Generazione '90: Non avremo fatto la rivoluzione, ma ci siamo divertiti
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Anteprima del libro
Generazione '90 - Luca Folegani
L'Università
Prologo
In questo libro vengono raccontate alcune vicende vissute durante i vent’anni
di un gruppo di ragazzi che non hanno voluto trascorrere i loro anni solo tra discoteche e campi di calcetto. Certo, quello non è mancato ed è fondamentale per la crescita, nulla di più sbagliato è infatti voler cambiare il mondo senza volerne fare parte. Il cambiamento del mondo è stato infatti quello che ha fatto sì che ci mettessimo a disposizione per il bene comune, ci impegnassimo per dire la nostra sempre e ci mettessimo in gioco.
E l’abbiamo fatto sempre col sorriso sulle labbra, divertendoci.
Certo, le litigate non sono mai mancate, come anche le persone che si sono perse lungo il cammino. Però quelli che sono rimasti si sono divertiti a sognare di voler cambiare il mondo.
Perché l’abbiamo fatto in mille maniere tutte complementari l’una con l’altra. L’abbiamo fatto viaggiando, conoscendo nuove culture. L’abbiamo fatto difendendo i colori della squadra di calcio della nostra città dagli spalti. L’abbiamo fatto leggendo e pulendo i cessi allo stesso tempo. Perché pulire i cessi è importante. Un po’ come dai la cera togli la cera
del film Karate Kid. Prima di voler far grandi cose, bisogna partire da quelle piccole. E anche pulire i cessi vuol dire mettersi al servizio della collettività, quindi solo servendo la comunità nelle cose più umili si potrà pensare in grande. E noi l’abbiamo fatto. O meglio l’abbiamo imparato. Abbiamo imparato il servizio per la comunità e la gratificazione derivante dal mettersi a disposizione.
E la cosa più bella è stata farlo come gruppo. Questo desiderio comune di metterci a disposizione ci ha uniti sin dal primo giorno e ci ha tenuti uniti a distanza di anni.
Ci siamo incontrati che eravamo studenti liceali, chi nel campetto dell’oratorio, chi tra i corridoi del Liceo Classico, chi nella stanza ombrosa della sede di un partito, e buona parte siamo ancora uniti con la stessa fame e la stessa voglia di sognare.
Tuttora infatti, dopo più di dieci anni, siamo rimasti noi. Abbiamo un lavoro, una famiglia e un percorso professionale da seguire.
Ma siamo sempre noi, con le stesse azioni, con la stessa voglia di trovarci per proporre iniziative e progetti con la stessa voglia di quando eravamo adolescenti.
Quasi come se impegnarci fosse un po’ come andare in palestra, ossia un modo per mantenersi in forma. Nel caso del nostra del nostro attivismo ci si mantiene in forma mettendosi a disposizione della collettività, come se la nostra vita privata andasse a braccetto con la nostra vita militante-attivista.
Tanto è vero che, personalmente, i momenti di vuoto di vita attiva coincidono con le fasi più buie e tristi della vita personale.
Quasi come se i due aspetti della propria vita andassero a braccetto in maniera inscindibile e una vita senza attivismo diventa quasi priva di senso.
E poi il tutto è più bello coi compagni di viaggio con cui abbiamo condiviso questo percorso.
Fare militanza o attivismo a dir si voglia, diventa come organizzare una cena con gli amici oppure un qualsiasi sabato sera. Attivarsi diventa quasi uno svago, fatto in modo serioso, ma in qualsiasi svago fatto con gli amici.
Condividere una strategia politica diventa tutto più semplice se fatto con accanto le persone di cui ti fidi ciecamente. Allo stesso modo quando stai rischiando la vita su una montagna di inverno circondato da un metro e mezzo di neve, sapere di essere circondato dalla tua comunità, dai tuoi fratelli, facendosi forza l’uno con l’altro diventa tutto più facile, quasi come se il gruppo alleviasse la situazione di pericolo.
E poi abbiamo quasi sfatato l’assioma che in politica non esistono gli amici e di non fidarsi di nessuno.
Indubbiamente in certi ambienti bisogna avere mille occhi e le dovute cautele. Tuttavia le persone di cui più mi fido le ho trovate nel mondo della politica ed è proprio la lealtà fra di noi che ci ha reso un gruppo unito e coeso dopo tutto questo tempo.
E nessuno l’ha fatto mosso da uno spirito di carrierismo o per arrivare da qualche parte. Anzi, nessuno sinora si è mai candidato da nessuna parte, né tantomeno ha fatto carriera in politica. Ma questo non è importante, anzi è l’ennesima dimostrazione che tutto ciò è stato portato avanti per una mera purificazione spirituale senza secondi fini.
E in ogni caso non conta far strada in politica se prima non si diventa uomini.
E l’esperienza portata avanti in questi anni ci ha resi degli uomini, il chè vale molto di più che qualsiasi incarico politico.
Questi anni di formazione ci hanno infatti consentito di essere diversi in altri aspetti della nostra vita.
Abbiamo una visione del mondo che ci contraddistingue, ci consente di capire dinamiche e movimenti della vita di tutti i giorni che diversamente avremmo compreso così facilmente.
Soprattutto siamo diventati uomini.
E questo basta e avanza. Cosa conta essere buoni politicanti, come pure buoni avvocati o manager, se prima non abbiamo prima dimostrato di valere come uomini?
Tutte queste esperienze che andiamo a ricordare altro non sono che dei racconti che ci hanno insegnato giorno dopo giorno a diventare adulti, uomini pronti ad affrontare le più grandi insidie della nostra vita.
E così, anche se non avremo fatto la rivoluzione, di sicuro ci siamo divertiti, e siamo diventati grandi nel modo giusto.
La Riunione
Ricordo ancora la stanza dove ti ho conosciuto, Non eravamo in molti a frequentare quel buco.
Compagnia dell’anello - Anche se Tutti noi no
Era una serata come le altre. Un’ampia sala illuminata al neon. Un gran tavolo con tante sedie al centro. E noi che attorno al tavolo parlavamo. E si chiacchierava tra il sorso di una birra e un tiro di una sigaretta. Si iniziava poco dopo le 22 e, anche se l’appuntamento era previsto per le 21.30, i ritardatari non mancavano mai e, a parte il buon Lorenzo che è fedele alla tradizione bustocca di cenare alle 19.00 e quindi poteva arrivare puntuale, noi altri arrivavamo sempre con almeno 10/15 minuti di ritardo.
Era proprio Lorenzo a interrompere il momento di cazzeggio pre-riunione nel momento in cui iniziava a spazientirsi.
Se avessimo finito tardi, ossia dopo le 23.00 significava rincasare dopo la mezzanotte non è sintomo di bustocchità, o meglio, di operosità bustocca che deve aprire la fabbrichetta alle 7 del mattino.
Eravamo proprio un bel gruppo, una decina di ragazzi di età dai sedici ai ventisette anni, tutti di Busto Arsizio e dintorni. Certo, ci sono stati periodi dove a trovarci eravamo più di una ventina ma si sa, non è mai facile aggregare giovani in un universo politico: molti si sono persi nel cammino, altri addirittura ci hanno voltato le spalle, altri, invece, sono rimasti e, oltre ad essere i protagonisti dei nostri racconti hanno costituito col passare degli anni una comunità indissolubile.
A quei tempi, il nostro punto di ritrovo era la sede di un partito, l’allora partito di maggioranza sia in Italia, sia nel nostro Comune, città storicamente di destra. Tuttavia non ci siamo mai nascosti dietro gli slogan elettorali o delle bandiere con simboli di partito. Di fatto eravamo dei giovani sognatori che altro non volevano se non cambiare il mondo dopo aver letto Il trattato del ribelle
di Junger o Rivolta contro il mondo moderno
di Evola o Il Capo di Cuib
di Codreanu, per citare alcuni titoli. Credevamo di poter realizzare, un giorno, l’Europa dei popoli e delle nazioni, ossia quell’utopia dove popoli diversi, con la propria bandiera, le proprie usanze e tradizioni sono uniti per una confederazione di identità diverse e non solo un libero mercato. Sognavamo che fosse la politica a controllare i mercati e non che la finanza mondiale tenesse in ostaggio i governi d’Europa. Sognavamo un mondo che fosse realmente libero, e non schiavo del consumismo e delle masse. Sognavamo tante cose, forse alcune fin troppo bizzarre, quello che è certo è che il tempo è passato ma la nostra voglia di sognare e di dare battaglia è sempre la stessa.
Una volta iniziata la riunione, si affrontava per prima la politica locale, quella più noiosa senza dubbio, però quella che forse ci toccava di più sul nostro quotidiano e quella che ci permetteva nel nostro piccolo di poter intervenire o con azioni a favore della nostra comunità, o più semplicemente con piccole manifestazioni di pensiero e prese di posizione con comunicati stampa o volantinaggi fuori dalle scuole o nei mercati.
Iniziare la riunione, passando da un momento più ludico a uno più serioso era sempre difficile: "Avete letto sulla Prealpina [1]? – rompeva il silenzio qualcuno - Quel lecchino di un consigliere del centro sinistra ha preso posizione contro di noi in merito al nostro volantinaggio sulle foibe, continua dire che siamo dei fascisti, però mai una volta che ha ribattuto con argomentazioni concrete".
Allora faceva eco Andrea: Beh però si sa, l’opposizione a Busto Arsizio non è mai esistita, e poi beh devono solo ringraziarci, grazie a noi almeno hanno qualcosa da dire. Che dite? Prepariamo un comunicato di risposta?
.
Nahh meglio lasciarli perdere – intervenì Giovanni- questi sanno solo boicottare le nostre iniziative. Beh almeno noi siamo attivi e tutta la città apprezza ciò che facciamo. Non vi ricordate quanta gente si è fermata al nostro gazebo l’altro giorno a farci i complimenti?
"Beh per