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Il bordo del deserto
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E-book211 pagine2 ore

Il bordo del deserto

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Info su questo ebook

Sahil è un adolescente siriano, figlio di due chirurghi e con una sorella maggiore. La sua vita scorre tranquillamente tra la scuola e la cotta per la ragazza che vive di fronte casa, Aeesha.
Ma l’arrivo di uno straniero nel suo quartiere sconvolge le sue tranquille giornate.
È soltanto l’inizio della sua storia.
La guerra siriana incombe.
Sahil si ritroverà catapultato in una nuova realtà e a dover affrontare difficoltà inimmaginabili prima.
Dovrà crescere velocemente e dimostrare di essere in grado di salvare ciò che di più caro ha al mondo.
Un romanzo storico sentimentale che racconta delle vicende di chi la guerra la vive in prima persona, cercando ogni giorno di superare le disgrazie senza dimenticare la propria umanità.
LinguaItaliano
Data di uscita26 feb 2019
ISBN9788899333874
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    Anteprima del libro

    Il bordo del deserto - Gabriele Discetti

    parziale.

    1

    Stamattina piove.

    Non capita spesso.

    Solo nei mesi più freddi dell’anno.

    Il rumore della pioggia mi ha svegliato.

    Ho preso una coperta per coprirmi e sono andato sull’uscio di casa per guardarla cadere. Non so spiegarne il motivo, ma è un rumore che mi rilassa.

    Da lontano vedo la Cittadella.

    Sotto l’incessante cadere della pioggia sembra ancora più bella, anche se il cielo è tinto di un grigio scuro che trasmette tristezza. Per strada c’è un cane che gioca in una pozzanghera. Sembra divertirsi molto. Allora non sono l’unico ad amare la pioggia. Mentre sono assorto nei miei pensieri, mi accorgo di star guardando proprio in direzione della finestra della casa di fronte, dove una ragazza mi sta guardando. Sorride e mi saluta. Preso alla sprovvista, non so che fare e rientro di corsa in casa, sbattendo la porta dietro di me. In quel momento capisco di aver fatto una figuraccia.

    Che stupido che sono!

    Il rumore della porta attira l’attenzione di mia madre.

    - Sahil sei già in piedi? – mi domanda dalla cucina – Vieni a fare colazione. La raggiungo in cucina e inizio a mangiare, senza dire una parola.

    - Come mai così silenzioso stamattina? – chiede lei, accorgendosi che qualcosa non va.

    - No, non è successo nulla – rispondo io, facendomi subito smascherare.

    Mamma si avvicina e mi guarda.

    - Perché sei tutto rosso in viso?

    - Sarà per il freddo – provo a inventare una scusa plausibile.

    - Certo. Sarà il freddo – mi canzona lei – Non può essere che c’entri una certa Aeesha?.

    Quel nome è inconfondibile. È la ragazza della casa di fronte. Mamma è convinta che abbia una cotta per lei.

    - Ma che dici mamma! – cerco di dissuaderla.

    Lei ride.

    - Non c’è nulla da ridere!

    - Va bene. Non ti arrabbiare – dice, dandomi una carezza – continua a mangiare.

    Riprendo a fare colazione, sicuro che mia madre sia ancora convinta della cotta. Ho provato più volte a farle cambiare idea senza successo. In realtà non sono nemmeno certo che abbia torto.

    - Papà è tornato? – le chiedo.

    - Non ancora. Oggi aveva molto lavoro. Dovrebbe essere qui nel pomeriggio.

    - Va bene – rispondo con un velo di tristezza e allora lei mi da un’altra carezza sul viso e un bacio, come a voler scacciare lo sconforto.

    Papà lavora all’ospedale.

    Dicono sia un chirurgo eccezionale.

    Più volte aveva avuto la possibilità di andare all’estero, ma sia lui che mia madre non hanno mai voluto lasciare la casa dove sono cresciuto. Mentre mangio arriva mia sorella. Saluta la mamma con un bacio sulla guancia, si siede accanto a me e inizia a prendermi in giro. Probabilmente ha origliato ciò che ha detto prima mia madre.

    - Allora ho sentito che è già aria di primavera per questo ragazzo.

    - In che senso? – chiede mia madre.

    Io ho già capito cosa intende, ma faccio finta di non sentirla e continuo a mangiare.

    - Nel senso che stanno già sbocciando nuovi amori. Era ora fratellino! – mentre lo dice mi tira la guancia tre volte. Scosto la sua mano.

    - Smettila – le dico e lei in risposta mi fa una linguaccia.

    - Vi ho visti come vi guardavate dalla finestra.

    - Spiona!

    - Finitela tutti e due – dice la mamma.

    - Ha cominciato lei!

    - Non mi importa chi ha cominciato. Tu non urlare a tua sorella e tu Leila non prendere in giro tuo fratello. L’amore è una cosa bella.

    - Ma mamma! Di nuovo anche tu! – dico io, sbuffando perché stufo di essere preso in giro. Mia sorella scoppia a ridere.

    - Dai non c’è tempo per questi discorsi. È ora di andare a scuola – così mamma chiude la questione.

    Appena smette di piovere io e mia sorella usciamo di casa. Quasi a volerlo fare apposta, nello stesso momento anche la porta della casa di fronte si apre. Aeesha saluta i genitori e si incammina verso scuola.

    - Guarda chi c’è! – mi dice Leila – Che ne dici se andiamo tutti insieme.

    - Non ti permettere.

    - Dai così fate conoscenza.

    Aeesha frequenta la mia stessa scuola, ma è un anno più grande di me, quindi ci incontriamo solo nel tratto da casa a scuola e di tanto in tanto tra i corridoi. Mia sorella la conosce meglio perché in passato le ha fatto da babysitter.

    - Aeesha! – mia sorella la chiama – Perché non vieni con noi?

    - Arrivo! – risponde lei dall’altra parte della strada. Dice qualcosa ai suoi genitori indicando noi e poi si avvicina.

    - Idiota – dico a mia sorella sottovoce, prima che Aeesha arrivi e possa sentirmi.

    - Un giorno mi ringrazierai – risponde lei.

    Si avvicina sempre più e le gambe iniziano a tremare.

    - Ciao! – saluta lei calorosamente e con un bellissimo sorriso stampato in viso.

    - Ciao – rispondo io decisamente freddo.

    Ecco! Ho fatto un’altra figuraccia!

    - Ciao Aeesha. Come stai? – mia sorella invece si dimostra molto più sciolta di me.

    Cominciamo a camminare e io non riesco a dire nemmeno una parola. Loro due parlano incessantemente della scuola, dei compiti, dei vestiti, della musica, di tutto e di più. Io invece non riesco a trovare il momento giusto per inserirmi nel discorso. Mentre penso a cosa dire, quando e come dirlo è ormai troppo tardi e siamo già davanti scuola.

    - Eccoci arrivati – dice mia sorella – allora ci vediamo a casa Sahil.

    Le faccio un cenno con la testa. Le parole ormai non mi escono più. Ho perso le speranze di dire qualcosa di sensato.

    - Ciao Leila – la saluta Aeesha.

    - Ciao – risponde lei.

    Mia sorella comincia ad entrare a scuola.

    - Ciao Sahil. Ci vediamo dopo? – dice Aeesha. Cosa?

    - Dopo? – dico con un’espressione evidentemente stupita.

    - Cioè, sì, se per te va bene, possiamo tornare insieme all’uscita da scuola.

    È ufficiale. Sono proprio stupido.

    - Sì, certo! Ti aspetto qui all’uscita.

    - Allora a dopo! – mi saluta di nuovo col suo bellissimo sorriso e va via.

    Resto lì imbambolato per almeno cinque minuti. Poi mi ricordo perché sono lì. Devo andare subito in classe o rischio di essere punito e non ci tengo assolutamente a fare arrabbiare il professore. Non vedo l’ora che le lezioni finiscano per rivedere Aeesha. Stavolta, però, non posso restare muto. Devo assolutamente trovare il coraggio di parlare. Non ci sarà neppure mia sorella. Devo giocarmi bene le mie carte.

    La giornata scolastica è volata via. Quasi non ricordo cosa ho fatto oggi. L’unico pensiero è stato il momento in cui avrei rivisto Aeesha. Ora sono ad aspettarla, nel punto preciso in cui stamattina ci siamo salutati. Escono molti ragazzi, ma di lei nessuna traccia. Comincio a guardarmi intorno. Forse è già andata via, credendo che non l’avrei aspettata. Passano i minuti ed escono sempre meno persone, finché non c’è più nessuno. Sarà già a casa.

    Sconfortato, mi giro e vado via.

    - Ehi! Avevi detto che mi avresti aspettato! – sento qualcuno urlare da dietro.

    È lei. La sua voce è inconfondibile. Mi giro ed è lì, con il suo sorriso, un po’ di affanno e i suoi lunghi capelli castani.

    - Infatti ti stavo aspettando, ma ho pensato che fossi già andata via.

    - Sì. Scusami. È colpa mia. Ho dimenticato un quaderno in classe e sono dovuta correre a riprenderlo. Spero di non averti fatto aspettare a lungo.

    - No, non ti preoccupare.

    Ci incamminiamo e come al solito non so che dire. Per fortuna lei è più brava di me.

    - Come è andata oggi? – chiede.

    - Bene. A te?

    - Benissimo. Oggi abbiamo iniziato a studiare l’Europa. È un posto bellissimo. Mi piacerebbe andarci a vivere un giorno. A te piace viaggiare?

    - Sì, abbastanza.

    - A me piace tantissimo. Vorrei vedere tutto il mondo, anche se credo ci vogliano un mucchio di soldi. Per questo devo impegnarmi nello studio. Per avere un ottimo lavoro, ben pagato, e per poter viaggiare senza pensieri.

    - Sai già cosa fare da grande?

    Incredibile sono riuscito a mettere insieme sei parole.

    - Vorrei diventare una fotografa. Mi piacerebbe fotografare le bellezze del mondo ancora inesplorato.

    - Sicuramente è un sogno ambizioso.

    - E tu cosa vorresti fare?

    - Io ancora non lo so. Ho pensato ad alcune possibilità, ma nessuna mi convince appieno.

    In realtà non ci ho mai pensato seriamente, ma non voglio sembrare un sciocco ai suoi occhi.

    - Non ti preoccupare. Quando sarà il momento troverai la tua strada – dice lei in tono rassicurante.

    Chi lo sa. Nessuno sa cosa può accadere in futuro.

    - Speriamo – mi limito a dire mostrandomi poco convinto.

    - Avanti! Non essere pessimista – mi rassicura di nuovo e questa volta mi dà un bacio sulla guancia.

    L’imbarazzo è tale che per un attimo mi blocco. Lei continua a camminare, accennando una risatina. Scuoto la testa per riprendermi e mi muovo, raggiungendola. Ora davvero non so più cosa dire. Passano alcuni interminabili istanti di silenzio, finché noto qualcosa di strano davanti ai miei occhi.

    - Che cos’è quella cosa bianca a lato della strada? – chiede Aeesha.

    Una strana macchia di colore bianco è riversa sul ciglio della strada. Incuriositi ci avviciniamo. Quando arriviamo abbastanza vicini, capisco di che si tratta.

    - È una pecora! – dico io.

    Senza pensarci due volte inizio a correre, capendo subito che c’è qualcosa che non va. L’animale che non sembra muoversi. Sarà morto?

    Aeesha corre dietro di me. Arrivati, la pecora lancia un belato di dolore. L’animale è steso e ha una ferita sulla gamba posteriore.

    - Oddio, sta morendo – dice Aeesha.

    - No – la rassicuro - la ferita non è gravissima. Possiamo salvarla. Però dobbiamo fare in fretta. Siamo vicino casa. Se la portiamo da me, mia madre saprà come aiutarla.

    Butto lo zaino per terra e con tutte le mie forze alzo la pecora, che non è proprio una piuma. L’animale emette un altro belato e prova a dimenarsi. Deve fargli molto male la gamba.

    - Resisti. È per il tuo bene – cerco di tranquillizzarla e sembra capirlo perché effettivamente si calma – Brava.

    Aeesha prende il mio zaino che ho lanciato a terra e mi segue.

    Per fortuna non è ancora un animale adulto, altrimenti non sarei riuscito ad alzarla. Però quanto puzza questa pecora. Non dovrei dirlo in questa situazione, ma il tanfo è quasi insopportabile.

    - Manca poco per arrivare a casa – dice Aeesha – inizio ad avvisare tua madre.

    Le faccio un cenno con la testa, perché mi manca il fiato. Lei corre verso casa. Bussa alla porta e in un attimo spiega tutto a mia madre, che si affaccia e mi vede arrivare con la pecora. Rientra in casa. Perché non viene a darmi una mano?

    Io arrivo alla porta ed entro. Sono allo stremo.

    - Sahil vieni qui – mi chiama mia madre.

    Mamma ha già trovato tutto l’occorrente, liberato il tavolo ed è pronta per aiutare la pecora. Ecco perché non mi è venuta incontro. Stava preparando un vero e proprio tavolo operatorio.

    - Appoggiala qui sul tavolo – mi dice.

    Eseguo.

    Mia madre con prontezza pulisce la ferita, la disinfetta e con mano sicura in pochi minuti è già pronta a ricucire.

    Coperti i punti con una benda, l’operazione può dirsi completata. Io e Aeesha guardiamo con ammirazione mia madre. Sapevo che anche lei era una chirurga, ma da quando sono nato io aveva deciso di lasciare la professione. Il perché non me l’aveva mai detto.

    - Lasciamola riposare – dice mamma – Siete stati proprio bravi a portarla subito qui.

    - Il merito è tutto di Sahil – dice Aeesha – Lui ha subito capito cosa bisognava fare e l’ha portata fin qui.

    - Infatti si vede. Ha tutti i vestiti sudici.

    Mi guardo in basso ed effettivamente sono sporco dalla testa ai piedi. Aeesha mi guarda e ride.

    - Vatti a cambiare su – dice la mamma.

    - Io torno a casa. I miei genitori saranno preoccupati non vedendomi ancora ritornare. Ci vediamo Sahil. Buona giornata signora.

    - Ciao Aeesha – risponde lei.

    Io saluto con la mano e mi accorgo che è tutta sporca di sangue della pecora.

    - Meglio che mi vada a lavare – dico alla mamma.

    - Vai e non fare troppo rumore che tuo padre è di sopra a dormire.

    2

    Papà ha un lavoro molto duro.

    Ha orari lunghi e spesso è costretto a dormire in ospedale, perché quando c’è bisogno di lui deve correre.

    Non ci sono molti chirurghi in città e sicuramente lui è il migliore. Potrebbe anche rifiutare qualche operazione e lasciarla ai colleghi, ma mio padre non riesce a non aiutare il prossimo. Dice che se si ha la possibilità di aiutare qualcuno, bisogna farlo ad ogni costo. Ripulitomi dalla testa ai piedi, vado nella camera dei miei genitori. Papà dorme profondamente. Deve essere stanco morto. Non lo vedo da quasi tre giorni. Avrà fatto un turno lunghissimo e dormito forse solo poche ore. Meglio lasciarlo stare.

    - Non saluti tuo padre?

    - Non pensavo fossi sveglio.

    - Ho dormito abbastanza per oggi.

    - Scommetto che avrai dormito al massimo tre o quattro ore.

    - Ho un’altra operazione e poi potrò dormire quanto voglio.

    - Non credi di lavorare troppo? Mio padre si siede sul letto.

    - Vieni qui – mi dice. Mi siedo a fianco a lui.

    - Ricordi cosa ti dico sempre? Se si ha la possibilità di aiutare qualcuno?

    - Bisogna farlo ad ogni costo – dico io.

    - All’ospedale ora c’è bisogno di me e scommetto che anche tu faresti lo stesso, no?

    - Sì, forse hai ragione.

    Ha veramente ragione.

    Altrimenti non avrei mai salvato quella pecora. Avrei potuto lasciarla lì, tanto non ero stato io a ferirla. Invece

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