Le storie di Murex
Di Autori vari
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Info su questo ebook
"Le storie di Murex" comprende:
- Un foglio di giornale ingiallito, di Alessandra Cenci
- Ti bacio le mani, di Francesco Greco
- Un’estate fa, di Caterina Meotti
- Trecce di vento sulle campagne toscane, di Elena Giustini
- Il mandorlo, di Manna Parsì
- Bella, di Marco Parracciani
- Le tre vite di Lin Tao, di Antonio Viciani
- Storia di morte, scirocco e foxtrot, di Gianni Portunato
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Anteprima del libro
Le storie di Murex - Autori vari
LE STORIE DI MUREX
Antologia di racconti
Autori vari
© Associazione culturale Nati per scrivere
Piazza Diaz 10, 55041 Camaiore (LU)
www.natiperscrivere.webnode.it
Titolo: Le storie di Murex
I edizione: dicembre 2017
ISBN: 978-88-942102-5-5
Foto di copertina per gentile concessione di Gianni L’Abbate Photography.
Facebook: https://www.facebook.com/gianni.labbate1
YouPic: https://youpic.com/photographer/GianniLAbbate/
Grafica di copertina a cura di Giovanna Evangelista.
Sito: http://giovievan.wixsite.com/giovanna-evangelista/
Questo libro è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono il frutto dell’immaginazione degli autori. Qualunque somiglianza con fatti e persone reali è puramente casuale.
PREFAZIONE
Le storie di Murex
Le storie di Murex
contiene i racconti finalisti della seconda edizione del concorso La città di Murex
, organizzato e patrocinato dal Gruppo Scrittori Firenze con l’intento di curare e cercare autori che abbiano trovato, nel racconto, la vocazione per misurarsi con un genere che pochi possiedono l’arte
di rendere in bellezza.
Il racconto è una narrazione breve che presenta uno schema narrativo semplice, tende a concentrarsi intorno a una sola idea o a un unico fuoco e presenta pochi personaggi. Si muovono entro una trama, una successione degli eventi si sviluppa secondo uno schema fisso: situazione iniziale, sviluppo della vicenda, situazione finale o conclusione della vicenda durante un’epoca ben precisa o un tempo indefinito, sullo sfondo di luoghi reali o immaginari, in cui si muovono personaggi dotati di una forte caratterizzazione.
In Occidente la tradizione del racconto breve è molto antica, e va fatta risalire alle antiche forme orali e ai generi medievali come l’exemplum, il fabliau e il lai. Ma il genere acquista la sua autonomia, in forma di novella
, a partire dalla raccolta anonima di Il Novellino (1281-1300), e si afferma con il Decameron (1350-1353) di Giovanni Boccaccio (1313-1375), che ne fissa il canone fino al Rinascimento.
Con il Decameron la novella si emancipa dai generi medievali: ne viene rivendicata la novità (come indica il nome stesso) e se ne attesta il carattere realistico. Elementi che rimarranno costanti nei continuatori del genere, come Geoffrey Chaucer (1343-1400, autore di The Canterbury Tales, 1386-1387), Franco Sacchetti (1335-1400, autore di Il Trecentonovelle, 1399), Marguerite de Navarre (1492-1549, autrice di Heptaméron, 1540-1549), Matteo Bandello (1480-1562, autore di Novelle, 1554), Miguel de Cervantes (1547-1616, autore di Novelas ejemplares, 1613).
Boccaccio introduce anche la forma della narrazione a cornice (i singoli racconti sono inseriti in un racconto più ampio che li contiene e li giustifica), prendendo l’esempio dalla raccolta orientale Le mille e una notte, ma trasformando la cornice in un legame concreto con le vicende contemporanee (la peste del 1348) e in uno strumento di coesione tematica e compositiva. Editorialmente parlando, si può dire che la cornice è oggi sostituita dalla raccolta in forma di libro, che presenta in modo unitario un certo numero di racconti.
Dopo la stagione d’oro della novella rinascimentale la narrazione breve gode di fortuna alterna e convive con altri generi. Dopo la scarsa fortuna nel periodo barocco, le narrazioni brevi, anche se non nella forma della novella canonica, tornano di moda nel Settecento (favole morali, apologhi, racconti filosofici, fiabe argute come quelle di Gasparo Gozzi) e ritrovano solo nell’Ottocento un pieno sviluppo. Particolarmente significativi sono i racconti di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann (1776-1822) che preludono alla ripresa romantica della novella e alla sua rinascita otto-novecentesca. Autori importanti, che hanno influenzato notevolmente gli scrittori successivi di racconti brevi, sono Edgar Allan Poe (1809-1849), Guy de Maupassant (1850-1893) e Anton Čechov (1860-1904).
Tra Otto e Novecento, dopo la grande stagione del romanzo moderno (che in spagnolo e in inglese mutua il nome, proprio per il carattere realistico, dall’antica novella, come si deduce dai sostantivi novela in spagnolo e novel inglese), il racconto torna in auge soprattutto in alcuni paesi (Stati Uniti d’America, Russia, America latina) e si afferma quasi universalmente con le pretese di un genere nuovo, caratterizzato da alcuni elementi (brevità, essenzialità, densità, unicità) codificati dallo stesso Poe, e assumendo spesso il nome di short story o, in italiano, di racconto breve (che tende a sostituire il termine novella). Nello stesso periodo in Italia il racconto breve trova un terreno particolarmente favorevole: autori di racconti brevi (anche se spesso chiamati novelle) sono tra gli altri Giovanni Verga, Luigi Pirandello, Grazia Deledda, Gabriele D’Annunzio, Italo Svevo, Tommaso Landolfi, Primo Levi, Alberto Moravia, Giorgio Bassani, Carlo Cassola, Piero Chiara, Dino Buzzati, Italo Calvino, Antonio Tabucchi.
Chiara Novelli
Presidente della giuria La città di Murex
UN FOGLIO DI GIORNALE INGIALLITO
Alessandra Cenci
«Nonno, mi porti a cercare un arbusto adatto per una mazza del venerdì santo? Tutti i miei amici se la sono fatta e non posso arrivare alla funzione senza averne una» disse Carlo tutto d’un fiato, correndo incontro al nonno sull’aia.
Quella sera le donne di casa avevano smesso prima di intrecciare la paglia. Il fattorino della fabbrica di cappelli, giù in paese, era passato poco dopo l’una a prendere i mazzi lavorati. Fra pochi giorni sarebbe arrivata la Pasqua. Carlo, messo da parte il libro di scuola, stava assaporando i momenti di libertà dagli impegni scolastici. Sapeva che non poteva starsene, come avrebbe voluto, tutto il giorno a caccia di lucertole e avventure; doveva anche lui aiutare in casa a preparare la festa e poi doveva aiutare gli uomini nei campi. Tuttavia, il profumo della libertà e della primavera contribuivano a dare al tempo una nuova dimensione. Voleva godersela a pieno.
In primo luogo, aveva in mente di costruirsi una bella e robusta mazza grigiolata
per fare il dovuto frastuono sulle panche di chiesa al momento della cerimonia in cui il prete annunciava il calare delle tenebre sul mondo per la morte di Cristo: tenebre fuori e dentro, un terribile boato assordante. Per i ragazzi quello era un momento magico.
La mazza doveva essere giusta e solo il nonno sapeva dove trovarla e come lavorarla.
«Certo, vieni che andiamo al fiume! Là, sul greto, ce ne sono di adatte. Lo so bene, perché su quegli argini ho camminato e faticato a lungo in gioventù» fece il nonno, preso dalla strana luce del ricordo.
Mentre si avviavano in discesa all’argine, Carlo riprese il filo interrotto dal nonno: «Perché hai detto così? A cosa stai pensando?»
«Sul fiume ho lavorato tanto da giovane, facevo il bardotto e con l’alzaia trascinavo a forza di braccia i navicelli lungo l’Arno. Era un lavoro duro e pieno di imprevisti. Le barche potevano anche essere lunghe venti metri, erano cariche di tutti i tipi di prodotti: ceramiche, pietre, mattoni... Poi è arrivata la ferrovia e tutto è finito. Allora la vita sul fiume era assai più viva di oggi».
Il nonno si chinò fra l’erba e mostrò a Carlo un bell’arbusto vigoroso. Con il coltello staccò il ramo più adatto e cominciò rapidamente a intagliarlo, badando a lasciare spazi chiari e grigi fra un taglio e l’altro. In mezz’ora la mazza era pronta. Carlo la impugnò e cominciò a sferzare l’aria come se avesse in pugno una spada. Mozzò qualche frusto lungo il viottolo del ritorno, mentre il nonno riponeva il temperino nel tascapane, insieme ai ricordi di gioventù. Si vedeva dagli occhi lucidi che non ricordava solo la fatica di quegli anni lontani.
Intanto, erano già arrivati sulla strada maestra. Cominciarono la salita che, lasciato l’Arno alle spalle, conduceva fino al viale della Villa dei Pucci a Bellosguardo. All’andata non erano passati di là, ma ora si stava facendo tardi e da quella parte la strada si accorciava.
Carlo non amava passare da lì perché il parco oscuro e fitto, l’intrico di alberi e gli strani animali in pietra che spuntavano da ogni angolo lo rendevano inquieto. Le