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The “O” - L’organizzazione Acqua libera
The “O” - L’organizzazione Acqua libera
The “O” - L’organizzazione Acqua libera
E-book160 pagine2 ore

The “O” - L’organizzazione Acqua libera

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Info su questo ebook

La storia si fonda su un problema reale: la necessità di acqua. L’acqua come bisogno primario, come bene prezioso da tutelare, proteggere e condividere. Ma dove c’è un bene, c’è chi vuole sfruttarlo per i suoi interessi, e a farne le conseguenze è sempre la povera gente. The “O” si batterà per ristabilire equità e razionalità.
 
LinguaItaliano
Data di uscita26 ago 2020
ISBN9788863586008
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    Anteprima del libro

    The “O” - L’organizzazione Acqua libera - Achille Vincenzo Benegiamo

    Capitolo 1

    L’uomo d’altri tempi

    Peter Davis era nel suo ufficio di Londra a leggere il Times, seduto sulla poltrona di pelle color cuoio.

    Indossava una camicia di cotone doppio ritorto color celeste, la sua preferita, e i pantaloni blu in fresco di lana sorretti dalle bretelle rosse.

    Aveva i capelli corti brizzolati ed era leggermente stempiato, faccia tonda, labbra sottili e occhi verde muschio.

    Era intento nella lettura, lo interessava in particolare un articolo di geoeconomia. Ogni tanto si distraeva dalla lettura per prendere appunti sulla Moleskine nera.

    Il suo studio era in stile Old English: parquet vissuto e cigolante, tappeti persiani con una preponderanza di colore rosso, libreria di mogano, lampada di ottone con vetro verde e l’intramontabile enciclopedia inglese.

    Sulla parete a sinistra della sua scrivania c’era il diploma di laurea in economia conseguito diversi anni prima presso la Oxford University. Un divano in pelle rossa, le cui rughe segnavano l’età avanzata, e una poltrona completavano la parte centrale della stanza.

    Il rifacimento di un vecchio telefono nero in bachelite stazionava sulla scrivania, vicino naturalmente a due monitor che aggiornavano continuamente Peter sull’andamento della borsa e sui principali indici economici mondiali.

    Quella mattina la penna, una Parker nera, tamburellava freneticamente sul passacarte di cuoio. Qualcosa lo turbava. Dopo l’ennesimo battito di penna e una vistosa sottolineatura su un appunto, decise di convocare l’assemblea straordinaria della O, ma per quello ci voleva il telefono satellitare criptato messo a punto dal suo amico Thashi Tai della TTE (Thashi Tai Electronic).

    Fece diverse telefonate, ma tutte durarono lo stretto indispensabile: convenevoli e motivo della chiamata.

    Davis era un uomo molto riservato, dai modi gentili ma risoluto e pratico, non parlava troppo e soprattutto se decideva di farlo si documentava bene, analizzava la situazione e decideva il punto di partenza e il traguardo, in poche parole era credibile.

    In quella circostanza decise di essere ancora più sintetico visto il numero di persone che avrebbe dovuto contattare; le parole che risuonavano più spesso erano aquila nera, O-meeting, New York, tra una settimana.

    Finito il giro di chiamate convocò la sua segretaria per pianificare una trasferta di affari a New York.

    Lei si presentò con un tailleur scuro, scarpe con tacco di media altezza e capelli raccolti; un abbigliamento e un modo di presentarsi che la rendevano più matura della sua vera età.

    Era molto scrupolosa e attenta sul lavoro e riusciva a mantenere una grande calma anche in situazioni difficili.

    Davis l’aveva presa sotto la sua ala protettrice dopo che i suoi genitori, entrambi giornalisti, erano stati assassinati per aver denunciato pubblicamente i loschi affari di una grossa compagnia di import-export africana.

    In meno di trenta minuti Davis ebbe il suo biglietto per New York.

    Capitolo 2

    Il mago del problem solving

    L’odore di caffè, fragranza 100% arabica, si diffondeva nella stanza. Fuori era freddo, nonostante a New York fosse primavera. La sua cucina bianca era posizionata nella stanza più luminosa della casa.

    A lui piaceva alzarsi la mattina presto e prepararsi il caffè, goderselo fissando NY dal suo appartamento sito al 54° e ultimo piano. Il toast e la frutta accompagnavano il caffè.

    George Ros accese la radio e la sintonizzò sulla sua emittente preferita, abbassò il volume per non essere ubriacato di prima mattina da troppi rumori, seppur piacevoli.

    Si guardò allo specchio e si accorse che aveva le occhiaie e che i capelli erano tutti in disordine. Si dette un’aggiustatina.

    Con la tazza in mano camminava su e giù per la stanza come se dovesse trovare la risposta a qualche interrogativo presente nella sua mente.

    Si affacciò alla finestra e si accorse che per strada c’era poca gente: era domenica.

    Sorrise nel vedere che un furgone rosso e blu della RT (ROS Transportation) circolava nei pressi della 5a strada pronto a effettuare la consegna giornaliera.

    Era orgoglioso, era la sua azienda, ormai tra le principali compagnie leader mondiali nel settore trasporti.

    La telefonata del giorno prima lo aveva preoccupato un po’; sapeva che l’argomento della riunione convocata da Davis sarebbe stato poco piacevole. Seguivano quella indagine ormai da diversi anni, e malgrado le loro conoscenze non erano riusciti a trovare informazioni abbastanza preziose.

    Alcuni dei progetti più importanti di the O erano andati male perché era intervenuta un’organizzazione criminale.

    In realtà Peter Davis aveva già da tempo chiesto un parere di fattibilità in merito a un progetto su scala internazionale.

    A George sarebbe toccato il compito di pianificare e organizzare la produzione e il trasporto dei componenti tecnologici d’avanguardia.

    Inizialmente la faccenda sembrava semplice ma dopo alcune analisi si rese conto che le aziende coinvolte erano dislocate in diversi punti del globo terrestre e che la riservatezza richiesta avrebbe potuto essere messa a rischio.

    Capitolo 3

    L’ape operaia della ricerca

    Dietro a un pianale da laboratorio c’erano diversi scienziati, ognuno con il proprio camice bianco. Sul taschino del camice era ricamato un simbolo, la lettera K con il serpente attorcigliato intorno.

    Indossavano guanti, copricapo e copriscarpa e le maschere di protezione del viso.

    Gli occhi nocciola di lei erano vispi e si muovevano osservando il viraggio del contenuto della beuta. Anche gli altri ricercatori erano lì, tutti intenti a guardare come se stessero assistendo a un miracolo.

    A un certo punto, dopo alcune rotazioni il liquido da trasparente virò al verde scuro e un sospiro uscì dalla maschera di tutti i presenti. Dopo un attimo di silenzio arrivarono i sorrisi, i primi evviva e gli applausi soffocati dai guanti latex free.

    Ancora una volta i laboratori Klauss avevano portato a casa un successo; questa volta era un vaccino per un ceppo aggressivo dell’NHX3, malattia molto contagiosa in Medio Oriente.

    Ora toccava alla sperimentazione clinica.

    Anna uscì dalla stanza con passo deciso, si tolse i materiali di protezione, passò attraverso la stanza di sterilizzazione a raggi UV e uscì nel corridoio.

    Si appoggiò al muro, alzò la testa al cielo, ringraziò e sorrise.

    Anna Klaus aveva vinto ancora.

    Capitolo 4

    Il padre sempre presente

    Mimmo Ottone era un uomo di 55 anni, con una barba rada, alto circa 1,65, robusto, di carnagione scura, il volto segnato da rughe frutto dell’esposizione costante al sole. Aveva braccia forti e mani grandi. Quel giorno indossava la tuta da lavoro e andava in giro nel cantiere a osservare il procedere del lavoro e soprattutto a parlare con gli operai.

    Nonostante si potesse permettere di gestire la sua attività comodamente dal suo studio di Roma nei pressi di via Vittorio Veneto, preferiva ogni tanto andare a visitare i cantieri, dialogare con i suoi dipendenti per rivedere idee e punti di vista.

    Aveva iniziato da piccolo con l’impresa di suo padre, geometra nel sud Italia.

    Il suo vecchio aveva venduto un terreno coltivato a ulivo e con il ricavato aveva acquistato le principali attrezzature per mettere in piedi un’impresa edile.

    L’impresa aveva lavorato molto bene, offriva qualità a prezzi adeguati.

    Il nome circolava in tutta la provincia. L’impresa crebbe successivamente sia a livello regionale che nazionale.

    A Mimmo era spettato il compito di svilupparla verso i mercati internazionali. Aveva studiato ingegneria e poi economia, aveva preso contatto con ambasciate e si era fatto conoscere in Europa e nel bacino mediorientale.

    Aveva inoltre ideato e brevettato un tipo di cemento ad alta elasticità, inserendo una resina speciale. Questo tipo di materiale gli aveva fatto vincere diversi appalti in particolare nelle zone ad alto rischio sismico.

    L’impresa non era sempre andata bene a causa dei blocchi protezionistici delle multinazionali, ma grazie all’aiuto di Peter Davis era riuscito a riprendersi e a crescere.

    Ora era anche lui un membro di O.

    Anche lui il giorno prima aveva ricevuto la convocazione dell’O-meeting ed era rimasto particolarmente colpito dal tono perentorio e deciso di Davis. Di solito era risoluto e calmo, ma quella volta aveva ceduto all’emozione e Mimmo lo aveva percepito.

    A lui venivano assegnati i compiti di progettazione e realizzazione; il suo lavoro spesso si embricava con quello di Ros.

    I due infatti erano molto amici. Entrambi si erano fatti da soli e sapevano le difficoltà che la vita può offrire.

    Insieme riuscivano a risolvere e gestire molti più progetti di un intero studio tecnico.

    Capitolo 5

    Semplicemente H2O

    All’arrivo in aeroporto, il dr. Corrado Brotti e i suoi tre collaboratori erano stati accolti da due bellissime hostess con le divise blu e rosse della compagnia di bandiera che porgevano sorridenti, e con uno sguardo attento, dei bianchi asciugamani. Erano umidi e caldi e grazie al vassoio di legno, sovrastato da un coperchio, mantenevano una temperatura costante. Si sentiva anche un leggero dolce e gradevole profumo di patchouli, muschio bianco e vaniglia con toni di bergamotto.

    I quattro compagni di viaggio erano provati dal lungo volo e gradirono il piacevole omaggio; misero gli asciugamani sul viso e lasciarono che il tepore rilassasse i muscoli del viso.

    Subito dopo si recarono presso una immancabile caffetteria italiana e ordinarono quattro espressi, che arrivarono dopo poco.

    Il contenuto delle tazzine lasciava presagire che non si trattasse di un vero espresso, ma il profumo intenso di arabica inebriò il loro olfatto.

    Ora il risveglio sembrava più piacevole.

    Successivamente il gruppo prese i bagagli dal nastro trasportatore e si spostò verso l’uscita.

    Nella zona degli autonoleggi li aspettava un camper di nuova generazione con un autista del posto.

    Il direttore Monti, capo di Corrado Brotti, aveva investito una parte considerevole del budget per il progetto Free Water For Everybody; il camper era stato attrezzato con tutti gli strumenti di ultima generazione che Corrado aveva richiesto.

    A turno entrarono nel camper per indossare gli abiti da lavoro: scarponi, calzettoni, pantaloni color kaki in tessuto tecnico adatto alle escursioni in climi tropicali, polo, giacca tipo sahariana.

    Una volta pronti utilizzarono un tavolino presente fuori dal camper per distendere una cartina dell’isola. La studiarono per qualche minuto, poi individuarono alcuni punti di maggiore interesse e decisero di mettersi in viaggio.

    Prima però entrarono in un negozio a fare un’abbondante scorta di viveri; non poteva mancare la colorata e profumata frutta esotica che li fece saziare già solo inebriando vista e olfatto.

    I quattro si erano conosciuti all’Università di Lecce:

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