Il Risveglio di Pharos
Di Eva Egidi
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Info su questo ebook
Il racconto si dipana tra realtà e profondi stati onirici, dai quali affiora il senso radicale dell’esperienza umana ed animistica. Attraverso questa introflessione, vengono inquadrate problematiche filosofiche ed etiche, senza tralasciare l’aspetto concreto e coerente, che la comprensione di determinati concetti pretende, come l’armonizzazione dell’essere umano al suo ecosistema, il rispetto e l’amore verso se stessi, non visto in modo capzioso, come egocentrismo, ma come base di un accrescimento spirituale.
Il desiderio di scrivere un’opera nella quale l’esperienza dell’esistenza, assume aspetti plurifocali, deriva dalla necessità e dalla volontà di poter suggerire percorsi differenti, da quelli che globalmente vengono proposti dalla società odierna, raccontando la storia di un uomo, che in un momento di crisi, scopre in se la forza e la via del cambiamento.
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Anteprima del libro
Il Risveglio di Pharos - Eva Egidi
PORTA
CAPITOLO I
PHAROS
SOFIA –SOFIA – SOFIA …
lampeggia, scadenzato dalla vibrazione, il display del telefono cellulare, illuminando l'abitacolo dell’ auto di una luce azzurro freddo … e quel fastidio, quel fastidio tremendo di chi ha un prurito, come quando si indossa un maglione orticante, quello stesso disagio soffocante che però nasce da dentro, dallo stomaco.
Dal mio stomaco mentre ancora, gettatomi in auto con la camicia male abbottonata e la cravatta attorno al collo senza nodo, ho fresco tra le dita l'odore di un'altra donna, il suo morso sul collo, l'eco del suo piacere. Mi rimbomba nelle orecchie il suo gemito e la mia autostima da re dell'arena , mi gonfia il petto.
Questa sarà la mia serata, e lei è stato l'antipasto. Già fremo d'eccitazione al pensiero di quello che accadrà a breve.
Arriverò in quella sala conferenze, entrerò lisciandomi il collo del mio abito da sera. Senza neppure guardarlo, lascerò il mio cappotto all'uomo nella hall, ed impeccabile farò il mio ingresso, il re della serata, occhi di ghiaccio e charme, passo sicuro e lento, che non lascia intravedere il fremito di chi degusta la vittoria.
Ed addosso occhi, occhi di uomini, colleghi gelosi che dietro il loro sorriso di cera celeranno mille lame ormai spuntate dal mio tripudio. Occhi, occhi di donne con rossetto ciliegia, che respireranno la scia del mio profumo pregiato, e ammiccanti cercheranno il mio sguardo, dritto verso la meta, sciogliendosi intimamente di desiderio.
E’ un fatto. Nella vita c’è chi vince e c’è chi perde, ma chi vince lo fa perché non può fare diversamente. Si nasce geneticamente vincenti e stasera la mia natura talentuosa sarà inoppugnabilmente palese.
Certo, ho dovuto lottare, sbugiardare questi fantoccini da rotocalco, sbracciare tra le orde di questi scribacchini spreca inchiostro, perché io non scrivo articoli, non racconto notizie, io ricamo con le parole, dando pennellate d'artista sugli scenari dei miei servizi e portando con me , calando nell'essenza del viaggio il lettore
, diceva Maggie, il mio capo, mentre ancora umida, venti minuti prima, si alzava dal letto per prepararsi, entrava in quell'abito guaina rosso che l'avvolge, trasformandola in una figura ibrida tra una baccante vogliosa ed una kore candida.
Dai, grande giornalista, aiutami con la lampo!
Io la guardavo trasognato, pregustando gli umori degli astanti, quando quelle parole sarebbero risuonate nella sala della premiazione e la mia vittoria sarebbe stata indiscussa.
Su Maggie, dimmelo ancora! Ripetimelo il discorso, un'ultima volta!!!
Che narcisista che sei! Se non fosse la tua serata e non mi avessi fatto divertire cosi tanto prima, per punirti del tuo egocentrismo, dovrei lasciarti qui legato al letto!
Hahahhah! Ma questa è la mia serata!
le dissi passandole accanto, tirando su la zip e baciandole la spalla. Vorresti forse privarmi della gioia di trionfare accanto a te, mentre la tua rivista entra nell'Olimpo? In fondo è anche merito mio!
Sistemandosi i capelli mi guardò di sbiego dallo specchio, mentre scivolavo verso il bagno.
Ok, io intanto vado, ci vediamo li! Non ti far attendere troppo, prima donna!
sbattendo la porta di quella stanza d'hotel.
Ero in ritardo, ma quel giusto ritardo che si perdona a chi deve mantenere l'aspettativa negli altri. Il luogo della premiazione era vicino e con la mia auto avrei tagliato la distanza, arrivando esattamente quando sarei dovuto arrivare, in perfetto orario per il mio momento di gloria.
21.30, segna il mio orologio costoso, la strada sgombra e liscia, attorno le luci di una città che sembra immobile, immota. Semaforo rosso, rallento e mi fermo, scivolando sino al limite delle strisce pedonali, illuminate dai miei fari bianchi.
La folla di un corteo, ferma ai lati della strada, attraversa. Tenendo la mano ad una donna in gonna a pieghe verdi e stivali, un bambino con una giacca a vento azzurra e nella mano sinistra un palloncino rosso, con su scritto Rispetta la tua vita!
, attraversa tra gli altri, col suo viso sbiancato dai fari, fisso su di me. Quel suo guardarmi, la sua espressione sbiadita, mi distoglie dai miei pensieri e non posso fare a meno di ricambiare lo sguardo, seguendolo fino a che non sparisce tra la gente sul marciapiede. Scuoto la testa per scrollarmi di dosso quella sensazione. Semaforo verde, spingo sull'acceleratore, sorpasso un'auto bianca a sinistra e poi filo sulla strada sgombra.
Squilla il cellulare, vibrando. Ruotando leggermente la testa per rilassare il collo, faccio finta di non sentirlo.
Getto lo sguardo sul sedile accanto per sbirciare il display e vedere chi sia a chiamare.
SOFIA – SOFIA – SOFIA …
mostra il display illuminandosi di blu fluorescente.
Respiro, guardando la strada da sopra il volante, mentre il fastidio, ancora quel fastidio, comincia a risalire dallo stomaco, fino a farmi serrare i denti.
21.55, marca il mio costoso cronografo. Il cellulare per un attimo smette di ronzare. Sospiro.
SOFIA – SOFIA – SOFIA …
vibra di nuovo. Il fastidio ormai è insostenibile.
Afferro d'impeto il cellulare che continua a tarantolare nella mia mano, e, senza rispondere, irato strepito: