Andrea cresce in paese
Di Lucio Rizzo
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Anteprima del libro
Andrea cresce in paese - Lucio Rizzo
ricordano."
1
Il gattino di Carmelo
Mi chiamo Andrea, ho sei anni. Mi piace andare a scuola perché mi piacciono le storie che leggo. Mi piace anche risolvere i problemi di matematica: finiti i conti guardo il risultato sul libro, scopro che è lo stesso e tiro un sospiro di sollievo. Mi piace risolvere i problemi. In futuro scoprirò che non è facile risolverli e che la matematica c’entra poco ma per adesso mi sembra davvero un bel momento trovarne la soluzione.
Oggi a scuola il maestro non mi ha lasciato molti compiti, anche perché ho seguito la lezione e quindi non sarà necessario leggere tutto. Basterà un ripasso, magari dopocena.
Sto andando a casa di un amico che abita vicino casa mia. Non lo conosco da molto tempo. Abbiamo fatto un giro nel quartiere insieme, sotto il sole, un pomeriggio di un mese fa. Ieri mi ha chiesto, mentre tornavo a casa, di andare a casa sua, che deve farmi vedere una cosa. Ho chiesto Cosa?
. Ma non ha voluto dirmelo.
Il mio amico si chiama Carmelo, parla solo in dialetto siciliano, e anche sua madre quando gli urla dal balcone parla solo il dialetto. Forse è stato abituato così.
Mi ha aperto il portone e mi ha fatto cenno col dito davanti al naso di parlare piano. Forse sua madre non deve sapere che siamo al piano terra.
Così entriamo nel garage. Mi guardo in giro un attimo. C’è tanto disordine, c’è anche un’auto talmente piena di polvere che a malapena si vede il colore della carrozzeria.
Ci sono anche delle botti, una perde vistosamente e c’è una macchia di vino impastata alla polvere sul pavimento.
A dire il vero c’è un odore molto forte in quel garage, si potrebbe chiamare puzzo.
Carmelo mi fa avvicinare ad un angolo del garage, sposta un paio di vecchie sedie senza seduta e solleva una vecchia e sporca coperta.
Talia chi c’è
. E vedo una cassetta della frutta con dentro due gattini. Sono piccolissimi ed hanno gli occhi chiusi con le croste.
Ma la mamma gatta dov’è?
Sta tranquillu, la ittavu fora antura. Nenti po’ fari
Ma io sono tranquillo, ho chiesto poiché mi sembrano troppo piccoli per stare soli in quel posto sporco e buio.
Ne prende in mano uno. E’ piccolo davvero, sta all’interno di una mano e nemmeno protesta per essere stato preso dalla sua culla
a forma di cassetta della frutta.
Ora ti fazzu vidiri ‘na cosa
.
Fermo il mio sguardo su quel gattino, mi chiedo cosa mi farà vedere. Carmelo lo posa sopra un piccolo tavolo e con le sue dita improvvisamente spezza una zampetta al gattino.
Rimango impietrito. Cosa fai?
Non faccio in tempo a dire queste due parole che il mio amico spezza anche l’altra zampina.
Poi mi sembra di vivere un delirio.
Il gattino urla
tutto il suo dolore, Carmelo ride, ride senza apparentemente comprendere quale gesto orrendo avesse fatto un attimo prima. Si apre la porta ed ecco sua madre.
Il tono della sua voce è alto, anzi, urla.
Ma chi sta cuminannu…talè? Chi facisti a stu gattu. Ci stuccasti li gammi!
E’ spettinata, malvestita, non sembra una mamma. E’ una strega ai miei occhi.
Si ti vidi to pà ti stocca li rini. Va iettalu. Subitu.
Guardo le sue labbra. Parla in un modo che davvero non sembra una mamma.
Poi si gira verso di me, mentre il gattino continua ad urlare tutto il suo dolore: tu vatinni intra
Esco da questa casa e non ho capito il perchè di quello che è accaduto. Perché quel terribile castigo a quel piccolo gattino? Perché sua madre gli ha urlato di andare a buttarlo nella spazzatura? Non è un oggetto quel gattino…
Torno a casa. Mi apre mia madre. Lei è molto diversa dalla mamma di Carmelo. Mi sorride quando apre la porta.
Dove sei stato Andrea?
Nei paesi a volte un bambino può uscire dal giardino di casa e non avvisare i genitori. I paesi sono sicuri. Non accade niente di brutto. Così sento dire a molta gente quando parla tra di loro davanti le porte. Sì. Perché in questo paese molte donne hanno l’abitudine di avere le porte di casa aperte, con la tenda davanti, e dunque guardano sempre da dietro la tenda. E questo è bello. Serve ad essere sicuri, niente di male può succedere. C’è sempre chi controlla!
Sono stato da Carmelo che mi doveva fare vedere una cosa
"Hai fatto i compiti?
No ma ora li vado a fare. Vado nella stanzetta
Non ho davvero voglia di dire a mamma quello che ho appena visto. Che poteva dirmi anche se lo raccontavo?
Nella mia stanzetta ci sono due letti. Ho un fratello: Salvo. Lui è più grande di me: ha sedici anni. Non ha voglia di studiare e così lavora nell’officina di mio zio. Vuole imparare a riparare le auto. Ed io sono contento. Così quando avrò diciotto anni, la patente e l’auto potrò farla controllare e riparare da lui.
La sera a volte gli faccio delle domande quando siamo a letto. Prima di recitare la preghiera della notte.
Salvo, ma tu guadagni tanti soldi con questo lavoro? Puoi comprarti la macchina quando fai diciotto anni?
Certo che guadagno, non sono tanti soldi, ma meglio che studiare e stare senza piccioli in tasca.
Ma te la puoi comprare la macchina a diciotto anni?
Nga certo. E secondo te perché lavoro dalla mattina alla sera? Mi devo comprare una macchina cabrio. Come quelle americane. Con un impianto stereo che deve fare tremare la terra dove passa!
E com’è una macchina
cabrio?"
E’ col tetto che si toglie quando non piove.
Ah, ho capito, l’ho vista in televisione una macchina così. Mi piace
Andrea ora zittiti che devo dormire. Io travagghiu domani
Buonanotte Salvo
Prima di addormentarmi faccio sempre una preghiera mia. Non me l’ha insegnata nessuno. Me la sono inventata io perché mi pare una buona preghiera.
Madonnina bella e buona proteggi il papà, la mamma, mio fratello Salvo, i miei nonni e tutti i miei amici. Proteggi pure chi fa del bene. Grazie Madonnina. Buonanotte.
Questa sera ho pregato per quel gattino senza futuro.
A volte quando smetto di pregare sento la coperta di Salvo che si muove come se si grattasse. Si muove velocemente. Mi chiedo perché si gratta così. Ma non lo chiedo a lui perché forse già dorme e domani lavora.
Però prima di addormentarmi sto pensando che non ci vado più a casa di Carmelo. Non è bravo. Non mi è piaciuto per niente quello che ha fatto al gattino. Io non lo farei mai. Io quel gattino lo avrei nutrito e curato. Non lo so perché fa così. Forse c’entra un poco sua madre. Con quel carattere lo ha fatto diventare così. A casa sua non ci torno mai più.
2
Incontri e giochi di paese
Io vivo in questo paese da poco tempo. Sono nato a Torino. Mio padre lavorava lì, in fabbrica. Costruiva macchine. E i miei primi cinque anni li ho vissuti lì. Ci sono palazzi enormi dove vivevo, e ci sono i porticati così quando piove nessuno si bagna. Servono pure quando nevica. Era bello camminare sotto