La cucina napoletana
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Info su questo ebook
Dai friarielli al babà, più che una tradizione un’arte che richiede passione
Calzoncini ripieni • Pasta e cocozza • Gnocchi alla sorrentina • Coniglio all’ischitana • Salsicce e friarielli • Alici ammollicate • Scarola imbottita • Pastiera • Zeppole di san Giuseppe • Mostaccioli
…e molte altre ricette!
Quella della cucina napoletana, più che una tradizione, è un’arte che richiede passione: ci sono ingredienti da scegliere con cura e tempi da rispettare scrupolosamente. La preparazione di ogni piatto è un vero e proprio rito, soprattutto nei giorni di festa, e ogni ricetta è tramandata con amore e sapienza. Questo libro ripropone i classici della gastronomia napoletana conditi con aneddoti, proverbi, curiosità e cenni storici, per accompagnare il lettore alla scoperta dell’anima più autentica della città. Più di duecento facili ricette per portare in tavola i sapori di Napoli: dal casatiello alla pastiera, dal ragù al babà, passando per il sartù di riso e le mozzarelle in carrozza, senza dimenticare la pizza, un vero capolavoro di semplicità esportato in tutto il mondo.
Eduardo Estatico
Membro di una famiglia di cuochi, è nato a Napoli. Il suo percorso professionale è iniziato nella città partenopea, è proseguito oltre i confini nazionali, a Filadelfia, si è arricchito con elementi della tradizione mediterranea a Formia e si è consolidato nel Nord Italia prima alla scuola di cucina italiana Alma, poi a Lonigo, in provincia di Vicenza. Oggi è lo chef del JK Place di Capri.
Gerardo Gagliardi
È nato a Napoli, da madre campana e padre ciociaro. Ha sviluppato l’amore per la cucina osservando la nonna, che è riuscita a tramandare la sua abilità ai fornelli a più di una generazione. Continua a coltivare la buona tradizione gastronomica partenopea, condividendo questa passione con gli amici nella sua cucina.
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Anteprima del libro
La cucina napoletana - Eduardo Estatico
299
Prima edizione ebook: ottobre 2015
© 2015 Newton Compton editori s.r.l.
Roma, Casella postale 6214
ISBN 978-88-541-8756-6
www.newtoncompton.com
Edizione elettronica realizzata da Pachi Guarini per Studio Ti s.r.l.
Newton Compton editori
Introduzione
Si cucine cumme vogli’i,
io te pavo cumme vuo’tu,
ma si pavo cumme vuo’ tu,
e nun magno cumme vogli’i’,
io te pavo cumme vuo’ tu,
ma me nn’esco e nun torno cchiù.
Questi sono forse i versi più famosi di un poemetto gastronomico incompleto di Eduardo De Filippo, nel quale l’attore e regista fa un excursus di alcune delle più famose ricette della tradizione partenopea. La passione di Eduardo per la cucina emerge anche da alcune delle sue opere nelle quali mette in scena preparazioni simboliche della sua terra. Né è un esempio Sabato, domenica e lunedì
, dove la preparazione del ragù e la sacralità con la quale viene consumato fanno da contorno alle vicende familiari della famiglia Priore.
La tradizione della cucina napoletana ha, ovviamente, origini assai più antiche e risente di tutte le varie influenze che una città di mare ha potuto vedere transitare nel corso dei secoli tra le banchine del suo porto. Uno dei primi testi di cucina italiana conosciuto, il Liber de Coquina
, è scritto a Napoli in latino volgare tra il 1200 e il 1400, probabilmente da un cortigiano del re di Napoli. Nelle ricette di epoca medievale in esso contenute si evince l’influenza delle culture araba e francese che si vanno a fondere con lo stile luculliano fino a quel momento di moda in città.
Con la dominazione aragonese che ha inizio a metà del 1400, la cucina napoletana si evolve da cucina di stampo medievale, con sapori forti e intensi, a una cucina più ricercata, dove le innovazioni nell’utilizzo di ingredienti portano a ricette fino ad allora sconosciute. In questo periodo, è principalmente Antonio Latini, cuoco al servizio del reggente spagnolo del viceregno di Napoli, a dare una svolta all’arte culinaria napoletana, trasformando il pomodoro importato dall’America da elemento di decoro a ingrediente essenziale delle sue ricette. Proprio al Latini è attribuita, infatti, l’ideazione della salsa di pomodoro, preparazione che ancora oggi rimane uno dei simboli di Napoli.
Tra la dominazione aragonese e quella borbonica inizia a diventare elemento essenziale della cucina napoletana la pasta, già presente nei secoli precedenti in altre tradizioni culinarie italiane. Napoli contribuisce, però, all’evoluzione dell’utilizzo di questo elemento. Per le condizioni climatiche particolarmente adatte alla fase di essiccazione, nella provincia napoletana fioriscono, infatti, i primi pastifici artigianali con un conseguente incremento della produzione. La semplicità con la quale la pasta si abbina alle salse di pomodoro, fa sì che il consumo lieviti vertiginosamente sia sulle tavole dei ricchi sia su quelle dei poveri, tanto che i napoletani da mangia foglie
iniziano a essere etichettati come mangia maccheroni
.
Nel Settecento, come avvenne per il resto dell’Europa, anche la cultura napoletana è fortemente condizionata dagli influssi francesi. La tradizione culinaria non è ovviamente esclusa da queste influenze. Alla corte del regno dei Borboni arrivano i monzù
, libera interpretazione napoletana del termine francese monsieurs
, e i loro piatti tipici. Il connubio tra l’arte dei cuochi di corte francesi, la tradizione e gli ingredienti in uso nelle cucine napoletane dà vita a ricette tutt’oggi ampiamente utilizzate, i cui nomi derivano da storpiature napoletane di termini francesi, oramai diventate di uso comune nella lingua italiana. Ne sono esempi il gattò da gâteau
, il ragù da ragoût
, il sartù da sur-tout
.
Oggi le specialità napoletane magnificamente raccontate da Eduardo nelle sue opere, contribuiscono all’identificazione della cucina italiana nel mondo. Gli spaghetti al pomodoro, la pizza, la parmigiana di melanzane, sono solo alcuni esempi di come l’intensa intersezione di culture avvicendatesi nei secoli e le ricchezze delle terre vulcaniche alle pendici del Vesuvio si siano unite in un mix perfetto di sapori, odori e colori.
PIZZA, FRITTI E SFIZI
immagineBrioche rustica
Per 4 persone
300 g di farina 00
3 uova
100 g di burro
200 ml di latte
1 cucchiaio di parmigiano grattugiato
1 cubetto di lievito di birra
sale
1 cucchiaio di emmenthal grattugiato
Per l’imbottitura:
150 g di un misto di provola secca, prosciutto cotto e salame Napoli
Lavorate il lievito con l’acqua, la farina, il burro ammorbidito, i formaggi grattugiati, le uova, il sale e il latte tiepido fino a ottenere una pasta morbida. Aggiungete all’impasto l’imbottitura, tagliata a pezzetti e passata nella farina, e lavorate fino a quando i salumi non saranno ben distribuiti. Imburrate e infarinate uno stampo, adagiatevi il composto e lasciate crescere: l’impasto deve raddoppiare il suo volume (minimo 1 ora). Mettete in forno già caldo a 180° C e cuocete per 45 minuti, controllando la cottura con uno stecchino lungo.
Calzoncini ripieni
Per 4 persone
Per la pasta:
500 g di farina 00
1 patata
20 g di lievito
un pizzico di sale
250 ml di acqua tiepida
Per il ripieno:
400 g di ricotta
150 g provolone del Monaco tagliato a cubetti
150 g di prosciutto cotto o salame dolce tagliati a cubetti
parmigiano grattugiato
1 uovo
pepe
Per friggere:
1 l di olio di semi di arachidi
Lessate e schiacciate la patata. Disponete la farina a fontana e nel mezzo inserite il lievito sciolto nell’acqua tiepida. Amalgamate aggiungendo la patata e il sale, fino a ottenere una pasta elastica. Preparate il ripieno mescolando la ricotta, il prosciutto, l’uovo, il parmigiano, il pepe e il provolone tagliato a cubetti. Stendete la pasta con un mattarello in una sfoglia di 1 cm. Ricavatene dei dischi di 8-10 cm di diametro al centro dei quali metterete un po’ dell’impasto preparato. Chiudeteli ripiegando la pasta su se stessa e lasciateli lievitare per 2 ore ben coperti. Friggete in abbondante olio e servite ben caldi.
immagineCalzoncini ripieni
Casatiello
Per 4 persone
Per l’impasto:
250 g di farina
00 sale
250 g di farina manitoba
pepe nero
100 g di sugna
un pizzico di zucchero
250 ml di acqua
olio per ungere lo stampo
5 g di lievito
Per il ripieno:
100 g di salame napoletano
50 g di mortadella
100 g di capocollo
50 g di pecorino romano
100 g di provolone
pepe
Per la guarnizione:
4 uova
Per l’impasto, disponete la farina a fontana, aggiungete l’acqua, la sugna, un pizzico di sale, un pizzico di pepe e amalgamate il tutto. Solo alla fine aggiungete il lievito precedentemente sciolto in un po’ di acqua tiepida e zucchero; finite di impastare e lasciate riposare 24 ore in frigorifero.
Passate le 24 ore, tirate fuori l’impasto e lasciate lievitare almeno 2 ore a temperatura ambiente.
Per il ripieno, tagliate a cubetti tutti i salumi e formaggi e uniteli in un unico contenitore con una presa di pepe.
Stendete la pasta tenendone da parte mezzo pugno, spalmatela leggermente di sugna e aggiungeteci il misto di salumi e formaggi. Chiudete strettamente la pasta arrotolandola su se stessa ottenendo un grande filone.
Unite le due estremità del filone a mo’ di ciambella e adagiatelo in uno stampo largo con buco centrale (savarin) precedentemente unto. Fate 4 piccole conche, sistemate in ognuna un uovo intero con guscio che poi fermerete con delle strisce di pasta sistemate a croce.
Lasciate lievitare per altre 2 ore e, prima di infornarlo, ungete la superficie con un po’ di olio. Cuocete in forno preriscaldato a 170° C per almeno un’ora.
Altra specialità pasquale come il Casatiello è il Tortano, nel quale vi è però un diverso utilizzo delle uova. Mentre per il Casatiello vengono utilizzate crude, intere e con il guscio e sistemate sulla superficie della pizza, nel Tortano sono cotte, sgusciate, tagliate a cubetti e unite all’impasto. Pasta esterna, lievitazione e ripieno sono uguali per entrambi.
Crocchè di patate
Per 4 persone
4 patate grandi
1 uovo
100 g di provola di bufala
1 ciuffo di prezzemolo
100 g di prosciutto cotto
sale
100 g di parmigiano grattugiato
pepe
Per la pastella:
250 ml di acqua ghiacciata
500 g di pangrattato
250 g di farina 00
Per friggere:
1 l di olio di semi di arachidi
Lavate le patate sotto acqua corrente e mettetele a bollire in abbondante acqua leggermente salata per 20 minuti. Una volta pronte, pelatele e schiacciatele rapidamente per evitare che la patata diventi collosa. Conditele con sale, pepe, parmigiano, uovo sbattuto, prezzemolo tritato e prosciutto cotto tagliato a dadini. Preparate con l’impasto ottenuto delle sfere dal diametro di circa 4 cm. Schiacciatele con le dita e all’interno adagiateci un cubetto di provola. Formate quindi dei salsicciotti usando i palmi delle mani.
In una ciotola preparate la pastella mescolando energicamente acqua e farina. Pastellate i crocchè immergendoli rapidamente prima nella pastella e poi nel pangrattato. Friggete per qualche minuto in olio caldo a 170° C. Servite anche caldi.
Alle volte il crocchè di patate della ricetta viene chiamato in dialetto panzarotto
, da non confondere con il panzarotto di pasta cresciuta che troverete in questa sezione del libro.
Crocchè di patate
Danubio
Per 4 persone
Per l’impasto:
500 g di farina manitoba
150 g di parmigiano grattugiato
4 uova (di cui uno per spennellare)
1 cucchiaino di zucchero
200 ml di latte
25 g di lievito di birra
100 g di burro
sale
Per il ripieno:
300 g di provolone dolce
300 g di prosciutto cotto
Disponete la farina a fontana e al centro aggiungete 3 uova, una presa di sale, lo zucchero, il parmigiano grattugiato e il latte tiepido nel quale avete fatto sciogliere il lievito. Iniziate a impastare aggiungendo poco per volta il burro a pezzetti (per facilitare l’operazione fatelo ammorbidire per qualche minuto fuori dal frigo). Quando avrete ottenuto una pasta ben elastica disponetela in una ciotola, copritela con della pellicola e lasciatela lievitare per circa 2 ore.
Intanto preparate il ripieno tagliando il prosciutto cotto e il formaggio a cubetti.
Appena la pasta avrà raddoppiato il suo volume, staccatene tante palline grandi più o meno metà pugno, allargatele con le mani e farcitele con un cucchiaio del ripieno di prosciutto e formaggio. Chiudete le palline e disponetele in uno stampo abbastanza alto avendo cura di distanziarle di circa 1 cm l’una dall’altra, dato che in cottura aumenteranno il loro volume. Sbattete l’uovo in una terrina e spennellate la superficie di ciascuna pallina. Infornate per circa 40 minuti in forno preriscaldato a 180° C. Il Danubio può essere servito sia freddo che caldo.
Il Danubio fa parte della tradizione napoletana dei rustici
. Questi si dividono in due filoni, uno che utilizza la pasta lievitata e uno che utilizza la pasta frolla leggermente dolce.
Fiorilli imbottiti
Per 4 persone
10 fiori di zucca
250 g di