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Colui che ritorna
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Colui che ritorna
E-book164 pagine2 ore

Colui che ritorna

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Info su questo ebook

Può un amore cominciato nel 1462 vedere il suo compimento dopo più di 500 anni? Esiste la reincarnazione o forse sono il tempo e il destino a regalarci sempre una seconda opportunità? Tommaso e Clotilde, Matteo e Claudia sono indissolubilmente legati, anche se la vita farà di tutto per separarli. Due storie sovrapposte, che si specchiano l'una nell'altra mentre i tempi scorrono su binari paralleli che si incroceranno alla stazione del destino. In mezzo ci sono gli incontri e l'avventura, i Grandi Pellegrinaggi della Storia, la morte, uno stupro, il riscatto.
LinguaItaliano
Data di uscita29 ott 2012
ISBN9788867552757
Colui che ritorna

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    Colui che ritorna - Cetta De Luca

    Colui che ritorna

    Colui che ritorna

    di

    Cetta De Luca

    Titolo: Colui che ritorna  

    Autore: Cetta De Luca 

    Immagine di copertina a cura dell’Autore 

    Copyright © 2011 Cetta De Luca

    Biografia

    Cetta De Luca

    Cetta De Luca, nata a Cirò Marina, nella meravigliosa ed aspra terra di Calabria, è un’appassionata di viaggi, di storia medievale e rinascimentale e letteratura dell‘800 e del ‘900 italiano.

    Colui che ritorna (Prima edizione – Dicembre 2011) ha vinto il Premio Giuria Narrativa dell’edizione 2012 del Concorso Europeo Arti Letterarie Via Francigena e si è classificato tra i primi dieci per il Premio Letterario Sirmione Lugana, affiancando nomi come M.P.Ammirati, M.Gramellini, L. Ligabue.

    Altri romanzi:

    Nata in una casa di donne (L'Erudita - 2013)

    Quella volta che sono morta (DuDag - 2013)

    Anna (Watson - 2014)

    Cetta De Luca

    http://cettadeluca.wordpress.com

    A te, amico caro, che come me sei giunto

    a un importante crocevia, e devi decidere

    qual è la miglior strada da intraprendere.

    E a Francesca e Massimo,

    che stanno ancora imparando

    a percorrere il tracciato delle loro vite

    Prefazione

    Prefazione

    Sono due i temi fondamentali di questo romanzo: il tempo, inteso come spazio in cui le distanze si contraggono e si rincorrono e la memoria è il filo conduttore che unisce i singoli avvenimenti, e il pellegrinaggio inteso come viaggio alla scoperta del mondo e dell’ignoto che spesso è celato dentro ognuno di noi, una scoperta che è crescita e consapevolezza. I quattro protagonisti, uniti da un destino comune seppure in epoche diverse, attraversano le loro personali vicende in un arco di tempo che dura quasi quarant’anni, vicende che li vedranno prima giovani, coi turbamenti tipici dell’adolescenza, nel momento del loro primo incontro, per accompagnarli poi nel viaggio della loro crescita individuale, con tutti gli ostacoli, le gioie e le sfide che la vita proporrà loro quotidianamente e che donerà ai quattro giovani quel bagaglio di esperienze che li renderà adulti. Tommaso e Clotilde si incontrano nel 1462 mentre Matteo e Claudia si incontrano nel 1974. Due epoche, due storie, accomunate dal filo sottile di un percorso di viaggio, il pellegrinaggio della via Francigena che, come un cordone ombelicale del tempo, li unisce oltre la storia, oltre lo spazio, oltre la memoria, e li richiama attraverso i sogni per farli incontrare ancora, affinché il loro destino si compia. 

    Questa, della De Luca, è un’opera prima dalla compiutezza sorprendente; l’agile districarsi nei meandri delle narrazioni parallele piacevolmente sorprende. Il linguaggio del romanzo è perfettamente coerente all’ambientazione e spazia da descrizioni ambientali e locative – mutuate da un moderno immaginario filmico – con un appropriato incedere dialogico quasi storicizzato, all’asciuttezza frastica – contaminata da neologismi – del quotidiano comunicare. È un teatro del tempo e dello spazio ma anche del cuore che è interprete principale e personaggio non visto.

    Nulla però distoglie dall’emozione della narrazione che nasce libera da unità di tempo, spazio e luogo e resta viva sino all’ultima pagina del romanzo, inducendo la speranza che non finisca lì, che ci porti ad un seguito che ci piace avere, come in ogni bella storia dove la parola fine ci crea una dolce aspettativa.

    Marco Podda

    I

    I

    Matteo era nervoso e impaziente. Era sveglio dalle cinque del mattino, anzi, a dirla proprio tutta non aveva dormito affatto. Tutta una tirata dal giorno prima, per mettere le cose a posto, lasciare tutto in ordine al ristorante per Luciana, la sua socia, che avrebbe retto da sola le redini della loro impresa fino al suo rientro. Era passato da sua madre e le aveva raccontato cosa aveva intenzione di fare. La signora Luisa, come lui a volte scherzosamente la chiamava, aveva preso con sé la figlia di Matteo quando lui si era separato e, a causa del suo lavoro, non riusciva ad accudire alla piccola Sara come avrebbe voluto e dovuto. Non fu una scelta facile, ma sicuramente la più giusta, considerando che sua moglie aveva deciso di trasferirsi negli Stati Uniti per seguire la sua nuova fiamma. Matteo adorava Sara, e mai avrebbe permesso che si allontanasse dall’Italia. Ma aveva avuto bisogno dell’aiuto della sua forte e generosa mamma, e lei gliene aveva dato tanto, tutto quello che, nonostante l’età, riusciva a dargli. Sara era cresciuta bene con l’aiuto di nonna Luisa e, ora che era grande e studiava all’Università, poteva permettersi di stare più vicina al papà dandogli anche una mano al ristorante.

    - Ti va un caffè?

    - Tanto sarà il decimo che bevo oggi, uno in più cosa vuoi che mi faccia.

    - Sì, ma tu stai fuori di testa figlio mio. Ma cos’è ora ‘sta storia che te ne vai a Roma? E quando torni?

    - Martedì mattina per ora di pranzo sono di nuovo qui, puntuale per l’apertura.

    - E ti fai tutta questa tirata per star fuori un giorno? E a che ora parti?

    - Parto verso le sette di sera e dovrei arrivare a Roma per mezzanotte. Salsomaggiore/Roma non sono più di cinque ore di auto. E poi siamo in agosto e non c’è gente in giro.

    - Ma che pazzia, che pazzia! Ci hai cinquanta anni suonati ormai, lo vuoi capire? Ma quando te la sistemi la testa dico io! 

    - Lo devo fare mà. Non chiedermi perché, visto che di preciso non lo so neanche io, ma devo incontrare questa persona, è il momento.

    - Ma tanto l’è pazza anche lei sai? Una cosa così si organizza meglio, ci vuole tempo, non si prende su e si parte.

    - Dai ma’, lasciami fare. L’ho detto anche alla Lory che andavo. 

    - E lei che ti ha detto?

    - Mi ha chiesto di fare un’analisi delle mie emozioni ed io alla fine le ho detto che per me si trattava di una specie di pellegrinaggioalla ricerca di me stesso, e lei ha approvato.

    - ‘Ste psicoanaliste… - La signora Luisa si allontanò borbottando e andò a prendere il caffè che intanto era salito nella moka. Matteo aveva telefonato a Lory alle otto del mattino per dirle che alla fine aveva deciso di partire. La sua psicanalista, diventata ormai l’amica più cara, gli era stata vicino durante la fase della separazione, l’aveva aiutato a gestire il suo rapporto con Sara e aveva poi continuato a sostenerlo negli anni successivi, quando andava in crisi per il legame che si era creato con la sua socia o quando, perennemente insoddisfatto e in cerca di

    qualcosa, passava da una storia a un’altra senza mai fermarsi, senza mai trovare pace. Lory conosceva tutto di lui, sapeva di questo incredibile incontro che Matteo avrebbe voluto avere e lo aveva fatto riflettere a lungo.

    - Sono trascorsi più di trenta anni. Eravate bambini e ora siete due adulti molto adulti e con tanto vissuto. E soprattutto non vi conoscete affatto. Cosa ti aspetti nel rivederla dopo tanto tempo?

    - Voglio andare a vedere se c’è sempre quella luce nei suoi occhi. - A queste parole Lory non replicò nulla, sorrise e, in cuor suo, gli diede la sua benedizione.

    Come si fa a competere con un ricordo rimasto intatto negli anni senza che gli insulti del tempo ne abbiano sporcata la purezza, lo abbiano fatto sbiadire con il fumo grigio della quotidianità? Se lo chiedeva Luciana mentre apparecchiava i tavoli all’aperto per il pranzo, mentre si trascinava con un sorriso spento e stereotipato fra i carrelli di servizio, salutando con un cenno del capo gli amici del corso che passavano frettolosamente. 

    Abbiamo trascorso anni a illuderci che la nostra storia potesse funzionare, abbiamo rinsaldato la nostra amicizia lavorando insieme, in un rapporto esclusivo fatto di fiducia assoluta, abbiamo pensato che potesse andare avanti così per sempre. Ma nulla è per sempre, specie quando ci si accorge all’improvviso che l’amore non c’è, anche se c’è tutto il resto. E ora sbuca fuori questa storia dal passato remoto, ed io che posso fare? Come posso oppormi, lottare? Ma voglio poi farlo, o spero solo che Matteo sia felice?

    Ripensò al loro ultimo viaggio insieme, ormai diversi mesi prima, il viaggio annuale che si concedevano durante il periodo di chiusura del ristorante. Lavoravano duramente per tutto l’anno, senza concedersi pause, senza chiedere l’aiuto di nessuno, lei in cucina e lui ai tavoli, tutto per far sì che l’impresa andasse bene, inventandosi giorno dopo giorno qualcosa di nuovo per attirare clienti in un periodo di crisi tale che tanti colleghi erano costretti a chiudere bottega. Loro due invece ce l’avevano sempre fatta, con tenacia, assumendosi anche dei rischi, e una volta l’anno partivano insieme per godersi il meritato riposo.

    Quell’anno erano andati a Copenaghen, ma il viaggio non era stato come gli altri. Si erano chiariti in terra di Danimarca e avevano deciso di mettere fine alla loro storia per esaurimento delle motivazioni. Non c’era più amore anzi, forse a sentire Matteo, non c’era mai stato realmente. Ma Luciana non se l’era sentita di biasimarlo. In fondo anche lei non sentiva più quella passione, quel fuoco che ti brucia dentro e che ti fa desiderare di provare ancora e ancora le stesse emozioni, lo stesso senso di vertigine. Forse era solo abituata a lui, forse lo sentiva troppo suoe non aveva il coraggio di lasciarlo andare, ma ormai era tempo…

    - E lei che ha detto?

    - Del fatto che vado?

    - Sì, certo, del fatto che vai, e di cosa altrimenti?

    - Che mi aspetta a braccia aperte.

    Una fitta dolorosa le passò per un attimo fra le costole, forse un eco di passate gelosie. Come poteva stare lì a parlare con lui di un’altra donna come se niente fosse? Ma tant’è, così deve andare.

    Almeno non la conosco. Almeno non è una ragazzina furbetta capace di abbindolarlo con mille moine. Questi uomini che a cinquanta anni ragionano solo col basso ventre… Ma anche lei, la romana, ha cinquanta anni, e se Matteo pensa che il tempo si sia fermato e di ritrovarla come 32 anni fa, lo attende un’amara sorpresa…

    - Un po’ ho paura. Non di trovarla cambiata, questo devo dire che non mi interessa. Spero solo di ritrovare quella luce speciale nei suoi occhi verdi e che mi dia quella serenità, quella sensazione di gioiosa follia che mi trasmetteva quando ci siamo conosciuti. Sono emozionato, come lo ero allora quando con la bici andavo verso il suo albergo nella speranza di incontrarla, e la trovavo lì ad aspettarmi.

    - Certo che il destino è davvero bizzarro a volte. Chi l’avrebbe mai detto che vi sareste ritrovati? Ma poi, tu, ci hai mai pensato a lei in tutti questi anni? In fondo eravate appena quattordicenni!

    - È stato il mio primo amore, il mio primo bacio, e per lei lo stesso. Come pensi si possa dimenticare? Forse non ho pensato a lei costantemente, la vita ti porta in altre direzioni. Ma ogni tanto, da qualche parte della mia mente, in modo del tutto inatteso, tornava l’immagine di lei e quel ricordo mi appoggiava un sorriso sulle labbra che mi faceva star bene per tutta la giornata, anche se non me ne rendevo pienamente conto. Dopo quello che lei ha fatto però lo so, so che è sempre stata presente, ed è giunta l’ora finalmente di rincontrarci.

    Luciana scosse la testa rievocando il dialogo che aveva avuto il giorno prima con Matteo e, ripensando a quella sua aria così sognante mentre le parlava, sperò solo che tornasse da Roma più felice sì, ma anche con la testa ancora sulle spalle.

    II

    II

    Claudia si svegliò di soprassalto, madida di sudore. Si era addormentata sul divano con la TV accesa e la casa era un forno. Da dieci giorni ormai l’Italia era stretta nella morsa della cosiddetta Bolla Africanae, considerando che si era ormai nella seconda metà di agosto, era sicuramente un clima anomalo. Non aveva acceso il ventilatore a pale perché tanto avrebbe smosso solo aria calda. Sperava solo che, con tutte le finestre aperte, l’aria più fresca della sera sarebbe prima o poi venuta a darle sollievo. Nell’attesa si era lasciata andare fra le braccia di Morfeo, troppo stanca per opporre resistenza e

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