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le Pietre di Nazaret
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E-book279 pagine4 ore

le Pietre di Nazaret

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Info su questo ebook

Ventitré anni sono trascorsi da quando il Signore del Drago è stato ucciso. Il Gran Consiglio dei Santi Difensori decide di affidare a Ermete Degli Angeli e ai suoi giovani figli una missione: essi vengono mandati in Terra Santa, dove un oscuro servitore del male di nome Esur, alleato di Vlad il Dracul, minaccia di distruggere la Sacra dimora che fu della Vergine Maria. Là ai margini del deserto, si erge il Bastione delle Rocce Rosse, una poderosa fortezza ove Esur il Maligno, capo dei lupi mannari, medita pensieri di morte. I guerrieri della confraternita dovranno tentare di entrare in quell’inespugnabile maniero per liberare la prigioniera che il demone tiene rinchiusa. L’impresa sembra impossibile, ma una strana e inattesa alleanza sarà formata, onde permettere agli angelici incursori di penetrare e colpire.

Le Pietre di Nazaret è il titolo del secondo libro della trilogia I Santi Difensori, aperta dal testo d’esordio dell’autore Carlo Grilli Il Drago e le Cinque Stelle.
In questo secondo volume sorprende vedere le scene principali della storia svolgersi in luoghi lontani dall’originaria ambientazione che era stata presentata nel primo episodio e cioè il Monte Conero, con una particolare attenzione riservata al paese che ha dato i natali a Grilli, Sirolo: l’Oriente è la nuova area d’azione e la Terra Santa, così come si evince dal titolo, ne rappresenta il fulcro.
La trama, che segue in parte le orme già tracciate nel primo libro, contiene uno spunto di assoluta novità che coincide con uno dei protagonisti: Vlad il Dracul, vampiro e Principe della Transilvania, subisce, ad opera della fantasia dell’autore, una redenzione che interessa tutto lo svolgersi degli eventi; ciò che preme a Grilli è il desiderio di mostrare questo rinomato personaggio sotto una luce differente, che ne evidenzi la duplice natura vampiresca e umana.
Anche stavolta torna la commistione, tanto cara all’autore, di una tradizione sacra e di una profana, con un esito perfezionato rispetto al primo volume.

Francesca Pirani
LinguaItaliano
Data di uscita7 feb 2015
ISBN9786050355406
le Pietre di Nazaret

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    Anteprima del libro

    le Pietre di Nazaret - Carlo Grilli

    padre

    Introduzione

    Le Pietre di Nazaret è il titolo del secondo libro della trilogia I Santi Difensori, aperta dal testo d’esordio dell’autore Carlo Grilli Il Drago e le Cinque Stelle.

    In questo secondo volume sorprende vedere le scene principali della storia svolgersi in luoghi lontani dall’originaria ambientazione che era stata presentata nel primo episodio e cioè il Monte Conero, con una particolare attenzione riservata al paese che ha dato i natali a Grilli, Sirolo: l’Oriente è la nuova area d’azione e la Terra Santa, così come si evince dal titolo, ne rappresenta il fulcro.

    La trama, che segue in parte le orme già tracciate nel primo libro, contiene uno spunto di assoluta novità che coincide con uno dei protagonisti: Vlad il Dracul, vampiro e Principe della Transilvania, subisce, ad opera della fantasia dell’autore, una redenzione che interessa tutto lo svolgersi degli eventi; ciò che preme a Grilli è il desiderio di mostrare questo rinomato personaggio sotto una luce differente, che ne evidenzi la duplice natura vampiresca e umana.

    Anche stavolta torna la commistione, tanto cara all’autore, di una tradizione sacra e di una profana, con un esito perfezionato rispetto al primo volume.

    Francesca Pirani

    Nota dell’autore

    Ho memoria che da adolescente, insieme ai miei coetanei, aspettavo con ansia la notte del 7 dicembre.

    Per quel giorno, antecedente la festa dell’Immacolata, era usanza allestire grandi falò per indicare e illuminare la via agli Angeli che, come narra la leggenda, arrivando dal mare, trasportarono la Santa Casa della Vergine Maria da Nazaret sino a Loreto.

    Per noi ragazzini di quel tempo , ahimè, ormai lontano, era momento di vera avventura; infatti settimane prima di quella data, andavamo alla ricerca di materiale da ardere per poi bruciarlo quella notte nel bel mezzo di un campo.

    Quel fuoco, come i molti altri sparsi nella campagna limitrofa alle pendici del Conero, era motivo di gioia e aggregazione, dato che faceva radunare intorno alle sue fiamme numerose famiglie.

    Ricordo anche che una volta una mamma, rivolta alla sua bambina, le disse di guardare in alto, perché forse avrebbe potuto intravedere le Celesti Figure in volo con la Santa Casa… a me, tutt’oggi, anche se la ragione vince sulla fantasia, piace pensarla così.

    Ma ciò che il cuore cerca, a volte l’intelletto rifiuta, infatti sembra sempre più confermata l’ipotesi che le pietre della Santa Casa siano state trasportate sino a Loreto via nave e questo per volontà della famiglia Angeli, che aveva dominio sull’Epiro.

    Da questo presunto fatto , vero o falso che sia, ho cercato di creare una storia parallela alla verità, o se volete alla leggenda, che fosse però anche fantastica, lasciando a ognuno la libertà di sognare ciò che il suo cuore gli suggerisce.

    Detto questo, non me ne vogliano gli storici né i geografi, sia per le date che ho dovuto adattare, sia per i luoghi della Terra Santa che nell'opera cito e che, a parte Jaffa e Nazaret, sono frutto della mia fantasia.

    Prologo

    Dal vangelo segreto dei Santi Difensori

    La profezia dell’Angelo

    A te, figlio mio, io faccio profezia, perché tu possa tramandare alle genti del tuo sangue a venire ciò che il Creatore a me concesse di sapere.

    Verrà un tempo in cui, dagli agitati mari delle religioni, stolti uomini le loro armate muoveranno… violenza, distruzione e morte essi arrecheranno.

    Il germe dell’odio di rosso sangue la terra colorerà e l’onda di distruzione, senza scernere il buono dal cattivo, come tempesta violenta si abbatterà.

    In quei tormentati giorni, nel ventre della silente montagna di bianco mantello nevoso ammantata, tra le fiamme di fuochi crepitanti, nella mia celata Magna Sala da Sacre spade difesa e protetta, giovani guerrieri io forgerò… e quando la novella lama a me sorriderà, quello sarà il tempo di andare.

    Il nuovo seme nelle rosse terre piantato sarà… così, senza ferire, la casa dell’Addolorata sopra le onde viaggerà… lassù, tra le nuvole, luccicanti ali bianche la sorreggeranno, mentre nella notte, nelle lontane sponde, molti falò saranno accesi per indicare e illuminare il cammino… e per le genti di fede nei secoli a venire grande mistero questo sarà.

    L’amore vincerà sull’odio e l’antico male, redento da vero pentimento, chiederà il perdono… così verso il bene, come fiume al mare, confluirà.

    Poi, dal mio angelico sangue donato, nuovi invincibili guerrieri saranno plasmati… essi tempo non conosceranno.

    Potere su di loro la Nera Signora non avrà… giovani e forti a lungo vivranno… per vigilare, proteggere e custodire.

    La Narratrice

    Io esisto da sempre, nulla mi fa paura, non avverto dolore né sofferenza, sono imbattibile, cinica, fredda e distaccata, non provo nessuna emozione, né sento alcun desiderio… e niente mi sconforta o mi rallegra.

    Sono invisibile, furtiva e silenziosa, vago nell’aria, nuoto nell’acqua e come un cavaliere errante, solingo e senza meta, con passo sicuro e felpato viaggio veloce sulla terra e nel mio ramingo viaggiare non sono mai stanca, mai mi è permesso di sostare, il riposo è un lusso che non mi è concesso.

    A pochi eletti è dato di vedere il mio volto ma nessuno conosce la mia età, perché da sempre io esisto, del tempo io sono padrona e delle umane genti sola e unica sovrana.

    A me è stato concesso il privilegio di svelarvi l’arcano, di raccontarvi questa ignota storia, quello che non è stato mai narrato, ciò che non si doveva sapere.

    Io vi novellerò, in questo segreto libro, le vicende di invincibili giovani guerrieri; vi racconterò le loro temerarie gesta, svelandovi i misteri più nascosti, i pensieri più intimi e le loro emozioni più recondite, celate, custodite e protette nelle pieghe più profonde delle loro anime.

    A me e solo a me è stata data licenza di confidarvi ciò che in gran segreto avvenne.

    Io sono la custode di questa ignota storia ed è per me ora un gran privilegio rompere il sigillo, per confessare e denudare il recondito arcano.

    Non vi dirò subito chi io sono, perché ho voglia di accendere la vostra curiosità, ma forse i più svegli e attenti di voi lo hanno già capito.

    Dunque vediamo, da dove posso incominciare… sì, vi erano stati anni di guerra e odio, i grandi re, con le loro armate, appoggiati dall’ecclesiastico trono e spinti dal grido «Dio lo vuole», avevano mosso nuovamente guerra ai saraceni per riconquistare il caduto Regno di Gerusalemme, ma tutto era stato vano; la terza crociata era terminata con una disfatta e gli eserciti cristiani si erano ritirati; così da circa tre anni, regnava in quella martoriata e Santa Terra una falsa e apparente pace.

    Nonostante le spade fossero state riposte, una cruenta e oscura, perenne battaglia era combattuta tra le forze del bene e quelle del male, tenebrose presenze agivano nell’ombra… ma la storia che io ho il dovere di narrarvi ebbe inizio nelle bianche montagne innevate della Maiella, tra le vette degli Appennini al centro dell’italica terra.

    Oh sì, ricordo bene, il paesaggio era maestoso in quella nevosa e fredda mattina di dicembre… era l’anno del Signore 1195.

    Le segrete mura

    La soffice candida neve nel pallido mattino cadeva copiosa e già aveva coperto, con il suo bianco manto, ogni cosa; il vento aveva smesso di soffiare e i bianchi fiocchi, fluttuando nell’aria, scendevano lentamente, lievi e silenti, per poi posarsi dolcemente sul fiabesco paesaggio.

    Alla fine dell’irto sentiero che zigzagando si arrampicava sulla parete della montagna, la cui cima innevata era coperta da basse e dense nuvole, uno sparuto gruppo di cavalieri, circondati da un immenso silenzio e avvolti nei loro pesanti mantelli, era ormai quasi giunto a destinazione; lassù all’eremo, nel cuore degli Appennini, li stavano aspettando.

    Sopra le loro teste, ormai vicino, incastonato nella roccia della montagna, si ergeva il monastero; mentre alle loro spalle, in lontananza, ai margini del bosco adiacente al vallone sottostante, nascosto tra gli alberi carichi di neve le cui fronde lambivano il suolo, un lupo solitario li osservava, immobile, quasi intimidito, o forse insospettito dagli umani a cavallo.

    Ermete Degli Angeli aveva dietro di sé i suoi figli: Leandro, Massimo, Sofia e Lucia ed era affiancato da suo cugino Odone Degli Angeli, mentre il figlio di quest’ultimo, Arturo, chiudeva le fila del gruppo.

    Lucia, la più giovane fra tutti, percepì di essere osservata e dall’alto del suo destriero si voltò per guardare alle sue spalle, scorgendo lontana, ai margini della selva, la grigia sagoma del canide.

    La ragazza osservò per un attimo in silenzio, poi, rivolta alla sorella Sofia che le era di fianco, indicò con l’indice della mano destra il solitario e selvaggio animale.

    Il lupo capì di essere stato notato e con un repentino e agile salto corse via, alzando polvere di soffice neve a ogni balzo, per poi scomparire nella candida foresta.

    Ermete se ne accorse e sorrise beffardamente guardando i suoi figli e suo nipote, mentre Odone, che era innanzi al gruppo, fece notare che ormai il convento era vicinissimo, ancora un tornante e sarebbero arrivati.

    Entrambi i padri con i loro eredi erano appena scesi da cavallo, quando il grande portone di legno dell’eremo di Santo Spirito si spalancò davanti a loro.

    Il vecchio Massimiliano Degli Angeli era sulla soglia, si avvicinò al figlio e ai nipoti e li salutò abbracciandoli uno per uno.

    La grossa porta si chiuse dietro di loro e tutti, dopo aver lasciato in consegna i cavalli ai monaci, che erano vestiti con lunghi sai neri sui quali spiccava al centro del petto una croce bianca, entrarono nell’eremo.

    Dopo aver attraversato un piccolo chiostro, salendo dei gradini, sfociarono in un altro modesto spiazzo e da lì, dopo un breve pietroso sentiero, superata un’altra irta e lunga scalinata, s’incamminarono lungo un corridoio situato sotto un portico ricavato dalla granitica parete della montagna: questo percorso era stato scavato direttamente nella nuda roccia e dal lato destro, delimitato da un parapetto in pietra, si poteva ammirare il candido e silenzioso vallone sottostante; questo stretto passaggio terminava davanti a una spessa e robusta porta che era l’ingresso di un piccolo edificio, anch’esso ricavato e incastonato nella parete del monte.

    Massimiliano bussò forte tre volte e un giovane monaco, alto e robusto, di nome Matteo, aprì il portone; da lì, una volta entrati, il frate che aveva spalle larghe e grandi mani che facevano presagire anche forti braccia e che aveva più l’aria di un guerriero che di un monaco, fece loro cenno di seguirlo; così, insieme, attraversarono un altro angusto androne, dove a metà percorso si diramavano due corridoi: il primo, posto sulla destra, era stretto e buio, mentre il secondo, a sinistra, leggermente illuminato da una fioca luce, lasciava intravedere un lontano vano; essi presero quel cunicolo e dopo circa una ventina di passi, sfociarono in una lunga e stretta stanza, che aveva sul suo lato destro una feritoia e in fondo, incastonato ai muri, un grosso mobile di legno su cui era posta un’infinità di libri; in alto, ai lati nelle rispettive pareti, alcuni metri prima della libreria, due torce accese, una per parete, illuminavano la piccola sala; queste fiaccole erano entrambe inserite in un robusto anello di ferro ancorato al muro; Massimiliano, il Capo Guerriero dei Santi Difensori, fece cenno al monaco di procedere: il giovane frate tolse la torcia che stava sulla parete destra e afferrando l’anello lo tirò verso di sé.

    Si sentì come uno scricchiolio, uno scatto che dall’altra parte del muro fece attivare una ruota dentata: essa era il principio di un ingranaggio che comandava l’apertura di un passaggio segreto.

    Una parte dello scaffale adagiato alla parete si spostò di lato aprendosi come un libro e mostrando, dietro di esso, l’inizio di una bianca scalinata a chiocciola costruita in pietra che digradava verso il basso.

    La lunga spirale, composta di numerosi scalini, scendeva ripida e molti metri più sotto sfociava in una galleria, attraversando la quale, dopo circa una cinquantina di passi, si giungeva in una gigantesca sala; questa era illuminata da una fessura, un taglio rettangolare, in alto tra il soffitto e la parete di fondo che lasciava entrare sia l’aria sia la pallida luce del giorno: quel fioco riverbero era aiutato dal chiarore di otto torce, due per parete, inserite in anelli di ferro incastonati ai muri e da un grande candelabro che dall’alto del soffitto, formato dalla nuda pietra, scendeva giù, fino nel bel mezzo del salone per mezzo di una lunga catena, rimanendo sospeso a circa tre metri dal pavimento.

    Laggiù in quell’enorme stanza ricavata dalla roccia, nelle viscere della montagna, il Gran Consiglio dei Santi Difensori li stava aspettando.

    I giovani eredi delle famiglie Degli Angeli si guardavano intorno, affascinati, stupiti e meravigliati: erano giunti nell’arcana e segreta sala del Gran Consiglio.

    Nell’ampio e maestoso salone, nel cuore della montagna, i loro occhi furono subito catturati dalla grande statua di marmo bianco che, posta sopra un alto piedistallo al centro della parete nel fondo della stanza, raffigurava l’Angelo Siriele, detta la Cinquestelle, la progenitrice della stirpe guerriera alla quale anche loro appartenevano.

    I cinque rampolli, nelle loro celesti vesti con cinque stelle ricamate al centro del petto simboleggianti una croce, osservavano affascinati il candido e superbo simulacro che raffigurava una giovane donna con grandi ali e lunghi capelli ondulati che le scendevano lungo le spalle: essa era armata di spada e di arco e nel suo petto, sulla sua armatura, erano rappresentare cinque stelle, poste a forma di croce.

    Tutto intorno alle granitiche pareti della mastodontica sala vi era, appesa al muro, un’infinità di antichi scudi sotto ciascuno dei quali erano adagiate, una sopra all’altra, due altrettanto antiche spade.

    Ai fianchi della statua, equidistanti da essa una dozzina di metri, scavati nella roccia, vi erano due grossi camini, dove della legna, bruciando, crepitava fra i numerosi tizzoni ardenti e le lunghe fiamme che salivano verso l’alto: questi fuochi riscaldavano con la loro luce tutta l’enorme sala.

    Nel lato opposto alla parete del simulacro, un’arcata in pietra era l’accesso a un lungo e rettilineo corridoio semioscuro, rischiarato a malapena da bassi e grossi ceri posti dentro alcune nicchie nei rispettivi muri; alla fine di questo cunicolo s’intravedeva un altro ampio vano che, al contrario del tunnel, era discretamente illuminato.

    Da quella lontana stanza, attraversando la grigia e quasi buia galleria, erano appena giunti due monaci: uno di questi, anziano e cieco, teneva un lungo bastone nella mano destra, mentre con la sinistra afferrava il braccio dell’altro frate che lo aiutava guidandolo nel suo deambulare.

    Quel vecchio religioso non vedente, che con l’ausilio del suo bastone, fiero e sicuro, camminava a testa alta, era stato un tempo un valoroso combattente ed era ora uno dei membri del Gran Consiglio e aveva il nome di Pietro.

    Questi era un uomo molto saggio ed era assai stimato dalla confraternita; circolavano strane voci sul suo conto: si diceva che fosse dotato di uno strano potere, si vociava che la cecità gli avesse concesso un dono: sembrava che l’anziano e cieco Cavaliere dell’Ordine avesse la facoltà di comunicare con la mente di altri, o meglio di entrare nei pensieri delle persone con le quali sentiva di avere un contatto, anche se queste fossero state fisicamente molto lontane.

    Quel monaco, quel fratello della setta, a volte costituiva l’arma segreta dei Santi Difensori; a lui gli anziani e il Capo Guerriero chiedevano sempre consiglio prima di una missione, affidandosi completamente alle sue intuizioni; egli infatti riusciva a vedere con gli occhi della sua mente, proiettandosi anche in terre lontane, tutto ciò che avveniva nei teatri di battaglia, dove uno o più suoi discepoli, addestrati a comunicare mentalmente con lui, venivano di proposito mandati per riferire il loro pensiero e le loro sensazioni; così, in questo modo, la confraternita era in grado di controllare lo svolgersi delle battaglie e se necessario intervenire, anticipando le mosse del nemico.

    Di questo enigmatico e schivo personaggio, che amava parlare poco e soleva stare spesso in completa solitudine, non si sapeva granché, ma se del vecchio Pietro e dei suoi poteri poco o nulla era dato realmente sapere, dei suoi discepoli tutto era celato: nessuno, a parte Massimiliano e l’anziano del Gran Consiglio, conosceva l’identità dei suoi allievi… i loro nomi erano tenuti in gran segreto, questi velati guerrieri, i misteriosi discepoli del maestro Pietro, erano chiamati Mentali.

    Appena i due frati furono entrati nella Magna Sala, alcuni rumori, simili a scalpitii di passi, si udirono provenire dal corridoio: al loro seguito, da quel lontano e luminoso vano, spediti e veloci, attraversando il semioscuro tunnel, giunsero nella grande stanza numerosi uomini armati: erano tutti vestiti con bianchi abiti templari, essi erano guerrieri dei Santi Difensori.

    Siriele la Cinquestelle

    Artemio, il più anziano del Consiglio, austero e tacito, era seduto su una massiccia poltrona in legno, dove era scolpita, all’estremità di ognuno dei due braccioli, una testa di leone; questa sedia era posta su di un basso ligneo piedistallo qualche metro davanti alla statua dell’Angelo; il vecchio Santo Difensore aveva ai suoi fianchi tutti i Consiglieri, anch’essi, seri e silenziosi, che accomodati su grandi seggi, osservavano con sguardo interessato i cinque baldi giovani.

    Artemio si alzò in piedi e tutti gli altri membri lo imitarono, scese dal gradino e fece alcuni passi avvicinandosi a un leggio che era posto al centro della sala, su cui era appoggiato uno spesso libro; lì, eretto e silente, si guardò per un attimo intorno, dopodiché fece cenno ai cinque giovani presenti di farsi avanti; aspettò un momento affinché i figli di Ermete e Odone si avvicinassero a lui e quando essi furono al suo cospetto, guardandoli negli occhi e con voce ferma e sicura si rivolse loro:

    «Benvenuti, giovani eredi delle famiglie Degli Angeli, nella segreta e arcaica sede dei Santi Difensori; voi siete qui oggi come nuovi membri e come tali ora fate parte della confraternita, ma siete qui anche per apprendere e conoscere come ebbe origine in quel lontano passato».

    Poi, chinando leggermente il capo, pose le mani sul grande libro, l’aprì e iniziò a leggere ciò che in questo Vangelo scritto dall’erede diretto della Cinquestelle, il primo Santo Difensore, secoli e secoli prima segretamente era stato narrato:

    «Dal segreto Vangelo dei Santi Difensori.

    Capitolo primo: la creazione dell’Angelo.

    Nel controllato caos dell’immenso universo, l’Onnipotente, il Grande Architetto, creava nuvole di luce e nuove stelle.

    Fra le moltitudini di queste ne scelse cinque, le più piccole e influendo nelle dinamiche celesti deviò le loro traiettorie avvicinandole, per poi, alla fine, farle scontrare.

    Da quel lucente ed esplosivo ammasso di energia, il Creatore plasmò il nuovo Angelo.

    La neonata Celeste Figura, ancora avvolta nell’azzurra e accecante luce, prese subito coscienza del suo mandato e ringraziò l’Onnipotente di averla creata.

    Nell’immensa, materna e calda luce del paradiso, al cospetto degli Arcangeli e dei suoi fratelli Angeli, Lei fu presentata alle moltitudini di anime dei Santi e degli uomini miti e giusti che, per l’occasione, la stavano aspettando per poterla ammirare.

    Dio, in tutto il suo splendore, dall’alto del suo trono immerso nella potente luce delle stelle, comunicò a tutti il di Lei nome.

    L’Angelo con sembianze femminili, creato dalle cinque stelle, fu chiamato Siriele... e così tutti conobbero il suo nome».

    Lucia, la figlia più giovane di Ermete, mentre ascoltava affascinata la voce calma e rassicurante dell’anziano Consigliere, guardava, con i suoi grandi occhi blu, l’alta e magnifica statua dell’Angelo che si ergeva dietro il vecchio Santo Difensore.

    Immaginava le calde stelle e la potente luce che esse sprigionavano; osservava, con gli occhi della sua fantasia, l’essere alato in tutto il suo splendore combattere contro i demoni e sperava, in cuor suo, di poter vedere un giorno il suo lucente spirito, com’era avvenuto per sua madre e suo padre quella notte di ventitré anni prima.

    Sua sorella Sofia, che era inginocchiata come i suoi fratelli e suo cugino, le prese una mano e tirandola verso di lei, le fece capire che doveva prosternarsi come tutti gli altri.

    Lucia si rese conto solo allora di essere rimasta in piedi e velocemente s’inginocchiò.

    Il vecchio Artemio se ne accorse, interruppe per un attimo la lettura, fece trasparire una lieve smorfia di dissenso subito seguita da un leggero sorriso, poi come se nulla fosse, noncurante, riprese il racconto.

    Lesse a lungo, pagina per pagina: immerso nella lettura e scandendo le parole con voce chiara e forte, rivelò ai giovani tutte le gesta dell’immortale guerriera; poi si soffermò e guardando loro negli occhi rimase in silenzio per alcuni secondi, come se volesse sottolineare quel momento, quel passo del libro dove l’Angelo compiva il suo destino; pochi attimi poi riprese a leggere:

    «Nelle sperdute terre

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