Bosco
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Anteprima del libro
Bosco - Alessandro Molinari
BOSCO
BOSCO
I
A sei anni, quando riuscivo ancora a far passare la lingua tra un dente e l’altro ridendo, guardavo la neve e per me era neve. Una magia, perché spiegarla? Adesso la guardo cadere e penso a quanto siano fastidiosi questi cristalli di acqua ghiacciata che mi faranno arrivare in ritardo a lavoro e presto diventeranno poltiglia marrone. Appoggio la tazza di tisana ancora mezza piena, perché quei chiodi di garofano non si adatteranno mai al mio palato e chiamo Bosco.
Lo Shiba che il mio ex ha voluto a tutti i costi arriva, fa un giro su se stesso, si mette seduto e poi mi sorride. Il veterinario ha detto che è un’espressione di imbarazzo, il cane non sta effettivamente mostrando i denti come facciamo quando vediamo un vecchio amico. Sta studiando le mie reazioni, perché forse ancora non si fida di questa nuova padrona, e come biasimarlo. Comunque, grazie al veterinario e ai costosi studi che ha condotto, non posso neanche permettermi di pensare che un grazioso cane sia felice di vedermi.
«Stamattina dovrò partire presto, quindi vedi di pisciare in fretta.» Prendo il guinzaglio da sopra l’asse da stiro e glielo attacco.
Fuori sembra che la neve (i cristalli di acqua, dal greco cristalium-acquaticum , anche conosciuti come polpette di pioggia) sia decisa a seppellire casa mia, quella della signora Manbaum e quella del mio Nuovo Biondo Amico. Bene così, il giretto dovrà essere ancora più rapido. Bosco si è già messo a saltellare e piantare il muso nel mantello bianco per poi tirarlo fuori e tenerne giusto una punta sul naso, come a dirmi, hai visto?
Bello lui.
Camminiamo lungo lo stradino che seguivo sempre da piccola e arriviamo al solito incrocio. Tenendo gli occhi fissi sugli stivaletti neri che il commesso mi ha fatto provare circa venti volte, vado verso destra, verso l’asfalto, cioè il giretto più corto e meno faticoso, quando mi sento tirare indietro dal guinzaglio.
Bosco è fermo in mezzo alla strada. Seduto, mi sorride.
«Andiamo dai.» Tiro un po’. Neanche una piega.
«Dai che non ho tempo.»
Vuole andare dall’altra parte, lungo il percorso sterrato che ora, grazie agli assolutamente-non-magici pelucchi di ghiaccio caduti dal cielo, è indistinguibile da canale e campo. Quello stradino che gira intorno al gruppo di case, sale per il Monte Combù e finisce nel bosco. A volte decide di andare di là e beh,