La lingua Italiana: breve storia e approcci glottodidattici come L2
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Anteprima del libro
La lingua Italiana - Stefania De Pascalis
SITOGRAFIA
CAPITOLO 1
La lingua italiana: origini e struttura
INTRODUZIONE
Una lingua non è statica ed immobile, non è immutabile ma cambia e si adatta nel tempo, si trasforma per riflettere la storia e le necessità del popolo che la parla. Ogni lingua è lo specchio della società all’interno della quale è usata ed è per questo motivo che è importante studiare queste trasformazioni e comprenderle, sia dal punto di vista della struttura della lingua stessa che della sua storia. Poiché la nostra lingua è quella italiana, è questa che prenderemo in considerazione nelle sue caratteristiche strutturali e nella sua storia. Certamente, l’argomento è troppo vasto e complesso per essere esaurito nel breve spazio del presente saggio, pertanto si intende che questo sarà unicamente un modo per enunciarne brevemente alcuni degli aspetti fondamentali.
1) Uno studio scientifico della lingua: la linguistica
Negli ultimi decenni l'Italia è cambiata molto da tutti i punti di vista, come del resto è avvenuto per quasi tutto il mondo occidentale industrializzato. Sono cambiati i modi di vivere e di pensare ed insieme ad essi, riflesso di essi in quanto lingua viva e come tale soggetta a mutamenti ed evoluzioni, è cambiata la lingua italiana.
Per meglio comprendere questi cambiamenti è necessario osservare la lingua in modo oggettivo e scientifico in quelle che sono le sue caratteristiche e le sue manifestazioni nel corso del tempo. Di ciò si occupa la linguistica.
Questo tipo di osservazione è detta metalinguistica e definisce quelle che sono le strutture della lingua stessa: la natura del linguaggio, le sue regole di produzione, i suoi cambiamenti nel tempo. Tutte le lingue naturali alla base della comunicazione umana si basano infatti su queste strutture e la linguistica, in tutte le sue diverse specializzazioni, ne studia le forme e l'evoluzione utilizzando un metodo comparativo: raffrontando tra loro diverse lingue dello stesso ceppo in un dato momento storico o al contrario aspetti diversi della stessa lingua in diversi momenti; in tal modo la linguistica riesce ad identificare ed enunciare leggi che regolano i processi linguistici e dunque a spiegare le strutture e le modificazioni che in una lingua avvengono.
Questo metodo di studio della lingua nasce ai primi del 1900 con Ferdinand De Saussure la cui teoria linguistica è stata raccolta nel Cours de linguistique générale (1916)¹ e con Noam Chomsky, fondatore della grammatica generativo-trasformazionale in varie opere e in special modo in Studies on Semantics in Generative Grammar (1972)². Nella sua opera, De Saussure distingue langue e parole, dove la prima è la struttura stessa della lingua con le sue regole e convenzioni comunemente accettate all’interno di una società, mentre la seconda è l’uso individuale che il singolo ne fa per esprimere il proprio pensiero. Alla teoria strutturalista si contrappone la linguistica generativo-trasformazionale di Chomsky che applica alla grammatica i principi della matematica per stilare un numero finito di regole grammaticali attraverso cui sono generate le infinite frasi del linguaggio: il parlante, infatti, grazie alla sua competenza interiorizzata di quelle regole grammaticali, può produrre e comprendere un numero pressoché infinito di frasi.
Infine, più recentemente, la linguistica applicata vede e analizza la parola e il discorso nell’ambito del contesto socio-culturale intrecciandosi con altri ambiti di studio come l’antropologia, il diritto, la storia, ecc. Una lingua, infatti, non è mai fine a se stessa ma ha un ruolo comunicativo che segue le interazioni e gli sviluppi dei parlanti e delle società cui questi appartengono. In questo senso opera ad esempio la sociolinguistica che studia appunto la lingua in rapporto con la società e con i contesti sociali in cui la lingua è adoperata. Inoltre occorre tenere presente che in ogni contesto nazionale non si trova una sola ma molteplici varietà della stessa lingua, in dipendenza da vari fattori sociali, geografici, settoriali e lavorativi, ecc.
La situazione si complica ulteriormente in presenza di un multiculturalismo e di una molteplicità di etnie presenti sullo stesso territorio. E’ qui che si deve innescare una comunicazione interculturale che sarà mediata attraverso la traduzione e l’acquisizione della lingua locale come lingua seconda da parte dei parlanti non nativi.
2) Struttura della lingua italiana
La lingua italiana, come tutte le lingue naturali, si articola a partire da due tipi di suoni (foni) fondamentali, vocali e consonanti, emessi differentemente a seconda degli organi fonatori attraverso cui passa la voce, del grado di apertura della bocca, della posizione della lingua nell’articolare il suono. Le vocali per esempio, che nella lingua italiana sono graficamente cinque, diventano sette se si considera la diversa apertura della bocca nell’atto di pronunciarle all’interno delle parole: a, e aperta ed e chiusa, i, o aperta e o chiusa, u. Le consonanti, invece, vengono distinte in tipi che dipendono dal modo e dal luogo dell’articolazione: sonore, sorde, occlusive, spiranti, liquide, nasali, semiocclusive, labiali, palatali, velari, dentali. A tutto ciò vanno naturalmente aggiunti i tratti soprasegmentali, come l’accento (che in italiano ha funzione distintiva, è mobile e serve a distinguere delle parole da altre) e l’intonazione che segnala il diverso intento della frase (ad esempio un’esclamazione, una domanda, ecc.). Infine si possono riconoscere intonazioni e pause, che nella lingua scritta si traducono nei segni d’interpunzione.
Per distinguere graficamente i tipi di suoni diversi emessi per lettere apparentemente uguali si è creato un alfabeto fonetico
valido a livello internazionale e perciò comprensibile da tutti al fine di trascrivere correttamente la pronuncia delle parole. I foni sono molteplici ma ogni lingua ne seleziona un certo numero per formare il proprio sistema fonologico. La lingua italiana ne adotta trenta.
All’interno della parola poi, i suoni si uniscono a formare le sillabe. In italiano la divisione in sillabe struttura la metrica (ad esempio della poesia) e serve a dividere correttamente le parole alla fine del rigo.
Le parole, o parti del discorso, in italiano possono essere suddivise in variabili (per genere e numero) e invariabili. Particolare importanza hanno le variazioni in genere e numero del sostantivo giacché ad esso si accorderanno genere e numero di articoli, aggettivi, pronomi, verbi. Questi ultimi poi si coniugheranno nei diversi modi e tempi della lingua italiana.
E’ a questo punto che interviene la sintassi, cioè lo studio di come le parole si uniscano in sequenze e frasi (proposizioni).La proposizione è l’espressione di un pensiero ed è organizzata intorno ad un soggetto e ad un predicato. Il soggetto indica chi compie l’azione o si trova in uno stato, mentre il predicato è il verbo, l’azione.
Un insieme di proposizioni collegate tra loro formano un periodo, all’interno del quale si trovano sempre una frase principale e altre frasi che a questa possono essere coordinate o subordinate.
3) Il lessico della lingua italiana: una lingua che cambia
La sintassi può essere complessa ma è pur sempre determinata da regole precise e da strutture ben determinate. Non così semplice invece è lo studio del lessico di una lingua, molto più mutevole ed in continua trasformazione per adeguarsi alla società e alla storia. Il lessico infatti non è immutabile ma si arricchisce e si trasforma di continuo: pensiamo ad esempio a tutte le nuove parole che entrano a far parte di una lingua come le neoformazioni o neologismi, nuove parole che si formano per indicare oggetti e situazioni che prima non si conoscevano (ad esempio tutte le parole mutuate dal campo dell’elettronica, dei computer, di Internet, oppure dai campi dello sport o della politica, ecc.), o come prestiti da altre lingue laddove nella propria