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Napoli e i suoi dolci natalizi

in cui le tradizioni popolari si manifestano nella propria essenza. La celebrazione di questa festività tocca infatti i nostri sentimenti più profondi. Napoli è la capitale universale dell’allegria, del sole e del buon cibo e la festa del Natale è qui particolarmente sentita. In questo periodo dell’anno e in gran parte del pianeta si celebra la natività, ci si ritrova e prendono forma e vita le migliori ricette di famiglia. Chi prepara il, poi fritto e cosparso di miele. Con il passare dei secoli, le migliori ricette di dolci hanno preso vita da conventi e monasteri, come per esempio la Santarosa, creata nel convento omonimo che si trova a Conca dei Marini, in provincia di Salerno, oppure i Susamielli, tipici dolci natalizi a forma di lettera S realizzati nell’antico convento di Donnaregina. Il dolce simbolo di Napoli, il Babà, è arrivato a noi grazie ai francesi, anche se la sua nascita si attribuisce a un re polacco del Settecento, Stanislao Leszczynski; il nome Babà significa “vecchia signora”, forse perché è così morbido da poter essere gustato anche da chi non ha i denti. Mescolandosi con le culture di altri popoli, anche la pasta dei dolci ha subito trasformazioni ed evoluzioni cambiando forme, preparazioni e tipologie di cottura: pan di Spagna, pasta frolla, sfoglie. Fu poi nel 1819 che un noto ristoratore napoletano, Pasquale Pintauro, creò la Sfogliatella, un dolce realizzato per essere mangiato in strada durante la passeggiata domenicale. Nel 1860, poi, con l’Unità d’Italia, la pasticceria napoletana è diventata patrimonio nazionale continuando la sua evoluzione nel tempo. La Pastiera napoletana, tipica del periodo pasquale, è il dolce amato dai più: pasta frolla ripiena di crema di grano e ricotta, aromatizzata con spezie come cannella e vanillina, acqua millefiori e canditi. Una ricetta che viene reinterpretata di famiglia in famiglia: chi utilizza il grano tritato, chi aggiunge la crema pasticcera, chi non mette i canditi. Resta il fatto che la Pastiera napoletana conquista tutti con il suo sapore e il suo profumo unico. La pasticceria napoletana è sicuramente tra le più prolifiche d’Italia, tanti i dolci tipici i cui profumi inebriano ogni giorno le strade della città, aromi e sapori che provengono dalle pasticcerie napoletane, che hanno creato o reso famosi molti dei dolci più amati della città, tra cui la “Pasticceria Scaturchio” che ha sede in San Domenico Maggiore. Famoso per sfogliatelle, babà e la pastiera, Scaturchio si distingue dalle altre pasticcerie per la produzione del Ministeriale: un medaglione ricoperto di cioccolato fondente con ripieno di ricotta, nocciole, frutta e una crema al liquore. Creato negli anni ’20, è il vero emblema della pasticceria di Francesco Scaturchio. “Napoli tre cose tene e belle: ’o Mar, ’o Vesuvio ’e Sfugliatelle”. Le Sfogliatelle calde di “Attanasio” danno del filo da torcere alla concorrenza per la loro cottura e il ricco ripieno; il forno di Attanasio apre alle 6.30 e chiude alle 19.30 da più di ottant’anni: una vera e propria garanzia. Al Vomero troviamo invece la pasticceria della famiglia Scamardella. Torte, mignon, pastiere e panettoni sotto Natale, ma soprattutto le loro speciali cassate fatte esclusivamente in casa, con prodotti di primissima scelta: la classica, al forno o con il cioccolato. “Il Babà è una cosa seria” cantava Marisa Laurito nel 1989 al Festival di Sanremo, affermazione tanto veritiera da essere riportata su un cartello appeso nel locale di Salvatore Capparelli. Belli, ma soprattutto buoni: i “giganti” bagnati nel rum della “Pasticceria Capparelli” sono senza alcun dubbio i più richiesti della città napoletana. “I dolci si mangiano prima con gli occhi, poi con la bocca. Devono essere belli così come l’ambiente in cui vengono offerti”, ha sottolineato più volte Capparelli. Napoli è una città ricca di cultura e di cuore: se la attraverserete non scordatevi di fare un tour di assaggi. Capiterà che vi sentirete dire: “sì proprio nù babà”; capirete che si tratterà solo di un complimento! “Chi ha avuto, ha avuto. Chi ha dato, ha dato. Scurdammoce o passato simm’ i Napule paisà”.

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