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Modena. Motori & Passioni
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E-book300 pagine3 ore

Modena. Motori & Passioni

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Info su questo ebook

C’è un luogo, in Italia, che è da sempre legato al mondo delle auto e delle moto sportive: Modena. Ferrari, Maserati, De Tomaso, Pagani, Bugatti… Una passione infinita che ha contribuito a creare un vero e proprio universo legato ai motori. Una ricerca avanzata affiancata a una produzione di altissimo livello che si accompagna ad una capacità unica nel recupero dei motori e auto d’epoca. Queste sono le storie che raccontano questa passione.
LinguaItaliano
Data di uscita1 gen 2022
ISBN9788868104573
Modena. Motori & Passioni

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    Modena. Motori & Passioni - Autori vari

    cover.jpg

    Autori Vari

    MODENA

    MOTORI&PASSIONI

    Prima Edizione Ebook 2022 © Associazione Editori Modenesi, Modena

    ISBN: 9788868104573

    img1.png

    Immagine di copertina su licenza

    Adobestock.com

    Via Piave 60 - 41121 Modena

    http://www.editorimodenesi.it

    e-mail: info@editorimodenesi.it

    MODENA

    MOTORI & PASSIONI

    Racconti

    INDICE

      PRESENTAZIONE

    L’AMORE AL TEMPO DEI MOTORI

    Michela Albanese

    COL CORPO CAPISCI

    Angela Amico

    AL DI LÀ DELLE DUNE

    Rodolfo Andrei

    MONRÒ

    Bettina Bartalesi

    LA MITICA BIANCHINA CELESTE

    Franco Bellandi

    AMORE FUORI GIRI

    Pierpaolo Chia

    IL MACCHINATORE

    Diego Cocco

    SE POTESSIMO PARLARE

    Pasquale Cofrancesco

    NON È VERO

    Gilberto Coppi

    TERRA DE MUTOR

    Giovanni Crespi de’ Denaro

    TITO E LA MOTOCICLETTA

    Antonello Farris

    UN KOALA SORRIDENTE

    Silvia Favaretto

    GIRA LA CHIAVE

    Beatrice Fiaschi

    GALEOTTA FU LA BUGATTI 55

    Elvira Giordano

    IN MACCHINA CON NONNO

    Luca Giordano

    VECCHIO BASTARDO!

    Stefano Giulidori

    UNA STORIA A MODENA

    Armando Iadeluca

    LA LANCIA DI SCHRÖDINGER

    Diego Inghilleri

    PIÙ VELOCE DEI SOGNI

    Giorgio Licuria

    SOGNANDO LA BICICLETTA

    Graziella Lo Vano

    LA CURVA PIÙ DIFFICILE

    Matteo Modesto

    CONTINUATE LA MIA OPERA, PERCHÉ L’HO CREATA PER SFIDARE IL TEMPO

    Rosalba Pantano

    SOGNAMMO… E CI CREDEMMO! POI…

    Theo Pezzi

    MEZZO PUNTO

    Diego Popoli

    AMICI E NEMICI IN FORMULA 1

    Ivo Ragazzini

    L’ULTIMA CORSA

    Massimiliano Renaud

    SOGNO E PASSIONE

    Ignazio Semilia

    L’ADDIO

    Valter Serafini

    LE MACCHINE DI LINO

    Michele Serlenga

    FINE DEL MONDO

    Marco Sigona Prini

    MASERATI VIOLA

    Margherita Simili

    DONNE E MOTORI

    Stefano Talamini

    LA CURVA DEL GASATO

    Pierluigi Tamborini

    BRECCIA

    Anna Tangocci

    MODENA MOTORI&PASSIONI

    Antonio Tomaini

    BIOGRAFIE AUTORI

    PRESENTAZIONE

    L’Associazione Editori Modenesi si è costituita nel 2009 e unisce diversi editori della provincia modenese.

    La lunga storia dell’AEM ha permesso agli editori associati di creare tra loro un rapporto sinergico volto alla diffusione della cultura in tante sue declinazioni – fiere del libro, mostre, cataloghi collettivi, presentazioni di opere, concorsi letterari, incontri con gli autori, pubblicazioni edite dall’Associazione – dando vita a una rete di relazioni culturali che oggi si estende su vasta parte del territorio modenese e che continua nel tempo a creare legami sempre più numerosi e diffusi tra le persone, le associazioni, le pubbliche amministrazioni, le biblioteche, i lettori, gli autori.

    Il contest letterario è una tra le iniziative che l’associazione propone annualmente. Con Motori & Passioni si è voluto proporre un argomento che superasse i limiti del territorio a cui siamo legati per fare in modo che il concorso avesse valenza nazionale. Se scorrete le biografie in fondo al volume noterete che gli autori provengono da ogni parte d’Italia: per l’Associazione è un obiettivo realizzato che ci procura grande soddisfazione.

    I risultati del contest li potete consultare sul sito della Associazione.

    Massimo Casarini

    Presidente

    Associazione Editori Modenesi

    www.editorimodenesi.it

    L’AMORE AL TEMPO DEI MOTORI

    Michela Albanese

    Sono pronta. Sento di avere la perfetta dose di carburante. Mi hanno pesata e nutrita fino a questo mirabile momento. Sono pronta. Mi hanno lucidata con la cura che si riserva alle cose importanti. Lucidata. Perfettamente pulita dentro e soprattutto fuori. La mia estetica rivela potenza ed eleganza. Mirabile connubio di arte e scienza. Sono ragione e sentimento. Sono il desiderio di menti umane spinte verso il limite. Amo la loro adrenalina. Il sudore che imperla le loro mani quando afferrano il mio volante. Il loro silenzio quasi sacro quando si siedono sui miei sedili. Progettati per aderire perfettamente alle loro schiene e alle loro anime. Qualcuno di loro prega. Entra dentro me e si piega in avanti, congiunge le mani e parla con il suo Dio. Io non conosco la loro lingua, ma comprendo quello che provano. Qualcuno è sicuro ed entusiasta. Qualcuno è dubbioso e incerto. Ma tutti hanno una cosa che li accomuna. La paura. Tutti hanno paura. Il motore che li spinge ad osare è la paura. Quella di essere morti senza aver vissuto veramente. E io sono una fabbrica di realtà. Io li aiuto a far diventare reale il loro desiderio di vita. Loro mi disegnano. Mi progettano. Mi immaginano in ogni più piccolo dettaglio. Poi mi costruiscono. Vite su vite. Ferro su ferro. Pezzo per pezzo. Mi plasmano sotto alle loro grandiose mani. E io nasco. Vengo al mondo sotto la spinta di un amore che definiscono Passione per i Motori. Il motore è il mio cuore pulsante. Ogni difetto al cuore impedisce alla macchina di funzionare. È così anche per loro. Mi creano sicura. Mi danno una corazza, la carrozzeria. La legano ad una parola, estetica. O design. Intendono l’involucro fuori, quello che tutti vedono. Mi danno perfino un colore. Come per loro la pelle. Mi danno qualcosa per muovermi, le gomme. Come per loro le gambe e le braccia. Mi rendono particolare mettendo dei cerchioni speciali. Mi mettono dei fari per vedere. Come per loro gli occhi. E poi dentro mi mettono una centralina affinché io possa sempre calcolare dove e come e quando viaggiare. Come il loro cervello. Io sono come loro. Sono una perfetta copia meccanica di loro stessi. Con la differenza che posso essere utilizzata a piacimento. Non mi posso esimere. Ma non lo voglio nemmeno. Io nasco con uno scopo preciso e porto a termine il mio obiettivo nel mondo attraverso il desiderio.

    E così sono pronta. Mi hanno nutrita con il miglior olio e il miglior carburante. Mi hanno fatto arrivare al giusto peso. Mi hanno analizzata. Verificata. Testata. Mi hanno tenuto le gomme coperte e mi hanno fatta riposare al chiuso. Ma è arrivato il momento. Vedo la luce del giorno che mi sovrasta. Il garage è stato aperto. Ed eccoli i miei genitori. Una schiera di uomini in tuta. Sorridono. Con in mano i piccoli strumenti che mi fanno solletico. Controllano la mia pressione e si assicurano che io stia bene. Soprattutto l’elettronica. Mi sento il loro gioiello. Mi sento importante.

    E poi eccolo. Arriva lui. Il mio Uomo. Lo accolgo con un leggero sobbalzo del motore. È bello. Ha un bellissimo e meraviglioso ciuffo di capelli biondi. Indossa una tuta molto aderente. Colorata. Deve essere una persona molto stimata perché tutti lo acclamano. Si avvicina e mi osserva. Sa che io e lui dovremo essere una cosa sola. Dovremo fidarci l’uno dell’altra. Ad ogni errore corrisponderà una possibile tragedia per entrambi. Il nostro è un rapporto viscerale. Spesso lui mi parla e anche se non comprendo il suo linguaggio so che cerca di darmi fiducia. Io provo a farlo sentire al sicuro. Ad essere colei che lo porta e lo rende felice. È bello sentirsi importanti per qualcuno.

    È ora di partire. Si siede ed aderisce perfettamente a me. Accende il mio motore. Entra in circolo ogni liquido. Mi sento potente e viva. Lui ha indossato i guanti attorno alle sue mani sudate che stringe attorno al mio volante. Siamo una coppia ora. Lui mi guida e io lo porto. Il piede sull’acceleratore. La strada che è un circuito. La velocità. Io che spingo con tutta me stessa verso il mio limite. Lui dosa con la giusta forza senza farmi soffrire. Regalandomi una guida leggera ma decisa. Muove le mani sullo sterzo. Le curve sono un sollazzo. Decelera e accelera nel momento più adatto. Mi sento in estasi. So che lui è teso, ma che è anche nel pieno del suo godimento.

    Sono così concentrata che non mi accorgo che nel circuito sono arrivate altre auto. Simili a me. Ma non me. Anche loro con la carrozzeria lucidata e il motore rombante. Anche loro condotte da uomini che profumano di adrenalina. Siamo qua tutte insieme a percorrere la strada. Sembra che sia una gara. Lo è. Ognuno qui corre per arrivare primo al traguardo. Io non so quanti giri si debbano fare ma il mio pilota sì. Lui sa quante energie mettere e dosare. Io sono adeguata alle sue aspettative. Sono Sua. Esattamente come lui mi desiderava. E nessuno potrà impedire al nostro desiderio di esprimersi sull’asfalto. Le mie gomme fischiano. Le curve sono tante. Il freno impedisce che accada il peggio. Qualcuno si avvicina a noi per infastidirci. Ma noi continuiamo nella nostra rotta. Sbuffo fumo chiaro. Sto bene. Voglio spingermi al massimo. E vederlo felice. Voglio che salga su quel gradino con quella cosa luccicante in mano. E poi torni da me e mi accarezzi ancora.

    Questo è il mio destino. Quello di godere della sua felicità. Perché è una felicità condivisa di cui io faccio parte. Di cui io sono il Mezzo.

    Dobbiamo fermarci. Ma io non voglio. Devono cambiare le gomme. Ha iniziato a piovere. Odio le pause. Le intermittenze. Non mi piace quando devo spegnere le mie aspettative. Anche solo per un momento. Sento un po’ di concitazione. Ho paura che ci sia altro che non vada. Perché mi sento stanca. Ma forse sono solo le energie consumate. Mi mettono benzina. Lui non si muove sul sedile. Sento che sta raccogliendo tutte le sue energie. Devo fare lo stesso se voglio che sia meraviglioso. Anche lui beve. Con una cannuccia. Veloce. Perché i secondi scorrono rapidi e non possiamo rimanere indietro.

    Torniamo in pista. Prima. Seconda. Terza. Il vento lo tagliamo veloce. Sembriamo dei proiettili lanciati nell’infinito. Il tempo che si dilata. Attorno a noi il mondo si muove ad un ritmo che è diverso dal nostro.

    Ogni coppia forma un equilibrio unico e preciso. Appare tutto sfocato e indefinito. Davanti a noi due auto. Azzurra e Nera. Si affiancano. Non staccano. Arrivano lunghe. Si sovrappongono. E poi il boato. Si scontrano lateralmente. Finiscono a pezzi fuori dalla pista. Il mio Uomo rallenta. Sventola la bandiera rossa. Andiamo pianissimo affiancate a tutte le altre auto. Sento il suo cuore in gola. So che il dolore lo spaventa. E anche la fine di tutto.

    Poi una voce dall’alto. La gara è sospesa. Riprenderà al termine delle operazioni di soccorso. Lui stringe il mio volante. So che è arrabbiato. Parla con il suo Dio. Mi sento impotente. Io non conosco quello che li muove dentro. Per me è tutto più semplice perché tutto è logico e razionale. Oggettivo. Loro, gli uomini, sono in balia dei sentimenti. Che cosa siano è difficile da spiegare. È come se quando succede qualcosa si attivino dentro di loro dei minuscoli pulsanti che li spingono a reagire in un modo piuttosto che in un altro. Solo che è complesso da comprendere, a volte hanno la stessa reazione di fronte a cose diverse. Per esempio quando il mio Uomo vince una gara è felice e piange. Quando il mio Uomo vede un incidente è triste e piange. Ecco. Io invece reagisco ad un impulso sempre allo stesso modo. Deciso e controllato. Senza margine di errore. Tranne in un collasso del sistema.

    Ma eccoci qua. La gara riprende. Sento che è stanco e che vuole terminare il nostro intenso incontro. È come se l’incidente gli avesse creato dentro una frattura. Come se lo riguardasse da vicino o come se pensasse che prima o poi capiterà anche a lui. Io farò tutto ciò che posso affinché non accada. Non voglio vederlo star male e non voglio separarmi da lui. Credo sia l’ultimo giro. Lui spinge fortissimo sul mio acceleratore e guarda chi ci segue. Ma non c’è storia. Abbiamo una lunghezza di vantaggio. Sono tranquilla. Perché sento che lui ancora ci crede. Perché so che lui desidera che la nostra storia non finisca così. Vuole che il nostro sia comunque un incontro positivo. Vuole il risultato. Ancora due curve ed ecco la bandiera a scacchi. Mi avvicino alla linea. Sento di superare il confine. Sventola per noi. Sventola per me. Sventola per lui che dentro a me urla di piacere.

    E io che sono così stanca ma così felice. Mi conduce nel mio box. Mi parla. Sento che mi ama. E io amo lui.

    Ci separano. Lui si toglie la tuta. Il casco. Mi guarda. Mi osserva. Sospira come se avesse vissuto un bellissimo incontro. Da lontano sento che sa quanto io voglia che lui si senta bene e al sicuro con me. Mi sento terribilmente stanca. È il momento che preferisco questo. Quando è tutto finito. Quando vengo valutata, pesata, controllata, quando mi vengono tolte le gomme, come togliere le scarpe per gli umani dopo un lungo viaggio. Uno degli uomini in tuta entra e mi osserva. Pulisce il volante e controlla la centralina. Rileva ogni piccolo difetto o problema del sistema in modo che tutti loro possano lavorarci questa settimana, prima che il mio Uomo torni ad occuparsi di me. Passerà del tempo. Ogni volta succede così. Lui arriverà e ricomincerà da capo il nostro corteggiamento. Osserverà ogni dettaglio. Mi annuserà. Mi toccherà. Sognerà nella sua mente i momenti che vivremo insieme. Lui ha scelto di amare me in questa vita. Lui è un Pilota. Ha scelto di vivere sé stesso anche attraverso me.

    E come me tutti i motori creati dall’amore degli uomini. Come me tutto ciò che come mezzo conduce il loro desiderio e lo esprime. Che sia questo l’amore che sentono gli uomini e che li eleva.

    So che non posso scegliere da chi essere amata e condotta, ma sono sicura che ogni volta è un connubio di sentimento. So che si sentono vivi grazie a me e io sono viva in funzione di questo.

    Fino al prossimo incontro. D’amore.

    COL CORPO CAPISCI

    Angela Amico

    Il frastuono della saracinesca di metallo è trionfale, altisonante. Zio Angelo ha finalmente convinto il nipote ad accompagnarlo in garage per mettere in moto la V7. Fa un caldo indicibile, l’estate morde come un cane arrabbiato. E il nipote si è trascinato fin lì, con quel caldo, perché veramente non ne può più di sua madre, di sua zia, del fratello…

    «Va’ pigliatilla ‘sta motocicletta e fallu priari, che ti costa, te la vuole regalare, ci tiene, ma manco un minimo di rispetto alla buonanima di to patri, ma ‘cchi chiffari hai?»

    Nella stanza in disordine, piena di oggetti accatastati alla rinfusa, abiti sgualciti e ammonticchiati sulle sedie, libri e fotocopie per terra e sul comodino, la madre apre la finestra per fare entrare la luce. Così il nipote ha staccato le cuffie dalle orecchie, si è vestito ed è sceso a casa dello zio. Il quale, con una lentezza esasperante, ha recuperato le chiavi del garage e ha attaccato un discorso lungo e noioso, patetico e finto-giovane. Cinquant’anni passati e ancora i jeans si mette lo zio Angelo. Ancora racconta della moto, le cinque marce, i due cilindri, e freni a tamburo… e sai chi se ne frega, pensa il nipote. Sai chi se ne frega se ci sei andato in giro per mezzo mondo. Sai che me importa delle ragazze che rimorchiavi. Io sto relegato in questo paese in culo al mondo, e di ragazze manco a parlarne. E ora ci stai pure tu, in questo posto merdoso senza un figlio maschio a cui rompere l’anima con la storia della tua giovinezza. Che palle, pensa il nipote.

    Il baccano della saracinesca è una specie di goduria, per lo zio Angelo. Il nipote quasi si aspetta che dal buio del garage escano due femmine nude. Ma quale, niente di niente. È il solito posto mezzo umido e scurusu. Nel garage stipato e ordinato, pieno di carabattole inutili custodite come preziose reliquie, proprio in fondo, sotto una coperta marrone ruvida e un po’ lisa, c’è la benedetta motocicletta. Pare una mula, pensa il nipote.

    «Pronto sei, nicarè?»

    Lo zio scopre la motocicletta con un gesto teatrale. Come il mago Silvan. Stessi capelli radi e stesso sorriso con tutti i denti.

    «Ti presento la mitica Guzzi V7 850GT. Nel 1974 me la sono comprata. Ho rotto talmente l’anima a mio padre che mi disse di sì per stanchezza. Un poco di soldi li avevo guadagnati da solo, un altro poco me li regalò mia nonna. Me la vendette il professore Nicotra, ma era nuova nuova. Che ti pare che ce n’erano assai di queste in giro? E qui in paese solo io, l’avevo! Talè che meraviglia!»

    Lo zio passa una mano sulla sella e poi, con cautela, sul manubrio, sul serbatoio. Le dita accarezzano le cromature, con una delicatezza che manco con una bambola di porcellana. C’è un odore di cuoio e di grasso, che il nipote non riesce a definire se fastidioso o piacevole. C’è fresco, rispetto al caldo micidiale che fa fuori. Vedi tu se uno deve pensare a ‘ste cazzate alle tre del pomeriggio. Il nipote ha un muso lungo così, ma un paio di occhiate alla moto le lancia. Certo che luccica, questo residuato bellico.

    «Senti che ti dico. Tu la moto te la puoi prendere. Che fa chiusa qua, che funziona alla perfezione? Te la pigli, e te ne vai al mare, che ne so, oppure a Roma, a Firenze. Dove c’è pilu. Dove te ne vuoi andare te ne vai. Tua madre mi disse che sei in regola con l’università, non sono tuo pipino? E allora questo è il regalo mio. Ha bisogno solo di una regolatina, un poco d’olio; ‘na taliata di Tanino, ci fai dare. Quello di motori ne capisce più del meccanico di Agostini.»

    «E chi è Agostini?» Il nipote quasi si mozzica la lingua, che ora lo zio riattacca.

    «Un pilota di motocicletta, tipo Valentino Rossi, ma un altro genere. Ma tu cuntu n’autra vota. Mettiamola in moto, va’.»

    A imparare non ci è voluto assai. Già un paio di volte il giro con la moto di qualche amico se l’era fatto. Certo, questa era pesante. E per bilanciare il peso, aveva dovuto trovare un equilibrio nuovo, facendo forza sulle gambe e dalle spalle. Comunque, una volta dato gas il nipote aveva dovuto ammettere, un mezzo sorriso stampato in faccia, che ‘sta V7 era davvero bella. Il motore scivolava morbido e suonava una specie di rombo sordo e sommesso, un piacere a sentirlo. Dopo i primi minuti di sconcerto, che ancora lo zio lo guardava da davanti al garage, si era creata una specie di intesa tra il nipote e quella Guzzi; e ora il ragazzo si era posizionato meglio, le braccia più morbide e la schiena più curva, e sotto il sedere ad ogni accelerata la moto rispondeva. Oh, ma lui lo sapeva che non si doveva fidare. Forse ventotto volte lo zio Angelo aveva raccontato di quella volta che era scivolato sul brecciolino e si era scorticato tutto, e la moto ancora ruggiva con l’acceleratore bloccato. Non è che proprio la moto fa tutto quello che ti dice la testa, dice lo zio. Deve essere d’accordo anche lei, ripete. Manco fosse una persona, pensa il nipote.

    In effetti, la moto ha una specie di tosse, ogni tanto. Così il nipote, dopo due giorni di prudenti allungate sul rettilineo della bretella autostradale, percorre la salita del convento e arriva all’officina di Tanino. Ci sono due motoape smontate, un taglia-erba arrugginito, una Fiat Millecento col cofano aperto come una vecchia zia dal dentista, tutte nello spiazzo antistante il garage. Dentro, su un pavimento che pare tirato a cera, Tanino è sdraiato su una sedia da spiaggia di plastica. La sua tuta rossa ha le ginocchia imbottite come quella dei piloti di Formula 1 e neanche una macchia. Il silenzio è attraversato da qualche stanco ronzio delle mosche che girano per il garage e, adesso, dal rombo della motocicletta guidata dal nipote. Tanino alza gli occhi dalla rivista che sta leggendo, lancia una lunga occhiata alla moto e uno sguardo breve

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