede di buon occhio il desiderio delle donne di diventare indipendenti… ma le ragazze della Banda di Norrtull sono decise a resistere nonostante tutto e a non lasciarsi intimidire dalle difficoltà.
Pubblicato a puntate sulla rivista Dagens Nyheter a partire dal novembre 1907, Ragazze di città racconta con le parole di Elisabeth, io narrante del romanzo, le grandi battaglie per l’emancipazione femminile: il diritto al lavoro e allo sciopero, la parità tra i sessi, la solidarietà tra donne, il matrimonio, la famiglia.
Elin Wägner
Elin Wägner (Lund, 1882 - Rösås, 1949) è stata una scrittrice e giornalista svedese, considerata una pioniera del movimento femminista. Ecologista ante litteram e convinta pacifista, è conosciuta fra l’altro per l’impegno con cui sostenne il suffragio femminile e per aver fondato l’associazione Rädda Barnen, sezione del movimento internazionale Save the Children in Svezia. Nel 1944 fu eletta membro dell’Accademia Svedese. Autrice di numerosi romanzi, racconti e saggi, ha esordito nella narrativa con Ragazze di città, pubblicato nel 1908, tradotto per la prima volta in Italia da HarperCollins, che continua la pubblicazione di questa importante autrice con Il pennino.
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Anteprima del libro
Ragazze di città - Elin Wägner
1
Stoccolma, 29 settembre
Niente accade come previsto!
Non era questo che mi aspettavo dieci anni fa, quando studiavo il catechismo per la cresima, indossavo il mio primo vestito lungo e compravo la mia prima confezione di forcine che, tra l’altro, mi sono cadute subito dai capelli.
Mi aspettavo ancora meno cinque anni fa, quando ho compiuto vent’anni e ardevo per il mio primo e più grande amore. Ricordo la sera in cui, felice e furtiva, sgattaiolavo lungo vicoli secondari per andare al primo appuntamento e mi fermavo a ogni lampione per controllare l’ora, mentre lui aspettava in un parco. Non ci sarebbero più stati giorni banali nella mia vita, mi ripromettevo: solo paradiso o inferno, più che altro paradiso, su e giù, delle lunghissime montagne russe. E per un po’ ha funzionato, ma poi – uno, due, tre – ha smesso, e sono precipitata nel punto più basso. Se qualcuno, allora, avesse osato dirmi che avrei fatto l’impiegata, io, che mi sentivo morire già a metà della settimana! E invece ora sono proprio un’impiegata.
Non c’era altro da fare. O meglio, in realtà probabilmente c’era, ma questo era ciò che avevo a portata di mano. E a volte, quando si è molto stanchi, si afferra ciò che si ha più a portata di mano.
Mi sembra di vedere davanti agli occhi un grande esercito di camicette di saia, e io sono l’ultima coscritta. L’addestramento comincia il primo ottobre.
Uno scrittore ha detto di noi donne lavoratrici che bisogna renderci giustizia e ammettere che non è l’amore per il lavoro a costringerci a entrare nell’ambito delle occupazioni maschili, ma la pura necessità. C’è un certo grado di verità e saggezza in queste parole; è proprio la necessità, la necessità, e sono sicura che odierò il mio lavoro. La mia anima si ritrae istintivamente davanti al libro contabile e alla macchina da scrivere, ma immagino che dopotutto dobbiamo pur vivere, io e Putte, soprattutto Putte; e anche se lui, come è solito definirsi, è vedova e orfano
,¹ non basta: la scuola e l’alloggio qui a Stoccolma sono carissimi. Così, per senso del dovere, ho accettato un lavoro presso un giudice distrettuale come tesoriera e addetta alla corrispondenza e, a detta di tutti, dovrei essere al settimo cielo per averlo ottenuto con tale facilità, senza referenze né da parte di Schartau né di Påhlman,² e per giunta alla mia età. Ho solo venticinque anni, ma ho sentito dire che di solito le impiegate le vogliono più giovani e con i genitori, perché sono più economiche. Nella mia ingenuità, mi sembra di essere abbastanza economica: ottanta corone al mese per sette ore al giorno e cinquanta centesimi per ogni ora di straordinario. Ovviamente farò gli straordinari, e serviranno per Putte. Quanto a me, dovrò cavarmela con le ottanta