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L'innamorato di Maria. San Massimiliano Maria Kolbe
L'innamorato di Maria. San Massimiliano Maria Kolbe
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E-book355 pagine4 ore

L'innamorato di Maria. San Massimiliano Maria Kolbe

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Info su questo ebook

San Massimiliano Maria Kolbe: l'innamorato di Maria è una biografia dettagliata e avvincente che esplora la vita straordinaria di uno dei santi più amati e venerati della Chiesa cattolica. Il libro racconta la storia di Massimiliano Kolbe, dalla sua infanzia in Polonia fino al suo martirio ad Auschwitz, offrendo uno sguardo profondo sulla sua fede incrollabile, il suo amore per la Vergine Maria e il suo impegno instancabile nella diffusione del Vangelo attraverso i media moderni.

Attraverso una narrazione accurata e ricca di dettagli, l'autore descrive le tappe fondamentali della vita di Kolbe, inclusa la fondazione della Milizia dell'Immacolata e la creazione di un vasto apostolato mediatico. La biografia mette in luce il coraggio e la spiritualità di Kolbe, che ha offerto la propria vita in cambio di quella di un altro prigioniero nel campo di concentramento di Auschwitz, dimostrando un supremo atto di amore e sacrificio.

Questa biografia non solo racconta la storia di un santo, ma ispira i lettori a vivere con la stessa dedizione e passione per la fede. Completo di fotografie e testimonianze, il libro è una lettura indispensabile per chiunque desideri approfondire la conoscenza di San Massimiliano Maria Kolbe e il suo messaggio di speranza e amore.
LinguaItaliano
Data di uscita7 giu 2024
ISBN9788884049711
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    Anteprima del libro

    L'innamorato di Maria. San Massimiliano Maria Kolbe - Egidio Monzani

    Copertina: L’innamorato di Maria by San Massimiliano Maria Kolbe.Immagine del volto di una Madonna che identifica la collana.

    Collana:

    I Santi

    San Massimiliano Maria Kolbe

    L’innamorato di Maria

    Testi: Frati Minori Conventuali della Basilica di san Giuseppe da Copertino in Osimo (AN)

    © Editrice Shalom s.r.l. - 08.12.2009 Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria

    © Libreria Editrice Vaticana (testi Sommi Pontefici)

    © 2008 Fondazione di Religione Santi Francesco d’Assisi e Caterina da Siena (Parola di Dio)

    Illustrazione di copertina: Luigina Castellana

    ISBN 978 88 8404 234 7

    ISBN ePub 978 88 8404 971 1

    Publisher Logo

    Via Galvani, 1

    60020 Camerata Picena (AN)

    Per ordinare citare il codice 8368:

    www.editriceshalom.it

    ordina@editriceshalom.it

    Tel. 071 74 50 440

    dal lunedì al venerdì dalle 8:00 alle 18:00

    Whatsapp 36 66 06 16 00 (solo messaggi)

    Fax 071 74 50 140

    in qualsiasi ora del giorno e della notte

    L’editrice Shalom non concede diritti d’autore (né patrimoniali né morali) all’Autore del presente libro e si riserva di utilizzare ogni parte di questo testo per altre sue pubblicazioni.

    Indice

    Presentazione

    «Aveva conquistato tutti i cuori»

    Cronologia della vita e delle attività di san Massimiliano Maria Kolbe

    La testimonianza di Massimiliano:

    LA VITA

    Figlio santo, di genitori santi

    Raimondo Kolbe: un bambino vivace

    «Peccato che questo giovane diventi frate...»

    «Il Colosseo del XX secolo, quello diventerà il mio Golgota…»

    «L’obbedienza sia la tua regola»

    «Io devo già combattere, salvare, aiutiamoci davanti al Santissimo e ai piedi della nostra Regina»

    «Bisogna inondare la terra con un diluvio di stampa cristiana e mariana, in ogni lingua e in ogni luogo»

    Il sogno si avvera: una tipografia tutta sua!

    «La salute mi ha voltato le spalle»

    La Madonna vuole più spazio… una città tutta sua!

    Niepokalanów, per rendere ogni anima preda dell’Immacolata

    «Senza un grandioso ideale missionario, Niepokalanów non ha ragione d’esistere»

    «Il pittore è la Madonna, la scopa sono io!»: Mugenzai no Sono

    Il Tabor gioioso che precede il Golgota

    «I santi poco prima di morire parlano d’amore, di cosa parla il nostro superiore?»

    Le ultime stazioni della Via Crucis: «Dare la vita per i fratelli»

    L’alfabeto di Massimiliano:

    LE SUE PAROLE

    A come Amore

    B come Blocco 18

    C come Consacrazione all’Immacolata

    D come Disposti a tutto per l’Immacolata

    E come Editoria

    F come Francescano spirito di povertà

    G come Giornata tipo

    I come In ginocchio

    L come Lager martirio del XX secolo

    M come Milizia dell’Immacolata:

    N come Niepokalanów in progresso

    O come Onomastico (12 ottobre 1939)

    P come Paradiso

    Q come Quinquennale

    R come Rosario, preghiera prediletta

    S come Seconda pagina dell’Ordine

    T come Testamento di Massimiliano

    U come Ultimo articolo firmato dal Kolbe: «Nessuno al mondo può cambiare la verità» (1941)

    V come Vita nella trinità

    Z come Zibaldone

    L’intercessione di Massimiliano:

    CANONIZZAZIONE E PREGHIERE

    L’eredità spirituale: verso gli altari

    Padre Kolbe diventa beato Massimiliano Maria durante il pontificato di Paolo VI

    Da beato a santo durante il pontificato del suo connazionale Giovanni Paolo II

    «Io desidero che tutti voi diventiate santi e io intendo dire grandi santi!»

    Le preghiere di san Massimiliano

    La milizia dell’Immacolata in Italia

    La Milizia dell’Immacolata oggi

    Acronimi codice 8368 San Massimiliano Maria Kolbe. L’innamorato di Maria

    Presentazione

    Quando viene pubblicata una biografia su san Massimiliano Kolbe, essa è generalmente accolta con grande fervore da molti lettori. Ognuno si domanda: da quale punto di vista è studiata la figura del martire polacco? Egli, infatti, è stato un santo davvero poliedrico: uomo di preghiera e di azione, frate e sacerdote innamorato di Maria, apostolo innovatore nel campo dei metodi della pastorale, eroe della carità nel campo di concentramento di Auschwitz. Questo libro, in modo semplice ed esauriente, ci presenta padre Kolbe attraverso la lente del suo amore all’Immacolata.

    Per Massimiliano invocare la Madre di Dio è donarsi completamente a lei mediante l’atto di affidamento per abbandonarsi completamente al suo amore e alla sua protezione. Si tratta di un appartenere a Maria senza condizioni perché ella purifichi e sostenga i credenti nel loro cammino di conversione. L’amore per la Madonna incide profondamente sul vissuto del santo polacco. Egli insegna che amare l’Immacolata non vuol dire solo rivolgere a lei preghiere, ma soprattutto imitare le sue virtù e affidarsi alla sua materna e amorosa protezione. La consacrazione-affidamento all’Immacolata di impostazione kolbiana rappresenta il vertice di un rapporto con la Vergine che non è meramente devozionale, ma tocca in modo radicale e concreto il vissuto spirituale.

    Infatti, si tratta di esprimere la massima fiducia in lei con la certezza che la sua materna protezione e la sua guida benevola condurranno il credente al compimento della volontà dell’Altissimo. Dal canto suo, il fedele è chiamato a porre la massima attenzione nello svolgere quanto gli è proprio, in riferimento all’ascesi, offrendo una splendida testimonianza di impegno e buona volontà al servizio del Signore e del Regno.

    In tal senso, sono molto indicative queste parole del francescano polacco: «Lasciamoci condurre sempre più perfettamente dall’Immacolata in qualunque posto e in qualsiasi modo ella vuole collocarci, affinché adempiendo bene i nostri doveri, contribuiamo a far sì che tutte le anime siano conquistate al suo amore» (SK 960).

    Al di là delle sue forti convinzioni teologiche circa la mediazione materna di Maria, san Massimiliano intesse con la Madre di Dio un rapporto d’amore filiale che invade la sua anima e gli dona forza e determinazione nel cammino di unione con l’Altissimo e di apostolo del Regno. Come l’amata Immacolata egli ha la certezza di essere in un piano di Dio che vuole percorrere con la gioia e la disponibilità dimostrate dalla stessa Maria. Sente forte la presenza amorosa della Madonna nella sua vita e a lei si affida in tutto, particolarmente nei momenti di prova che, come vedremo, impreziosiscono la dimensione mistica del suo itinerario spirituale. Rivolgersi alla Vergine permette al fedele di raccogliere frutti abbondanti nel cammino spirituale. Ella, infatti, sostiene chi la invoca nella prova e nella tentazione, intercede le grazie necessarie per la personale santificazione, guida con il suo esempio e con il suo materno aiuto a un amore per Dio e per i fratelli sempre più grande.

    La missione kolbiana si arricchisce ovviamente grazie alla proposta dell’Immacolata quale modello perfetto di essere umano. Ella è la Madre di Dio, ma le sue virtù sono proposte dal santo come espressione di vita in Cristo di primissimo livello. Il proporre la Madonna quale esempio straordinario di sequela è la più grande forma di carità che un missionario possa donare al prossimo.

    Il martirio di padre Kolbe non è il frutto di un momento di fervore, ma il risultato dell’offerta costante della sua vita a Dio attraverso la mediazione della Vergine. Tutta la sua esistenza è un continuo donare la vita grazie al segreto della consacrazione all’Immacolata. Ogni suo attimo è uno spendersi per il Regno, in una comunione profonda con il Signore, pienamente affidato all’amore materno della Madonna. Essere continuamente cosa e proprietà della Madre di Dio gli consente una capacità di donarsi progressiva, fino a giungere a chiedere di morire al posto di un padre di famiglia. Il vertice dell’offerta si verifica nel campo di Auschwitz, ma va detto che tutto il suo percorso spirituale è caratterizzato da una continua e generosa crescita nell’offerta di se stesso all’Onnipotente per la mediazione dell’Immacolata.

    Siamo certi che i lettori gradiranno molto la prospettiva teologica di questo libro, che contribuirà a una migliore conoscenza di padre Kolbe e ad affinare il proprio cammino di fede.

    Roma, 14 settembre 2013

    Esaltazione della Santa Croce

    Padre Raffaele Di Muro

    Assistente Internazionale

    della Milizia dell’Immacolata

    Dipinto. Primo piano di un giovane san Massimiliano Maria Kolbe protetto dalla Vergine Maria che, dietro di lui, gli poggia le mani sulle spalle e lo copre con il suo velo.

    «Aveva conquistato tutti i cuori»

    L’ORRORE DI AUSCHWITZ

    «Nel maggio del 1941 stavamo lavorando in una casa distrutta quando uno dei prigionieri trovò un crocifisso. La SS Storch lo prese e chiamò padre Nieweglewski. Cos’è questo?, chiese al sacerdote. Il padre rimase in silenzio, ma la guardia insistette, finché non rispose: È il Cristo sulla croce. Allora, Storch urlò: Non lo sai tu, stupido, che è per questo ebreo, è grazie a lui e agli stupidi ideali che predicava e dei quali ti sei innamorato che sei qui in questo campo? Ma non capisci? È uno di quei capibanda ebrei! Un ebreo è un ebreo e sarà sempre un ebreo! Come puoi credere in un nemico simile?. Padre Nieweglewski rimase in silenzio. Allora, Storch disse: Tu sai che se calpesterai questo ebreo – e gettò il crocefisso nella sabbia – verrai trasferito a fare un lavoro migliore?. Quando il prete si rifiutò di farlo, l’uomo delle SS e il kapò lo gettarono un paio di volte sul crocifisso. Poi lo picchiarono così brutalmente che dopo poco tempo morì».

    Miecislao Koscielniak

    IL LAGER

    «Non siete venuti in un sanatorio,

    ma in un campo di concentramento tedesco,

    da cui non si esce che per il forno crematorio.

    Se ciò non piace a qualcuno,

    può buttarsi subito sul filo spinato.

    Se ci sono ebrei in questo convoglio,

    non hanno diritto di vivere

    più di due settimane.

    Se ci sono preti, possono vivere un mese,

    gli altri tre mesi».

    Messaggio abituale di benvenuto, trascritto su una targa

    conservata nell’ex-campo della morte, adesso Museo Statale Polacco

    L’INIZIO

    Il 27 aprile 1940, Heinrich Himmler, capo delle SS e della polizia tedesca, ordinò di costruire un nuovo grande campo di concentramento vicino Oświęcim (nome polacco del più tristemente famoso nome tedesco Auschwitz), una cittadina situata a 60 chilometri a ovest di Cracovia, nell’Alta Slesia, annessa al Terzo Reich nel settembre 1939, dopo la sconfitta della Polonia. All’inizio di giugno i nazisti cominciarono a trasportare prigionieri nel campo.

    Nel marzo 1941 Himmler ordinò la costruzione di una seconda sezione del campo, molto più vasta della prima, chiamata Auschwitz Birkenau (oppure Auschwitz II), situata a 3 chilometri dal primo campo. Nella vicina Monowitz (in polacco Monowice), ne fu fondato un terzo, denominato Auschwitz III.

    Furono costruiti altri 45 sotto-campi affiliati a Monowitz, e anch’essi furono considerati parte di Auschwitz III. Per i primi 21 mesi a partire dalla sua inaugurazione nel 1940, Auschwitz fu abitata quasi esclusivamente da polacchi non ebrei. I polacchi cristiani furono le prime vittime.

    Il primo polacco morì nel giugno del 1940 e il primo ebreo nell’ottobre del 1942.

    SELEZIONI

    I prigionieri venivano sottoposti a un processo di selezione: chi risultava abile al lavoro, veniva mandato al campo, dove la media di sopravvivenza era di 3-4 mesi, prima della morte per fame, malattia o eccesso di lavoro. Gli altri venivano immediatamente eliminati.

    Il campo fu evacuato fra il 18 e il 19 gennaio 1945, e i prigionieri superstiti vennero costretti alle cosiddette marce della morte verso altri campi in Germania, per evitare che cadessero nelle mani dell’Armata Rossa, che avanzava velocemente. Dovettero camminare con le semplici divise da prigionieri, spesso a piedi nudi, nel gelo di gennaio. Molti morirono di freddo, mentre le SS sparavano su chiunque non riuscisse a tenere il passo. Prima di fuggire, le SS distrussero i resti dei forni crematori e uccisero il maggior numero di prigionieri possibile.

    L’Armata Rossa liberò il campo il 27 gennaio.

    Secondo le stime, circa 1.000.000 di persone furono uccise nel complesso di Auschwitz.

    BLOCCHI SPECIALI

    Blocco 10 per esperimenti pseudo-scientifici. Tra le vittime, sottoposte a inenarrabili sofferenze e torture, ci furono donne ebree sottoposte a sterilizzazione, gruppi di gemelli (bambini inclusi) e nani. Il dottor Carl Clauberg dirigeva tali esperimenti, con l’assistenza di un gruppo di medici nazisti: il più famoso di loro era Josef Mengele.

    Blocco 13 (poi divenuto Blocco 11, per un cambio di numerazione del campo): fu costruito appositamente per le punizioni. Il sotterraneo bunker era per prigionieri condannati a morire di fame e di sete. Alcune celle erano munite di finestrelle e brande pieghevoli, altre erano totalmente prive di luce. Di fronte a questo edificio c’era il Muro Nero, dove avevano usualmente luogo le esecuzioni dei prigionieri.

    INIEZIONI DI FENOLO

    Questa pratica di uccisione fu regolarmente impiegata nelle fasi iniziali del campo. Inizialmente, il fenolo era iniettato nella vena della vittima, massimizzando l’aura medica dell’intera procedura... Ma, poco dopo, la tecnica cambiò e l’iniezione di fenolo fu praticata direttamente nel cuore. Alcuni testimoni pensano che tale mutamento fu dovuto alla difficoltà nel localizzare le vene, ma la vera ragione sembra essere la maggiore efficienza mortale dell’iniezione cardiaca diretta.

    I NUMERI DELL’OLOCAUSTO

    SEI milioni di vittime ebree

    + CINQUE milioni di vittime non-ebree.

    = UNDICI milioni di vittime.

    Molte delle vittime non ebree morirono a causa della loro stirpe, o per i loro credo, oppure per aver aiutato amici ebrei.

    Questi CINQUE milioni includono TRE milioni di polacchi cristiani e cattolici: la Polonia era la nazione più vicina alla Germania verso est e fu il primo obiettivo di Hitler.

    La maggior parte delle altre vittime proveniva da altri paesi, incluse Ungheria, Cecoslovacchia, Ucraina, Russia, Olanda, Francia e perfino Germania. Fra loro, c’era MEZZO MILIONE di zingari: i tedeschi erano convinti che gli ebrei e gli zingari appartenessero entrambi a una razza inferiore. Perciò gli zingari furono trasferiti, come gli ebrei, in aree appositamente predisposte dai nazisti. Migliaia di sacerdoti cattolici e di pastori cristiani furono internati nei campi di concentramento e migliaia di testimoni di Geova furono imprigionati come pericolosi traditori, poiché rifiutarono fermamente di sottoscrivere attestazioni di lealtà all’ideologia nazista.

    Non c’era posto per gli omosessuali, né per i disabili: migliaia di loro furono eliminati.

    TRIANGOLI

    I prigionieri venivano identificati con triangoli di vari colori, cuciti sulle loro casacche, a indicare i loro crimini e la motivazione della loro prigionia:

    triangoli ROSSI, per i prigionieri politici, con la lettera iniziale della nazione di appartenenza;

    triangoli VERDI, per i criminali tedeschi;

    triangoli BLU, per gli emigranti e per gli apolidi;

    triangoli VIOLA, per i testimoni di Geova;

    triangoli ROSA, per gli omosessuali;

    triangoli NERI, per gli asociali, fra cui venivano incluse anche le lesbiche;

    triangoli MARRONI, per gli zingari.

    2 triangoli GIALLI, che formavano la famigerata stella per gli ebrei.

    Se uno dei due triangoli era rosso, significava prigioniero politico ebreo.

    Se uno dei due triangoli era nero, la colpa era di contaminazione razziale, visto che Hitler non permetteva matrimoni fra tedeschi ed ebrei.

    PRIGIONIERO 16670, COME LUI NESSUNO MAI!

    «Avevo udito spesso parlare di padre Massimiliano Kolbe, il fondatore di Niepokalanów, prima della guerra. Ora, improvvisamente, alla fine di maggio 1941, stava dormendo accanto a me. Diventammo molto amici durante le cinque settimane in cui lui rimase al Blocco 18, ma anche dopo non passava giorno che non lo vedessi. Notavo come, facendosi il segno della croce, si inginocchiava e iniziava a pregare durante la notte. Io cercavo di convincerlo a non esporsi così apertamente alle punizioni del kapò o delle SS, dal momento che pregare era severamente proibito, ma lui ascoltava i miei consigli e poi replicava gentilmente: Va’ a dormire, figlio mio, perché domani sarà una giornata di duro lavoro e tu hai bisogno di riposare. Io sono vecchio e quindi starò sveglio e pregherò per voi. Sono qui per condividere con voi il triste destino del campo di concentramento».

    Enrico Sienkiewicz soldato polacco internato ad Auschwitz

    «Vivevamo sempre nel terrore. Era come una psicosi. Cosa stavano per farci? Non potevamo fidarci nemmeno gli uni degli altri perché qualche volta c’erano delle spie perfino fra noi prigionieri. Erano proibite tutte le pratiche religiose. Non era permesso nemmeno pregare, pena severe bastonate o condanne a morte. Noi preti ci ritrovavamo insieme occasionalmente per pregare in comune, ma nessuno osava segnalare qualcuno per fare una predica, cosa che poteva condannarlo a morte. Naturalmente, c’era un’eccezione: padre Kolbe, il quale diceva che metteva volentieri la sua vita in prima linea per portare gli altri a Cristo. Questa mi sembrava una grande cosa: che Dio non lasciasse il suo gregge senza pastore, nemmeno in tali situazioni».

    Padre Corrado Szweda ventiquattrenne cappellano, prigioniero

    «Mi dissero che padre Kolbe era nella stanza. Aveva il letto più basso accanto alla porta. Seguendo l’esempio di molti altri, durante la notte strisciai sul pavimento fino al suo letto.

    Mi salutò in modo commovente. Scambiammo in poche parole le nostre impressioni circa il terribile forno crematorio. Poi, rimanemmo in silenzio. Contemplai il suo volto emaciato e stentai a riconoscerlo. Solo i suoi occhi erano più che mai luminosi, anche se forse questo dipendeva dalla febbre. Non volevo stancarlo e, tuttavia, volevo dirgli tante cose... Fu lui che mi incoraggiò a parlare e finii per confessarmi. Ero così triste e disperato: volevo vivere! D’altra parte, le sue parole furono semplici e profonde. Mi spronò ad avere una fede salda nella vittoria del bene. L’odio non è una forza creativa, mi sussurrò stringendo caldamente la mia mano con tutto l’ardore. Queste sofferenze non ci spezzeranno, ma ci aiuteranno a diventare sempre più forti. Sono necessarie, insieme ai sacrifici degli altri, perché chi verrà dopo di noi possa essere felice. Il modo così caloroso con cui continuava a tenere la mia mano e il modo con cui puntava tutto sulla misericordia di Dio mi rincuorarono. Solo quando mi spronò a perdonare gli oppressori e restituire bene per male, mi ribellai. Nei giorni successivi tornai al suo capezzale. Parlavamo senza parole. Durante la notte gli portavo altri prigionieri che desideravano un conforto spirituale. Ricordo il giorno in cui lo vidi per l’ultima volta. Questo fu a causa dell’ispezione dell’ospedale. Il kapò del Blocco dell’ospedale era un uomo che aveva degli attacchi di rabbia incontrollabili. Con un sorriso cinico correva di letto in letto, fingendosi un dottore, misurando la temperatura, ma senza guardare mai i termometri e guardava attentamente i pazienti in faccia. Quest’uomo incolto cercava gli intellettuali. Chiunque avesse la faccia di un uomo di cultura veniva odiato da questo uomo nano.

    Dopo l’ispezione di quel giorno sia io che padre Massimiliano fummo gettati fuori dall’ospedale. Aspettando che ci venissero dati vestiti e di essere assegnati a un nuovo blocco, rimanemmo fuori tra il Blocco 21 e il Blocco 22. Io ero accanto a padre Kolbe, ma potevo vedere che mi guardava con insistenza. Sembrava che mi volesse dire qualcosa. Approfittai di un momento di distrazione delle guardie e andai verso di lui. Mi prese la mano con calore e mi disse, con una voce chiara: Ti affido alla protezione dell’Immacolata. Aveva appena pronunciato queste parole che una guardia mi ordinò urlando di tornare al mio posto».

    Giuseppe Stemler

    «Il Lagerfuhrer Fritsch, comandante del campo, circondato dalle guardie, si avvicinò e cominciò a scegliere nelle file dieci prigionieri per mandarli a morte. Indicò col dito anche me. Uscii dalla fila e mi sfuggì un grido: avrei desiderato rivedere ancora i miei figli! Dopo un istante, uscì dalla fila un prigioniero, offrendo se stesso in mia vece.

    Potei solo cercare di esprimere con gli occhi la mia gratitudine. Ero sbalordito e afferravo a malapena quello che stava accadendo. L’immensità di tutto ciò: io, il condannato, avrei continuato a vivere e qualcun altro offriva volentieri e spontaneamente la sua vita per me... un estraneo. È sogno o realtà?».

    Franciszek Gajowniczek

    Chi era questo estraneo che offriva volentieri e spontaneamente la vita per un padre di famiglia?

    Era Raimondo Kolbe, n. 16670.

    SOGNO O REALTÀ?

    Queste testimonianze sono come il punto di osservazione da cui guardare una figura grande come quella del santo polacco. Come un punto zero, da cui partire. Auschwitz come il cannocchiale da cui osservare il prima e il dopo. Quel Golgota che dà senso pieno, valore e profondo significato alla Betlemme, alla Nàzaret e al Tabor della vita di san Massimiliano Maria. Quel Calvario, affrontato da Raimondo Kolbe con l’unica consolazione del suo unico grande amore: l’Immacolata, che accanto a lui ha vissuto a Betlemme, Nàzaret e sul Tabor come con Gesù. Non un santo da altare prima ancora che nascesse, perché santi non si nasce, si diventa, o meglio si nasce e si diventa. Senza dubbio è un obiettivo elevato e arduo. Il santo si forgia nel continuo gioco della grazia divina e della corrispondenza umana. Tutto ciò che si sviluppa agli inizi è piccolo. Alimentandosi gradualmente, con continui progressi, diventa grande. Pertanto, con questo semplice libro, si vuole evidenziare come Raimondo Kolbe sia d’esempio per ognuno di noi, che, se vuol comportarsi da cristiano coerente, deve mettere una cura estrema nei particolari più minuti, perché la santità che il Signore esige da ciascuno di noi si

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