Melaverde

Profumo di Mediterraneo

ulle origini del bergamotto aleggia una coltre di mistero: alcuni autori ipotizzano che fu Cristoforo Colombo a introdurlo in Europa dalle Canarie o dalle Antille, altri che sia stato in Italia da un anonimo Moro spagnolo, il quale vendette un ramo di bergamotto ai signori Valentino di Reggio Calabria. Infine, vi sono studiosi che ritengono possibile che sia giunto dalla Cina o dalla Grecia attraverso mercanti veneziani. Persino le origini del suo nome ci sfuggono. Tralasciando speculazioni fantasiose, come la derivazione dal toponimo “Bergamo”, l’etimologia oggi più, ovvero “pero del principe”, nome turco della pera bergamotta, frutto che in effetti ricorda un agrume per aspetto e profumo. Il bergamotto ha un gusto intenso caratterizzato da note amare e acidule molto fragranti che evocano il limone, ma sono molto più penetranti. Un aroma le cui potenzialità in cucina sono oggetto di una vera ricerca solo da una ventina di anni. Le prime certezze si hanno a partire dal Seicento, secolo in cui la presenza del bergamotto in Italia è documentata in Toscana e, soprattutto, in Calabria. Il microclima del versante ionico della provincia di Reggio Calabria si è infatti rivelato estremamente gradito al “Principe degli agrumi”, che, malgrado diversi tentativi di coltivazione in altre parti del mondo, solo qui riesce a esprimersi pienamente. Fu il suo inconfondibile profumo a ispirare le gesta del siciliano Francesco Procopio Cutò, padre del gelato e pioniere della ristorazione: determinato a tentare la fortuna presso la corte del Re Sole con i suoi innovativi sorbetti, Cutò si mise in viaggio e, durante una sosta in Calabria, rimase stregato dal profumo dei bergamotti. Portò con sé a Versailles alcuni fusti della loro essenza e fu un successo straordinario: Luigi XIV e la sua corte la iniziarono a usare in alternativa ad altre risorse per coprire i cattivi odori dovuti alle abitudini igieniche dell’epoca e i sorbetti aromatizzati venduti nel Cafè Procope (locale ancora oggi in attività che venne rilevato da Cutò nel 1686, diventando il primo caffè d’Europa) conquistarono Parigi. Nello stesso periodo, un mercante novarese, Gian Paolo Feminis, comprese che olio dell’agrume era in grado di fissare tutte le altre fragranze. Emigrato in Germania, confezionò nel 1680 un unguento a base di bergamotto, l’, da cui pochi anni nacque l’“acqua di Colonia”. Per l’oro verde di Calabria era arrivato il momento di fare sul serio e nel 1750, un proprietario terriero, Nicola Parisi, impiantò il primo di una lunga serie di bergamotteti a uso commerciale. Durante l’Ottocento, il bergamotto era richiestissimo per la produzione di profumi, per la confezione di dolci e, a partire dal 1830 circa, per la preparazione del thè , un classico intramontabile del pomeriggio inglese e non solo. Durante la prima metà del Novecento, la fortuna sembra mutare: prima vennero le contraffazioni e, in seguito, le forti battute d’arresto nella produzione dovute agli eventi bellici. A partire dagli anni Sessanta, il Principe degli agrumi partecipò della ripresa economica globale e la sua ripresa proseguì ininterrotta fino al grande trionfo del nuovo Millennio. Negli anni Duemila, il bergamotto è stato protagonista di una grande rivalutazione, sancita dall’iscrizione nel “Registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche” del “Bergamotto di Reggio Calabria – Olio essenziale”, avvenuta nel 2001. Oggi, enti come l’Accademia del bergamotto promuovono e valorizzano il prezioso “oro verde di Calabria”, grazie ad eventi come il “Bergafest” e ad ambasciatori del calibro di Filippo Lamantia e Iginio Massari.

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