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Storie del Turuqad, oltre l'immenso Mare di Bah
Storie del Turuqad, oltre l'immenso Mare di Bah
Storie del Turuqad, oltre l'immenso Mare di Bah
E-book153 pagine2 ore

Storie del Turuqad, oltre l'immenso Mare di Bah

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Info su questo ebook

No, no, a voi non dico niente! Lo vedo dalla faccia che non siete disposti a credermi. D'altra parte, perché dovreste? Non ci credevo neanch'io, almeno finché non l'ho visto, e poi quasi neanche. Davvero non so chi me l'abbia fatto fare, alla mia età! Mia figlia immagino. È un buon motivo, d'accordo. Ma non ci crederà nessuno. Bisogna essere bambini dentro, ecco il quanto. Tu, con quella faccia lì, non so proprio. Anch'io però stavo là come un babbeo qualsiasi. Poi il cammello ha cominciato a raccontare. Il cammello capisci!? Con due emme due elle e due gobbe … ladri di giocattoli, isole e falchi azzurri, libri tramutati in alberi, scommesse, deserti e una montagna alla fine del mondo. Ce ne dovevano essere molte altre ma … un cammello, capisci? Io ho fatto del mio meglio, credo. Non ne sei convinto? Ah beh, avresti dovuto esserci. Anche solo come ho fatto a ritrovarle, è tutto da raccontare ... perché, dammi retta: anche le storie hanno la loro storia.

E, visto che non c'eri, dai almeno un'occhiata qui: www.turuqad.net.
Poi torna che ne riparliamo.
LinguaItaliano
Data di uscita11 feb 2013
ISBN9788867556113
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    Anteprima del libro

    Storie del Turuqad, oltre l'immenso Mare di Bah - Gianmario Merizzi

    Storie del Turuqad,

    oltre l'immenso Mare di Bah

    già scritte nel perduto Libro di Ptenf-ptuk Ciù

    e in barba ad ogni ragionevole supposizione

    restituite al mondo da

    Gianmario Merizzi

    (detto ehi scusi da chi non lo conosce per nome)

    testi e immagini © Gianmario Merizzi, 2013

    gianmerizzi@gmail.com

    1. edizione digitale; vers. 1.3

    (ultima revisione: 18.3.2013)

    Questo ebook è pubblicato dall'autore con l'aiuto dei servizi forniti da Narcissus Self Publishing, formalmente identificato come editore dal numero standard internazionale (ISBN) associato al volume per esigenze di distribuzione.

    L'autore rimane titolare di tutti i diritti sull'opera

    Il contenuto di questo libro NON è stato sottoposto alla selezione, al controllo e alla correzione redazionale propri della migliore editoria tradizionale. Le persone che hanno accettato di leggere il manoscritto (vedi dedica) potrebbero essersi mostrate eccessivamente benigne per non guastare i rapporti personali con l'autore che resta comunque interamente responsabile dei contenuti offerti al lettore e della loro qualità.

    Se desiderate segnalare errori o comunicare all'autore i vostri commenti siete invitati a scrivere all'indirizzo sopra riportato. Grazie!

    questo ePub è stato creato utilizzando

    i seguenti software gratuiti:

    OpenOffice, Writer2ePub, Sigil, epubcheck

    e non mancate di visitare

    www.turuqad.net >

    Sommario

    frontespizio

    colophon

    ringraziamenti e dedica

    mappa del Turuqad al tempo di Fùfon IV

    prima della storia ...

    incipit

    Ausur dai capelli d'ambra

    Il ladro di giocattoli in disordine

    Il falco azzurro

    Le due isole

    Foglia e foglio

    parte prima

    intermezzo

    parte seconda

    La scommessa di Fùfon IV

    Awè di Turembarg

    Piccola appendice didattica

    Postfazione per un pubblico di soli adulti

    Benedetta, Chiara, Frieda, Sidonia, Stefano:

    senza il vostro aiuto

    questo libro avrebbe potuto esistere lo stesso,

    chiuso dentro un cassetto

    Grazie davvero!

    per la Toldy

    è tutta un'altra storia.

    Ciao tesoro

    Prima della storia c'è un papà perso nella notte, nel letto, accanto a una bambina che dovrebbe prendere sonno e basterebbe che ne prendesse un po' del suo … così il papà scivola spesso oltre la soglia dei sogni … le storie prendono forma in quel tempo lontano, dei papà, delle figlie, dei sonni tremendi …

    Tanto tempo dopo c'è un papà un po' più sveglio che però è un po' meno papà, ha perso un po' di giovinezza. E allora ricorda, con fatica. Le storie escono dal loro letargo polveroso. Sono così poche, sono così magre. Il papà (che è il loro papà) le rifocilla di parole che forse non sono le loro.

    Le storie prendono corpo, adesso, in un luogo lontano. Viaggiano in groppa ad un cammello e quando arrivano sono un po' diverse, sembrano un po' sorellastre. L'ultima potrebbe prendere in braccio la prima e magari raccontarle una storia. Stanno lì in fila, in ordine di altezza, sono un rito di passaggio, sono una bambina che diventa una donna col cuore da bambina. Sono un girotondo.

    Là in fondo, una montagna.

    (incipit)

    A Doluan, nel Turuqad, oltre l'immenso Mare di Bah, nacque una bambina con una voglia a forma di rosa. Ma questo non è l'inizio della nostra storia, e di certo non ne è nemmeno la fine. Perché parlarvene allora? Perbacco: perché è comunque un fatto degno di nota, perché così facendo, in men che non si dica, vi ho condotto nel luogo in cui si svolgono le storie che sta­te per leggere, e perché io sono l'autore e faccio quel­lo che mi pare.

    Cioè, ecco ... non esattamente l'autore. In effet­ti potrei anche fare finta di esserlo, chi mai potrebbe sostenere il contrario? Ma voglio essere franco con voi, purché voi lo siate con me e continuiate a leggere anche se dovesse venirvi il fastidioso dubbio che sia­no tutte corbellerie. Promesso? D'accordo. Allora ecco come stanno le cose.

    Le storie che state per leggere (avete promesso eh?!) vennero scritte nel Libro di Ptenf-ptuk Ciù o Pfenc-ctup Fù, a seconda dei casi. Quel libro venne poi rubato, ma il ladro, fuggito nel deserto di Oluhei per poter leggere in pace, immerso nella lettura dimenti­cò di bere e morì di tale distrazione. Sepolto da innu­merevoli tempeste di sabbia, il libro fu accidental­mente ritrovato da un cammello alla deriva che, or­mai senza gobbe e allo stremo delle forze, non trovò di meglio che cibarsi del papiro rinsecchito di quelle pagine. Il volume fu interamente digerito ma (così mi fu solennemente giurato sull'onore di Bentolin il Pu­tibonzolo) il cammello, per somma virtù di quel libro, non solo sopravvisse al digiuno ma acquistò prodi­giosamente la parola e, giunto sulla piazza del mer­cato di Akkaì, cominciò senza indugio a narrare sto­rie strabilianti che si ritiene fossero contenute nel prelibato volume. Agalub d’Agaluban, scriba e primo moccoliere del principe Fastarnud, molte ne trascris­se in un suo taccuino che poi ... ma questo lo rac­conterò un’altra volta. Ora è tempo che vi parli di Au­sur, dai capelli d'ambra.

    Ausur dai capelli d'ambra

    Nel regno di Turuqad, oltre l’immenso Mare di Bah, in un tempo ormai dimenticato viveva una principes­sina di nome Ausur, la cui storia, assieme a molte altre, venne scritta nel Libro di Ptenf-ptuk Ciù, ecce­tera eccetera. Questa storia ebbe inizio nel migliore dei modi: la piccola principessa era bellissima, il suo carattere dolce, i modi gentili e i suoi capelli finissimi e trasparenti come ambra purissima.

    «Possa il sole rifulgere a lungo tre le tue chiome, o principessa dai capelli d’ambra» gridavano i sudditi devoti ogni qual volta la piccola si affacciava al bal­cone del palazzo reale.

    Ma, come in tutte le favole che valga la pena di raccontare ed ascoltare, le cose non andarono a lungo per il verso giusto. Avvenne infatti che le con­tinue lodi alla bellezza sua e dei suoi capelli da parte delle balie, dei cortigiani, dei dignitari e degli oppor­tunisti, posero nel cuore di Ausur un seme maligno che con l’età germogliò e crebbe fino a inaridire la nobiltà dell’animo della fanciulla che divenne su­perba e quindi invidiosa, altezzosa e quindi prepo­tente, cattiva e quindi, nel profondo del suo cuore, infelice. Ma questo lei non l’avrebbe mai ammesso, e più la sua pena cresceva più la principessa si con­vinceva di poterla placare distribuendo altrettanta infelicità intorno a sé con continui sgarbi, maltrat­tamenti, ingiustizie e soprusi ai danni di coloro che le stavano vicino e le volevano bene. Col tempo questi furono sempre meno, e Ausur dovette assaggiare an­che l’amaro frutto della solitudine.

    Certo, la principessa era sempre circondata da servitori e cortigiani, ma nessuno di loro avrebbe de­siderato starle accanto se non fosse stato per il biso­gno di una paga, per il timore dell’ira dei sovrani o per la speranza di poterne prima o poi ricavare un vantaggio o un profitto. L’affetto che il re e la regina nutrivano per la figlia era ahimè cieco e troppo tardi essi si avvidero dell’oscuro fardello che ella portava nel cuore: così, come avevano soddisfatto i suoi biso­gni di infante, essi concessero tutto ai suoi capricci di bambina e ai suoi vizi di ragazza, giungendo a maltrattare i sudditi che non ne tolleravano le anghe­rie.

    Quando Ausur raggiunse i nove anni si convinse che i suoi capelli erano troppo belli e preziosi per sepa­rarsene. Decise pertanto che non li avrebbe mai più tagliati, ed essi continuarono a crescere, per di più ad un ritmo sorprendente. Di lì a qualche anno erano cresciuti a tal punto che quando la principessa si le­vava dal letto e, scortata dalle sue damigelle, attra­versava gli ampi saloni del palazzo, saliva le scale, percorreva i lunghi corridoi e finalmente si sedeva alla tavola imbandita per la colazione, la fine dei suoi capelli giaceva ancora sul cuscino! E guai se qual­cuno, foss’anche un cavaliere o una dama, avesse inavvertitamente inciampato nel serpente dorato che si snodava per il castello: la principessa se ne sa­rebbe subito accorta e il malcapitato, a seconda del rango, avrebbe soggiornato nelle oscure segrete del castello o avrebbe assaggiato la frusta del boia.

    Quando la principessa fu prossima al sedicesimo compleanno, il Re suo padre pensò che fosse giunto per lei il momento di trovare un marito ed iniziare una nuova vita che l’avrebbe distolta da quell’ostinato e malsano pensare a sé e alla propria bellezza. Mandò così un bando per il regno, invitando solennemente i principi e i nobili di maggior rango a concorrere per la mano della figlia. Questa non si oppose, pensando in segreto che avrebbe goduto profondamente nel fissare con disprezzo i pretendenti e nell’umiliarli, giudicandoli indegni di lei.

    Ma quando la mattina del concorso, al suono delle trombe reali, Ausur si affacciò fiera e superba al balcone sovrastante il cortile del castello lo trovò de­serto: nessuno aveva voluto partecipare, nemmeno la più decaduta casata aveva ritenuto di inviare l’ultimo dei suoi rampolli per sottoporlo alla compiaciuta crudeltà del suo giudizio.

    Ausur andò su tutte le furie e servi e damigelle fuggirono o si nascosero temendo di cadere vittime della sua ira. Colma di indignazione la principessa convocò le guardie e ordinò che si organizzasse una carrozza trionfale con cui avrebbe percorso le strade del regno, costringendo ogni suddito a prostrarsi al suo passaggio e a rendere omaggio alla sua bellezza.

    Ora, se già non l’avete immaginato, dovete sapere che Ausur incontrava qualche difficoltà nello spo­starsi e nel viaggiare, e questo a causa dell’enorme lunghezza e del peso dei suoi capelli. Ma nella mente della fanciulla ciò che era il suo principale vanto non poteva certo costituire un problema e, se lo era, ri­guardava unicamente i suoi cortigiani cui ella conce­deva l’onore di prendersi cura di quella parte del te­soro reale che cresceva rigoglioso sulla sua testa. Fu dunque allestita la carrozza reale parata a festa, al cui traino veniva un enorme carro da fieno su cui si raccolse la bionda messe dei capelli di Ausur, ri­splendenti nella luce del mattino. Al seguito fu posta l’intera guardia reale, e paggi e damigelle in abiti lus­sureggianti, e trombetti e banditori incaricati di an­nunciare a tutti l’avvicinarsi della carrozza. Si sa­rebbe detto il trionfante corteo della Regina di Prima­vera, ma nel cuore di molti cortigiani regnava invece un funebre sgomento e la premonizione che qualcosa di terribile sarebbe accaduto.

    Avvenne dunque che, mentre il corteo transitava per un passo di montagna, costeggiando il limitare del bosco, un tetro fragore fece d’improvviso tremare la terra, e da una oscura caverna sprofondata nel cuore della montagna emerse un drago fiammeggiante. Erano decenni che i draghi abitavano ormai solo nei racconti dei vecchi e nelle fiabe dei bambini, e quell’apparizione in carne ed ossa (per tacer del fuoco) atterrì tutti, comprese le guardie che, più ve­loci degli altri, spronarono i cavalli e si diedero alla fuga. Nessuno pose ascolto agli strepiti e alle mi­nacce della principessa: paggi, damigelle, cocchieri e trombetti, in men che non si dica, si dileguarono nel bosco. Ma Ausur non poteva fuggire: era incatenata all’enorme massa dei suoi capelli d’ambra, paralizzata dall’incredulità con cui aveva visto tutti quanti fug­gire per mettere in salvo le loro ridicole vite piuttosto che preoccuparsi di salvare la loro principessa, la gemma del regno, e i suoi capelli, ottava meraviglia del mondo! Maledetti, li avrebbe fatti impiccare ad uno ad uno o friggere nell’olio bollente.

    E così, anche in quel frangente disperato, Ausur si ostinava a non capire la causa della sua sventura. Nella sua cieca presunzione arrivò persino ad

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