Mal giocondo: Poesie
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Quando pubblicò questi versi, nel 1889, Pirandello aveva solo 22 anni, ed era in procinto di trasferirsi da Roma all'università di Bonn per proseguire gli studi di filologia romanza.
Luigi Pirandello (28 giugno 1867 – 10 dicembre 1936) è stato un drammaturgo, scrittore e poeta italiano, insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1934. Per la sua produzione, le tematiche affrontate e l'innovazione del racconto teatrale è considerato tra i maggiori drammaturghi del XX secolo.
Luigi Pirandello
Luigi Pirandello (1867-1936) was an Italian playwright, novelist, and poet. Born to a wealthy Sicilian family in the village of Cobh, Pirandello was raised in a household dedicated to the Garibaldian cause of Risorgimento. Educated at home as a child, he wrote his first tragedy at twelve before entering high school in Palermo, where he excelled in his studies and read the poets of nineteenth century Italy. After a tumultuous period at the University of Rome, Pirandello transferred to Bonn, where he immersed himself in the works of the German romantics. He began publishing his poems, plays, novels, and stories in earnest, appearing in some of Italy’s leading literary magazines and having his works staged in Rome. Six Characters in Search of an Author (1921), an experimental absurdist drama, was viciously opposed by an outraged audience on its opening night, but has since been recognized as an essential text of Italian modernist literature. During this time, Pirandello was struggling to care for his wife Antonietta, whose deteriorating mental health forced him to place her in an asylum by 1919. In 1924, Pirandello joined the National Fascist Party, and was soon aided by Mussolini in becoming the owner and director of the Teatro d’Arte di Roma. Although his identity as a Fascist was always tenuous, he never outright abandoned the party. Despite this, he maintained the admiration of readers and critics worldwide, and was awarded the 1934 Nobel Prize for Literature.
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Anteprima del libro
Mal giocondo - Luigi Pirandello
l'Eletta
I. Peristi? In vano te da le pagine
Peristi? In vano te da le pagine
sacre richiamo dunque, o purissimo
amore di tempi lontani,
vergin diva, tra gli uomini novi?
In vano, o vergin greca, la limpida
tua voce chiamo su le marmoree
fidiache labbra del tuo
simulacro, da secoli muta?
Mutaro i tempi. L'antico genio,
li antichi affetti già un fiero turbine
incalza da l'imo, e respinge
acre, fuor de la vita, ventando.
Al suo gagliardo soffio già crollano
le vecchie sedi (son chiese e reggie)
e tanta rovina recente
con vïolenta furia pervade
soverchiatrice onda di popolo,
che spezza e abbatte, che freme e s'agita
al fin di sua possa cosciente,
reclamante il suo dritto a la vita.
I dolci inganni che tu, pia vergine,
sì come pioggia di rose roride
da grembo divino piovente
su l'umane sciagure, ne davi,
ha già spogliato, severa e rigida,
d'ogni lor verde, una novissima
iddia da gli occhi di falco
scrutatrice ostinata del vero.
Per lei l'antica vista (o del secolo
inestimabil trionfo e gloria)
il mondo ha cangiato, e più intensa
ride agli uomini e varia la vita.
Ecco: lontane genti in un attimo
hanno di loro casi notizia:
l'umana fraterna parola
per metalliche fila trascorre.
Per lei su terre su fiumi e oceani,
solo una patria del globo agli uomini
facendo, in attivo commercio
vittorioso vola il vapore.
Per lei più eque leggi correggono
le nove genti, per lei l'industrie
s'accendono, agli uopi traendo
de la comune madre i tesori.
E lei dovunque, iddia benefica,
ne le parole nostre, ne l'aria,
in seno al domestico lare,
ovunque, sentiamo presente.
Ma tu fra noi, divina vergine,
tu da l'Olimpo sacro de gli Elleni,
fra noi, sol ne l'ozio invocata,
scenderai, con incesso di dea?
Romanzi
I. Come tenace auriga antico, il quale
Come tenace auriga antico, il quale
su l'agil biga per lungo discorso
frenò l'ardor de l'arabo animale,
subitamente, fatto arco del dorso,
i freni allenta e aizza con vocale
sprone la coppia dei focosi al corso,
e va, che par saetta, e scossa polve
lontano in una nube aurea l'involve;
tale il teso a fuggire interno duolo,
sciolto a la fantasia l'ala gioconda,
pe 'l fantastico ciel mi caccio a volo;
e la nube dei sogni mi confonda.
II. Udite. Da le pagine immortali
Udite. Da le pagine immortali
del divin Ferrarese a raccontare
una diversa favola di strani
versi a voi vengo.
Vi condurrò sotto un velame antico
a intender novo caso e nova pena.
Chi nel giovin ch'io fingo sè vedesse,
mesto acconsenta.
Corse infrequenti vie spronando a sangue
l'animoso destrier fiero annitrente
in fuga impetuosa, erte le orecchie,
le nari ansanti.
Valli dal verno desolate corse
e inculti piani sterminati e soli,
fiumi guadò, valicò monti, ignaro
del suo viaggio.
Ira di tempo o sorriso d'aprile
già mai no 'l vinse o gli allentò la furia:
Sprone d'insani desideri avanti
sempre lo spinse.
L'inseguiron pe ’l ciel nuvole fosche,
quasi a gittar su lui funereo manto;
e a lui sempre atterrita eco rispose,
nunzia di morte.
Raccolse al suo passar grida e sospiri
di genti grame, e mestizie profonde
di offesi campi da i venti autunnali
al verde infesti.
E gonfio il petto d'angosciose pene
senza mai posa andò, come rapito
dietro un fantasma innanzi a lui fuggente,
lusingatore.
Andò fin che a la furia il generoso
animale non giacque: allor fermossi,
compreso ancor da l'impeto e stupito
di quel suo stare.
E in torno si guardò: per ogni lato
una gran selva di misteri intensa
eragli sopra, e contendeagli il passo
silenziosa.
Raggio di sol non penetrò giammai
l'immenso intrico di quei rami torti;
non mai furore di rapaci venti
spogliò quel verde;
ma d'ogni parte il guardo ansio escludendo,
senza limiti stava, in contro al cielo:
In lei l'in van per tanta via seguito
fantasma vano
era disparso. Il giovine ostinato
non disperò, non imprecò la sorte:
Dal rovesciato arcion tolta una scure,
mosse a la selva.
Ma al primo colpo su una quercia antica
udì levarsi in grembo al verde orrore
un clamor sordo d'indistinte voci
misteriose.
Ristette impaurito, ogni vitale
forza acuïta ne l’orecchio teso: