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Le virtù in azione: Prospettive per il lavoro sociale ed educativo
Le virtù in azione: Prospettive per il lavoro sociale ed educativo
Le virtù in azione: Prospettive per il lavoro sociale ed educativo
E-book366 pagine4 ore

Le virtù in azione: Prospettive per il lavoro sociale ed educativo

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Info su questo ebook

Il volume costituisce uno strumento prezioso per tutti coloro che intendono far fronte alle emergenze e sfide attuali realizzando buone pratiche per il benessere delle persone, delle famiglie e dei bambini, dei gruppi, delle aggregazioni sociali nelle comunità di appartenenza. Buone pratiche, che siano tali non solo perché efficaci dal punto di vista metodologico, ma anche perché possono promuovere e incrementare il capitale sociale dei soggetti in gioco, inteso come relazioni di fiducia, cooperazione e reciprocità, alimentate dalla speranza di un cambiamento possibile.
Il volume intende offrire ad operatori, docenti, studenti e volontari un contributo in grado di dare un fondamento ad azioni che si connotino culturalmente come virtuose e di indicare delle prospettive operative. Esso rappresenta un originale confronto interdisciplinare tra filosofia, antropologia, pedagogia e servizio sociale teso a qualificare la dimensione deontologica e di conseguenza l’assetto operativo del professionista.

Daniela Piscitelli, assistente sociale specialista e sociologa, già docente a contratto di Metodi del Servizio sociale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

Giuseppe Trevisi, assistente sociale specialista e pedagogista, docente a contratto di Pedagogia Sperimentale presso l’Università degli Studi di Milano.
LinguaItaliano
Data di uscita7 mar 2022
ISBN9788865128305
Le virtù in azione: Prospettive per il lavoro sociale ed educativo

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    Le virtù in azione - Daniela Piscitelli

    A cura di Daniela Piscitelli e Giuseppe Trevisi

    Le virtù in azione

    Prospettive per il lavoro sociale ed educativo

    © 2021, Marcianum Press, Venezia

    Marcianum Press

    Edizioni Studium S.r.l.

    Dorsoduro 1 - 30123 Venezia

    Tel. 041 27.43.914 marcianumpress@edizionistudium.it www.marcianumpress.it

    Tutti i volumi pubblicati nelle collane dell’editrice Marcianum Press – Edizioni Studium sono sottoposti a doppio referaggio cieco. La documentazione resta agli atti. Per consulenze specifiche, ci si avvale anche di professori esterni al Comitato scientifico, consultabile all’indirizzo web http://www.edizionistudium.it/content/comitato-scientifico-0.

    In copertina: William Congdon, Le 3 ali della nebbia, 1988.

    © The William G. Congdon Foundation, Milano - Italy www.congdonfoundation.com

    UUID: b1ba923f-7251-4289-931f-07ee3c2e77ba

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    https://writeapp.io

    Indice dei contenuti

    CAPITOLO I

    1. Il valore dell’azione

    2. La rilevanza dell’etica nell’agire professionale

    3. Un percorso condiviso all’origine di questo libro

    4. Il contenuto del testo

    5. Aiutarsi a realizzare relazioni virtuose

    Riferimenti bibliografici

    CAPITOLO II

    Riferimenti bibliografici

    CAPITOLO III

    1. Natura e significato della virtù: la lezione aristotelica

    2. Liste di virtù: tra tradizione e ripresa

    3. Dalle virtù alle competenze: il caso della psicologia positiva

    Riferimenti bibliografici

    CAPITOLO IV

    1. Problemi e antinomie delle società occidentali*

    2. L’insufficienza delle regole e la necessità delle virtù

    3. L’eccesso di norme e di controlli produce l’aumento delle trasgressioni

    4. Le virtù come fondamento del tessuto sociale

    5. Le virtù civili

    6. Le norme del Codice deontologico dell’assistente sociale non bastano

    7. Le virtù dell’assistente sociale che hanno un rilievo direttamente civile

    Riferimenti bibliografici

    CAPITOLO V

    1. Il paradigma della sfiducia

    2. La cultura individualista

    3. La fiducia e il riconoscimento

    4. Il rischio della libertà

    5. Il prendersi cura e l’etica della compassione

    Riferimenti bibliografici

    CAPITOLO VI

    1. La necessità della cura

    2. La cura che fa fiorire l’esserci

    3. Fare esperienza del bene

    4. Alla ricerca delle cose di valore

    5. Educare alle virtù

    6. Insegnare e apprendere le virtù

    7. Cura, virtù, educazione

    Riferimenti bibliografici

    CAPITOLO VII

    1. Un fondamento etico per la speranza

    2. La speranza e le speranze

    3. La speranza nell’accompagnamento sociale ed educativo

    4. La speranza all’opera

    Riferimenti bibliografici

    CAPITOLO VIII

    1. Quale bene per l’essere umano?

    2. Sguardo pedagogico e promozione integrale della persona

    3. Relazione educativa di aiuto

    4. Per una nuova paideia

    Riferimenti bibliografici

    CAPITOLO IX

    1. I contesti di prossimità

    2. Nuovi cortili e parentela sociale

    3. Tessere legami liberi

    4. Le opportunità offerte dalla crisi

    Riferimenti bibliografici

    CAPITOLO X

    1. Il progetto Comunità possibile nel territorio del Magentino

    2. La fiducia all’opera: esempi significativi

    Riferimenti bibliografici

    CAPITOLO XI

    1. Implementare fiducia e amicizia nel sociale

    2. Lo sviluppo di legami sociali affidabili

    Riferimenti bibliografici

    CAPITOLO XII

    1. Lavoro sociale nell’Unità Operativa di Neuropsichiatria dell'Infanzia e dell'Adolescenza, fra sobrietà e fermezza nell’azione professionale

    2. Reinventare la quotidianità professionale attraverso le virtù

    Riferimenti bibliografici

    CAPITOLO XIII

    1. Il legame indissolubile tra etica e deontologia

    2. La concezione antropologica insita nel Codice deontologico

    3. Il Codice deontologico tra responsabilità e virtù

    4. Le virtù professionali. Uno sguardo più attento

    5. La giustizia, una virtù poliforme

    Riferimenti bibliografici

    CAPITOLO XIV

    1. Un dover essere per educare?

    2. Oltre un’etica orizzontale e individuale: per una promozione integrale della persona

    3. I valori dell’Educazione

    4. La vita come promessa. Per un’etica delle professioni pedagogiche

    5. Considerazioni conclusive

    Riferimenti Bibliografici

    Indice dei nomi

    Gli autori

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    LE VIRTÙ IN AZIONE

    Prospettive per il lavoro sociale ed educativo

    a cura di Daniela Piscitelli e Giuseppe Trevisi

    CAPITOLO I

    Introduzione. Le virtù, volàno per lo sviluppo del lavoro sociale ed educativo

    Daniela Piscitelli

    C’è un lavoro inarrestabile da fare sempre come operatori:

    essere impegnati con sé stessi

    1. Il valore dell’azione

    Da sempre le professioni di aiuto fondano la loro azione nel far fronte a bisogni personali, familiari e sociali attingendo non solo ad un solido patrimonio di conoscenze teoriche e metodologiche, ma anche a valori e principi consolidati in anni di pratica. Ogni operatore, infatti, intraprende la professione a partire da una spinta ideale forte, che, messa alla prova dalle recenti trasformazioni sociali, dalla continua riduzione delle risorse materiali, da una crescente fragilità delle persone, rischia di perdere la sua carica propulsiva. Le emergenze e le sfide dell’attuale momento storico, la maggiore complessità e frantumazione del contesto sociale, le crescenti richieste d’aiuto ai servizi sociali, le maggiori difficoltà a creare relazioni fiduciarie realmente soddisfacenti per entrambi i soggetti coinvolti (operatore-utente) pongono quotidianamente numerosi interrogativi, soprattutto a chi agisce in prima linea in una comunità che manifesta la sua vulnerabilità.

    Tutto ciò sollecita i professionisti a riflettere ancora di più sulla propria posizione antropologica ed evidenzia la necessità di avere sempre più chiaro il senso del proprio agire professionale, che non può essere ridotto all’esclusiva erogazione di beni e servizi materiali e assistenziali o all’assolvimento di procedure. Non a caso, infatti, parliamo di agire anziché di fare. Il fare, quello che gli americani chiamerebbero to make, è in funzione di un oggetto, è il produrre, il mettere in atto delle operazioni, delle procedure per ottenere un risultato che sia misurabile, quantificabile, mentre l’agire è un operare, un muoversi in funzione ed in virtù di un significato. Agere vuol dire portare dentro di sé, in quel che si fa, il significato stesso per cui lo si fa. Ciascuno di noi si muove solo per un valore, per qualcosa che ritiene significativo e questo valore viene identificato con il fine della nostra azione. Il fine identifica perché facciamo una cosa e identifica la direzione verso cui ci muoviamo, identifica quel punto di attrattiva – la finalità appunto dell’agire – che ci fa muovere in una direzione piuttosto che in un’altra.

    Per questo prima ancora del risultato da conseguire è importante capire qual è il fine, perché nessuna nostra azione è esclusivamente tecnica. Essa è posta in campo da un soggetto – l’operatore – che ha scelto una certa prassi, un certo valore, certi strumenti, certi contenuti come prioritari per il suo agire. Inoltre, nessuna azione è neutra rispetto allo scopo, perché nell’agire l’uomo tenta di realizzare l’interesse ultimo che lo muove. Noi cioè ci muoviamo sempre per qualcosa che ci interessa più di qualcosa d’altro, ma l’interesse non è puramente banale, l’interesse è quel qualcosa che sta dentro la nostra esperienza, la nostra vita e che ci muove a fare tutto.

    L’interesse ultimo del nostro agire, cioè ciò che ci sta a cuore è quello che ci descrive come persone in azione ed introduce una dimensione etica nel lavoro professionale: perché faccio così piuttosto che in un altro modo? Perché scelgo questa procedura invece dell’altra? Cosa mi sta a cuore nell’agire così?

    2. La rilevanza dell’etica nell’agire professionale

    Con queste domande la dimensione etica entra prepotentemente nella nostra azione quotidiana e si configura come un aspetto totalmente diverso dalla pura correttezza deontologica.

    Che cosa mi sta a cuore nell’agire così?. Noi ci muoviamo non solo perché dobbiamo fare delle cose, ma per un interesse ultimo, che nel campo etico si identifica con il bene che noi consideriamo tale. Noi ci muoviamo sempre per quello che riteniamo essere il bene supremo in un certo contesto, in una certa situazione, in una certa azione.

    Ogni azione umana e, quindi, anche professionale, esprime l’interesse umano che la muove e implica un’idea di bene che la giustifica. Per questo la questione etica si pone ogni qual volta si pone la domanda sul perché o sul come si deve agire. Essa non è una questione per moralisti o filosofi o addetti ai lavori, è la questione di decidere quando la mattina ci alziamo, quando ci mettiamo a lavorare, qual è la dimora in cui vogliamo stare. Secondo Cottini [1] , infatti, il termine etica, dal greco ethos, non indica soltanto l’atteggiamento o il comportamento o le regole che seguiamo nel nostro agire, ma ha un significato particolarmente bello che potremmo tradurre con il termine dimora: con il mio agire quale dimora voglio costruire per me e per altri?. Qual è il contesto, la rete di relazioni, lo stile di vita che desidero costruire? Che possibilità scelgo tra tutte quelle che ho a disposizione?

    Queste domande chiamano inevitabilmente in causa la concezione antropologica su cui si fonda l’agire professionale e sociale: costruire una dimora, ma "per quale uomo? Per quale comunità? Per quale società? ". Noi possiamo, infatti, prendere in considerazione l’uomo creato, l’essere in relazione e perciò persona oppure l’uomo prodotto dalla storia, cioè l’individuo, possiamo considerare la persona umana individualmente presa oppure come parte integrante ed imprescindibile di una comunità, da cui l’impossibilità di separare il bene personale dal bene comune.

    Per questi motivi l’etica non è identificabile con la semplice procedura attuativa delle regole, non è solamente la scelta di far bene la propria professione scegliendo delle procedure attuative che siano consolidate e ben realizzate, non è solo questione di norme deontologiche. L’etica è una domanda sulla vita buona, di che cos’è il bene, di che cos’è la vita buona non solo per me, ma per le persone che incontro, per tutte le relazioni in cui mi trovo immerso, per il contesto in cui lavoro e vivo.

    Gli operatori nell’esercizio dell’attività lavorativa sono quindi portatori di valori personali, che hanno una ricaduta significativa in ciò che essi fanno in termini professionali e si confrontano con valori comuni e comuni principi ispiratori del lavoro sociale [2] , riconosciuti dal gruppo professionale di riferimento come più pertinenti al proprio specifico tanto da costituire un patrimonio ideale trasmissibile sia attraverso l’esperienza sia attraverso Codici formalmente riconosciuti.

    Di conseguenza, la deontologia professionale, dal greco deontos genitivo di deon trad. dovere, è costituita da quell’insieme di regole codificate che traducono contenuti etici generali e condivisi . Queste regole non possono considerarsi definite una volta per tutte, ma sono storicamente determinate e variano in relazione alle diverse categorie professionali di cui sono espressione e da Paese a Paese, in quanto il mandato giuridico-deontologico è subordinato alle norme vigenti in ciascun Paese. Pertanto, la deontologia racchiude in sé un insieme di principi e regole di condotta, condivise temporalmente e territorialmente , che caratterizzano l’attività di un gruppo di professionisti che a un Ordine e a quelle regole, fa riferimento [3] .

    Un Codice deontologico, di conseguenza, non crea di per sé l’agire professionale, bensì lo orienta e lo sostiene. Esso è importante per molte ragioni, in quanto rende pubbliche e manifeste le norme interne di una professione, forma e stimola la coscienza deontologica, orienta le scelte di comportamento nei diversi livelli di responsabilità in cui opera il professionista, favorisce l’unità professionale e ne incrementa l’autonomia, protegge gli utenti e, infine, protegge la professionalità, in quanto offre le basi non solo per le sanzioni, ma anche per l’autodifesa.

    La deontologia quindi ha un carattere strumentale e orientativo, che rimanda sempre alla scelta del professionista e alla sua capacità di comprendere, valutare e agire l’indicazione generale verso il bene alla situazione specifica e concreta in cui si trova ad operare. Per questo riteniamo che l’agire professionale non afferisca tanto alla dimensione del saper fare quanto a quella del saper agire, che implica la coscienza dello scopo, cioè aver chiaro il fine dell’agire ed il valore per cui si agisce.


    [1] A. Cafaro-G. Cottini, Etica medica. Lineamenti di deontologia professionale, Edizioni Ares, Milano 1991.

    [2] Tra i principi di lavoro sociale segnaliamo, ad esempio, il principio della dignità personale di ogni essere umano, il principio della libertà della persona, il principio dell’uguaglianza sociale, il principio della solidarietà sociale, il principio della partecipazione personale, sociale e politica, il principio dell’autonomia sociale della comunità. Cfr. F. Villa, Dimensioni del Servizio sociale, Vita e Pensiero, Milano 1992, pp. 61-106.

    [3] Ne è un esempio in Italia il Codice deontologico dell’Assistente sociale, approvato il 17 luglio 2009 con una versione modificata il 17 dicembre 2016 ma rimasta in vigore fino a 20 maggio 2020, data in cui il Consiglio Nazionale dell’Ordine Assistenti sociali ne ha approvato una nuova versione.

    3. Un percorso condiviso all’origine di questo libro

    Una coscienza dello scopo che non è data una volta per tutte, ma di cui dobbiamo aver cura lungo tutta l’attività professionale attraverso una riflessività sia personale sia condivisa con altri operatori.

    All’origine di questo libro c’è proprio un gruppo di operatori che per anni si è confrontato sui contenuti dell’esperienza professionale e che ad un certo punto ha deciso di rischiare, di scendere in campo dotandosi di uno strumento, che permettesse di proporre un luogo nell’ambito del quale incontrare persone e professionisti, valorizzare le esperienze, condividere bisogni e risorse ed interloquire con le istituzioni, in particolare con l’Ordine professionale degli Assistenti sociali. Ci riferiamo all’associazione METE noprofit costituita nel 2001, che ha visto questo gruppo di operatori diventare una comunità professionale attiva e partecipe nell’impegno sempre volto sia allo sviluppo e al consolidamento della dimensione scientifica e metodologica del lavoro sociale sia al rafforzamento della dimensione etica e deontologica dello stesso.

    Su quest’ultimo versante, a partire dal 2011, METE noprofit in convenzione con il CROAS della Lombardia promuove annualmente iniziative formative sul tema della deontologia professionale denominate «L’ideale alla prova» affrontando di volta in volta contenuti specifici. L’esigenza ha preso spunto e si alimenta continuamente attraverso le riflessioni condotte tra i soci assistenti sociali dell’Associazione e gli incontri con colleghe e colleghi, particolarmente durante e a seguito dello svolgimento delle iniziative stesse.

    La prima iniziativa proposta agli operatori per offrire un contributo alla costruzione di un assetto qualificato di deontologia professionale è stato il percorso «La dimensione etica nel lavoro dell’assistente sociale. Prospettive deontologiche», svolto nel 2011 in 3 edizioni, che ha evidenziato nel Servizio Sociale la necessità di un riavvicinamento ai temi dell’etica professionale per dare una risposta alle domande di senso che nascono dal lavoro sul campo. Riconoscere e comunicare nella relazione umana, l’etica alla prova della realtà e della professione, i tratti distintivi dell’assistente sociale soggetto di pratiche virtuose sono stati i temi su cui più di cento operatori si sono confrontati ponendo domande e raccontando la propria esperienza.

    A tale iniziativa è seguito nel 2012 il percorso «L’ideale alla prova. Itinerari di deontologia per l’assistente sociale»con l’intento di proporre uno spazio di riflessione e confronto reciproco per facilitare, attraverso un lavoro comune, la messa a fuoco di quegli elementi in grado di potenziare il capitale umano e professionale dell’operatore, valorizzando al meglio gli strumenti posseduti. Per questo sono stati realizzati due seminari: uno su «Alla scoperta del fattore umano: cosa fa la differenza», l’altro su «Il Codice deontologico come strumento–risorsa nell’assunzione di responsabilità». Riscoprire e rivalutare la dimensione umana che talvolta rischia di essere trascurata, aver più chiaro quali risorse – in quanto ambiti e strumenti – possono rafforzarla e come il Codice deontologico può sostenere l’azione dell’operatore sono elementi importanti per poter costruire un autentico legame fiduciario con la persona in difficoltà, condizione indispensabile per realizzare un processo di aiuto o di cura condiviso [1] .

    A partire dal Codice deontologico l’anno successivo è stata affrontata la sfida del rapporto tra «Persona ed organizzazione. Itinerari di responsabilità» su sollecitazione dei corsisti delle precedenti iniziative. L’assistente sociale vive acutamente il senso di responsabilità nei confronti sia dell’utente sia dell’organizzazione. Il corso si è proposto di aiutare l’operatore, da una parte, a vivere più serenamente l’assunzione di responsabilità, propria del ruolo, dall’altra ad implementare la capacità di individuare spazi e dinamismi per l’esercizio di una reale responsabilità, nel reciproco interesse.

    Tante sono state le domande poste dagli operatori che nel 2014 con il percorso «Responsabilità, persona ed organizzazione: impariamo dall’esperienza» il lavoro si è concentrato ancora sul Titolo VI del Codice deontologico «Responsabilità dell’assistente sociale nei confronti dell’organizzazione di lavoro». Sono stati presi in considerazione i principali fattori in gioco nella relazione tra professionista ed organizzazione, nonché le sfide poste dai cambiamenti in atto, allo scopo di favorire l’esercizio di una pratica efficace della responsabilità. Consideriamo questo tema come fortemente connotato dal punto di vista deontologico, poiché mette a confronto il dover essere del Codice e la pratica di tutti i giorni all’interno di un’organizzazione.

    A fronte di sollecitazione della realtà con fatti che hanno visto anche nel lavoro sociale il contrapporsi di diritti individuali tra chi aiutiamo, è stato messo a tema nel 2015 il rapporto tra diritto e perseguimento della giustizia a partire dalla domanda: «Bastano le leggi per perseguire la giustizia?» e affrontando l’anno successivo «Significato e dilemmi del diritto nel perseguimento della giustizia». La professione di assistente sociale, infatti, ha sempre cercato nella sua storia di perseguire la giustizia e riconoscere e attuare i diritti è sempre stato un suo aspetto qualificante. Pertanto, con l’aiuto di alcuni magistrati abbiamo cercato di comprendere i cambiamenti significativi in atto nell’ambito del diritto, per acquisire maggiore consapevolezza circa la complessità che il binomio giustizia-diritto innesta nella pratica, dove a volte si pensa che l’applicazione della legge possa garantire tout court la realizzazione della giustizia.

    Riprendere in considerazione la giustizia come valore ci ha spinto a porci una domanda, oggetto del workshop realizzato nel 2017: «Bastano le competenze per realizzare azioni virtuose?». Con esso abbiamo inteso avviare tra operatori una riflessione condivisa sulla rilevanza delle virtù nell’esperienza professionale sia dell’assistente sociale sia delle altre professioni di aiuto: Quali virtù entrano in gioco nel lavoro professionale? Cosa aiuta ad esercitarle? A partire dall’esperienza condivisa ci siamo così resi maggiormente conto di come tutti i principi e gli articoli del Codice deontologico dell’Assistente sociale [2] facciano riferimento implicitamente a specifiche virtù, quali ad esempio la giustizia, la prudenza, la fortezza, la temperanza, la fiducia, la gratuità, la speranza. Citiamo ad esempio

    l’art. 11: «L’A.S. deve impegnare la propria competenza professionale per promuovere l’autodeterminazione degli utenti, la loro potenzialità ed autonomia, in quanto soggetti attivi del processo di aiuto, favorendo l’instaurarsi del rapporto fiduciario, in un costante processo di valutazione» , che rimanda all’esercizio della speranza, della fiducia e della temperanza;

    l’art.14 :. «L’A.S. deve salvaguardare gli interessi ed i diritti degli utenti.… e deve adoperarsi per contrastare e segnalare all’autorità competente situazioni di violenza e sfruttamento ecc.» , che implica l’esercizio della virtù della giustizia, della fortezza e della prudenza;

    l’art.44 : «L’A.S. intrattiene con i colleghi e gli altri professionisti rapporti improntati a correttezza, lealtà e spirito di collaborazione…», che richiama l’esercizio della fortezza, della temperanza e della fiducia.

    Questo lavoro ha posto le basi del Seminario [3] svolto nel 2018 dal titolo «Oltre la competenza, quali virtù? Una prospettiva deontologica per lo sviluppo di Buone Pratiche» , con cui abbiamo voluto avviare una riflessione sulle virtù e sulla loro rilevanza nell’esperienza professionale.

    Il libro nasce così a seguito di questo percorso che ci ha portato a ritenere, ora più che mai, che la competenza degli operatori psico-socio-educativi può essere potenziata da una riflessività rispetto alla dimensione etica e da una dimensione deontologica radicata nell’Etica delle virtù ( Virtue Ethics).


    [1] Segnaliamo che, oltre alle iniziative realizzate direttamente a Milano, METE noprofit ne ha realizzate altre presso gli Enti che ne hanno fatto richiesta, come ad esempio i percorsi «La positività come risorsa nell’agire professionale: una prospettiva deontologica»svolti per l’Ambito Distrettuale del Rhodense, per la Provincia di Lecco, per il Comune di Varese, per la Fondazione Buon Pastore e il percorso«Prospettive Deontologiche: la dimensione etica nel lavoro dell’assistente sociale» svolto per l’Ufficio di Piano di Azzate.

    [2] Ci riferiamo in questo caso al Codice deontologico dell’Assistente sociale in vigore fino a maggio 2020.

    [3] Il Seminario, a cui hanno partecipato circa seicento professionisti, è stato realizzato in convenzione con il CROAS della Lombardia ed è stato sostenuto da Regione Lombardia e dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali.

    4. Il contenuto del testo

    Un testo come questo desidera offrire ad operatori, volontari, docenti e studenti un contributo in grado di dare un fondamento ad azioni che possiamo definire virtuose e di indicare a titolo esemplificativo delle prospettive operative .

    Attraverso i primi sei capitoli intendiamo approfondire dal punto di vista filosofico, antropologico e pedagogico i contenuti delle virtù, in particolare quelle civili, che tanta rilevanza hanno per chi opera a vario titolo nel campo dei servizi di welfare.

    Nonostante il termine virtù non sia oggi particolarmente utilizzato e apprezzato sul piano del linguaggio comune, Angelo Campodonico nel secondo capitolo, ci illustra come da qualche decennio a questa parte esso sia tornato a suscitare un vivo interesse, a partire dal mondo anglosassone, in cui ha dato luogo a un vero e proprio filone dell’etica contemporanea, l’ etica delle virtù, appunto. Secondo l’autore l’etica delle virtù si propone come alternativa ai due approcci tradizionali, ovvero quello kantiano e quello utilitarista–consequenzialista: l’uno incentrato sulla formalità del dovere e l’altro sul calcolo delle conseguenze delle azioni. Tale fenomeno ha contribuito in maniera significativa a dare nuovo impulso alla ripresa della tematica delle virtù anche nel nostro Paese, tanto in ambito teorico quanto educativo e sociale.

    Cosa intendiamo però per virtù? Il loro significato viene approfondito da Maria Silvia Vaccarezza che, nel terzo capitolo, fornisce una ricostruzione della concezione aristotelica circa la natura delle virtù, difendendo la necessità della loro unità, per poi proporre una classificazione delle varie virtù e dei vizi ad esse contrapposti. Vengono così delineati i tratti delle virtù tradizionalmente riassumibili nelle cosiddette virtù cardinali: temperanza, fortezza, giustizia e saggezza pratica (o prudenza), a cui si può aggiungere l’integrità. Altre nuove virtù ritenute significative sono, senza avere la pretesa di stilarne un elenco completo: la fiducia in sé e negli altri, l’ onestà (che può connettersi alla giustizia), la gratuità/gratitudine, il rispetto, la speranza.Vaccarezza mostra, inoltre, come si possa ragionevolmente stilare, oggi, una lista di virtù al contempo giustificata, esaustiva e rispettosa della pluralità dei valori.

    Nel lavoro sociale allo stato attuale ci sembra opportuno evidenziare l’importanza delle virtù civili e, in particolare la rilevanza della giustizia approfondite da Giacomo Samek Lodovici nel capitolo quarto e il valore della fiducia grazie al contributo di Francesco Botturi (capitolo V).

    Samek Lodovici delineando una serie di problemi ed antinomie delle società occidentali mostra come non siano sufficienti delle leggi-regole ragionevoli per superarli e garantire la giustizia. L’eccesso di norme e di controlli può anzi rivelarsi decisamente controproducente, non

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