Il fascino Illuminazione: La Visione Spirituale Di U.G. Krishnamurti
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Info su questo ebook
Non c’è potere al di fuori dell’uomo.
Tra l’incredulità e la comprensione.
Questo libro di facile lettura è una critica costruttiva della spiritualità contemporanea. Conosciuto in India e in Europa i suoi libri sono stati tradotti nelle principali lingue del mondo.
U.G. crebbe con l’idea di diventare Guru come il suo omonimo J. Krishnamurti.
U.G. arrivò a credere di essere in uno “stato naturale”, così lo chiama lui, dopo aver attraversato una serie di fenomeni drammatici e spirituali.
Krishnamurti descrive la sua vita in modo naturale per far capire al lettore l’importanza della ricerca spirituale.
Il mio insegnamento, se è questo il termine che vogliamo usare, non ha copyright. Siete liberi di riprodurlo, distribuirlo, interpretarlo, male interpretarlo, distorcerlo, alterarlo, farne ciò che vi piace, persino
dichiararlo vostro, senza il mio consenso o il permesso di chiunque.
– U.G. Krishnamurti
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Anteprima del libro
Il fascino Illuminazione - UG Khrishnamurti
comprensione
Traduzione di Giorgio Cerquetti
©2020
OM EDIZIONI
Tutti i diritti letterari ed artistici sono riservati.
è vietata qualsiasi riproduzione, anche parziale, di quest’opera.
Qualsiasi copia o riproduzione effettuata con qualsiasi procedimento (fotografia, microfilm, nastro magnetico, disco o altro) costituisce una contraffazione passibile delle pene previste dalla legge 11 marzo 1975 dei diritti d’Autore.
Stampato in Italia nel mese di febbraio 2020 presso
Graphicolor snc, via Cesare Sisi 2 – 06012 – Cerbara (PG)
OM EDIZIONI
Via I Maggio, 3/E – 40057 Quarto Inferiore (BO) – Italy
Tel (+39) 051 768377 – (+39) 051 767079
info@omedizioni
www.omedizioni.it
ISBN
978-88-32299-48-9
ISBN
e
B
ook 978-88-32299-XXX
U.G. Krishnamurti
IL FASCINO
DELL’ILLUMINAZIONE
La visione spirituale
di U.G. Krishnamurti
INTRODUZIONE
U.G. Krishnamurti è nato in India nel 1918 da genitori bramini ed ha ricevuto una educazione rigorosa nella classica letteratura induista. È stato cresciuto per indossare il mantello di guru, in maniera simile a JIDDU Krishnamurti (con il quale non ha nessuna parentela) poiché la sua famiglia credeva che egli si fosse avvicinato all’illuminazione in una vita precedente. Ha passato la sua giovinezza studiando con vari maestri spirituali, praticando tecniche come lo yoga, la meditazione ed esaminando con mente critica le pratiche ed i maestri che aveva incontrato.
Da giovane U.G. ha frequentato l’Università di Madras, soprattutto i corsi di psicologia, scienze e filosofia. Per tutta la sua vita ha sentito parlare dello stato di illuminazione ed era quindi determinato a scoprire con ogni mezzo possibile che cosa realmente fosse. Divenne un famoso conferenziere per la Società Teosofica, una associazione fondata dalla signora Blavatsky nel 1875, che introduceva la saggezza spirituale orientale in occidente. Il nonno di U.G. aveva forti legami con questo gruppo e i suoi fondatori e soci erano di frequente ospiti della loro casa durante la giovinezza di U.G.
U.G. si sposò a 25 anni ed ebbe quattro figli.
Alla fine degli anni ’40 incontrò Jiddu Krishnamurti, che era stato adottato all’età di 14 anni dalla Presidente della Società Teosofica, Annie Besant. Lei era convinta che il destino di Jiddu Krishnamurti fosse di diventare un Maestro di importanza mondiale, per cui lo fece educare per questo e fondò un’organizzazione per sostenere questa missione. Al tempo che i due Krishnamurti si incontrarono ognuno di loro aveva rifiutato il ruolo di guru per il quale erano stati cresciuti. Durante sette anni si incontrarono giornalmente, lottando per scoprire la natura della verità e separandosi poi senza aver risolto le loro differenze al riguardo.
U.G. continuò a tenere conferenze in tutto il mondo, ma nel 1961 cominciò a sentire che non aveva più il controllo sulla sua vita. Lasciò la sua famiglia e si trasferì a Londra senza mezzi e senza uno scopo preciso. Come lui racconta: Ero praticamente un vagabondo che viveva della carità di alcuni e che non sapeva nulla. Non c’era volontà. Non sapevo che cosa stessi facendo. Ero praticamente un pazzo.
Questo periodo senza speranza della sua vita durò sei anni, punteggiato da un interesse intenso per la domanda: Che cos’è questo stato?
Cercava ancora disperatamente di comprendere lo stato descritto da tutti i grandi maestri spirituali, Shankara, Buddha, Gesù. Alla fine cominciò a credere di essere in quello stato.
Infine, all’età di 49 anni, sulla panchina di un parco a Saanen in Svizzera, U.G. sperimentò quella che lui chiama la sua ‘calamità’. La domanda: Come so di essere in quello stato?
lo aveva tenuto occupato per molto tempo. Mentre sedeva e meditava su questa questione, realizzò che era una domanda che non aveva risposta. La domanda letteralmente scomparve e U.G. iniziò una trasformazione fisica che durò sette giorni e che, come lui dice, riguardò ogni cellula del suo corpo. Egli descrive come i suoi sensi diventassero estremamente acuti e come perdesse il senso della continuità di pensiero e del centrarsi. Allora il pensiero non può collegarsi… ogni volta che un pensiero si forma, esso esplode, quindi questa continuità si ferma e il pensiero sprofonda nel suo naturale ritmo.
U.G. chiama questo lo stato naturale dell’uomo. Egli non lo paragona all’illuminazione, che descrive come un’illusione creata dalla nostra cultura. Egli afferma con forza che l’uomo non può fare nulla per conseguire lo stato naturale: infatti, ogni movimento verso di esso ci separa da esso.
In un mondo in cui le tecniche spirituali, i maestri, i concetti e le organizzazioni sono legioni, U.G. è praticamente solo nel rigettare tutto questo. Io sono solo interessato a descrivere questo stato, nel togliere le occultazioni e le mistificazioni nelle quali questa gente degli ‘affari santi’ hanno avvolto l’intera questione. Forse posso convincervi a non perdere un sacco di tempo ed energia a cercare qualcosa che esiste solo nella vostra immaginazione… Lo stato naturale è non causale: semplicemente accade.
A causa della sua ‘calamità’ egli ha passato il suo tempo viaggiando per il mondo, stando presso amici o in appartamenti in affitto per un po’ di tempo per volta. Non ha più fatto conferenze pubbliche, ma ha incontrato persone che andavano a trovarlo. Il suo messaggio è semplice: non ha messaggi da dare. Tuttavia le sue parole possono ispirarvi a prendere coscienza delle vostre ipotesi e motivazioni e arrivare alle domande che sono unicamente vostre.
L’Editore
Capitolo 1
U.G.
Tratto dalle conversazioni in India e in Svizzera dal 1973 al 1976
La gente mi chiama uomo illuminato, ma io detesto questo termine anche se essi non riescono a trovare un’altra parola per descrivere come sono. Allo stesso tempo, io puntualizzo che non esiste affatto qualcosa come l’illuminazione. Lo dico perché tutta la mia vita ho cercato ed ho voluto essere un uomo illuminato ed ho scoperto che proprio non esiste qualcosa come l’illuminazione e quindi la domanda se un uomo è un illuminato o non lo è non sorge affatto. Non me ne importa niente del Buddha del sedicesimo secolo, senza parlare di tutti quelli che si dichiarano tali in mezzo a noi. C’è un gruppo di sfruttatori che prosperano sulla credulità della gente. Non c’è potere al di fuori dell’uomo. L’uomo ha creato Dio per paura, quindi il problema è la paura, non Dio.
Ho scoperto da solo e per me solo che non c’è un sé da realizzare. È la realizzazione ciò di cui parlo. Arriva come un colpo violento e ti colpisce come un fulmine. Tu hai investito tutto in un cestino, autorealizzazione, e, alla fine, all’improvviso scopri che non c’è nessun sé da scoprire, nessun sé da realizzare e allora ti chiedi: Che diavolo ho fatto in tutta la mia vita?!
Questo ti distrugge.
Mi sono accadute ogni genere di cose. Il dolore fisico era insopportabile. Per questo dico che non è quello che veramente volete. Vorrei poter farvi dare uno sguardo, assaggiare un po’ di questo, sono certo che poi non vorreste toccarlo affatto. Quello che perseguite non esiste, è un mito, non vorreste avere niente a che fare con tutto ciò.
UG: Non mi piace usare parole come illuminazione, libertà, moksha (affrancamento dalle rinascite) o liberazione. Tutte queste parole sono pesanti, hanno una loro propria connotazione. Questo non può essere sopportato attraverso un vostro sforzo. Accade e basta. E perché accade ad un individuo e non ad un altro io non lo so.
Intervistatore: A te è accaduto?
Mi è accaduto
Quando?
Avevo quarantanove anni. Ma qualunque cosa fai nella direzione di ciò che stai cercando – la ricerca della verità o della realtà – ti allontana dal tuo vero stato naturale nel quale tu già sei. Non è qualcosa che puoi acquisire, ottenere o compiere come risultato di un tuo sforzo. Questo è il motivo per cui io uso il termine non causale. Non c’è una causa ma in qualche modo la ricerca arriva alla fine.
Tu pensi che questo non è il risultato di una ricerca? Lo chiedo perché so che hai studiato filosofia e che eri vicino a gente religiosa.
Vedi, la ricerca ti allontana da te stesso. Va nella direzione opposta, non c’è assolutamente relazione.
A dispetto di ciò è accaduto, non a causa di ciò?
A dispetto di ciò, questa è la parola. Tutto ciò che fai rende impossibile per ciò che già c’è di esprimersi. Questo è il motivo per cui io lo chiamo ‘il tuo stato naturale’. Tu sei sempre in questo stato. Quello che impedisce a quello che c’è di esprimere se stesso in un certo senso a suo modo è la ricerca. La ricerca va sempre nella direzione sbagliata per cui tutto ciò che consideri profondo, tutto ciò che consideri sacro, è una contaminazione di questa consapevolezza. Può non piacere la parola contaminazione, ma tutto ciò che consideri sacro, santo e profondo è contaminazione.
Quindi non c’è nulla che tu possa fare. Non è nelle tue mani. Non mi piace usare la parola grazia, perché se usi la parola grazia, la grazia di chi? Non sei un individuo speciale, però te lo meriti. Non so il perché. Se lo sapessi potrei aiutare qualcuno. Non è qualcosa che posso darti perché lo hai già. Perché dovrei dartelo? È ridicolo chiede qualcosa che uno già ha.
Ma io non lo sento e tu sì.
No, non è una questione di sentirlo o di conoscerlo. Non lo saprai mai. Non hai modo di conoscerlo da te stesso: deve cominciare ad esprimersi. Vedi, non so come spiegartelo. Mai il pensiero di essere diverso da qualche altro è arrivato alla mia consapevolezza.
È iniziato dal principio, da quando hai cominciato a sentirti consapevole di te stesso?
No, non posso dirlo. Cercavo qualcosa, come ogni altro individuo cresciuto in una atmosfera religiosa, alla ricerca di qualcosa, seguendo qualcosa. Quindi rispondere a questa domanda non è facile perché dovrei addentrarmi dentro il mio background completamente. Avviene, non so come. (ride).
Proprio per curiosità, come Nachiketa, sono molto interessato a sapere come queste cose sono accadute a te personalmente, per quanto tu ne possa essere consapevole.
Vedi, è una lunga storia e non così semplice.
Ci piacerebbe conoscerla.
No, vedi. Dovrei raccontarti la mia intera vita e mi ci vorrebbe tanto tempo. La mia vita è arrivata ad un punto e poi si è fermata. Non c’è più biografia dopo di questo.
I due biografi che sono interessati a scrivere la mia biografia hanno due approcci differenti. Uno dice che quello che ho fatto, il sadhana (esercizi spirituali), l’educazione, il mio intero background, mi hanno portato a questo punto. Io dico che è a dispetto di questo (ride). L’altro non è molto interessato alla mia affermazione ‘a dispetto di ciò’ perché non c’è abbastanza materiale perché lui possa scrivere un grosso volume (risata). Loro sono più interessati a questo aspetto, come gli editori. Questo è naturale perché tu operi in un campo in cui agiscono sempre le relazioni di causa ed effetto. Questo è il motivo per cui siete interessati a trovare la causa, come questo tipo di cosa accade. Quindi siamo di nuovo al punto da cui siamo partiti, al numero uno. Siamo ancora concentrati sul ‘come’.
Il mio background è ininfluente e non può essere di modello per nessuno, perché il tuo è unico. Ogni evento della tua vita è qualcosa di unico nel suo specifico modo. Le tue condizioni, il tuo ambiente, ogni cosa è diversa. Ogni evento della tua vita è diverso.
Non sto cercando un modello da dare al resto del mondo. Non chiedo questo. Noi vediamo una stella, il sole, la luna. È questo, non il volerti imitare. Può essere rilevante, chi lo sa? Per questo dico che sono qui come Nichiketa. Non voglio andarmene senza conoscere da te la verità.
Hai bisogno di Yama Dharmaraja per rispondere alle tue domande.
Se non ti dispiace, tu sei Yama Dharmaraja.
Non mi dispiace. Aiutami, non so come fare, non so da dove iniziare. So dove finire, debbo raccontarti tutta la storia della mia vita.
Non abbiamo problemi ad ascoltarti.
Non arriva.
Hai bisogno di ispirazione.
Non sono ispirato e sono l’ultima persona che può ispirare qualcuno. Per soddisfare la tua curiosità, debbo raccontarti il lato più scadente della mia vita.
(È nato il 9 Luglio 1918 nel sud dell’India da una famiglia della classe alta bramina di cognome Uppaluri. Fu chiamato Uppaluri Gopala Krishnamurti. La madre morì subito dopo la sua nascita e fu cresciuto dai nonni materni nella piccola città di Gudivada vicino Masulipatam.)
Sono cresciuto in una atmosfera molto religiosa. Mio nonno era un uomo molto colto, conosceva la Blavatsky (la fondatrice della Theosophical Society) e Olcott e poi la seconda e terza generazione dei Teosofi. Frequentavano tutti la nostra casa. Mio nonno era un grande avvocato, molto ricco, molto colto e, stranamente, molto ortodosso. Era una specie di ragazzo che mescolava due direzioni, ortodossia e tradizione, da una parte, e l’opposto dall’altra, teosofia e tutto il resto. Non riuscì a perseguire un giusto compromesso e questo fu l’inizio dei miei problemi.
(Raccontavano spesso a UG che sua made, prima di morire, aveva detto che ‘era nato per un destino incommensurabilmente alto’. Il nonno prese molto sul serio questa profezia e abbandonò la professione di avvocato per dedicarsi alla crescita ed educazione del nipote. I suoi nonni ed i loro amici erano convinti che egli fosse uno yoga bhrashta, uno che era arrivato ad un centimetro dall’illuminazione nella sua vita precedente.)
Mio padre aveva imparato dai suoi impiegati e per qualche ragione, che non voglio approfondire, a creare per me un’atmosfera speciale ed educarmi nel giusto modo ispirato dai teosofi e tutto il resto. Così, tutte le mattine queste persone venivano e leggevano le Upanishad, Panchadasi, Naishkarmya Siddhi, e commentari e commentari sui commentari su queste letture, dalle quattro alle sei e questo ragazzino di cinque, sei o sette anni doveva ascoltare tutta questa robaccia. Tanto che per quando raggiunsi i sette anni potevo ripetere gran parte di queste cose, passaggi da Panchadasi, Naishkarmya Siddhi e questo e quello e altro. Un sacco di santi uomini vennero a casa mia dell’ordine di Ramakrhisna e altri. Nominane qualcuno e sicuramente uno di loro era venuto a vedermi. Era una casa aperta per tutti i santi uomini. Quindi una cosa che scoprii quando ero veramente piccolo fu che essi erano tutti ipocriti. Dicevano qualcosa, credevano in qualcosa e le loro vite erano superficiali, erano il nulla. Questo è stato l’inizio della mia ricerca. Mio nonno meditava, adesso è morto e non voglio dire nulla di brutto su di lui. Di solito meditava una o due ore nella stanza della meditazione. Un giorno un bimbo, di un anno e mezzo o due, iniziò a piangere per qualche motivo, lui uscì dalla stanza e cominciò a picchiarlo da farlo diventare blu; e questo era l’uomo che meditava due ore tutti i giorni. Io pensai: Guarda! Guarda cosa ha fatto?
Questo fu una sorta di (non voglio usare un termine di psicologia, ma non c’è altro modo) esperienza traumatica. Pensavo ‘ci deve essere qualcosa di buffo in questa storia della meditazione. Le loro vite erano superficiali, vuote. Parlavano benissimo, esprimevano concetti in modo bellissimo, ma e le loro vite? C’era questa nevrotica paura in loro, quello che affermavano non corrispondeva al loro modo di vivere. Che cosa c’era di sbagliato?’ Non è che volessi giudicarli.
Le cose continuarono ad andare avanti così e così ci rimasi coinvolto.
C’è qualcosa in quello che professano, in Buddha, in Gesù, i grandi maestri? Tutti parlano di Moksha, liberazione, libertà, che vuol dire? Debbo scoprirlo da solo. È tutta gente senza significato, tuttavia ci deve essere qualcuno in questo mondo che è l’incarnazione e l’apostolo di tutte queste cose. Se ce n’è uno, lo debbo trovare da solo
Poi accaddero tante cose. C’era un uomo allora chiamato Shivananada Saraswati che era un insegnante dell’induismo. Tra i quattordici e i ventuno anni (chiaramente cerco di saltare gli eventi non rilevanti) andavo da lui molto spesso e facevo di tutto, tutti i sacrifici. Ero giovane ma anche determinato a scoprire se c’era qualcosa come il moksha e volevo il moksha per me stesso. Volevo provare a me stesso e a tutti che non ci poteva essere alcuna ipocrisia in quella gente e così praticavo lo yoga, la meditazione e studiavo di tutto. Ho provato ogni tipo di esperienza di cui parlavano i libri: samadhi, supersamadhi, nirvikalpa samadhi, tutto. Alla fine dissi a me stesso: Tu puoi creare tutte le esperienze che vuoi, benessere, beatitudine, estasi, perderti nel nulla, tutte queste esperienze, ma non è quello di cui sono in cerca, perché io sono la stessa persona che fa queste cose meccanicamente. Per me la meditazione non ha alcun valore e non mi porta da nessuna parte.
Poi, vedi, per me, giovane uomo, il sesso diventò un grande problema. È una cosa naturale, biologica, una pulsione del corpo umano. Perché queste persone vogliono negare il sesso e sopprimere una cosa tanto naturale, qualcosa che è parte del tutto, per ottenere qualcos’altro? Questo per me è più importante, più importante del moksha, della liberazione e tutto il resto. Questa è la realtà. Io penso agli dei e alle dee e faccio sogni erotici. Perché debbo sentirmi colpevole? È qualcosa di naturale su cui io non ho controllo. La meditazione non mi ha aiutato, lo studio non mi ha aiutato, le mie discipline non mi hanno aiutato. Non tocco il sale, né il peperoncino o le spezie. Poi un giorno ho incontrato questo Sivananada che mangiava mango sottaceto dietro una porta chiusa. Ecco un uomo che si è negato ogni cosa nella speranza di ottenere ciò che cercava, ma in realtà non è in grado di controllare se stesso. È un ipocrita. Non voglio parlar male di lui ma