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Il Mistico: un “luogo” interiore. Riflessioni sull’esperienza mistica secondo Edith Stein
Il Mistico: un “luogo” interiore. Riflessioni sull’esperienza mistica secondo Edith Stein
Il Mistico: un “luogo” interiore. Riflessioni sull’esperienza mistica secondo Edith Stein
E-book178 pagine2 ore

Il Mistico: un “luogo” interiore. Riflessioni sull’esperienza mistica secondo Edith Stein

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Info su questo ebook

La questione sul vivere e morire mostra ancora la sua attualità, mentre le discipline che si occupano di mente e cervello annaspano in una palude nella quale affondano, senza sollievo e soluzione definitiva, pazienti impotenti e consapevoli solo del proprio dolore.Evidentemente qualcosa sfugge, qualcosa che ha a che fare con ciò che nel profondo dell'essere umano muove la sua relazione con la vita e con la morte e dà senso alle sue scelte.L'indagine di Edith Stein, fenomenologa cresciuta alla scuola di Husserl, ha cercato questo "qualcosa" e lo ha trovato nell'incontro con l'esperienza di Teresa di Gesù e di Giovanni della Croce: vi è un luogo interiore, un'interiorità in ogni uomo, quella che nelle mie fiction chiamo il Segreto Dentro, nella quale soltanto accade un sapere del vivere e morire.Il Mistico è il nome-segnale che ci indica l'esistenza di questo luogo, la possibilità di raggiungerlo e trovare la fonte da cui possiamo essere continuamente rigenerati.ri
LinguaItaliano
Data di uscita24 gen 2024
ISBN9791222713380
Il Mistico: un “luogo” interiore. Riflessioni sull’esperienza mistica secondo Edith Stein

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    Il Mistico - Loredana Amalia Ceccon

    1. LA FILOSOFIA DELLA PERSONA UMANA

    1.1 Comprendere il mondo

    Tra le numerose opere di Edith Stein ve n'è una che l'accompagnò praticamente per tutta la vita e che rimase sempre allo stadio di manoscritto: Introduzione alla filosofia, pubblicato in Italia per la prima volta nel 1998³.

    Iniziato subito dopo la dissertazione di laurea del 1917, Zum Problem der Einfühlung⁴, questo studio ebbe un lungo periodo di elaborazione, dal 1919 al 1931 circa, e fu utilizzato dalla Stein come fondamento per molti lavori successivi: lo considerava così importante che nella fuga in Olanda del 31 dicembre 1938 lo portò con sé e lo custodì nella sua cella del Carmelo di Echt. Nell'Introduzione, con la chiarezza metodologica che contraddistingue tutto il suo percorso di pensiero, la Stein tratteggia il compito della filosofia distinguendo due generi di riflessione filosofica, la critica della ragione e l’ontologia, discutendo il loro rapporto con il sapere scientifico.

    La conclusione a cui perviene è che le singole discipline filosofiche hanno la necessità di integrarsi vicendevolmente per giungere all'unità della filosofia, così da poter cercare la risposta al problema della filosofia, al fine per il quale tutte le ricerche filosofiche particolari lavorano e per il cui raggiungimento cooperano: comprendere il mondo⁵, cioè intendere appieno il senso e il modo di ciò che siamo e di ciò che ci circonda.

    La Stein ha perseguito questo obiettivo senza cedimenti: ha infatti riportato all’interno del dibattito filosofico la ricerca sulla persona umana considerata come un insieme armonioso di corpo anima e spirito, mettendosi a confronto sia con la tradizione che l’ha preceduta sia con l’elaborazione a lei contemporanea.

    I termini filosofia della persona umana compaiono nell'ultimo suo lavoro, apparentemente inconcluso, Scientia Crucis⁶, dove, attraverso la mediazione dell’opera di Giovanni della Croce, l’autrice tratteggia l’ultima parte del cammino di conoscenza del mondo da lei compiuto: la presa d’atto di un fenomeno la cui esistenza è indubitabile perché se ne ha testimonianza: l’essere umano può avere una relazione personale col mistero chiamato Dio attraverso l’incarnazione di Cristo.

    Questo fatto, punto di generazione della sua conversione, è anche il punto di approdo della sua ricerca filosofica: la persona umana è costituzionalmente aperta verso l'altro/Altro, che si presenta come simile, conoscibile attraverso l’empatia, come comunità che fonda la società e lo stato, come mistero che continuamente mi assilla e mi provoca con le domande: Da dove vieni e dove vai? e mi si propone esso stesso come risposta adeguata.

    Comprendere il mondo vuol dire analizzare in modo accurato questi territori in cui l’io si muove ed esiste: il soggetto, l’oggetto come alterità trascendente, la domanda sul senso della totalità che chiamo mondo e nella quale sono immerso come soggetto.

    Ma l’analisi non può svolgersi in modo lineare: prima questo e poi quello, poiché ciò che sembra ultimo perché più lontano, apparentemente meno necessario per la mia esistenza, la domanda sul senso, nel momento in cui non riceve risposta o ne riceve una insoddisfacente, mi chiede di ricomporre in altra forma la mappa, il disegno che avevo pazientemente formato fino a quel momento.

    È come se il mio vivere e/o morire dipendesse dalla mia capacità di comporre il mio ritratto e di rappresentare in modo vero ciò che mi circonda: ho in mano già tutte le parti, ma mescolate insieme in modo informe. Piano piano avvicino le tessere come se fossero un mosaico e posso vedere una forma comporsi; la domanda sul senso però aleggia sopra il mio lavoro come un vento sempre più agitato e quando mi sembra di avere ben ordinato tutti gli elementi ecco che questo vento butta tutto all'aria e devo raccogliere nuovamente in un mucchio tutti i pezzi. Mi tocca ricominciare, questa volta partendo dalla domanda. Ma dov’è il pezzo della domanda intorno a cui devo ricostruire il resto? Devo cercare ancora e scopro che non vi sono altri pezzi ma che ogni pezzo ha una caratteristica particolare: quando lo guardo ponendo la domanda è come se agisse su di esso una strana forza che gli dà una particolare trasparenza. Attraverso questa trasparenza percepisco altre forme che riverberano in me sensibilità che prima ignoravo e che ora mi si fanno presenti. Tutto è come prima, ma non è più come prima: è come se si aggiungessero altre dimensioni al vissuto noto e queste mi permettono di individuare altre possibilità di forme che prima non immaginavo. Così mi rimetto al lavoro, contemplando le mie tessere alla luce della domanda e tento di ricomporle insieme. Ma su quale piano appoggiare il mio lavoro perché non si perda questa caratteristica di trasparenza? Non vi è nulla che io conosca che faccia al caso mio. Disperata mi abbandono sulla sedia e sento il vento che continua a sollecitarmi perché compia il lavoro, così decido di affidargli tutte le tessere, una alla volta, seguendo le forme soltanto dentro di me, nella mia interiorità, senza guardare se il risultato fuori man mano corrisponde a ciò che io vedo dentro. Quando ho terminato di posare nel vento tutte le tessere, dentro di me vi è la risposta e fuori di me vi è un mondo, vivo, del quale faccio

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