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Sua Maestà il casatiello

atto in casa, cotto in forno (magari quello a legna del panettiere più vicino alla propria abitazione) e infine benedetto in parrocchia: fino a qualche decennio fa questo era il rito laico del casatiello che si consumava ogni Pasqua in moltissime città campane. Oggi alle tradizioni si tende a riservare minore ossequio ed è quindi più frequente che questo goloso lievitato venga acquistato e consumato durante tutto l’anno. Pochi in effetti riescono a resistere: si tratta di una ciambella di pane impastato con lo strutto, farcita con pecorino, pepe, affettati (o , piccoli scarti della lavorazione del maiale). Prima della cottura, sulla sua superficie vengono adagiate delle uova intere fermate da una croce di impasto. Sono proprio le uova così disposte a marcare la differenza con il tortano, un altro pane pasquale con il quale spesso viene confuso il casatiello: gli ingredienti e la forma sono gli stessi, ma in questo caso le uova sono bollite, tagliate a listarelle e usate come farcitura insieme ai formaggi e ai vari tagli di maiale. In entrambi i casi si tratta di lievitati molto ricchi che vengono significativamente consumati durante il Sabato di Pasqua a celebrare la fine della Quaresima. Ma quando è nata la distinzione tra i due prodotti? L’epoca non ci è nota (anche se plausibilmente il casatiello, con la sua simbologia raffinata, è posteriore al tortano) ma era sicuramente già avvenuta nel XIX secolo. A prova di ciò, nel del 1873, Raffaele D’Ambra dà la prima definizione di casatiello come: . Tuttavia, il casatiello era presente sulle tavole delle feste più di due secoli prima. Lo testimonia , una favola contenuta nel o di Giovanni Battista Basile. In quest’opera del 1634 leggiamo per la prima volta il nome del nostro pane farcito, che appare durante uno sfarzoso banchetto offerto dal principe. Per scoprire le vere origini del casatiello, dobbiamo però indagare più a fondo e addentrarci nei culti celebrati in epoche precedenti a quella cristiana. Anticamente, molte zone della Campania facevano parte della Magna Grecia. Con l’espansione di Roma, l’influenza culturale cambiò, tuttavia la religione greca finì per incidere profondamente sul capitolino: mutato qualche nome, divinità e rituali erano insomma decisamente simili. Diverse testimonianze sembrano indicare che il culto di Cerere-Demetra (dea delle messi e del raccolto che veniva celebrata all’inizio della Primavera) fosse particolarmente sviluppato in Italia. Come mostrano numerosi bassorilievi, in Grecia durante i giorni dedicati alla dea venivano preparati dei pani votivi ripieni di vari ingredienti che avevano proprio la forma di una grande ciambella schiacciata. Con ogni probabilità questi pani dedicati a Cerere-Demetra venivano preparati anche nella Campania “greca”, tanto che li ritroviamo in epoca romana, ripieni di formaggio. A ben vedere, proprio dalla parola latina (formaggio appunto) deriva il dialettale “caso”, che sarebbe alla base del nome del casatiello. Insomma, la gloriosa storia del tortano, del casatiello e delle loro varianti ancora più antiche, come il casatiello strianese (un biscotto di mais e grano impastato con strutto pepe e pecorino) e quello arianese, guarda davvero lontano. Oggi però viene ancora celebrata: a Sant’Arpino, in provincia di Caserta, si svolge ogni anno la Sagra del casatiello, un suggestivo appuntamento tra folklore e gastronomia che, con musiche e balli, mantiene vive le tradizioni legate a questo delizioso prodotto tipico.

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