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Cosa Non Ha Detto Tafti
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E-book261 pagine5 ore

Cosa Non Ha Detto Tafti

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Info su questo ebook

Dopo gli incredibili successi dei primi libri sul Transurfing, bestseller che hanno venduto decine di migliaia di copie, qualche mese fa Vadim Zeland, scrittore ed esperto di fisica quantistica, è uscito con "Tafti la Sacerdotessa", ed ora esce con il nuovo attesissimo libro "Cosa non ha detto Tafti".
"Cosa non ha detto Tafti" è il libro che stavano aspettando tutti gli ammiratori di Vadim Zeland.
Dopo aver fatto conoscere a tutto il mondo il Transurfing, un modo nuovo di interpretare la realtà e di "governare" il proprio destino, le tecniche di Tafti si sono rivelate ancora più potenti e sono un'integrazione significativa e un livello nuovo e superiore.
Nel nuovo libro la sacerdotessa Tafti risponde alle numerose domande che sono nate dopo il precedente bestseller.
Questo libro è dedicato alle risposte alle numerose domande suscitate dal libro "Tafti la Sacerdotessa", già diventato un testo di culto.
Di culto, perché le tecniche di Tafti funzionano in modo così potente da sbalordire letteralmente i lettori.
 
LinguaItaliano
Data di uscita19 ago 2020
ISBN9788892720572
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    Anteprima del libro

    Cosa Non Ha Detto Tafti - Vadim Zeland

    Vadim Zeland

    Titolo originale: О чем не сказала Тафти, 2019

    © ОАО Издательская группа «Весь», 2019

    Traduzione dal russo in italiano a cura di Vera Giovanna Bani

    ©2020

    OM EDIZIONI

    Tutti i diritti letterari ed artistici sono riservati.

    è vietata qualsiasi riproduzione, anche parziale, di quest’opera.

    Qualsiasi copia o riproduzione effettuata con qualsiasi procedimento (fotografia, microfilm, nastro magnetico, disco o altro) costituisce una contraffazione passibile delle pene previste dalla legge 11 marzo 1975 dei diritti d’Autore.

    Stampato in Italia nel mese di marzo 2020 presso

    Graphicolor snc, via Cesare Sisi 2 – 06012 – Cerbara (PG)

    OM EDIZIONI

    Via I Maggio, 3/E – 40057 Quarto Inferiore (BO) – Italy

    Tel (+39) 051 768377 – (+39) 051 767079

    info@omedizioni

    www.omedizioni.it

    ISBN

    978-88-32299-70-0

    ISBN

    e

    B

    ook 9788892720572

    Vadim Zeland

    Cosa non ha detto

    TAFTI

    logoOm.gif

    Nota della traduttrice

    I testi evidenziati in rosso e in generale la grafica del libro sono fedeli all’originale in lingua russa. Come già segnalato nella mia nota introduttiva a Tafti La Sacerdotessa, ripeto anche qui che, dal punto di vista della resa linguistica, una particolare attenzione ha richiesto la traduzione dei concetti di realtà (di vario tipo) e di movimento (muovere e muoversi), nella fattispecie:

    1. In merito al termine realtà l’autore si serve delle 3 possibilità che offre la lingua russa: действительность (dejstvitel’nost’ – la realtà effettiva, in azione, in corso), реальность (real’nost’ – vocabolo di origine latina con cui l’autore intende la realtà in senso globale, che comprende fenomeni visibili e invisibili) e явь (jav’ – la realtà delle cose che si vedono da svegli, ad occhi aperti, termine spesso usato in contrapposizione a la realtà del sogno. Molto frequente nei testi sul Transurfing è l’espressione derivata, сон наяву (son najavu) cioè sogno ad occhi aperti.).

    In italiano la scelta linguistica è risultata di molto ridotta, essendo a nostra disposizione solo il termine realtà, pertanto:

    lì dove l’autore intende realtà in senso globale (real’nost’), che comprende anche i concetti di spazio delle varianti, linee, pellicole, etc. abbiamo usato il termine realtà;

    lì dove l’autore usa la parola dejstvitel’nost’ abbiamo usato il termine realtà connotato dagli aggettivi materiale, effettiva;

    lì dove l’autore usa la parola jav’, ovveroin queicontesti dove segnala la contrapposizione tra la realtà vista ad occhi aperti e la realtà vista ad occhi chiusi, nel sonno,siamo ricorsi all’espressione realtà delle cose che accadono intorno a noi, analoga in sostanza a realtà materiale, effettiva.

    2. In merito al concetto, qui molto importante, di movimento, l’autore si serve di tre termini formati dallo stesso verbo двигать (muovere) ma distinti dalla presenza in ciascuno di essi del pronome personale declinato in modi diversi: двигатьсобой(dvigat’ soboj), двигатьсебя (dvigat’ sebja), двигаться (dvigat’sja) che in italiano si potrebbero tutti tradurre col verbo riflessivo muoversi o al limite muovere se stessi.

    Nel corso della sua esposizione e nella rassegna-glossario finale pubblicata in Tafti La Sacerdotessa l’autore spiega bene i concetti sottesi a ciascuno dei tre casi, tuttavia mi sono rivolta a lui per ulteriori chiarimenti, giacché in italiano comunque è difficile rendere pienamente la semantica dei pronomi personali russi che contraddistinguono il verbo muovere nei 3 casi diversi. L’autore mi ha risposto letteralmente:

    двигаться (dvigat’sja) – è usato nel senso generale di verbo di moto: camminare, andare, spostarsi.

    двигатьсобой(dvigat’ soboj) – è usato nel senso di muovere le braccia, le gambe, il corpo per vedere come ciò appare nel riflesso (in questo caso ho usato il termine muoversi – ndT)

    двигатьсебя (dvigat’ sebja) – è usato nel senso di progredire, perfezionare se stessi (in questo caso ho optato per muovere se stessi – ndT)

    In Tafti e nel presente libro si parla spesso di illuminare il fotogramma (nell’originale: подсветить- podsvetit’). Con ciò, ricordo, si intende dire visualizzare ed evidenziare con particolare attenzione e concentrazione l’immagine (fotogramma, diapositiva, scena, scorcio, quadro) della realtà che ci si vuole impostare e si vorrebbe vedere quanto prima incarnata nella realtà.

    Aggiungo ancora che i testi riportati in rosso e i feedback raccolti sotto la voce "I successi dei lettori" sono lettere scritte da persone di diverso background culturale e con diverse capacità espositive. Nella traduzione si è cercato di rimanere quanto più possibile fedeli all’originale, mantenendo anche certe incongruenze e imprecisioni nell’esposizione degli eventi.

    Concludo questi chiarimenti con una nota personale.

    La presente traduzione occupa un posto che non ha uguali nel mio cuore e nella mia vita perché ha accompagnato me, mentre io accompagnavo mia mamma, Nini Cigaia, nel suo ultimo viaggio su questa nostra terra, avvenuto in modo repentino per tutti noi familiari e amici.

    Nini era, lei sì e autenticamente, una voce fuori del coro, uno spirito libero e indomabile, unicamente fedele alla sua intuizione e a itinerari solo suoi, lontani da ogni ipocrisia e spesso contro corrente. Chi l’ha conosciuta sa che dico il vero. Il lavoro di traduzione non solo mi ha aiutata a distrarmi mentalmente e a tenermi sveglia e vigile in tutti i sensi nei momenti più bui dell’ inatteso percorso compiuto al suo fianco, ma ha contribuito molto a non farmi sbandare, sollecitandomi costantemente a ricercare il beneficio sotto gli strati delle spiacevoli circostanze che l’autunno del 2019 si ostinava a impormi e permettendomi di elaborare il triste evento nel modo migliore.

    Dedico questo lavoro alla mia amata mamma.

    Possa esso renderle omaggio e ricambiare simbolicamente l’inesauribile entusiasmo con cui lei ha sempre sostenuto i miei progetti, tutti fino all’ultimo.

    Ringrazio Vadim e l’editore per aver rispettato la mia volontà di onorare la sua memoria in questa pagina.

    Vera Giovanna Bani

    Treccina 1

    Non appena sorge la necessità di evidenziare, illuminare il fotogramma del futuro imminente, in testa mi compare un’immagine. Io poi la rafforzo ripetendo a parole il mio fine e consolidando il tutto con sensazioni piacevoli.

    Per prima cosa bisogna attivare la treccina e solo dopo disegnare sullo schermo l’immagine o descriverla mentalmente. Questo è l’ordine da seguire.

    Quanto è importante la questione della fede nel fotogramma che si intende illuminare? Non che io dubiti dei miei desideri, ma a volte, a seconda del mio umore, mi vengono in mente pensieri del genere.

    La fede arriverà in un secondo momento. All’inizio bisogna fare. Non a caso Tafti consiglia di praticare più spesso. In primo luogo bisogna esercitarsi ad attivare la treccina, e in secondo luogo occorre cambiare il programma, il proprio modello mentale. Quando lei avrà verificato ripetutamente che la treccina funziona, allora lei ci crederà.

    Mi dica, ci sono misure precauzionali o consigli utili da seguire quando si lavora con la treccina? Cosa si può e cosa non si può fare?

    Può trovare maggiori dettagli sulla treccina nel capitolo La treccina con i flussi. Quando si comincia a sentire la treccina e a lavorarci su, compaiono diverse sensazioni e ognuno prova le sue. Potrebbero esserci sensazioni temporanee di disagio che tuttavia scompaiono presto. Ma per il momento non sono stati segnalati fenomeni così terribili da indurre a parlare di misure cautelari e tecnica di sicurezza.

    Ha senso attivare la treccina durante la preghiera? O il potere della preghiera non necessita di essere rafforzato con l’aiuto della treccina?

    Non sta a me giudicare una situazione del genere, non sono un uomo di Chiesa. Ma credo che se lei si rivolge a Dio, Egli la sentirà comunque, mentre se lei si rivolge alla realtà, o più precisamente, intende cambiarla, la treccina le servirà, soprattutto per rafforzare significativamente la sua intenzione.

    Ho due problemi: non riesco a concentrarmi per molto tempo sull’immagine del mio fine e sulla treccia. Se esiste un algoritmo, lo scriva.

    Non c’è alcuna necessità di immaginare il proprio fine per molto tempo. La tecnica della treccina è pensata per brevi momenti di concentrazione sul fotogramma del fine. Per maggiori informazioni su come immaginarsi la treccina legga il capitolo La treccina con i flussi.

    Domanda: quando si evidenzia un fotogramma o un fine, bisogna illuminare solo un unico fotogramma oppure anche due o tre? Dopotutto, la vita è poliedrica, si vuole e questo, e quello, e una terza cosa e un’altra ancora …

    Se lei è già un esperto di gestione della treccina, può illuminare anche dieci fotogrammi in una stessa sessione di lavoro con la treccina. E se lei è in grado di concentrarsi su ognuno di questi fotogrammi mentre tiene il controllo della treccina. Tenga però ben presente che tutti questi fotogrammi non si devono contraddire tra di loro. È un aspetto da non sottovalutare. In linea generale nessun fotogramma deve entrare in contraddizione con gli altri.

    Comunque sarebbe meglio dedicare a ogni sessione di lavoro con la treccina un solo fotogramma. È più affidabile ed evita di creare confusione. Gli altri fotogrammi possono essere illuminati singolarmente durante il giorno. Si possono anche illuminare ripetutamente fotogrammi diversi singolarmente, l’importante è farlo sistematicamente.

    Ecco una domanda che forse spesso è stata ripetuta ma che io pongo lo stesso: non sento la treccia, non capisco come attivarla. Non la sento né fisicamente né energeticamente, però, quando provo a fare cose facili come sedermi in un determinato posto in autobus oppure ottenere qualcosa, ebbene, … tutto funziona. Funziona, anche se, ribadisco, non ricorro all’attivazione della treccina! O almeno io penso così … Non sono in tensione, non sforzo i muscoli, non faccio niente. Forse non bisogna attendersi una sensazione di calore o energia tra le scapole e basta semplicemente immaginare che la treccia sia lì ?! La tecnica comunque è fantastica, ma mi preme molto chiarire questi dettagli per capirla meglio!

    Se lei non sente la treccina significa che o lei non sente affatto la sua energia individuale, o la sua treccia è molto atrofizzata. Ciò che non viene utilizzato si atrofizza, come succede con i muscoli. Lei dovrà svilupparla mediante esercizi costanti. Lavori con le energie, come descritto nel capitolo La treccina con i flussi.

    Supponiamo che la sua treccina sia atrofizzata. Se anche così fosse, ciò non significa che essa non possa funzionare per le cose più semplici. Sarà sufficiente prestare attenzione al punto tra le scapole, anche se lei non sente nulla, ed illuminare il fotogramma. Sarà abbastanza. Nel libro La Sacerdotessa Itfat¹ persino la sacerdotessa stessa all’inizio non aveva alcuna percezione della treccina.

    Passerà del tempo, la sua treccia si svilupperà per bene e lei potrà manipolarla con la stessa facilità con cui muove la mano, e allora potrà creare eventi più complessi.

    Cosa fare se non si riesce ad avere una netta sensazione della treccia o della sua punta? In questo caso, è possibile visualizzare semplicemente la treccina (cercando comunque di coglierne la sensazione)? Sarà efficace in questo caso?

    Anche Matilda, personaggio del libro La Sacerdotessa Itfat, non riusciva a percepire distintamente la sua treccina. Percepiva una sorta di languore dietro la schiena, sensazione che può essere interpretata in modi diversi. Matilda non riusciva a sentire la sua treccina nel senso proprio di treccina sporgente dalla nuca e in grado di alzarsi al momento della sua attivazione. Però lei aveva un intermediario, il suo fiocco, che la costringeva a prestare attenzione alla zona delle spalle. E infatti, non appena prestava attenzione al fiocco (badate bene, al fiocco, non alla treccina) tutto le riusciva. E quindi riuscirà anche a lei.

    In ogni caso visualizzare la treccina e provare a cogliere la sensazione della sua presenza sicuramente ha senso e vale la pena di farlo. Essa si manifesterà in una forma o in un’altra e lei quindi sentirà e capirà di cosa si tratta.

    Disegni uno schema approssimativo della treccina, per far capire com’è e dove si trova.

    Lo schema della posizione della treccia non solo non le darà nulla, ma potrebbe anche finire per disturbarne la percezione, perché si tratta di una sensazione soggettiva che ognuno coglie in modo personale. Lei deve solo sentire che dietro alle scapole c’è qualcosa. Se la sensazione si ripete di volta in volta, allora è autentica. Quale sia la sensazione, non ha importanza. Le sensazioni che si possono provare in altre zone, come per esempio a livello del plesso solare, sono diverse. La treccina si colloca dietro le scapole. Se lei si rompe la testa nel pensare a dove si trovi esattamente e come sia, non otterrà nulla. Non si sforzi troppo. Provi a cogliere la sensazione di avere qualcosa dietro le scapole, quindi, senza lasciar andare questa sensazione, immagini di vedere di fronte a lei, sul suo schermo interno o nei suoi pensieri e nelle sue parole, il fotogramma desiderato. È una cosa semplice da fare: lei deve cominciare col cogliere la sensazione, poi deve focalizzarsi in essa per un minuto o anche meno, ancorare il fotogramma e quindi abbandonare la sensazione.

    "Immagini due scolari di prima classe, il №1 e il № 2. Il № 1 impara a risolvere problemi difficili da solo e per questo gli ci vuole più tempo. Il № 2 ha una bacchetta magica che lo aiuta a risolvere i problemi rapidamente, senza fare alcuno sforzo. Alla fine del ciclo scolastico, in undicesima classe2, il №1 ha esperienza, conoscenze, sa come risolvere tutti i problemi, sa fare molte cose. In quanto al № 2, se gli si toglie la bacchetta magica si scopre che è rimasto a livello di prima elementare. Vien fuori quindi che non c’è crescita e sviluppo. Letteralmente non si capisce a cosa si devono i successi. Disegno qui un quadro approssimativo della situazione, la mia non vuole essere una critica. Cos’è il metodo Tafti: una bacchetta magica? Un mezzo per evitare gli ostacoli?"

    Lei forse intende dire che uno scolaro che usa la treccina non possa imparare nulla? E addirittura sostenere esami senza preparazione? No, non è così. La treccina non è una bacchetta magica. Aiuta solo ad accedere al film dove agli esami ci saranno domande più facili o problemi che già si sono risolti in precedenza e si conoscono bene. In ogni caso non si può fare a meno di studiare. Così come un atleta non può fare a meno di allenarsi. Alle gare o agli esami spesso si creano situazioni poco piacevoli. Ebbene, la treccina aiuta a scavalcarle, e a passare in quel film dove queste situazioni sono invece favorevoli e tutto procede senza intoppi. I cosiddetti miracoli accadono nei casi più semplici. In situazioni più complesse bisognerà lavorare sodo, sia con la treccina che investendo sforzi fisici.

    Non riesco a far nulla con la treccina e sto già iniziando a dubitare che tutto ciò sia vero … Mi pare di fare tutto nel modo giusto, immagino di avere qualcosa di simile a una treccia che mi penzola dietro la schiena, a livello delle scapole, e con questa immagine sul mio schermo interno illumino l’immagine di ciò che desidero e la trattengo per circa un minuto. Nei casi in cui lo faccio, prima di eventi che si possono sviluppare in una direzione o in altra, con statistica 50/50, non succede nulla. Se immagino solo un evento che voglio realizzare, anche in questo caso non succede niente, nulla si è ancora realizzato nonostante io ripeta abbastanza spesso la tecnica. Cosa faccio di sbagliato? Non ho sensazioni particolari, fingo semplicemente che ci sia la treccia.

    Tutto dovrebbe funzionare. Se non funziona, ci sono tre cause. 1. La sua treccina è sviluppata molto poco e quindi è necessario che lei si eserciti più spesso. 2. Lei si sforza troppo.

    Gli sforzi sono necessari per sollevare un bilanciere ma se applica questo stesso zelo quando lavora con la treccia non otterrà risultati.

    Faccia ben attenzione: se lei si sforza troppo significa che lei è in tensione, lo sono i suoi muscoli e ciò vuol dire che in questo caso sta lavorando la sua intenzione interna. L’intenzione esterna, invece, non è sua, per questo si chiama così. L’intenzione esterna non richiede tensione ma il semplice movimento di un mignolo. Lei deve solo far finta di avere intenzione di fare qualcosa da solo. Ma di fatto non sarà lei a poter liberare un posto nel parcheggio pieno zeppo di macchine. Lo potrà fare invece l’intenzione esterna. E per far questo, avrà solo bisogno del suo mignolo: la treccina. La treccina è il trucchetto che lei ha in serbo per innescare l’intenzione esterna.

    Con l’intenzione interna lei agisce frontalmente. Mentre invece la treccina si trova dietro. Utilizzandola, lei crea l’illusione, per l’intenzione esterna, che non sia lei ad eseguire l’azione, ma l’azione si faccia da sola. L’intenzione esterna è quando le cose si fanno da sole, senza l’ intervento delle persone. La persona deve alludere solo a ciò che deve essere fatto. Per questo si dice che lei non c’entra niente. Invece lei, di sottobanco, deve lanciare all’intenzione esterna un’allusione, un suggerimento su ciò che deve venir fatto.

    E infine la terza causa di mancato funzionamento è il suo programma, il suo guscio di chiocciola, il suo modello mentale. Il modello mentale che lei non è in grado di impostare la realtà. Per combattere questo stereotipo si eserciti più spesso e, nel farlo, non presti particolare attenzione agli insuccessi mentre invece, quando arriverà la fortuna, provveda a fissarla e a sottolinearla con un marker-pensiero. E quando le giungeranno le conferme che la cosa ha funzionato, sarà proprio in questo momento che le servirà lavorare con zelo. Si assapori e si goda dunque il suo marker-pensiero con perseveranza, soddisfazione e piacere. Per tutto il resto, con la treccina o gli altri principi, sono richiesti invece leggerezza e disinvoltura.

    Non appena ho finito di leggere gli algoritmi di Tafti mi sono messo subito all’opera e per due giorni tutto ha funzionato alla meraviglia, sì, sì, sì!!! Ovviamente ero entusiasta, perché sono senza lavoro fisso e mi serviva trovare dei soldi. Proprio qui il lavoro con la treccina ha funzionato e per ben 2 giorni interi ho avuto fortuna nelle piccole cose e in generale. Poi però basta. È come se fosse stato tagliato un canale e ancora adesso non viene fuori nulla, anche se faccio tutto secondo le istruzioni, come previsto dagli algoritmi. Perché nei primi 2 giorni, subito dopo la lettura del libro, funzionava tutto e adesso invece niente? Mi occupo di trading in Borsa, lavoro sulle valute e, con l’aiuto della treccina e dell’intenzione ho provato a visualizzare un nuovo fotogramma dove il prezzo oscilla facendomi di conseguenza guadagnare sullo scambio (tutto ciò mentalmente, visivamente). Però gli effetti non si vedono, anzi, per qualche motivo succede proprio il contrario, il prezzo va dall’altra parte con conseguenti perdite da parte mia. Forse, nell’applicazione di questa tecnica ci sono delle limitazioni?

    La limitazione qui è solo una: il film deve essere il suo, così come suo deve essere il fotogramma in cui lei risulta la figura centrale che riscuote successo, mentre il resto dei personaggi figurano come comparse sullo sfondo. Se invece lei include nel suo fotogramma persone che si trovano su altri film, difficilmente riuscirà ad ottenere qualcosa. Lei non può influenzare le persone. (Beh, teoricamente potrebbe, ricorrendo, per esempio, alle tecniche della PNL e ad altri tipi di manipolazione, ma noi non di questo trattiamo.)

    E non può nemmeno influenzare lo scenario come oscillerà il prezzo.Nei giochi in Borsa la situazione è ancora più difficile. Lì lei non è solo, perché c’è un sacco di gente come lei che vuole ottenere profitti. E ogni persona lì ha il suo scenario: qualcuno diventa ricco, qualcuno fallisce. È troppo complesso passare al film che le serve se si trova ad operare in un contesto dove ci sono molte persone coinvolte. E non è tanto complesso per lei quanto per la realtà.

    Lei è rimasto impressionato da un certo marker-pensiero negativo. La treccina non dà un risultato del 100% (ma solo un alto grado di probabilità), soprattutto se, ripeto, nella situazione sono coinvolti gli interessi di molte persone. Tuttavia non bisogna concentrarsi sugli insuccessi. Al contrario, essi devono essere ignorati e considerati un effetto collaterale.

    Ecco cosa dovrebbe fare lei. Se il suo compito è quello di giocare in Borsa, imposti un fotogramma, il più semplice possibile. Ad esempio, non come quello che ha formulato lei: il prezzo oscilla in una direzione o in un’altra, ma il risultato finale: lei sta ottenendo profitti.

    La stessa cosa si può fare al casinò. Non si deve impostare e visualizzare il fotogramma in cui la pallina cade sul numero che lei ha scelto, ma il

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