La libertà ha un prezzo altissimo
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Info su questo ebook
Alle soglie dei cinquant’anni Michela ripercorre con la mente le tappe importanti della sua vita e tra passato e presente rivive i momenti cruciali: i dolori, le cadute, le sconfitte e le rinascite, fino alla piena comprensione di sé e al raggiungimento di una forma di serenità e forse, perché no, di vera felicità.
“Le scelte che facciamo, soprattutto quelle razionali, sono dettate troppe volte dalle convenzioni sociali e da ciò che gli altri si aspettano da noi. Facciamo le cose per senso del dovere e prendiamo delle grandi cantonate. Con il senno di poi non rifarei mai cose che tutti ritenevano perfettamente legittime e sensate. Ciò che ho fatto seguendo esclusivamente il mio istinto e il mio cuore lo rifarei ancora oggi.”
“Per ricominciare serviva un coraggio sovrumano, perché dovevo riprendere in mano la mia vita.
E solo quando avrò superato tutto questo, quando sarò padrona del mio tempo e mi sentirò tranquilla e felice anche della solitudine, dei miei spazi così duramente conquistati e, del mio tempo perché finalmente saprò gestirlo, solo allora potrò dirmi davvero libera, di restare sola o di innamorarmi di nuovo. Questa libertà va conquistata, ma la libertà è sudore e sangue, la libertà ha un prezzo altissimo.”
“E’ strano ma ho trovato la felicità attraversando strade tortuose e faticose, superando i dolori più grandi, ho superato la rabbia e il dolore attraverso la mia passione per la vita, nonostante tutto.
Ho cercato sempre di essere come gli altri e di uniformarmi alle regole della collettività, ma i percorsi della vita mi hanno portato ad essere differente e ne ho sempre pagato il prezzo”
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Anteprima del libro
La libertà ha un prezzo altissimo - Giulia Mancini
Giulia Mancini
La libertà ha un prezzo altissimo
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Indice dei contenuti
PRESENTAZIONE
I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
XI
XII
XIII
XIV
XV
XVI
XVII
XVIII
XIX
XX
XXI
XXII
XXIII
XXIV
XXV
XXVI
XXVII
XXVIII
XXIX
XXX
XXXI
XXXII
XXXIII
XXXIV
XXXV
XXXVI
XXXVII
XXXVIII
XXXIX
XL
L' AUTRICE
La libertà ha un prezzo altissimo
Giulia Mancini
Copyright 2014 Giulia Mancini. Tutti i diritti riservati.
In base alle leggi sull’editoria, ogni riproduzione di quest’opera anche parziale e con qualsiasi mezzo realizzata è illegale e vietata.
Questo romanzo è opera di fantasia, ogni riferimento a luoghi, persone o fatti realmente accaduti è puramente casuale
Edizione Luglio 2014
ISBN 9786050311518
PRESENTAZIONE
La libertà ha un prezzo altissimo
Alle soglie dei cinquant’anni Michela ripercorre con la mente le tappe importanti della sua vita e tra passato e presente rivive i momenti cruciali: i dolori, le cadute, le sconfitte e le rinascite, fino alla piena comprensione di sé e al raggiungimento di una forma di serenità e forse, perché no, di vera felicità.
Le scelte che facciamo, soprattutto quelle razionali, sono dettate troppe volte dalle convenzioni sociali e da ciò che gli altri si aspettano da noi. Facciamo le cose per senso del dovere e prendiamo delle grandi cantonate. Con il senno di poi non rifarei mai cose che tutti ritenevano perfettamente legittime e sensate. Ciò che ho fatto seguendo esclusivamente il mio istinto e il mio cuore lo rifarei ancora oggi.
"Per ricominciare serviva un coraggio sovrumano, perché dovevo riprendere in mano la mia vita.
E solo quando avrò superato tutto questo, quando sarò padrona del mio tempo e mi sentirò tranquilla e felice anche della solitudine, dei miei spazi così duramente conquistati e, del mio tempo perché finalmente saprò gestirlo, solo allora potrò dirmi davvero libera, di restare sola o di innamorarmi di nuovo. Questa libertà va conquistata, ma la libertà è sudore e sangue, la libertà ha un prezzo altissimo."
"E’ strano ma ho trovato la felicità attraversando strade tortuose e faticose, superando i dolori più grandi, ho superato la rabbia e il dolore attraverso la mia passione per la vita, nonostante tutto.
Ho cercato sempre di essere come gli altri e di uniformarmi alle regole della collettività, ma i percorsi della vita mi hanno portato ad essere differente e ne ho sempre pagato il prezzo."
Non mi pento dei momenti in cui ho sofferto, porto su di me le cicatrici come se fossero medaglie, so che la libertà ha un prezzo alto, alto quanto quello della schiavitù. L’unica differenza è che si paga con piacere, e con un sorriso, anche quando quel sorriso è bagnato dalle lacrime.
Paulo Coelho
I
Ripercorrendo i giorni importanti della mia vita tutto sembra ora incredibilmente vicino e stranamente chiaro. Adesso tutto mi appare perfettamente comprensibile, come un libro giallo dove alla fine ogni pezzo del puzzle si incastra perfettamente con l’altro e l’immagine, prima confusa e indefinita, diventa finalmente ben delineata.
Ripercorro con la mente ogni più lontano episodio, anche ciò che è lontanissimo nel tempo e che sembrava dimenticato. Quello che allora era confuso diventa nitido e le ragioni che a quel tempo sembravano incomprensibili diventano assolutamente evidenti, ai miei occhi e al mio cuore.
Ciò che accade nella nostra vita può cambiarci in modo irreversibile e, a volte, restiamo inconsapevoli, finché, guardando dentro di noi e voltandoci indietro, ci rendiamo conto che da un certo momento in poi niente è stato più come prima.
Mi capita spesso di annusare nell’aria odori che mi riportano alla mente momenti e situazioni del passato, l’odore dei camini accesi mi rammenta l’inizio dell’autunno e dei primi freddi.
Oggi sarebbe un giorno da camino e mi sembra di sentire nell’aria il fumo del caminetto, l’odore di mandorle abbrustolite che mia madre preparava con lo zucchero caramellato, sotto la luce gialla del neon della nostra cucina d’infanzia con le piastrelle a fiori.
All’inizio dei primi freddi mi assale sempre la nostalgia delle mandorle caramellate, non tanto come sapore, era un dolce da me non particolarmente amato, ma ho nostalgia soprattutto dell’atmosfera che ne derivava, quel sapore familiare e protetto. Ripensare al sorriso di mia madre mi porta alla mente il ricordo delle altre donne della mia vita, donne che hanno lasciato un segno indelebile, che hanno tracciato un solco semplicemente per quello che sono state, per le battaglie che hanno affrontato e per le guerre che spesso non hanno vinto, sempre però con tutto l’amore e la grande passione di cui erano capaci, sempre indomite.
Oggi sento che tutte loro sono dentro di me, io sono loro, e loro ciò che io sono oggi.
Mi chiamo Michela, come il nonno che non ho conosciuto, andato in America e poi tornato per non ripartire più.
II
Quaranta giorni e quaranta notti, questo è il tempo che mio nonno Michele impiegò per attraversare l’oceano e raggiungere l’America. Quel viaggio lo fece due volte, la prima volta assieme a suo fratello Pietro, la seconda volta per tornare in Italia , tornerò
disse a suo fratello ho solo bisogno di rivedere la mia terra ancora una volta
.
Ma dopo le lunghe notti di navigazione, passate assorbendo nel respiro l’odore salmastro e ferroso della nave, non riusciva più a pensare al mare senza sentirsi male.
Pietro gli scrisse molte lettere per un anno intero prima di capire che Michele non sarebbe mai più tornato e si rassegnò ad andare avanti senza di lui, anche se da solo tutto gli sembrava molto più duro. Mio nonno restò in Italia.
Chissà come sarebbe andata
diceva ogni tanto mia madre adesso saremmo ‘americani’
,
in cuor mio mi rallegravo di essere italiana, pensavo che fosse meglio vivere in Italia.
Avevo sei anni e il racconto del viaggio di mio nonno lo ascoltavo sempre estasiata.
Mia madre, attraverso la magia dei suoi racconti, è sempre presente e viva dentro di me.
Benedetta, a vent’anni, era una donna minuta con due seni enormi che nascondeva timida sotto strati di bende.
I suoi lunghi capelli neri scendevano morbidi e ricci lungo le spalle come rigagnoli capricciosi Michele era incantato da quei folti capelli e quando ripensava all’America, sapeva perché era tornato.
Mentre la vedeva avvicinarsi all’altare bella e austera come una principessa si sentiva l’uomo più fortunato del modo anche se era tra i più poveri.
Non si pentì mai di esser tornato, e nonostante la povertà, due guerre mondiali e tanti problemi, alla fine dei suoi giorni sentì in fondo di non aver sprecato la sua vita e di esser stato felice.
Benedetta era mia nonna.
Un giorno, avevo circa undici anni, ci vennero a trovare le nostre zie italo-americane, erano le due figlie di Pietro, una di loro sembrava la fotocopia di mia madre: lentiggini, capelli ramati e occhi verdi, si chiamava perfino come lei.
Tra la gente del sud, di generazione in generazione, nomi e cognomi si ripetono, così a distanza di anni potevi ritrovare la stessa persona con lo stesso nome e cognome, ma di quarant’anni più giovane. Ormai anche questa consuetudine non esiste quasi più.
Le zie americane, che vivevano a Boston, accompagnate dal nipote diciassettenne, alto e biondo, che non parlava una sola parola di italiano e che sorrideva sempre, passarono con noi un’intera giornata. Le zie sembravano felicissime di aver ritrovato un pezzetto della loro famiglia di origine e, con grande entusiasmo, ci raccontavano della loro vita esprimendosi in un dialetto antico molto stretto, che loro scambiavano per italiano, un dialetto che perfino mia madre faticava a capire, dato l’utilizzo di terminologie ormai fuori uso. In quel momento capii perfettamente cosa voleva dire la mia insegnante di italiano quando diceva che le lingue parlate sono vive
, esse cambiano e si evolvono con noi, le mie zie, cugine di mia madre e figlie di Pietro, erano cresciute ascoltando e imparando la lingua del loro padre, rimasta ferma e immutata dall’inizio del novecento.
Ho una foto che talvolta mi fermo a osservare: da sinistra mio padre che sorride con una faccia liscia e senza rughe, anche se segnata dal sole e dalla fatica del lavoro, mia madre anch’essa sorridente, io in mezzo, piccola e magrissima, mia sorella Benedetta che porta il nome di mia nonna, le due zie italo americane Maria Sole e Immacolata, con i nomi di mia madre e di mia zia.
Mi chiedo adesso, dove sono le mie pro zie, se sono già morte come mia madre e i miei zii, oppure se resistono; mi chiedo se il mio bellissimo bis cugino biondo, che adesso dovrebbe avere ben oltre cinquant’anni, è ancora bello e magari è di quelli che partecipa alla maratona di New York, oppure se è diventato uno di quegli americani grassi e corpulenti .
In fondo preferisco ricordare tutti loro come in quella foto in bianco e nero: vivi, giovani e sorridenti. Quando tutto era ancora da fare nella mia vita, ancora tutta davanti a me.
III
La casa dove abito adesso si trova tra la fine delle colline bolognesi e la via del mare.
Spero sia la mia ultima e definitiva casa, perché ne ho cambiate davvero molte prima di arrivare fin qui. È una piccola palazzina a due piani con un pezzetto di terra intorno, abbastanza distante dalla strada principale e dal rumore del traffico, ma abbastanza vicino al paese per non restare troppo isolati.
Mi piace sedermi sul terrazzo nelle sere d’estate, quando in città il caldo si fa insopportabile, mentre qui verso le colline si respira un’aria più leggera e fresca. La città resta comunque abbastanza vicina e ogni tanto amo tornarci, ma solo per poco, dopo un po’ mi sembra caotica e rumorosa, quindi ritorno volentieri alle mie colline.
Francesco si affaccia sulla porta della camera.
Hanno previsto neve per oggi, io accenderei il camino, cosa ne dici?
Mi sembra una buona idea
rispondo sorridendogli.
Francesco è il mio compagno ed è l’uomo che amo, forse dalla notte dei tempi. È l’uomo che ha salvato la mia vita e, in qualche modo, l’ha resa speciale.
Mi sorprende ancora la luce che dona alle mie giornate, la mattina mi alzo dal letto soltanto per poterlo seguire quando lui ne esce, ho passato così tanto tempo lontana da lui, che ora non voglio più perdere neppure un attimo.
Entro in cucina attirata dal profumo del caffè che Francesco ha preparato, mentre era intento a sistemare la legna nel camino. Mi avvolgo in un grande scialle di lana comprato in uno dei nostri ultimi viaggi, fuori dal letto la temperatura non è troppo alta.
Sorseggio il caffè mentre osservo Francesco, mi piace osservare la linea della spalle, il suo corpo solido e forte.
Cosa fai? Perché mi guardi con quella faccia strana?
È la mia faccia di sempre, ti guardo perché sei bello
.
'Bello'? Forse un tempo, adesso sono un vecchio! Smettila! tu sei davvero matta
dice ridendo e come sempre trovo la sua risata meravigliosa.
Non sei vecchio! E poi sei il sessantenne più bello che io conosca
Francesco tira su le spalle come per dire Ma sì, lasciamo perdere…
Lui davvero non ci crede, ma io lo trovo bellissimo, sul serio.
E davvero, per la sua età, è un uomo in perfetta forma: alto, muscoloso, imponente e trovo fantastiche anche le sue rughe, forse lo amo più adesso di allora.
All’inizio ho amato molto la sua fisicità, ma ora non è questo che lo rende così importante ai miei occhi, l’amore va ben oltre la bellezza e la prestanza fisica, certo da giovani si è attratti da questo, almeno all’inizio, ma quello che rimane dopo, che si fortifica e si nutre anche delle debolezze umane, è ciò che rende un legame indissolubile.
Mi sembra a volte di aver vissuto tante vite, tante sono state variegate le vicende che ho attraversato, ma forse sono soltanto le stagioni della vita che, giorno dopo giorno, ti travolgono.
Vado in paese a fare un po’ di spesa
mi dice Francesco.
Va bene
rispondo mentre mi avvicino per dargli un bacio leggero sulla guancia e vorrei abbracciarlo stretto, come partisse per un lungo viaggio, ma mi trattengo per evitare il suo scherno divertito. Provo sempre una leggera apprensione quando lui si allontana, anche se per poche ore.
Non sopporto il pensiero del distacco, così mi tengo impegnata a preparare il pranzo con tutti i suoi cibi preferiti, apparecchiando la tavola con piatti decorati e bicchieri di cristallo. Voglio che sia tutto perfetto, perché ogni momento con Francesco è importante e degno del servizio buono.
La vita mi ha insegnato che non esistono giorni più o meno importanti, lo sono tutti, così ogni giorno voglio viverlo al meglio come se fosse l’ultimo.
Le persone importanti della mia vita le ho sempre incontrate in momenti in cui ero distratta da altri eventi, in momenti in cui addirittura ero uscita per sbaglio, controvoglia, quasi presagissi che qualcosa mi avrebbe cambiato la vita. Era un giorno così quando incontrai Francesco per la prima volta, circa vent’anni fa.
Ero andata a un pranzo organizzato da un gruppo di conoscenti, avevo accettato di andarci poco convinta, anche perché conoscevo la metà della gente e pensavo che mi sarei sicuramente annoiata, per di più quella mattina si era alzata una densa nebbia e il ristorante era sulle colline bolognesi dopo una lunga strada in salita.
Meditavo di mandare un messaggio per disdire,