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Ritratto di uomo
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E-book202 pagine3 ore

Ritratto di uomo

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Gigio è un uomo amante del bello e dell’arte, che sente di vivere l’arte, ma conduce un’esistenza che non lo soddisfa. Per evadere dalla noia si innamora di Silvia, la vicina di casa. 
Da quest’amore - forse corrisposto, forse no - Gigio creerà una storia parallela a quella principale, narrata dal protagonista stesso. Una fiction nella fiction in questo libro che con ironia parla di arte, di amore, di un omicida redento dall’amore che ama definirsi artista, dell’incomunicabilità e di quanto sia importante l’uso della ragione.
Al lettore la scelta su quale aspetto è più importante far prevalere.

Alessandro Manganozzi è nato il 13 agosto del 1962 a Roma, città in cui vive e svolge l’attività di medico di base e nutrizionista. Sposato con due figli, ha all’attivo cinque romanzi pubblicati rispettivamente nel 2002 (Lo scalino di Janet), nel 2005 (Blog: catarsi pop di un assassino), nel 2020 (L’algoritmo dell’amore), nel 2021 (Feuilleton) e nel 2022 (Gli Immobili).
LinguaItaliano
Data di uscita6 set 2022
ISBN9788830671058
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    Anteprima del libro

    Ritratto di uomo - Alessandro Manganozzi

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Premessa prolissa.

    A cura del Lettore Modello.

    Sembra proprio che la massima aspirazione dell’uomo di oggi sia quella di raccontarsi. Avere cioè una vita autobiografica prodiga di pathos. Del resto, la vita di tutti i giorni è monotona, spenta: viene da sé allora il post su Facebook o Instagram per movimentare le cose.

    La creazione di un metaverso – di un’ucronia – da parte di Gigio, il protagonista del romanzo, assegna allo scritto uno scopo funzionale, nel senso che dovrebbe mandare a buon fine un amore già naufragato nella vita reale. E sebbene il feuilleton che lui inventa – un thriller scadente senza alcuno spessore letterario – non lo consoli rivelandosi solamente carta straccia, lui manda avanti ugualmente l’operazione confidando, chissà come, in un’improbabile catarsi.

    Gigio è il prototipo del neosognatore, colui nel quale la tecnologia ha infuso un’apparente onnipotenza e che adesso briga per scrivere una storia finalmente alla sua altezza. Ma l’impresa, sebbene disperata perché non può in alcun modo nascondere la sua natura posticcia, viene nondimeno avviata, come succederà anche domani finché l’uomo calcherà questa terra.

    Perché il copione sia all’altezza della situazione, l’azione non può svolgersi nel τράγος¹, dove regna il caos e l’anarchia della vita reale, ma nel μῦϑος², governato invece da una logica narrativa di per sé ordinatrice. In altre parole, Gigio si salva traslocando in un regno ordinato e meritocratico, dove può finalmente ottenere giustizia. Il Lettore a quel punto è superfluo, così come non serve quando si sogna e si fantastica in solitudine.

    Esiste, dunque, una dimensione autistica della creatività umana, dove non si fa che produrre bellezza e ordine senza sosta a proprio uso e consumo. Cos’è, dopotutto, la preghiera se non un frammento di ordine universale atto a propiziare una realtà desiderata? C’è un momento in cui la speranza soccombe alle avversità e alle frustrazioni e si deve perciò ricorrere alla menzogna della fiction. Nel caso di Gigio c’è un amore che non trova uno sfogo esterno, ma implode mettendolo a soqquadro. Ecco perché, proprio nel punto in cui la storia reale sembra arenarsi, grazie alla fiction lui riprende il largo esplorando territori che altrimenti gli resterebbero preclusi.

    Non vorrei sconfinare nella psicologia, ma mi permetto di dire che così funziona il desiderio, che è per tutti un racconto a lieto fine. La mente crea incessantemente la fiction perché corre sul filo del desiderio. Si dirà che è risaputo. Ma c’è di nuovo, qui, che Gigio, da bravo personaggio pop, mette in piazza la sua storia officiando sul social un vero e proprio rito collettivo, con una più netta percezione degli eventi (ancorché inventati). Non basta più desiderare, dal momento che in Gigio il desiderio non si limita a scorrere nella mente come un intrattenimento masturbatorio, ma si fa cosa reale nella misura in cui il Lettore sospende l’incredulità.

    Sembra un paradosso, ma in un mondo sempre più virtuale, disincarnato dall’elettronica, si ha fame di realtà benché forzata nella fantasia. Le due dimensioni si fondono, si scambiano di posto; τράγος e μῦϑος si avvicendano convulsamente. Si perde l’antica cognizione di vita vissuta per entrare in un mondo fatato in cui sembra possibile avere tutto ciò che si desidera. Questa vita ibrida – metà vera, metà finta – finisce col comporre per tutti un gustoso feuilleton, in cui sono dosati sapientemente thrilling, suspense e pathos.

    Con "Ritratto di uomo i romanzi del ciclo Feuilleton" salgono a quota quattro. Anche se in apparenza diverso, il tema centrale qui non si discosta poi molto da quello già osservato ne Gli immobili. Anche qui domina il geometrico egocentrismo di sempre, ribadito nella fiction che Gigio scrive al preciso scopo di continuare a sentirsi sulla cresta dell’onda.

    Lo straniamento che il protagonista provoca nel Lettore ha tutti i tratti di un tradimento, obbligandolo infatti ad accettare l’artificiosità strumentale dello scritto e di fatto impedendogli di sospendere l’incredulità. Sarà solo la testardaggine del Lettore, allora, il suo bisogno di credere, che infonderà vita al feuilleton rendendolo fruibile. Del resto, il dolore della rassegnazione può essere così insopportabile, a volte, che è fatale rifugiarsi nel mito. Il Lettore, perciò, solidarizzando con Gigio, condivide con lui il rifiuto della sconfitta.

    Ma fin dove può spingersi la fantasia prima di essere smentita dai fatti? Fino a che punto i personaggi restano in balia del burattinaio che li muove sulla scena? C’è un’evidenza, a volte, a cui è impossibile non arrendersi: un’evidenza schiacciante e inalterabile che ci esilia nel τράγος vanificando ogni tentativo di fuga. E una realtà che inchioda al proprio destino è una realtà disperata. E mortalmente noiosa.

    L’autoritratto di Gigio, ringiovanito e abbellito, è un falso per quanto autografo. Riecheggiando Dorian Gray, il dipinto recupera la grande assente nella vicenda tra Gigio e Silvia: la giovinezza.

    Il Lettore Modello

    1 Per la spiegazione del concetto cfr. L’algoritmo dell’amore.

    2 Ibid.

    Ritratto di uomo

    Tutto inizia una mattina di maggio 2012, sul pianerottolo al secondo piano di un palazzo senza balconi, quando Gigio Salemi, inciampando nel laccio di una scarpa, perde l’equilibrio e rovina di peso ai piedi di Silvia Ranieri, sua dirimpettaia mai vista.

    «Cazzo!»

    «O Dio! S’è fatto male?»

    «No, no. Una semplice contusione, credo».

    «Io sono nuova di qui. Lei è un vecchio inquilino?»

    «Vecchio di sicuro: ho cinquant’anni!»

    «Non intendevo quello. Scusi».

    «Ma si fuguri! Novelli sposi?»

    «Qualcosa del genere. Io e Fausto non siamo sposati. Conviviamo civilmente».

    Rimettendosi in piedi, Gigio ha modo di trovarsi faccia-a-faccia con Silvia. La luce pallida del mattino si riflette nei grandi occhi azzurri di lei con un intenso e inquietante brillio. Sembra allucinata quando invece, il suo, è solo lo spavento per la rovinosa caduta del vicino di casa. Se possibile, Gigio esprime ancora più stupore, e non si sa se per la bellezza della dirimpettaia o per quella sua espressione così sibillina: civile convivenza

    Cos’è la sua con Giulia se non una stagnante e civile convivenza? Verifica, ora, come davanti a una piccola turbativa quale l’avvenenza di una donna, il presente si scuote e diventa per magia futuro, rimettendo tutto in discussione. Non si ha idea di quanto putride e malandate possono apparire le cose viste in prospettiva. La moglie si tinge di un grigio cenere e diventa di colpo un peso morto. Tutto questo a causa (o grazie) alla visione di poco fa. C’è forse qualcosa di etico in tutto questo? No, è solo un pensiero endorfinico, il suo: nostalgia del piacere. Mentre i sentimenti dovrebbero essere altro: affetto, attaccamento, gratitudine, concordia. E lui tutto questo lo ha. Tuttavia, lo stupore davanti alla straordinaria bellezza di Silvia, la sua immediata attrazione, gli svelano il suo lato immorale e non manca di sentirsi in colpa. Se non che la sua mente fa delle sintesi e lo fa innamorare a prima vista. Non è, cioè, semplicemente attratto fisicamente, ma il suo è un coinvolgimento totale che tocca le corde profonde. Sarà allora per la sua vena artistica che lo porta a comporre poesie a ripetizione, o forse per una sua esigenza spirituale di completezza, fatto sta che si orienta – o meglio, si polarizza, e non c’è verso poi di dissuaderlo e riportarlo alla ragione.

    L’artista è profondo e fatuo allo stesso tempo. La sua anarchia lo spinge a calpestare ogni morale e a deridere tutti i sentimenti che non siano accesi dalle emozioni. Un poeta in sedicesimo come lui, dedito al sogno come un bimbo sofferente, aveva bisogno costante di iniezioni emotive. E quella mattina è arrivata una dose da cavallo. Che sia alla ricerca della felicità e lui nemmeno lo sa?

    Sono in molti a pensarla così, in effetti: felicità uguale a scarica di endorfina. Invece Gigio non è di quella fatta, pur essendo in apparenza un farfallone. Lui sa parlare al cuore delle donne. Le mette in risonanza, senza mai fare di questo potere un’arma. Lo si può sorprendere a piangere di gioia, di dolore, di rabbia. Tirarsi i capelli davanti a un rifiuto o correre controvento per sentire le punture della tramontana. Gigio corre veloce in macchina, strimpella il pianoforte, ma non è raro che si isoli per raccogliersi, disdegnando il rumore. Veste sciatto, i tanti capelli arruffati, fregandosene dello scherno altrui. Tanto lui si vede bello. Bellissimo. Serve a qualcosa, oggi, presentare a sé stesso il conto dei tanti anni vissuti da opportunista? Aver sposato vent’anni fa, in pompa magna, la figlia di un noto ambasciatore per assicurarsi una vita agiata. Essersi potuto permettere la lettura degli incunaboli custoditi nella grande biblioteca nazionale dove lavora da ormai trent’anni. Essersi concesso il lusso di due relazioni extraconiugali, entrambe con Franca, entrambe finite in malora. Una lunga lista. Eppure, in questa vita sentimentale disastrosa – e squallida, per certi versi – c’è una costante che un po’ lo riabilita: la complessità. Lui non s’è mai portato a letto una donna tanto per scopare. Lo ritiene poco letterario. Al contrario, ha sempre avuto un’attenzione maniacale per le location, le parole, le atmosfere e tutto ciò che possa ambientare adeguatamente l’amore. Un D’Annunzio dei poveri? In un certo senso sì. In fondo, il godimento è per tutti, ma il piacere è per pochi.

    Lui è un dandy moderno con molti tratti antichi, diciamo pure romantici. Come un cristo in terra, è un dio incarnato capace di soffrire da uomo. E non che scacci nevroticamente il dolore. Anzi. Le sue migliori creazioni sono uscite da un cuore spezzato e inconsolabile. Si sente un’aquila con le ali tarpate. E se c’è un desiderio sopra tutti è ritornare a solcare quei cieli che un tempo gli furono ospitali.

    Ha voglia di innamorarsi, insomma, alla faccia di chi lo vorrebbe ingessato da leggi e precetti. Per lui non vale la regola meglio immobili e protetti che liberi e anarchici. L’unica cosa che lo vincola è l’amore. Lo discriminino pure, allora. Gli diano pure del libertino. Tanto lui continuerà a non avere padroni, siano essi in carne e ossa o sottoforma di religioni e ideologie.

    È una hybris a dir poco oltranzista, la sua, ma da creativo ha sullo stomaco i ready-made. L’aquila che ha dentro riacquisterà presto l’uso delle ali e tornerà a sorvolare territori sempre diversi e il tempo sarà scandito dalla varietà dei paesaggi che, dominati dall’alto, gli daranno una sensazione di grande potenza.

    Gigio è stato fin da piccolo un bastian contrario. Umiliava il maestro con caustica eleganza, correggendogli gli errori nelle tracce dei temi e divertendosi anche un mondo a usare termini inusitati, tanto per irritare il docente. Lui abbassa le penne solo quando ama. È in quel preciso istante che si sente un servo devoto come una vestale e s’inchina all’autorità.

    Silvia è stata redentrice. Ha cancellato di colpo i peccati mortali e veniali e gli ha anche aperto gli occhi, le orecchie, il naso e la bocca. Il paradiso, adesso, brilla di luce. Luce che bacia, che illumina, che colora. Luce che ha colpito gli occhi di Silvia esaltandone l’azzurro e spalancando tutto un cielo. L’aquila ha lasciato il nido e si prepara, da uno sperone di roccia, a spiccare il volo.

    Si va verso l’alto, in questi casi. Senza una meta precisa, ma solo per il gusto di volare. È una leggerezza antigravitaria che dà la misura del proprio potere ascensionale spingendo a salire. A salire. E che sia amore non c’è dubbio, benché sia ancora la fase preparatoria che molti mistici osservano con preghiere e abluzioni. Inoltre, non c’è dubbio che l’incontro tra Gigio e Silvia sia un deciso punto di rottura che richiede una completa riconfigurazione mentale.

    I sensi del poeta magnificano. Dio ha creato i poeti per cantare la natura, visto che, a quanto pare, non basta averne coscienza. I sentimenti che ne derivano sono lo stupore e la meraviglia e, visto che è un uomo a provarli, Dio evita d’indulgere a un antipatico narcisismo.

    Si può andare molto in alto con una poesia. Si arriva a toccare il cielo. Ed è privilegio di pochi. Sono pochi, infatti, coloro che, ricevuta l’investitura, ascendono per purificarsi. Gli eletti si bastano. Vivono un isolamento ascetico impermeabile a tutto. Gli unici scambi osmotici in corso sono quelli tra poeta e oggetto amoroso. Sempre che l’oggetto si presti, dal momento che allo stato attuale Gigio ha all’attivo soltanto un incontro fugace, neanche così fortunato, oltretutto. Adesso è solo col foglio bianco sottomano. Ha spento il pc e va al recupero della tattilità della scrittura. È curioso come ora lo schermo spento del computer, anziché riflettere virtuosamente l’anima, rimandi un’immagine poco fedele ma speculare del suo volto.

    Se almeno avesse una foto di Silvia, anziché quell’azzurro che si espande invadendo l’intero campo visivo, avrebbe almeno un piede d’appoggio. Invece, ora non ha niente se non due occhi come un cielo da solcare.

    Butta giù due versi, ma storce la bocca e si gratta il naso, segno

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