Raggirati e martellati
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Anteprima del libro
Raggirati e martellati - Roberto Giorgini
Giorgini Roberto
Raggirati e martellati
© 2022 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma
www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com
ISBN 978-88-306-6716-7
I edizione dicembre 2022
Finito di stampare nel mese di dicembre 2022
presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)
Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa
Raggirati e martellati
Dedicato ad Alfonso Maria, Manuel, Miriam,
Liliana e a tutti i giovani affinché rendano
questo mondo più etico e migliore
di come lo abbiamo ridotto.
…ogni sera dopo cena abbiamo intavolato discorsi,
esaminato proposte e snocciolato idee;
nel nostro salone letterario
ci guardavamo negli occhi
e ci dicevamo: "la soluzione è semplice, se la troviamo noi
sono LORO
che non vogliono trovarla".
Per questo dal profondo del cuore ti dico
grazie Claudia perché lo spunto a superare
l’ostacolo l’hai trasmesso a me e ai nostri figli.
Nuove Voci
Prefazione di Barbara Alberti
Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.
È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.
Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi
Non esiste un vascello come un libro
per portarci in terre lontane
né corsieri come una pagina
di poesia che s’impenna.
Questa traversata la può fare anche un povero,
tanto è frugale il carro dell’anima
(Trad. Ginevra Bompiani).
A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.
Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.
Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.
Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov
.
Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.
Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.
Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.
PREFAZIONE
di Luca Fusacchia
"Francia o Spagna, purchè se magna!". Così Francesco Guicciardini, uno dei maggiori scrittori e politici del Rinascimento italiano, sentenziava più di 400 anni fa. A quel tempo, al popolo italiano non interessava chi lo governava, ma solo chi gli dava da mangiare.
L’Italia, nei secoli, ha sempre intrecciato la sua bellezza, intelligenza, creatività, genialità e i suoi ideali con quegli atteggiamenti meschini, rissosi e campanilistici dei signorotti locali e delle potenti aristocrazie capaci di pensare esclusivamente al proprio tornaconto personale, anziché ad un futuro condiviso. Risultava, sicuramente, più comodo mettersi al servizio della fazione di turno, dell’occupatore di passaggio per preservare il potere fino ad allora racimolato, in attesa di tempi migliori. Se poi, nel frattempo, riuscivano ad accrescere la propria ricchezza, tanto di guadagnato.
Nonostante la millenaria storia d’Italia, i venduti
e i voltagabbana
, più o meno numerosi, sono presenti ancora oggi tra noi. Tuttavia, essi nulla possono, senza il sostegno degli ignavi
e degli utili idioti
, ovvero coloro che per inerzia o ottusità legittimano il loro operato.
Il Sommo Poeta, nella Divina Commedia, ripose gli ignavi nell’Antinferno, in quanto non li voleva nessuno, né il Cielo, né l’Inferno profondo. L’ignavo era una persona che nella vita terrena aveva vissuto da vile ed era stato troppo codardo per farsi avanti e prendere una posizione concreta: un non cittadino
. Dante Alighieri si scagliava contro chi nella vita politica rifuggiva dalle proprie responsabilità e dall’intraprendere una scelta forte, quella scelta che avrebbe sicuramente prodotto un cambiamento in una società discorde. Tant’è vero che tra gli ignavi si ritroverà Celestino V, ovvero colui "che fece per viltade il gran rifiuto. Poi ci sono gli
utili idioti". In passato, questa espressione del gergo politico veniva utilizzata per identificare chi, all’interno dei paesi occidentali, simpatizzava per il sistema politico sovietico e, contemporaneamente, per definire il rapporto di scarsa considerazione che aveva il governo sovietico nei loro confronti, il quale sfruttava la loro ingenuità: pertanto, questi uomini erano idioti e utili allo stesso tempo. Oggigiorno, il termine è usato in senso estensivo per descrivere qualcuno che sembra essere manipolato senza accorgersene.
Tanto tempo, ormai, è trascorso dall’affermazione del Guicciardini, ma, ahimè, sembra tuonare, ancora una volta, tristemente e tremendamente attuale, benchè oggi venga chiamata resilienza
. Essa è la sintesi di un vizio nazionale, più o meno conscio, tornato di moda o forse mai completamente abbandonato. È il motto beffardo, sarcastico e grottesco di una stirpe che sembra aver dimenticato la propria storia millenaria e obliato il sacrificio e le sofferenze di chi, prima di noi, con tanta fatica aveva riscattato ciò che gli apparteneva di diritto, in quanto esseri umani e in quanto italiani: ovvero quei valori scolpiti sacramente nella pietra della nostra Costituzione, cui la libertà, l’uguaglianza e la giustizia sociale ne sono la spina dorsale.
Ma cosa possiamo fare per evitare un futuro di cui faremmo volentieri a meno? Un futuro che ci faccia ripiombare indissolubilmente e pericolosamente in un passato che ormai credevamo superato? Un futuro in cui, come nel passato, vigerà l’appiattimento del pensiero anzichè il dialogo frutto del dubbio; dove la competizione sfrenata continuerà a prevalere sulla condivisione ed essere la regola e la virtù da seguire per apparire vincenti agli occhi dei nostri simili per trovare, così, un posto nella società; dove l’uomo comune senza alcuna anima, valore e idea sarà la nuova normalità; dove la resilienza
(addirittura inserita come vocabolo nel PNRR - Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) diventa un valore aggiunto. Quella stessa resilienza
che ci ha portato, negli ultimi due anni (dal 2020 al 2022), a piegarci ad ogni imposizione dettata da una indotta e costante necessità di sicurezza, costringendoci così a rinunciare alla libertà di vivere la nostra vita emozionale, spirituale e materiale. Ma la libertà è un bene inalienabile, cui nessuno dovrebbe avere la possibilità di abdicare. Thomas Jefferson (terzo Presidente degli Stati Uniti d’America) disse: "Colui che rinuncia alla sua libertà per la sicurezza non merita nessuna delle due".
Per scongiurare che il passato si presenti nuovamente ai nostri occhi, è fondamentale conoscerlo, non solo come fatto storico, ma soprattutto come fatto umano. Pur tuttavia, la conoscenza del trascorso non è sufficiente, se non accompagnata da una vigile coscienza. Quella coscienza che, seppur dolorosa, ci permette di riconoscere i germi di quei comportamenti che in passato – nemmeno troppo distante dai nostri giorni – portarono milioni di persone a vivere esperienze disumane e inumane.
La conoscenza e la coscienza, insieme alla tradizione che è la memoria dei popoli, dunque, sono i pilastri che ci consentiranno di resistere alle tentazioni di chi cerca di comprarci, di corromperci, di dividerci e di impedire che tutto quello che gli italiani hanno costruito nella propria storia, fino ad arrivare agli ultimi ottant’anni di vita repubblicana, vadano irrimediabilmente perduti.
Solo così, allora, supereremo quella forma che ha modellato interiormente il genere umano per secoli, facendogli compiere le più atroci e vili nefandezze contro la sua stessa specie: la forma della gente normale
.
La gente normale
– secondo lo scrittore e filosofo tedesco Hermann Hesse – è l’essere più perfido, selvaggio e crudele che esista in natura. Quella gente che – tornando al Guicciardini – pur di sopravvivere, non viveva; pur di dar da mangiare al corpo, faceva digiunare lo spirito. Quella gente che Hannah Arendt, nel suo libro La banalità del male
, aveva indagato e messo a nudo: quella gente comune impersonata da Otto Adolf Eichmann, un uomo superficiale e mediocre, incapace di pensare al valore morale dei propri atti. Dietro questa mediocrità, vi è la banalità del male, poiché sono individui banalmente comuni a poter compiere il male nelle sue peggiori accezioni e declinazioni. Quella gente comune che per ego, soldi, credo o ideologia auto legittima le proprie azioni per raggiungere i propri scopi, a scapito di altre persone.
Se saremo in grado di essere umani nel profondo di noi stessi e nei confronti del prossimo, anziché di comportarci da gente comune
, allora saremo Esseri Umani
, in grado di riconoscere il bene e il male e di scegliere il bene, anziché il male.
Concludo, a tal proposito, con una citazione di Primo Levi, che trovo quantomai attuale:
"Non iniziò con le camere a gas. Non iniziò con i forni crematori. Non iniziò con i campi di concentramento e di sterminio. Non iniziò con i 6 milioni di ebrei che persero la vita. E non iniziò nemmeno con gli altri 10 milioni di persone morte, tra polacchi, ucraini, bielorussi, russi, yugoslavi, rom, disabili, dissidenti politici, prigionieri di guerra, testimoni di Geova e omosessuali.
Iniziò con i politici che dividevano le persone tra "noi e
loro". Iniziò con i discorsi di odio e di intolleranza, nelle piazze e attraverso i mezzi di comunicazione. Iniziò con promesse e propaganda, volte solo all’aumento del consenso. Iniziò con le leggi che distinguevano le persone in base alla "razza" e al colore della pelle. Iniziò con i bambini espulsi da scuola, perché figli di persone di un’altra religione. Iniziò con le persone private dei loro beni, dei loro affetti, delle loro case, della loro dignità. Iniziò con la schedatura degli intellettuali. Iniziò con la ghettizzazione e con la deportazione.
Iniziò quando la gente smise di preoccuparsene, quando la gente divenne insensibile, obbediente e cieca, con la convinzione che tutto questo fosse "normale".
Capitolo 1
Gli Euroestasiati
Correva l’anno 1996, l’intero panorama europeo era in fibrillazione, dopo Maastricht, per quello che sarebbe accaduto di lì a pochi anni: l’introduzione dell’
ecu
prima diventato poi
euro
.
La storia insegna, come diceva Naom Chomsky, a far sì di comprendere come una cosa negativa creata da un singolo possa divenire cosa giusta in capo a molti, ormai la classe politica era ben rodata dall’ingenuità di commettere gli stessi errori dei secoli precedenti e mediante sofisticate e abilissime finestre di Overton eravamo arrivati a odiare il sistema della nostra cara Lira; difatti come affermava Galeano, la storia non dice mai addio, la storia ci lascia quasi sempre con un arrivederci.
Fu così che a partire dalle scuole si cominciò a creare questo clima di misantropia nei confronti di un elemento che, allo stato attuale, ci permetteva di vivere ed andare avanti e che in un certo qual modo era la principale autrice del successo italiano.
Cominciarono gruppi di lavoro, ricerche, meeting: tutti avente il medesimo obiettivo di indicare l’euro e l’Europa come unica verità dogmatica. Già da studenti ci coinvolsero nei loro piani facendoci fare ricerche più o meno valide sull’utilità o meno che avrebbe avuto sulla nostra vita tutto il contesto europeo; noi portammo, costretti, uno studio sulla sentenza Bosman, nata dalle lagnanze di un calciatore mediocre che ha peggiorato il sistema calcistico europeo oltre che la sua esistenza stessa.
Il risultato nel tempo non è tardato ad arrivare, neanche un anno fa conversavo con un avvocato, da poco laureato poco più piccolo di me, sulla convenienza o no dell’euro.
Il lavaggio del cervello che ne è uscito è stato a dir poco imbarazzante, la narrativa è sempre la stessa, la frase di rito è sempre la medesima: Abbiamo evitato settant’anni anni di guerre
.
Abbiamo completamente assopito una gran fetta di una generazione facendogli credere cose non vere o realtà distorte.
In un sistema eccessivamente competitivo dove comanda solo il capitale e che con la recente sentenza Bolkestein praticamente vedremo depredare una fetta della nostra quota di Bilancia Commerciale