Scrivere con stile: Manuale avanzato di scrittura con esempi, esercizi, approfondimenti
Di Vania Russo
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Anteprima del libro
Scrivere con stile - Vania Russo
O’Connor
NOTA DELL’AUTRICE
Nella scrittura la tecnica è quel che non si dovrebbe vedere, lo stile è ciò che si dovrebbe vedere. Qualcuno ritiene che lo stile non possa essere oggetto di studio perché in gran parte subordinato all’individualità culturale, caratteriale, sociale, politica, spirituale ed esperienziale dell’autore; sentieri privati frutto di un intreccio profondo tra capacità innate e vita, cui vanno a sommarsi tutte quelle letture che negli anni alimentano il bagaglio cui uno scrittore attinge per formulare delle soluzioni stilistiche personali.
Che lo stile sia intimamente legato al temperamento dell’autore è innegabile, tuttavia, se si trattasse solo di questo grandi maestri come Aristotele (384-322 a.C), Platone (429 a.C-?), Chaim Perelman (1912-1984), Roland Barthes (1915-1980), Gérard Genette (1930-2018), Italo Calvino (1923-1985), Umberto Eco (1932-2016), e molti altri, non si sarebbero spesi tanto per individuare e insegnare le formule dell’eloquenza, dell’oratoria,¹ del linguaggio persuasivo, della retorica, della forma e del significato...
Grazie a loro, e grazie a tutti i grandi scrittori della storia della letteratura, sappiamo di avere a nostra disposizione tecniche precise ed efficaci per costruire e affinare lo stile. Questo manuale se ne occupa, cercando di orientare gli argomenti in modo funzionale alle esigenze degli autori, sia aspiranti che esperti.
Lavorare sullo stile è una sfida per qualunque scrittore, e richiede determinazione, volontà, passione, talento; è un percorso spesso accidentato e aspro, ma vale la pena percorrerlo, soprattutto se il mestiere di scrivere è il nostro orizzonte, e la passione per le parole risuona nella nostra vita.
NOTA DELL’EDITORE
Quello che avete tra le mani, chiaramente, non è un libro come un altro. Se avete scelto di prenderlo, e di seguirlo, anche voi pensate che la vostra scrittura possa e debba evolvere di pari passo alla vostra crescita personale. Io sono particolarmente orgoglioso di pubblicare questo testo, perché non ci sono molti titoli simili in commercio in Italia; e se avete in mano questo libro, probabilmente ve ne siete accorti. Non sempre si riscontra nel mondo editoriale italiano un’ottica attenta alla qualità, ahimè. Ma qui, con Vania Russo, avrete l’occasione di gustare un’elevata sensibilità di approccio allo studio della narrativa, sia quella della letteratura che la vostra. Sì, perché attraverso la parte teorica avrete modo di comprendere i meccanismi sottili che fanno di un buon libro una storia memorabile, e di un solido intreccio un’avventura grandiosa. Ma è attraverso gli esercizi proposti che potrete affinare nella pratica la vostra narrativa, e far maturare ancora di più il vostro stile. L’attenzione si sposterà dal mondo diegetico a quello della cura del dettaglio, perché il quadro generale, già organizzato, possa far fiorire il senso del vostro messaggio, quello contenuto nelle vostre storie, veicolandolo attraverso un linguaggio e uno stile – appunto – più efficaci ed evocativi per il lettore. Potrete così arricchire il vostro metodo di scrittura e avvantaggiarne la tecnica, rendendovi scrittori ancora più incisivi ed emozionanti per chi vi leggerà.
Questo è un libro avanzato, adatto a scrittori che hanno già assaggiato le tecniche professionali della narrativa, e desiderano comprendere lo stile altrui, per sviluppare il proprio. In questa prospettiva, ciò che leggerete e imparerete nei successivi capitoli vi lascerà con un ottimo senso di appagamento.
Andrea Tralli – Panda Edizioni
INTRODUZIONE
Per parlare di stile bisogna prima di tutto rintracciare una definizione. Nel senso redazionale con stile si intende «l’insieme degli accorgimenti che caratterizzano un testo redatto in modo professionale»², pensiamo ad esempio a tabelle, corpo del carattere, uso della d
eufonica, ma questo esclude il cosiddetto bello scrivere
, quella particolare maestria nell’uso delle parole, della punteggiatura generante significato, della flessuosità dei periodi, di un buon livello retorico, che dovrebbe emergere da un testo inventivo di tipo narrativo.
Il campo è vasto, frastagliato, spesso iper individualizzato, imprigionato da dogmi artistici e svuotato di tutte quelle componenti tecniche e di quelle indicazioni normative utili a supportare una cura stilistica del testo che non sia solo arbitraria. I Grandi della letteratura hanno sempre cercato di rendere unico il loro modo di raccontare; pensare che l’originalità della trama o il fascino del personaggio possano bastare, però, è un giudizio parziale.
Il primo approccio sistematico come tentativo di definire e isolare il concetto stile è nel Libro III della Retorica, dove Aristotele commisura la léxis, cioè lo stile di un testo scritto, con la hypókrisis, ovvero il modo in cui l’argomento viene inscenato in un discorso orale. Il principio espresso dal filosofo greco parte dal presupposto che «le orazioni e i poemi orali vengono, infatti, apprezzati e premiati dal pubblico soprattutto per merito della hypókrisis, gli espedienti peculiari con cui l’oratore, o il performer, sa adempierli e declamarli. Allo stesso modo i testi scritti risultano più o meno efficaci e ottengono successo presso il proprio pubblico di lettori grazie soprattutto alla léxis, al proprio stile».³ In particolare, Aristotele afferma che:
«Quando lo stile viene preso in considerazione, ottiene lo stesso effetto della recitazione [...] L’abilità nella recitazione è un dono di natura che non dipende da una tecnica, mentre quello che riguarda lo stile è un prodotto della tecnica. Di conseguenza, coloro che risultano abili sotto questo aspetto ottengono i premi, proprio come gli oratori che sono abili nella recitazione. I discorsi scritti devono infatti la loro efficacia più allo stile che al pensiero».⁴
Nella Poetica⁵, invece, il filosofo di Stagira suggerisce che ogni artista – e noi includiamo i bravi scrittori – si avvale di forma e colore, di voce, di opportuno linguaggio, di armonia tra le parti, di fine retorica, di ritmo autentico del solista, quanto della pluralità di voci. L’artista vero, perciò, conosce le regole e i principi dell’arte che intende «ben confezionare».
Possiamo dedurne che quando parliamo di stile guardiamo alla maestria, intesa come tensione artistica verso una rappresentazione narrativa che tenga conto sia della forma che dei contenuti; che equilibri con sapienza la bellezza e la scorrevolezza; che amministri ogni aspetto del romanzo secondo una spiccata personalità emanante dalle scelte lessicali, dalla cesura delle frasi, dalla preferenza data a un tono piuttosto che a un altro, sapendo che di questa personalità autoriale il lettore dovrà trovare traccia perfino nella insospettabile virgola, piccola parte dell’insieme narrativo, ma che contribuisce al buon funzionamento del tutto.
Questo manuale è stato progettato come guida per approfondire la questione dello stile, ma anche come strumento utile a individuare i punti forti della propria scrittura, per avvalorarli lavorando sul piano delle scelte sempre più cognite. Magari non è un percorso vicino all’idea romantica dello scrittore che vive di ispirazione, ma senza dubbio è molto più realistico e non esclude in alcun modo che si possa essere artisti ispirati.
STRUTTURA DELL’OPERA
Il libro non annovera tutto quanto sia stato scritto e detto sullo stile, ma cerca di dare un quadro quanto più possibile ampio della questione. È strutturato in sei capitoli e ciascun capitolo integra la parte teorica con gli esempi tratti dai Grandi della letteratura, gli esercizi per mettere subito in pratica quanto appreso, il rimando alle esperienze concrete e alle elaborazioni emerse dal lavoro in aula svolto durante i laboratori di scrittura creativa, in modo da garantire una sorta di confronto continuo con altri autori.
Il primo capitolo è dedicato al concetto di stile, anche con dati tratti dalla storia della narratologia e dall’analisi critica dei testi. Il secondo capitolo è incentrato sull’uso della punteggiatura, intesa come marchio di stile, mentre con il terzo si affrontano le profondità del livello retorico. Il quarto capitolo è dedicato al valore stilistico del punto di vista e del narratore e il quinto all’utilizzo della parola adatta e di quanto questo influisca sullo stile. Il sesto capitolo ha come argomento la revisione del testo, pensata in termini di esaltazione dello stile cercato durante le prime stesure, e alla questione dell’originalità, rimarcando la differenza tra plagio, imitazione e influenza letteraria. Ogni capitolo è corredato da un’appendice con esercizi specifici.
CAPITOLO 1 - CERCATORI DI STILE
1.1 DI COSA PARLIAMO QUANDO PARLIAMO DI STILE
«La nostra tattica fondamentale di autoprotezione, di autocontrollo e di autodefinizione non è quella di tessere ragnatele o costruire dighe, ma quella di raccontare storie, e più in particolare di architettare e controllare la storia che raccontiamo agli altri – e a noi stessi – su chi siamo»,⁶scrive lo scienziato cognitivo Daniel Dennet (classe 1949).
Per dirla in altre parole, se la comunicazione è sempre finzionale – ed è stata prerogativa ed esigenza dell’uomo il poter interagire con il mondo esterno, e con se stesso, individuando delle chiavi di lettura degli eventi, o semplicemente il trasmetterli – è pur vero che ogni narrazione può seguire schemi variabili, più o meno complessi, più o meno manipolati, più o meno realistici, con più o meno parole e via dicendo. Questo dipende dall’autore, che, oltre ai contenuti, designa forma, tono, colore, angolazione.
Ogni scrittore costruisce una storia, architettando una trama e amministrandone gli eventi attraverso l’interpolazione con i personaggi (protagonisti e non); in questo modo fa quello che ogni storia primariamente è chiamata a fare: trasferisce informazioni ordinandole secondo le esigenze narrative e orientandole in base alle proprie idee e alla propria esperienza di autore nella gestione di un disegno narrativo coerente, coeso e organizzato. Il critico Luigi Russo (1892-1961) afferma che «il segno della poesia grande e profondamente unitaria» lo si ha quando «le immagini le più lontane e diverse e i personaggi più dissimili, nascono con lo stesso suggello, come se fossero un’immagine ed un protagonista solo», cioè quando sussiste una sorta di perpetua e feconda unità di fondo tra tutti gli elementi che compongono la storia (e fra questi e lo scrittore), cosicché tutti diventano alla fine «pretesti» attraverso i quali l’autore persegue i motivi che lievitano nell’opera.⁷
Coerenza, coesione, organizzazione, progettazione, scelta, costruzione, comunicazione, personalità e temi sono tutti elementi che rientrano a pieno titolo nello stile di uno scrittore, soprattutto perché ognuno soggetto al messaggio di cui si fa latore con la mediazione del narratore. Nella sua definizione di narrativa, Dennet accenna al «controllare la storia», e la padronanza dello stile è precisamente questa profonda capacità di controllo, che l’autore può far emergere attraverso tratti più o meno evidenti e distintivi.
Alle spalle della narrazione, come trasferimento di informazioni, c’è «l’autocostruzione narrativa», un’operazione inconsapevole che lavora a livello sub-personale, permettendoci di proiettare in ciò che scriviamo desideri, paure, emancipazioni più o meno consce del nostro io profondo; lo stile lavora anche a questo livello parzialmente precluso alla vigilanza diretta, esondando nei testi in forma di descrizioni che si incentrano, per esempio, su particolari colori o su parole ricorsive⁸. Ovvero gli autori fanno esperienza della loro storia anche mentre la scrivono e lo stile inconscio è il modo in cui ogni scrittore reagisce davanti al disvelamento che ne deriva. Sempre per il Russo questo appello all’inconscio è così egemone da arrivare ad affermare, riferendosi in particolar modo all’opera di Alessandro Manzoni (1785-1873), che «in un’opera d’arte e di poesia non esistono personaggi, ma stati d’animo lirici o oratori dello scrittore; non ci sono protagonisti, ma protagonista vera e unica è la fantasia del poeta e dell’artista».⁹
LABORATORIO DI SCRITTURA
Proviamo a stendere un brano in scrittura libera, senza porci alcun obiettivo predominante, se non un limite di lunghezza di massimo due pagine (circa 4.000 battute spazi inclusi). Nella rilettura cerchiamo di individuare tutti gli elementi ricorrenti: parole, lunghezza e struttura delle frasi, componenti descrittivi, elementi grammaticali (come ad esempio i possessivi o i relativi); e prendiamone nota.
Uno stile maturo lega con saggezza l’istinto e la tecnica, il conscio e l’inconscio con lo scopo di ottenere «la forma più adatta a contenere un dato messaggio» o, diremmo, la narrazione.
Lavorando sul proprio stile, un autore non può prescindere dal considerare il costante dialogo tra memoria e immaginazione. Le scelte stilistiche sono soggette alla cultura in cui viviamo, sia nel caso in cui scegliamo di abbracciarne i canoni sia nel caso in cui decidiamo di allontanarcene: ognuno è immerso nel dibattito artistico del proprio tempo o, più semplicemente, ciascuno si nutre dello stile degli altri autori che legge, ma anche di quello espresso più genericamente dai media – social compresi. È una forma di memoria che qualunque autore porta dentro e che alimenta il bagaglio cui ricorre per rievocare degli universali poetici (trame, temi, simboli, miti), domande cui far corrispondere un repertorio già dato di risposte che in qualche modo rassicurano i lettori, e gli stessi autori. Lo stile, quindi, si forma anche intorno a delle convenzioni narrative – individuali o universali – secondo un meccanismo di naturale appropriazione del passato, di personalizzazione e di narrazione.
Riprendendo quanto afferma l’archeologo Steven Mithen, possiamo con lui affermare che la memoria è ciò che evita che la pura immaginazione produca storie incomprensibili facendo
vivere gli uomini in mondi separati.¹⁰ In questa prospettiva di archeologia del sé, la scrittura diventa un rituale privato all’interno di un rituale universale, nel quale lo stile individuale di ciascun autore si confronta costantemente con elementi universali e con i singoli apporti stilistici. Per il critico letterario americano Harold Bloom (1930-2019) la memoria confluisce nel canone letterario¹¹ intendendo con questo «tutto ciò che della letteratura passata noi contemporanei decidiamo di conservare, preservare, santificare»¹². Non esiste un solo canone, ma è sempre importante, per chi scrive narrativa, conoscerne almeno uno. Ebbene, al di là del canone letterario universale (e ufficiale) ciascuno di noi ha un proprio canone letterario, legato all’esperienza diretta di scrittura e lettura. Per questo è importante riconoscere che il proprio io-scrittore è quella personalità che si è nutrita – e si nutre – di modelli, maestri, punti di riferimento stilistici e artistici. E una volta individuato un canone, perdurare nella fedeltà allo stesso è già una bella dichiarazione di stile.
In questa ottica di continuità con il passato è possibile progredire verso evoluzioni stilistiche restando in stretta relazione con quello che il semiologo Guido Ferraro chiama il «già noto», specificando che «nuovo è spesso proprio lo sguardo attuale con cui ripercorriamo e ripensiamo» ciò che appartiene a un patrimonio già conosciuto.¹³ Il nuovo, quindi, non cancella ciò che lo precede, bensì lo ripropone valorizzandolo e arricchendolo in base a nuovi paradigmi e categorie. Tuttavia in ambito stilistico troppo spesso il nuovo si presenta sotto forma di semplificazione formale e personalizzazione artistica esasperata, una specie di sintesi nevrotica di valori comprensibili a tutti e di tratti individualissimi, fino, a volte, a generale l’indecrittabile.
Lavorare sullo stile vuol dire evitare l’arbitrarietà, non cedendo alla seduzione dell’immotivato: avere stile, nel senso di possederne pienamente l’arte di scrivere, vuol dire anche scegliere con consapevolezza, sapendo che siamo tutti in debito con chi ci ha preceduti e dobbiamo prenderci cura dell’eredità che lasceremo.
LABORATORIO DI LETTURA
Fritz Senn, classe 1928, individua nelle dislocution (dislocuzioni) una delle caratteristiche dello stile dello scrittore irlandese James Joyce (1882-1941). Esse consistono in traduzioni
della realtà in un linguaggio personale, del tutto individuale, secondo le risorse linguistiche di ciascuno, linguaggio che si compone dei mille linguaggi accumulati fin dai tempi dell’infanzia. Con il suo stile in cui le parole diventano ancore continue agli abissali segreti della coscienza, Joyce trasforma i semplici discorsi sentiti per strada, le filastrocche infantili, le citazioni di una cultura quotidiana in «manifestazioni spirituali in momenti intensi della memoria», ovvero le ben note epifanie. Il suo stile è, dunque, epifanico, fatto di continue rivelazioni, e tutto nella struttura del testo concorreva