Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

La ricerca onirica dello sconosciuto Kadath
La ricerca onirica dello sconosciuto Kadath
La ricerca onirica dello sconosciuto Kadath
E-book150 pagine2 ore

La ricerca onirica dello sconosciuto Kadath

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Randolph Carter, è avido di conoscere le meravigliose città dalle cupole d'oro che tante volte ha intravisto tra la veglia e il sonno. Il suo animo cede quando, turbato dalle acque troppo profonde, si trova a dover affrontare dei mostri terribili che all'uomo non è dato di poter combattere con successo.-
LinguaItaliano
Data di uscita7 giu 2021
ISBN9788726584288
Autore

H. P. Lovecraft

Renowned as one of the great horror-writers of all time, H.P. Lovecraft was born in 1890 and lived most of his life in Providence, Rhode Island. Among his many classic horror stories, many of which were published in book form only after his death in 1937, are ‘At the Mountains of Madness and Other Novels of Terror’ (1964), ‘Dagon and Other Macabre Tales’ (1965), and ‘The Horror in the Museum and Other Revisions’ (1970).

Correlato a La ricerca onirica dello sconosciuto Kadath

Ebook correlati

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su La ricerca onirica dello sconosciuto Kadath

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    La ricerca onirica dello sconosciuto Kadath - H. P. Lovecraft

    La ricerca onirica dello sconosciuto Kadath

    Original title: The Dream-Quest of Unknown Kadath

    Original language: English

    Immagine di copertina: Shutterstock

    Copyright © 1943, 2021 H. P. Lovecraft and SAGA Egmont

    All rights reserved

    ISBN: 9788726584288

    1st ebook edition

    Format: EPUB 3.0

    No part of this publication may be reproduced, stored in a retrievial system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.

    www.sagaegmont.com

    Saga Egmont - a part of Egmont, www.egmont.com

    PRIMA PARTE

    Tre volte Randolph Carter sognò la città meravigliosa e tre volte ne fu rapito mentre l’ammirava dalla terrazza panoramica. Magnifica e splendente come oro ai raggi del tramonto, la città era ricca di mura, templi, colonne, ponti ricurvi di marmo venato, fontane d’argento che mandavano zampilli nelle grandi piazze, giardini profumati, larghe strade che si snodavano fra filari di alberi delicati, urne ornate di fiori e una teoria scintillante di statue d’oro; e a nord, sui fianchi ripidi delle colline, s’arrampicavano file di tetti rossi e vecchi abbaini aggobbiti che proteggevano le strade più piccole, dove l’erba cresceva in mezzo ai ciottoli. Era una visione degna della febbre d’un dio: un concerto di strumenti sovrannaturali, un tuono di cimbali senza tempo. Il mistero aleggiava su di essa come una nube sulla cima di una montagna favolosa e inesplorata, e quando Carter guardava la città dal parapetto della terrazza rimaneva senza fiato, assalito dal sapore e dal mistero di ricordi semidimenticati, dal dolore delle cose perdute e dal desiderio struggente di rimettere al suo posto ciò che una volta aveva avuto un’importanza portentosa e straordinaria.

    Sapeva che per lui il significato di quel qualcosa era stato immenso, ma non poteva dire in quale ciclo o incarnazione anteriore, e neppure se ne avesse fatto esperienza da sveglio o in sogno. Non gli rimanevano che le visioni di un’infanzia lontana e dimenticata, vaghe sensazioni di meraviglia e piacere nascoste nei misteri della vita di tutti i giorni, quando l’alba e il tramonto portavano, ricchi di aspettativa, musica di liuti e canzoni che schiudevano porte fatate, rivelatrici di altre sorprendenti meraviglie. Ma la notte, quando si ritrovava sulla terrazza di marmo ornata d’urne bizzarre e con il parapetto scolpito, quando ammirava la silenziosa città del tramonto che si stendeva ai suoi piedi, bellissima e ultraterrena pur nella sua concretezza, Carter scopriva di essere schiavo dei capricciosi dei del sogno, perché non c’era verso di abbandonare la terrazza e scendere la gran scalinata di marmo che precipitava, a perdita d’occhio, verso le vecchie strade incantate che sotto di lui parevano invitarlo.

    Quando, per la terza volta, si svegliò senza aver disceso la scala e avere attraversato le strade immerse nel tramonto, Carter pregò a lungo gli dei del sogno che, invisibili e capricciosi, meditano sulle nuvole del misterioso Kadath (il monte che sorge nella gelida piana dove nessun uomo si è mai avventurato). Ma gli dei non risposero: non diedero segno di voler cambiare atteggiamento o di volerlo aiutare, e ciò nonostante il fervore delle preghiere che Carter aveva rivolto loro in sogno e nonostante che li avesse invocati, con offerte e sacrifici, tramite Nasht e Kaman-Thah, i sacerdoti barbuti il cui tempio simile a una caverna sorge non lontano dalle porte del mondo diurno, con in mezzo una colonna di fuoco. Sembrò anzi che le preghiere avessero effetto contrario, perché subito la città scomparve dai sogni, come se le tre visioni che Carter ne aveva avuto da lontano fossero dovute a un incidente o a una distrazione degli dei, ma fossero contrarie alla loro volontà e ai loro disegni nascosti.

    Alla lunga il desiderio delle strade che splendevano nel tramonto e dei vialetti che s’inerpicavano per la collina in mezzo ai tetti rossi si fece struggente; e Carter, incapace di toglierseli dalla mente di notte o di giorno, prese l’eroica decisione di andare là dove nessun uomo era mai andato, di sfidare i deserti di ghiaccio e la tenebra in cui sorge lo sconosciuto Ka-dath, il monte incappucciato di nuvole e sovrastato da costellazioni inimmaginabili che nasconde i segreti dei Signori, e il castello d’onice notturno in cui hanno dimora.

    Si era addormentato d’un sonno leggero che già scendeva i settanta gradini che portano alla caverna della fiamma, e là discusse il suo progetto con Nasht e Kaman-Thah, i sacerdoti barbuti. I due vecchi scossero la testa avvolta dal copricapo e gli assicurarono che avrebbe perso l’anima. I Signori, arguirono, avevano già indicato la loro volontà e non tollerano di essere infastiditi da richieste insistenti. Gli ricordarono che non solo nessuno era mai stato sullo sconosciuto Kadath, ma che l’uomo non poteva neppure immaginare in quale parte dell’universo si trovasse: nella terra dei sogni che circonda il nostro mondo? In quella adiacente a un misterioso pianeta di Fomalhaut o Aldebaran? Se si trovava nella nostra terra dei sogni, era ammissibile l’idea di raggiungerlo; ma dal principio del tempo solo tre anime umane avevano attraversato il nero ed empio abisso che ci separa dalle terre dei sogni d’altri mondi, e delle tre due erano quasi impazzite. Viaggi del genere comportavano pericoli incalcolabili a ogni tappa, per non parlare dell’orrore finale che sciorina enigmi al di là dell’universo normale, in una dimensione preclusa perfino ai sogni; quell’amorfa abiezione, quel concentrato di caos abissale che gorgoglia blasfemità al centro dell’infinito: Azathoth, il demone-sultano che non conosce limiti e di cui nessuno osa pronunciare il nome ad alta voce, l’affamato che mastica in continuazione dentro oscure e inconcepibili caverne al di là del tempo, cullato dal battito ossessivo di tamburi sordi e dal monotono pigolìo di flauti maledetti. E nel mezzo di un tale orribile concerto danzano lenti, assurdi e giganteschi gli dei ulteriori: i ciechi, tenebrosi, muti Altri Dei il cui esponente più illustre è il messaggero Nyarlathotep, il caos strisciante.

    Di questo i sacerdoti Nasht e Kaman-Thah parlarono a Carter nella caverna della fiamma, ma lui era deciso a rintracciare il monte Kadath nel deserto gelato, dovunque fosse, e a ottenere dagli dei il permesso di vedere e ricordare la meravigliosa città del tramonto, per rifugiarsi in essa. Sapeva che il viaggio sarebbe stato lungo e straordinario, che i Signori gli sarebbero stati avversi; ma poiché frequentava da molto tempo la terra dei sogni poteva contare su ricordi e conoscenze che gli sarebbero tornati utili. Chiese ai sacerdoti una benedizione d’addio e abbozzato un itinerario conveniente discese con coraggio i settecento gradini che portano alla Soglia del Sonno Profondo; di lì si incamminò nel bosco incantato.

    Nei corridoi della foresta fittissima, fra querce nane che sembrano tastare il terreno con i rami grotteschi e tronchi che brillano per la fosforescenza di funghi misteriosi, abitano i timidi e furtivi zoog. Queste creature conoscono molti e arcani segreti del mondo dei sogni, ma anche alcuni di quello diurno: il bosco, infatti, confina in due punti con la terra degli uomini, anche se sarebbe disastroso dire dove. Nelle regioni a cui gli zoog hanno accesso si verificano, fra gli esseri umani, eventi inspiegabili, sparizioni misteriose, corrono voci sinistre: è un bene che quelle creature non possano spingersi troppo lontano dal mondo dei sogni. D’altronde nel proprio regno sono libere di andare dove vogliono e poiché sono piccole, brune e veloci sfrecciano inosservate. Quando tornano da queste escursioni e si raccolgono nel bosco che amano, raccontano storie sorprendenti per ingannare il tempo davanti al focolare. La maggior parte degli zoog vivono in tane sotterranee, ma alcuni abitano i tronchi dei grandi alberi: e sebbene vivano in sostanza di funghi, si mormora che apprezzino discretamente la carne materiale e quella spirituale, perché è certo che molti sognatori che si sono avventurati nel bosco non ne sono usciti mai più. Carter, comunque, non aveva paura: era un vecchio sognatore e aveva imparato la lingua sveltissima degli zoog, e più volte aveva stipulato con loro una tregua. Grazie agli zoog aveva trovato la splendida Celephaïs nella valle di Ooth-Nargai, oltre le colline Tanarie: là aveva fatto la conoscenza del re Kuranes, che siede sul trono della città per metà dell’anno e che nel mondo della veglia Carter aveva incontrato sotto un altro nome. Kuranes era l’unico spirito umano che avesse attraversato l’abisso fra le stelle e fosse tornato nel nostro mondo dei sogni senza impazzire.

    Attraversando i corridoi fosforescenti fra i tronchi giganteschi, Carter lanciò il richiamo trillante degli zoog e si mise in ascolto per sentire la risposta. Ricordava che al centro del bosco c’era un villaggio di quelle creature; in un punto dove un circolo di antiche pietre coperte di musco parla di abitatori più antichi e terribili, ormai dimenticati. Si affrettò dunque in quella direzione. Trovò la strada grazie ai grotteschi funghi che, nelle vicinanze delle pietre misteriose dove i vecchi abitatori ballavano e facevano sacrifici, sembrano più grassi e meglio nutriti. Finalmente la luce emessa dai funghi più robusti rivelò una distesa grigioverde, dall’aspetto sinistro, chiusa in alto dall’intrico della foresta e notevolmente ampia. Il luogo era vicinissimo al gran cerchio di pietre e Carter capì che stava per arrivare al villaggio zoog. Lanciò di nuovo il richiamo e attese la risposta: finalmente fu premiato dall’apparizione di numerosi occhi che lo fissavano. Erano gli zoog, perché i fantastici occhi verdi sono la prima cosa che si nota in quei piccoli esseri bruni dai lineamenti sfuggenti.

    Sciamarono dalle tane nascoste e dagli alberi bucherellati, finché il posto ne fu letteralmente pieno. Alcuni dei più selvatici si strofinarono su Carter senza complimenti e uno gli diede un orribile pizzico all’orecchio, ma quegli spiriti ribelli furono richiamati all’ordine dagli anziani. Il Consiglio dei Saggi aveva riconosciuto il visitatore e gli offrì una zucca colma di linfa fermentata che proveniva da un albero stregato e diverso dagli altri: era cresciuto da un seme fatto cadere dalla luna, non si sapeva da chi. Mentre Carter beveva per cortesia, cominciò uno stranissimo colloquio. Disgraziatamente gli zoog non sapevano dove si trovasse il Kadath, e neppure se il deserto gelato appartenesse al nostro mondo dei sogni o a un altro. Le voci che riguardavano i Signori venivano dappertutto e l’unica cosa che si potesse affermare con una certa sicurezza era che sulle vette delle montagne si incontravano più facilmente che in pianura, perché quando la luna è alta e le nuvole scendono verso il basso gli dei danzano al ritmo di antichi ricordi.

    Poi uno zoog molto vecchio ricordò una cosa di cui gli altri non avevano mai sentito parlare: e cioè che a Ulthar, oltre il fiume Skai, c’era l’ultima copia degli antichissimi Manoscritti pnakotici, un’opera redatta da uomini del mondo della veglia e vissuti in regni settentrionali ormai dimenticati. I Manoscritti erano arrivati nella terra dei sogni quando i pelosi cannibali Gnophkeh avevano sopraffatto Olathoe, la città dai molti templi, e ucciso gli eroi del paese di Lomar. I Manoscritti, a quanto pare, parlavano degli dei: a Ulthar c’erano uomini che ne avevano visto i segni e persino un sacerdote che aveva scalato un’altissima montagna per vederli danzare al chiaro di luna. Aveva fallito (anche se il giovane che lo accompagnava era riuscito a salvarsi) ed era morto in modo orribile.

    Randolph Carter ringraziò gli zoog, che lo salutarono chiocciando e gli diedero un’altra zucca piena di vino dell’albero della luna; quindi si incamminò nella nuova direzione, dove l’impetuoso Skai scorre dalle pendici del Lerion e dove le città di Hatheg, Nir e Ulthar punteggiano la pianura. Dietro di lui, furtivi e invisibili, saltellavano parecchi zoog curiosi, perché volevano sapere come sarebbe andata a finire e tramandare la leggenda al loro popolo. Man mano che Carter si allontanava dal villaggio, le querce si facevano più grosse e lui si guardò intorno con attenzione: doveva individuare un punto speciale in cui sapeva che diradavano un poco e tra i funghi più densi del solito sembravano morte o moribonde, mentre tutto intorno s’intravvedevano i resti marciti o coperti di musco degli altri alberi. Da quel punto avrebbe dovuto allontanarsi in fretta, perché è lì che una possente lastra di pietra riveste il fondo del bosco: e chi ha osato avvicinarsi ha osservato che la lastra è sormontata da un anello largo un buon metro. Gli zoog, che conoscono le pietre coperte di musco dell’antico cerchio e immaginano a cosa potessero servire, non indugiano accanto al lastrone di granito e al suo possente anello. Sanno benissimo che ciò che è stato dimenticato

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1