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precario della vita: (Siciliano con passaporto italiano)
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precario della vita: (Siciliano con passaporto italiano)
E-book189 pagine2 ore

precario della vita: (Siciliano con passaporto italiano)

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Info su questo ebook

 << SIAMO TUTTO CIO', CHE IL NUOVO SISTEMA SOCIALE RIFIUTA, MA DI CUI HA BISOGNO PER SPECCHIARSI, PER NON ESSERE.

SIAMO UN ALTRO PARLARE, ALTRI OCCHI CHE VEDONO LA VITA, SEMPRE E COMUNQUE DAL BASSO. SIAMO L'ULTIMO APPALUSO DI UNA COMMEDIA, CHE RAPPRESENTA L'AMARO SCORRERE DELLA VITA. IL SORRISO AMARO, LA COMPARSA, CHE RECITA UN SOLO COPIONE: LA VERGOGNA. SIAMO I PROTAGONISTI, CHE RAPPRESENTANO LA TRAGEDIA, LA POVERTA', LA MISERIA, IL VESTITO SPORCO E STRAPPATO, LE CALZE BUCATE, LE SCARPE SENZA SUOLE, IL PASSO LENTO, IL TRAMONTO DELLE OCCASIONI MAI AVUTE, LA MORTE CHE SPORCA I MARCIAPIEDI. 

DALLA VITA. DAI SENTIMENTI, DALLA MISERICORDIA, RICEVIAMO SOLO L'ELEMOSINA. PRECARI IN OGNI COSA A CUI APPARTENIAMO, SEMPRECCHE', A QUALCOSA APPARTENIAMO>>.

 "SE TU REALTA', NON ESISTESSI, FORSE SAREMMO TUTTI PIU' LIBERI"
LinguaItaliano
Data di uscita27 mag 2018
ISBN9788828327936
precario della vita: (Siciliano con passaporto italiano)

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    Anteprima del libro

    precario della vita - isidoro cracolici

    Note

    Inizio' cosi'...

    (Poi, fu tutto vero)...

    Frammento: parte staccata da un tutto.

    Egocéntrico: di persona che pone se stessa al centro di tutto, riconducendo tutto al proprio io.

    Menzogna: alterazione consapevole della realta’.

    Ho provato a staccarmi da un tutto, ponendo me stesso al centro di tutto. Ho alterato consapevolmente la realta' della mia esistenza. Mi sono spinto oltre, ed ho conosciuto il sogno: ero me stesso, senza dovere essere necessariamente io, inteso persona: a volte animale, a volte ali, a volte fiore, a volte vento, a volte niente, a volte occhi. Quando tornavo all'esistenza, con l'aiuto della fantasia mi raccontavo: sempre protagonista, mai comparsa.

    <>>.

    Spingersi oltre un’idea, per chi non ha coraggio, e’ solo follia, forse perche’ non conosce la fantasia. E’ folle colui che vive un’emozione, che non e’ un’equazione. E’ l’incanto della vita, la giostra che gira, senza contare gli anni che passano, il carillón dei pensieri allegri, il mondo dove tutto ti appartiene. E' Folle colui che cerca di conversare con la propria coscienza, nella speranza, che quel monologo sia dialogo. Tra realta' e immaginazione, iniziamo a raccontarci, partendo sempre da un tempo lontano, quasi sempre dal primo giorno di scuola, come se la vita, cominciasse da quel giorno. Ma abbiamo vissuto realmente, cio’ che ricordiamo? Eroico metterlo in discussione, lecito dubitarne. Spesso confidiamo degli altrui racconti, del sentito dire. L'album delle foto, che i nostri nonni hanno gelosamente custodito, sono solo frammenti in bianco e nero, che ormai sbiadite, sfuggono alla nostra sterile memoria. Eppure incuranti di certi dettagli, cominciamo a scrivere senza l’assoluta certezza, che cio’ che ricordiamo, sia reale. Seduti dietro ai banchi, apprendevamo la lezione, spesso distratti dalle gambe dell'insegnante, che aprendosi, spiegavano meglio di qualsiasi libro, l’origine di ogni cosa, ma che il prete, durante l’ora di religione, ostinatamente, continuava a chiamarlo peccato mortale. Fu per questo motivo, che ai confessionali, preferi’ rinchiudermi in bagno, alla clausura mentale, preferi’ l'ignoto, alla lettura dei vangeli, preferi’ le foto di certe riviste severamente vietate ai minori. Mi giustificavo pensando, che in quelle foto, dentro quelle riviste, c’erano comunque creature di Dio. E a volerla dire tutta, gli esseri umani, comunque da generazioni, vengono al mondo nudi ( non riesco a immaginarmi, Adamo ed Eva che passeggiano nei giardini di Dio, in blue jeans, t-shirt e scarpe da tennis). Quando poi, scriveremo la parola fine, avremo dimenticato il vero motivo, di tanto camminare con le dita, digitando sulla tastiera di un computer.

    Siamo l’umanita’, abbiamo avuto il privilegio(o la fortuna) di abitare la terra, ma dimenticandoci, che non ne siamo i padroni, abbiamo messo a soqquadro tutto cio’ che invece, dovremmo proteggere e rispettare. La vita, capolavoro misterioso, di cui ne disconosciamo il creatore(perche’ in fondo, neanche Dio ci convince del tutto), non e’ la risposta che speriamo, ma una delle tante verita’ "complici". Dopo la vita, rimane il mistero di cosa accadra’: oggetti o soggetti. Di certo, ne’ io, ne’ voi, ci spingeremo mai oltre l’ignoto per capirne il senso. Forse abbiamo capito poco e male.

    Precario della Vita

    Come in un film di Charlotte

    In questo immenso palcoscenico, sospeso nell’universo, si recita lo spettacolo della vita. Nell' immenso circo, volti e maschere si racconteranno. Nuovi cantastorie, giullari del sapere, saltimbanchi del potere, racconteranno del nuovo mondo che verra’. Non avranno pieta’ di te. Nell’immenso universo, si accendono le luci, ingranaggi vecchi come il mondo spingono la vita, cambiano la scena, dettano i tempi e le parole, confondono le immagini e le idee. Tristi noi per quell'amore ormai fuori da ogni scena, eroe di ogni conquista, mai piu' protagonista. Emarginato perche’ vero, miserabile perche’ sincero, vigliacco perche’ fedele, giace lassu' in soffitta, coperto dalla polvere, vecchio e stanco, ormai morente, su di lui, si spengono le luci. Su di lui, cala il sipario.

    Madre, ridammi quel calore, proteggimi nel ventre tuo. Padre ridammi quel castigo, toglimi quei giuochi virtuali, ridammi quella strada ed un pallone di pezze, quel tavolo in cucina e noi, a raccontarci nelle sere d'estate, in compagnia delle cicale.

    Credo! Ma a quale Dio prego?! Che tante religioni, piantano menzogne e noi raccogliamo paure e dubbi. Giuro fedelta', ma a quale Patria, a quale bandiera, a quale sposa, a quale amico?! Fede, ritorni la fede, per non dubitare mai. L’amore ritorni sulla scena con tutta la passione, nei suoi racconti antichi, nel vestito di sempre, ancora in quelle parole, ancora negli sguardi. Riaccenda la passione, voglio amare ancora, voglio raccontare un'emozione, libero di sognare, di viaggare su quel treno chiamato fantasia; fermarmi in tutte le stazioni, salutare vecchi amici, salutarli in un abbraccio. Proseguire con tutta la passione, in questo fantastico viaggio che e’ la vita. Sincero in questa notte di luci e di magia, protagonista tra i trapezi, volteggero' nell'aria, sfidando le leggi di gravita', finche’ stanco ma felice, mi lascero' cadere sulla rete. Spegnero’ le luci, fermero' il carillon. Sara' l’ultima notte di poesia, l’ultimo raccontarmi. Lascero' la scena, calero' il sipario. Forse, ci sara' una luce da seguire. Se cosi' non sara', se tutto sara' buio, tutto sara' niente. Il niente eterno...

    << Dentro una baracca di periferia, col vestito di sempre, folle perche’ felice, miserabile perche’ vero, ancora con la mia anima, povero ma libero, come in un film di Charlotte…>>.

    Alcolico Anonimo

    (Il viaggio attraverso gli occhi di un calvario)

    " Non avevo paura di morire, avevo paura di rimanere in casa, senza bottiglie di alcool".

    Sono alcolico anonimo, non bevo alcolici dal 31 luglio del 2004. Il giorno che decisi di smettere, ricordo, avevo dormito in casa di un amico. Quando mi svegliai, accanto a me c'erano due bottiglie di whisky vuote, che avevo bevuto la notte prima. Il tremendo mal di testa, non mi permetteva di aprire gli occhi. Alcool e vomito, avevano riempito la stanza di odori nauseanti. Tra sigarette, alcool e vomito, la mia bocca ardeva, il mio alito puzzava come una fogna a cielo aperto. Il mio amico, rivolgendomi poche parole disse :<>>. Si allontano’ piangendo. Aveva ragione, avevo tradito tutti coloro che mi amavano e mi stimavano. Restai in silenzio fissando il tetto. Stavo male, mi sentivo come se stessi viaggiando su una barca in balia delle onde, nel mezzo di una tempesta. Chiusi gli occhi un solo momento, quando li riapri’, alcune lacrime caddero sul cuscino. Mi alzai dal letto ed andai in bagno. Mi guardai allo specchio, ebbi vergogna di me stesso. Provai tanta disperazione, tanta impotenza, tanta tristezza. Il vizio, aveva catturato la mia vita, trascinandola dentro un vortice che portava direttamente nell’ultima stazione, dove i treni ormai vecchi, giacevano sui binari morti. Ormai cercavo solo quella luce, che dicono porti a Dio. Ma io avevo perso pure lui, avevo perso tutto cio’ che amavo. Avevo perso me stesso. Ero caduto sul dolore, ed ero caduto di cuore. Cosa rimaneva? L’orgoglio? Le bugie? I rimpianti? I rimorsi? Entrai nella doccia e pensai, che forse qualcosa era rimasta: c’era ancora oggi, c’era domani, ed ancora un altro domani. C'erano ancora tanti alberi, tanto sole, tante stelle, tanti libri da leggere, c’era un’infanzia felice e prima d'ogni altra cosa, c’erano loro, le persone che amavo. Comincio' ad ardere dentro di me, il coraggio di provarci. Volevo riprendermi la mia vita, i miei figli, la donna che amavo, gli amici:<< volevo, lo volevo adesso>>. Dovevo ritrovare il cammino, dovevo ritrovare Dio o chi per lui. Dovevo risorgere dalle macerie, che io stesso avevo causato con le míe stupidaggini, con le míe debolezze, con le tante bugie raccontate, per nascondere l'orribile vizio di cui ero schiavo per libera scelta. Volevo tornare a fare l’amore con la passione di un tempo. Troppe volte, mi ero addormentato durante il rapporto d'amore, umiliando me stesso, umiliando la donna che avevo accanto. Usci’ dalla doccia, avevo trentotto anni e pesavo centocinquanta chili. Avvertivo ancora mal di testa, presi tre bustine di ibuprofene, che ingeri’ mischiandolo direttamente alla saliva: sentivo bruciarmi le narici, la gola, lo stomaco. Prima di lasciare la casa, chiamai una persona, gli dissi una sola parola: <>. L'uomo rispose con una sola parola. Riattaccai.

    Mi fermai davanti la Chiesa, parcheggiai. La persona a cui avevo chiesto aiuto, mi stava aspettando. Andammo dietro la Chiesa, dove incontrammo una piccola casa. Mi fermai davanti la porta, esitai. Cosa avrei dovuto raccontare? Di certo la verita’, ma ultimamente vivevo solo di bugie. Dovevo liberarmi da quello stupido orgoglio, che mi proteggeva, da coloro, che volevano abbattere con l’amore, quelle torri di cristalli e liquidi, dove mi ero rinchiuso con la mia presunzione, con la mia onnipotenza, con il sospetto, che il vero mostro era la’ fuori, si era impossessato dell'anima di coloro che volevano proteggermi, ed ora, voleva la mia, di anima. Adesso, dovevo indossare l’abito dell'umilta', dovevo riconosce ed accettare le mie debolezze. Ci sarei riuscito? La persona che mi ricevette, probabilmente, capendo il mio stato d’animo volle tranquillizzarmi. Mi spiego', che non avevo nessun obbligo di raccontarmi, potevo restare in silenzio ascoltando gli altri, nessuno mi avrebbe giudicato. L’idea che mi ero fatto, di essere davanti la maestra, il primo giorno di scuola, scomparve assieme all’angoscia. Oltrepassai quella porta, tremavo, forse l’emozione, forse il mio fegato che saltellava di gioia. Un grande tavolo con delle sedie attorno, occupavano il centro della grande sala dove fui accolto. Sul tavolo, c’erano dei cioccolatini, delle caramelle ed alcuni libri. Non ne afferrai il senso. Notai in un angolo della stanza, appoggiato alla parete, un grande crocifisso. Il volto di Cristo, aveva perso l’antico colore, ma gli occhi sembravano vivi, sembrava stessero osservando curiosi, tutto cio’ che succedeva in quel luogo. Nel sedermi, poggiai lo sguardo su uno dei libri: I dodici passi, era il titolo. Chissa' perche', pensai alla via Crucis. Quello che mi stupi’, fu l’accoglienza della gente, ero li’ da pochi minuti, eppure mi sembrava di conoscerli da sempre. Ascoltavo le storie di ognuno di loro, ed era, come se stessi davanti ad un specchio, ad ascoltare me stesso. Le storie che ascoltavo, sembravano una sola storia, un solo dramma, raccontate da personaggi diversi. Quando l'ultimo ebbe finito di raccontarsi, alzai la mano. Gli altri come me, erano davanti ad uno specchio, ad ascoltare se stessi. Ero entrato a far parte degli alcolici anonimi. Era l’inizio di un nuovo calvario, anch’esso doloroso: le crisi d'astinenza, il dolore fisico, isolarsi fino all’emarginazione per non cadere in tentazioni, erano situazioni, che avevo vissuto attraverso la visione di qualche film. Mai avrei pensato, di dovere vivere, il male necessario da protagonista, nella vita reale. Guardavo gli occhi di Cristo, guardavo i miei nuovi amici, guardavo le pareti vuote, le caramelle, i libri e tutto adesso aveva un senso. Ascoltavo i miei nuovi amici che raccontavano la loro storia, raccontavano il calvario che come me, li aveva trascinati nel baratro della disperazione e capivo, che in quelle parole, c’era ancora tanta voglia di vivere. C’era Dio con tutto il paradiso: << I passi da percorrere erano dodici, ed ogni passo era una battaglia vinta. Alla fine dei dodici passi, avrei sconfitto quel nemico oscuro, che si era impossessato della mia mente, logorandomi il corpo>>. Da quando ero uscito dalla casa del mio amico, erano passate quattro ore e non avevo bevuto una sola goccia di alcool. Mi sentivo forte, pronto ad assaltare il castello, dove il " Re cattivo" teneva prigioniera la mia vita; certo che l’avrei riconquistata, avrei abbattuto per sempre, quelle torri di cristalli e liquidi. Con la mente, viaggiavo velocemente verso un nuovo cammino. Con me, viaggiavano quei volti, che si raccontavano senza vergogna. Eroi, che vincevano la battaglia piu' difficile o vigliacchi, che perivano perche’ troppo deboli. Dentro o fuori, liberi o schiavi fino alla morte. Nel mondo degli alcolici non hai alternative. Il 31 luglio del 2004, decisi di essere libero dalla schiavitu’ fino alla

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