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La Regione sconosciuta
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E-book272 pagine3 ore

La Regione sconosciuta

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Info su questo ebook

Cos'è la Regione Sconosciuta? Un luogo dove ci si imbatte negli spiriti disincarnati e magari si può avere uno scambio di idee con Benito Mussolini? Oppure è il luogo della memoria e del rimpianto, dove il tempo cancella ogni distinzione tra passato e futuro, per l’affermazione di un eterno presente? O, ancora, è un mondo parallelo al nostro di cui nulla si conosce?

Reintegrato nel suo ufficio, il direttore editoriale della Chiaroscuro decide di accettare il misterioso invito a recarsi nella Regione Sconosciuta, dove a fargli da guida sarà una bellissima creatura femminile dai poteri indecifrabili. Forse non può rifiutare l’invito, forse è spinto a compiere il viaggio per lasciarsi alle spalle la delusione del suo amore per Virginia, la ragazzina conosciuta tanti anni prima in libreria, persa, ritrovata, e nuovamente persa.

La narrazione si profila come la continuazione ideale di L’Amore Consapevole - il precedente romanzo dell’autore - anche perché, oltre al direttore editoriale, ritroviamo qui, sia pure in una prospettiva diversa, alcuni dei personaggi che già conoscevamo. Questa volta, però, il protagonista non dovrà combattere contro se stesso o contro invisibili poteri occulti, peraltro facilmente identificabili nella realtà quotidiana, ma vivrà un’esperienza del tutto fuori dell’ordinario e la sua nuova consapevolezza sarà nello scoprire che nulla avviene a caso nell’universo dal quale proviene e che la libertà degli esseri umani è continuamente minacciata proprio dall’ignorare che esiste una Regione Sconosciuta.

Se L’Amore Consapevole è stato giustamente definito un romanzo "avvincente come un thriller e sfumato nelle tinte rosa", La Regione Sconosciuta si presenta a buon diritto come un thriller metafisico che, con il suo ritmo incalzante e il suo stile scorrevole, tiene occupato il lettore dall’inizio alla fine per gli interrogativi che suscita e che solo nelle ultime pagine troveranno risposta.

LinguaItaliano
Data di uscita14 ott 2019
ISBN9788869346071
La Regione sconosciuta
Autore

Sergio Magaldi

Laureato in Scienze Politiche e in Filosofia, già ricercatore presso l'Istituto di Filosofia dell’Università di Roma, preside nei licei di stato e specializzato in Storia e culture americane presso l’Università di Irvine [California-USA], Sergio Magaldi è autore di numerosi saggi in libri e riviste, di articoli di taglio filosofico e sociologico sui quotidiani nazionali, ed ha una vasta produzione di programmi radiofonici per la Rai Tv: servizi giornalistici e soprattutto sceneggiati storici, antropologici e letterari, a puntate. Maggiori informazioni sono disponibili sul sito: www.sergiomagaldi.it. Ha pubblicato, con traduzione introduzione e note, Aesh mezareph, trattato alchemico-cabbalistico del XVII secolo, la traduzione del noto romanzo Triste fim de Policarpo Quaresima di A. Lima Barreto, lunghe introduzioni a opere di carattere filosofico e teologico, come Necessità matematica dell’esistenza di Dio di René de Cléré, Racconti della Shoà, Akèldama, il campo di Giuda etc.; è autore di numerosi post di argomento politico, letterario e filosofico sul proprio blog: http://zibaldone-sergio.blogspot.com Con La Regione Sconosciuta è al suo quarto romanzo, dopo L’Amore Consapevole, La tinozza di rame e Thipheret.

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    Anteprima del libro

    La Regione sconosciuta - Sergio Magaldi

    © Bibliotheka Edizioni

    Via Val d’Aosta 18, 00141 Roma

    tel: +39 06.86390279

    info@bibliotheka.it

    www.bibliotheka.it

    I edizione, ottobre 2019

    e-Isbn 9788869346071

    Isbn 9788869346064

    È vietata la copia e la pubblicazione, totale o parziale,

    del materiale se non a fronte di esplicita autorizzazione scritta

    dell’editore e con citazione esplicita della fonte.

    Progetto grafico e disegno di copertina:

    Brozzolo Riccardo per Eureka3 S.r.l.

    www.eureka3.it

    Sergio Magaldi

    Laureato in Scienze Politiche e in Filosofia, già ricercatore presso l’Istituto di Filosofia dell’Università di Roma, preside nei licei di stato e specializzato in Storia e culture americane presso l’Università di Irvine [California-USA], Sergio Magaldi è autore di numerosi saggi in libri e riviste, di articoli di taglio filosofico e sociologico sui quotidiani nazionali, ed ha una vasta produzione di programmi radiofonici per la Rai Tv: servizi giornalistici e soprattutto sceneggiati storici, antropologici e letterari, a puntate.

    Maggiori informazioni sono disponibili sul sito: www.sergiomagaldi.it.

    Ha pubblicato, con traduzione introduzione e note, Aesh mezareph, trattato alchemico-cabbalistico del XVII secolo, la traduzione del noto romanzo Triste fim de Policarpo Quaresima di A. Lima Barreto, lunghe introduzioni a opere di carattere filosofico e teologico, come Necessità matematica dell’esistenza di Dio di René de Cléré, Racconti della Shoà, Akèldama, il campo di Giuda etc.; è autore di numerosi post di argomento politico, letterario e filosofico sul proprio blog: http://zibaldone-sergio.blogspot.com

    Con La Regione Sconosciuta è al suo quarto romanzo, dopo L’Amore Consapevole, La tinozza di rame e Thipheret.

    Il sequel de L’amore consapevole è un thriller metafisico, ambientato in un mondo dove le coordinate del reale si sfaldano inesorabilmente e dove lo spazio e il tempo sono inganni illusori.

    In volo

    Da circa ventisei ore sono in volo per la Regione Sconosciuta. Appena atterrato ai limiti del mondo conosciuto, aspetterò che l’emissario che mi è stato annunciato si faccia riconoscere per guidarmi oltre il confine che nessuno può varcare senza essere invitato. Non so se la mia guida sarà un uomo o una donna, non conosco la sua età e neppure il colore della sua pelle. So solo che mi attende ancora un lungo viaggio dove spero che tutto mi sia spiegato. Conoscerò il motivo di questo invito che mi è giunto da Zero – che, se ho capito bene, è la capitale della Regione Sconosciuta –, quanto tempo durerà la mia permanenza, quale compito mi sarà affidato per il ritorno. Considero anche l’eventualità che l’emissario della Regione non possa o non voglia dirmi nulla e che debba attendere la fine del viaggio per saperne di più.

    Confesso di non aver accettato l’invito a cuor leggero e che sino all’ultimo ho cercato di guadagnare tempo, prima di dare una risposta definitiva. Perché, dopo tutto, si tratta di un salto nel buio e nessuno che io conosca ha mai visitato la Regione Sconosciuta per potermene parlare. Ignoro la lingua dei suoi abitanti e meno ancora ne conosco le abitudini. Pare che intendano e parlino tutte le lingue del mondo, senza eccezione alcuna e mi è stato assicurato che non faticherò molto ad ambientarmi. D’altra parte, essere chiamati è un privilegio che non si può rifiutare, senza incorrere in non meglio precisate e spiacevoli conseguenze.

    Il pilota inizia le manovre di atterraggio ed io, come per un riflesso condizionato, ripongo la biro nel taschino della giacca e smetto di prendere appunti sull’elegante block notes in pelle, di Carlo Diomedi, regalo di Virginia.

    Florence

    «Sei tu il direttore della Chiaroscuro Edizioni

    «Sì.»

    «Sono io la persona che aspetti. Il mio nome è Florence.»

    A rivolgermi la parola è una giovane donna dalla pelle di seta nera e dagli occhi dell’ebano lucente. Chissà perché mi vengono in mente gli occhi di Concettina di Uocchie c’arraggiunate. In fondo, l’associazione con la nota canzone napoletana non è poi così strana, l’ho suonata al pianoforte proprio ieri, dopo aver rivisto in streaming Gennareniello, la commedia che il grande Eduardo scrisse nel lontano 1932.

    St’uocchie ca tiene belle,

    lucente ccchiù d’‘e stelle,

    sò’ nire cchiù d’‘o nniro

    […]

    Sò nire, cchiù sblennente

    ‘e ll’ebano lucente.

    Comm’a na seta fina

    só’ ll’uocchie ‘e Cuncettina.

    Florence è uno splendido fiore del deserto e la sua vista mi è di conforto nello squallore di questo confine con la Regione Sconosciuta, dove l’aereo è appena atterrato. Mi strappa di mano la ventiquattrore con il PC, il block notes e i pochi effetti personali – il solo bagaglio che mi sia stato consentito di portare – e m’invita a seguirla. Le sue forme sono perfette e odorano di nardo. Guardo la tunica bianca, corta, traforata e trasparente, sopra gli indumenti intimi dello stesso colore e resto affascinato da tanta bellezza. Mi chiedo come resista al freddo di questi luoghi con il vestito che indossa, mentre io continuo ad avvolgermi la sciarpa attorno al collo e alle orecchie. Forse gli abitanti della Regione Sconosciuta sono insensibili al clima gelido o forse proteggono il corpo con sostanze speciali. Presto saprò e sono anche curioso di conoscere che genere di guardaroba mi è stato riservato, visto il divieto di portare con me altri indumenti al di fuori di quelli che indosso.

    Bianca è anche la superba Ferrari 488 pista spider che ci attende dall’altra parte della strada, se così può chiamarsi la striscia di terra nerastra e innevata che ci separa dalla vettura. Saliamo a bordo e partiamo in un boato. Per rompere il ghiaccio – quello metafisico e non quello reale che troviamo sulla strada – chiedo a Florence quanto durerà il viaggio.

    «Comprendo la tua ansia – mi dice girando appena il viso dalla mia parte e abbozzando un sorriso – hai volato per un numero di ore che nessun aereo della Regione Nota può sostenere senza scalo e sarai stanco, ma non sono in grado di risponderti. Molto dipende dal viaggiatore.»

    «Scusa, ma non capisco…»

    «Il fatto è – continua Florence accelerando l’andatura – che non tutti i viaggiatori sono uguali. Il mio compito è di condurti a Zero, la capitale della Regione Sconosciuta, ma prima di arrivare a destinazione passeremo per molti luoghi interessanti ed io non posso sapere se chiederai di fermarti.»

    «Ho questo potere?!»

    «Certo, e non solo. Nella Regione sconosciuta, a differenza di quanto accade nel tuo mondo, disponi di una vasta gamma di possibilità e una scelta non ne esclude necessariamente un’altra.»

    «Non capisco.»

    «La fonte della vita è nel desiderio e desiderare significa scegliere, non importa se consapevolmente o no. Nel mondo dal quale provieni una scelta finisce spesso col rendere impossibili tutte le altre.»

    Aveva senso quello che Florence mi stava dicendo? In quel momento desideravo fare una doccia, ma nello stesso tempo volevo arrivare prima possibile alla meta. In contemporanea, i due desideri erano impossibili, ma con un piccolo compromesso li avrei soddisfatti entrambi. Scegliendo di fermarmi per una doccia, avrei differito di poco la realizzazione dell’altro desiderio. Florence sembrò indovinare i miei pensieri.

    «Naturalmente, c’è desiderio e desiderio. Alcuni li puoi realizzare nel tempo, ma nella Regione Nota ci sono scelte che escludono ogni altra scelta e che trasformano la vita in quello che voi chiamate destino.»

    Mi chiedo che scelta sia una scelta che non accetti il rischio di escluderne ogni altra. È questo che ti fa sentire il peso ma anche l’ebbrezza della libertà! Florence mi stava dicendo che nella Regione Sconosciuta non si era costretti a scegliere?

    Avevo spesso letto che la differenza tra l’uomo e Dio consiste proprio nella scelta e la scelta, mi aveva appena ricordato Florence, non è altro che un desiderio al quale si dà la preferenza, per poco tempo o per molto, consapevoli o inconsapevoli: non faceva differenza.

    Insomma, la libertà di scegliere è il segno dell’imperfezione umana, Dio non conosce l’angoscia della libertà e della scelta perché la sua volontà coincide con la necessità della sua natura. Dunque – fu la mia conclusione – nella Regione Sconosciuta abitavano dei o mentecatti o entrambi, neanche prigionieri o schiavi che avrebbero potuto scegliere di ribellarsi, anche se al prezzo della vita. E per un attimo pensai che la splendida creatura che mi sedeva accanto e che a trecento all’ora mi trascinava via dal vecchio mondo, potesse davvero essere una dea.

    La Contea delle Possibilità

    Dovevamo già essere entrati nella Regione Sconosciuta, anche se non si era visto neppure un cartello, né avevamo varcato una frontiera. I segni però erano tangibili. Il deserto era scomparso per far posto alla vegetazione primaverile – nel mondo che avevo appena lasciato era già dicembre – , l’aria era tepida e profumata di fiori appena sbocciati, il cielo da plumbeo s’era fatto azzurrino, gli alberi ai lati della strada mostravano il verde tenue e lucente di foglie appena rinnovate.

    «Qui è già primavera!», esclamai liberandomi della sciarpa e sbottonando il burberry di lana e cashmere.

    «Se è questo che desideri… Ci troviamo già nella Regione Sconosciuta e stiamo attraversando la Contea delle Possibilità

    «Che significa se è questo che desideri

    «Significa che qui non esiste il tempo.»

    Guardai di scatto il mio Longines Planetarium con le fasi lunari e i segni zodiacali e mi accorsi che le lancette erano ferme. Segnavano l’ora che calcolai essere, più o meno, quella in cui avevamo oltrepassato i confini della Regione Nota. A meno che il mio costoso orologio non si fosse improvvisamente rotto, non avrei più avuto bisogno, come il Faust di Goethe, di sussurrare all’attimo: Sei così bello, fermati!.

    Florence mi lesse ancora nel pensiero, liberò una mano dal volante e mi accarezzò una guancia.

    «Vedi – disse sorridendo – entrando nella Regione Sconosciuta, il tempo si ferma e ognuno trova la stagione che desidera, anche solo inconsciamente. Tu hai scelto la primavera, ma ci sono viaggiatori che preferiscono l’estate, altri l’autunno e persino l’inverno.»

    Alla grande emozione di poco prima, subentrò la delusione. Non eravamo nella terra dell’eterno presente, ma forse in quella dell’eterna illusione. Florence si accorse del mio turbamento e riprese a parlare.

    «Il fatto che non per tutti sia primavera non fa di questa terra un sogno.»

    «Ma – obiettai – gli abitanti della Contea delle Possibilità…»

    Non mi lasciò completare la domanda.

    «La Contea ha quattro dimensioni, ciascuna delle quali corrisponde a una stagione, ma senza che vi scorra il tempo, o se preferisci, qui il tempo esiste solo in funzione dello spazio. Andando avanti, entreremo nella dimensione dell’estate e, così di seguito, in quelle dell’autunno e dell’inverno.»

    «Mi stai dicendo che gli abitanti di questa dimensione della Contea godono di un’eterna giovinezza? Se non capisco male, dunque, questo bizzarro scorrere del tempo tiene lontani gli abitanti dalla vecchiaia e dalla morte?»

    «Non proprio. Qui si nasce proprio come nel mondo dal quale provieni e il nativo, per crescere, ha l’obbligo di passare ripetutamente per le quattro stagioni, che più o meno equivalgono a uno dei vostri anni e con lui, naturalmente, saranno costretti a farlo i suoi educatori.»

    «Vuoi dire i suoi genitori?»

    «Voglio dire i suoi educatori, perché appena nati, i figli sono affidati a docenti pubblici che li allevano in comune e tutti quelli nati in uno stesso periodo, opportunamente delimitato, si considerano tra loro fratelli e sorelle, e i padri e le madri li considerano tutti come propri figli.»

    «Non ci posso credere! Platone, un antico e illustre filosofo della Regione Nota, teorizzò tutto questo!»

    «Sì, ho sentito parlare di lui, ma qui ci sono delle differenze, perché le femmine non sono in comune, la convivenza è libera, e non c’è un’autorità pubblica che gestisca gli accoppiamenti, ma ogni coppia si costituisce spontaneamente e altrettanto liberamente si scioglie.»

    «Come si delimita un periodo, se il tempo non esiste, se i giorni non sono separati dalla notte?»

    «Come ti ho appena detto, da noi il tempo si realizza nello spazio, ma lo scorrere del tempo lineare è calcolato artificialmente con la Grande Clessidra, collocata nell’edificio di forma ettagonale che presto vedrai.»

    «Potrò vedere la Clessidra?»

    «Non esattamente, l’accesso non è consentito quasi a nessuno ed è guardata a vista da speciali custodi, per evitare che possa essere alterata, però vedrai dall’esterno il grande edificio nel quale è collocata.»

    «Come si calcola un periodo?»

    «Appena la Grande Clessidra si svuota, finisce un periodo. Allora è di nuovo riempita e ha inizio un nuovo periodo.»

    «Capisco. Tornando agli abitanti, se non capisco male, dunque, questo bizzarro scorrere del tempo tiene lontani gli abitanti dalla vecchiaia e dalla morte?»

    «Solo dalla vecchiaia e solo se lo si desidera. Basterà che ognuno si fermi una volta per tutte nella dimensione preferita e la sua età si fermerà con lui. Questo però non lo sottrae alla malattia e alla morte.»

    «Capisco, ma gli evita almeno la fine per consunzione e tutte le malattie dell’età senile. Immagino che la Contea sia piena di giovani e che i vecchi siano rari.»

    «Sì, i vecchi non sono molti, ma ci sono meno giovani di quello che pensi.»

    «Come mai?»

    «Viene il momento in cui sei costretto a scegliere tra il desiderio di restare giovane e quello di fare carriera. Solo l’esperienza accumulata girando e rigirando per le quattro dimensioni conferisce al nativo prestigio e autorevolezza, inoltre solo ai più anziani è consentito governare.»

    «Mi piacerebbe conoscere qualche abitante della Primavera!»

    «Allora dobbiamo fermarci o finiremo di filato nella seconda dimensione.»

    I ciliegi: fiori e frutti

    Florence rallentò l’andatura e dopo qualche chilometro svoltò alla sua destra. Lo spettacolo dei ciliegi in fiore, dalle tinte bianche e rosate, mi lasciò senza fiato. Valutai che quella esplosione di bellezza era unica, non perché non avessi già visto qualcosa di simile – come non ricordare la sensazione dell’hanami del parco Ueno di Tokyo? – ma qui sapevo di assistere ad un fenomeno straordinario. Quella bellezza che mi circondava da ogni parte non era lì nel segno dell’effimero, si dava per sempre. E subito dopo la ragione interruppe il magico idillio. Senza l’azione del tempo – pensai con angoscia – i fiori mai sarebbero divenuti frutti! La dimensione della Primavera, nella Contea delle Possibilità, era dunque qualcosa di incompiuto, manifestava l’esplosione e la bellezza della rinascita, ma poi non andava oltre, era come un quadro vivente nella sua affascinante rigidità.

    «Gli abitanti di questa parte della Contea non mangiano ciliegie…», non era una domanda rivolta a Florence, ma una constatazione ad alta voce.

    «Cosa te lo fa pensare?»

    «Questi splendidi fiori non diverranno mai ciliegie, non hai detto che qui non esiste il tempo?»

    Annuì senza fiatare e pigiò il piede sull’acceleratore. Dopo pochi chilometri, finalmente parlò: «Che vedi laggiù?»

    Se la vista non m’ingannava, le macchie di colore che scorgevo in lontananza erano alberi carichi di ciliegie mature.

    «Com’è possibile?!», esclamai.

    «Non ricordi quanto ti ho detto? Ciascuna delle tre ekstasis temporali – passato, presente e futuro – si realizza nello spazio. Siamo entrati nella Contea delle Possibilità dal lato della Primavera, perché così hai voluto, ma avanzando in questa provincia, ritroviamo tutte le potenzialità di questa dimensione.»

    Quando l’auto raggiunse i ciliegi, pregai Florence di fermarsi. Non c’era frutto che amassi di più. Fra le tante varietà avevo naturalmente le mie preferenze, ma di una cosa ero certo: niente esaltava di più i miei sensi che vedere, odorare, toccare e assaporare le ciliegie che preferivo.

    Solo ora capivo davvero il significato dell’affermazione di Florence, quando aveva detto che, nella Regione Sconosciuta, il tempo esisteva solo in funzione dello spazio. A differenza del mondo in cui vivevo, qui la realtà non si dispiegava nel divenire, era piuttosto il tempo a manifestarsi nello spazio.

    Scendemmo dall’auto per avvicinarci agli alberi e io fui di nuovo rapito nella contemplazione di tanta bellezza. I rami erano carichi di frutti, tutti maturi allo stesso modo, ma differenti secondo la varietà degli alberi. C’erano le ciliegie bianche e gialline, quelle bianche e rosse, quelle grandi e a punta con il lungo peduncolo, quelle molto rosse e dalla buccia punteggiata, quelle a forma di cuore e anche quelle che amavo di più e che nel mio mondo conoscevo come i duroni neri di Vignola, di cui spesso avevo fatto indigestione.

    «Mangiane… se vuoi», disse Florence in tono divertito. Con la mano che tremava, ne staccai dal ramo una grande e nera, dimenticando di coglierla insieme al suo peduncolo, come sapevo si dovesse fare per non danneggiare la pianta. La ciliegia più buona e dolce che avessi mai mangiato. La meraviglia fu quando posai di nuovo lo sguardo sul ramo: il frutto era sempre al suo posto! Non credevo ai miei occhi e cercai inutilmente tra le foglie il gambo privo del frutto, nella certezza di essermi ingannato. Guardai interrogativamente la mia guida e lei mi parlò in modo enigmatico.

    «Da me, non avrai altre spiegazioni. Sei in grado ormai di capire da solo perché la ciliegia che hai appena mangiato si trovi ancora al suo posto.»

    Che avrei dovuto capire? Che la vita lì era un sogno, un’illusione della mente? L’avevo già pensato, entrando nella Regione Sconosciuta, ma Florence mi aveva dissuaso dal crederlo. Ora non c’erano che due spiegazioni: solo nella mia immaginazione avevo colto e assaporato la ciliegia, oppure quello era un albero magico di una realtà altrettanto magica. Se avessi continuato a fare domande, sapevo già quali sarebbero state le risposte di Florence. Ineffabile, avrebbe detto che io avevo effettivamente mangiato la ciliegia, ma che quella non si era mossa dall’albero, perché nella dimensione in cui eravamo la natura non conosceva un prima e un dopo ma solo un eterno presente.

    Virginia

    L’esperienza della ciliegia – colta, mangiata e riapparsa o sempre rimasta sull’albero – mi lasciò interdetto e non osai ripeterla, per quanto grande fosse la voglia di assaporare l’infinita varietà di quelle ciliege.

    Forse ero davvero in un sogno e le ventisei ore di volo, il freddo glaciale all’arrivo, Florence e la Ferrari bianca, la Regione Sconosciuta, la Contea delle Possibilità e gli alberi di ciliegio ne facevano parte. Senza contare che lungo la strada, percorsa a 300 all’ora, non avevamo incontrato una sola vettura, né tra i ciliegi c’eravamo imbattuti in anima viva. Ricordavo però di aver udito distintamente il canto degli uccelli. Nel coro, avevo riconosciuto il fischio del merlo, gli acuti dello scricciolo, il canto melanconico del ciuffolotto dal petto vermiglio, il lungo richiamo d’amore della cinciallegra, lo srotolarsi come di un serpente a sonagli nel canto del piccolo codibugnolo, ma forse s’era trattato del solito acufene di cui avevo sempre sofferto e che era tornato a darmi fastidio.

    Conoscevo il mio rapporto difficile con la realtà, da quando avevo ricevuto le mail di Shekinah e di Azrael, la prima a gratificarmi del suo amore, il secondo per punirmi di desiderarla. Sapevo che, nella Qabbalah, Shekinah rappresenta la presenza divina nel mondo, concepita per colmare l’infinita distanza tra l’uomo e il suo creatore.

    Per quanto legata in modo indissolubile alla tradizione ebraica, Shekinah ha valenza universale, perché manifesta l’anelito umano verso la trascendenza.

    In questa prospettiva, Shekinah tende sempre più ad assumere immagini terrene e antropomorfiche – e, per strano paradosso, questo proprio all’interno di una tradizione che esclude categoricamente ogni rappresentazione del divino. Ciò è vero non solo nella Qabbalah, ma persino nei testi della tradizione rabbinica dove si parla "dell’incontro dei singoli con il volto della Shekinah".

    E, proprio perché la luce da lei emanata non può essere sostenuta da occhio umano, né il suo volto essere rappresentato nella sua aspirazione all’indiamento, ecco Shekinah declinarsi in forme umane femminili.

    Così, nella realtà che mi ero costruito da solo, avevo ingenuamente creduto che chi mi inviava lettere d’amore firmandosi Shekinah – a meno che non si trattasse di una burla – mi stava dicendo, in una dimensione tra il reale e l’irreale, che il suo amore

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