Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Dove i Fiori Parlano
Dove i Fiori Parlano
Dove i Fiori Parlano
E-book256 pagine3 ore

Dove i Fiori Parlano

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Principesse riservate, viaggiatori dei mondi, robot, donne coraggiose, supereroi, angeli incarnati per errore, sciamane e commesse, musicisti e pianiste, architetti celestiali e guidatori di pullman … trentotto personaggi surreali, eppure tanto simili a noi, incontrano i Fiori di Bach capaci di mostrargli la via per arrivare al centro del proprio cuore ed iniziare ad essere felici. Da questi incontri, a volte buffi, strampalati e comici, altre toccanti e commuoventi, nasce un nuovo modo di imparare, conoscere e ricordare i Fiori di Bach. D’ora in poi scegliere autonomamente i Fiori per se stessi ed i propri cari sarà facile e divertente come leggere una favola.
LinguaItaliano
Data di uscita11 ago 2012
ISBN9788867513437
Dove i Fiori Parlano

Correlato a Dove i Fiori Parlano

Ebook correlati

Natura per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Dove i Fiori Parlano

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Dove i Fiori Parlano - Claudia Brunetti

    speciali.

    Il Fiore Agrimony ho raccontato

    per chi le sue preoccupazioni

    a nessuno ha mostrato.

    Questo Fiore del bene può fare

    a chi col sorriso

    i conflitti cerca sempre di evitare.

    IL MIMO

    Il giorno in cui Fedro venne al mondo sua madre capì all’istante, guardandolo negli occhi, che aveva qualcosa di diverso.

    Più che dagli occhi, lo capì dal sorriso che la sua creatura aveva stampato sul viso e dal grande silenzio con cui venne al mondo. Niente, neanche uno strillo, un gemito, un sussurro, nessun suono. Solo un silenzio che urlava e quel sorriso un po’ forzato sulle piccole labbra violacee.

    Tutti i medici che lo visitarono si trovarono d’accordo su una cosa: il bambino non aveva alcun problema, avrebbe emesso suoni prima o poi, perché era sano come un pesce. Un pesce, per l’appunto!

    Fedro non disse mai parola e crebbe senza avere il piacere di sentire la sua voce. A volte, soprattutto nei primi anni della sua vita, provava ad articolare qualche suono ma, sebbene la bocca si muovesse, la voce proprio non voleva saperne di venir fuori.

    Fedro seppe farsi amare, diventando popolare nonostante la grave mancanza! Fu prima un bambino, poi un ragazzo e, infine, un giovane uomo sempre molto ricercato.

    Non avrebbe potuto essere altrimenti! Il nostro amico aveva imparato a farsi capire mimando, come un clown, con gesti che ispiravano grande simpatia e aveva sempre un sorriso per le persone che incontrava.

    Tutto quello che i gesti non sapevano raccontare restava chiuso dentro Fedro, nascosto dietro il suo sorriso.

    Venne il giorno in cui l’uomo senza voce decise di lasciare la sua città e di andare oltre oceano a cercare fortuna. Un abbraccio forte forte alla mamma in lacrime e, senza che nessun sapesse nulla, prese una grande nave.

    Dopo giorni di navigazione, come toccò terra, scoprì che quella città gli piaceva! Gli piacevano le persone colorate e sempre di corsa, il mare e le panchine, il porto, le stradine intricate, la collina che sovrastava la città, i colori, gli odori e, soprattutto, i sapori.

    Fedro ebbe la certezza di essere arrivato nel posto giusto, quando vide la lunga strada che portava al mare, animata da mimi colorati e circondati da persone curiose e bambini eccitati. Ogni mimo metteva in scena la sua storia in quel pezzettino di strada, senza parole, proprio come Fedro aveva da sempre fatto nella sua vita.

    Non ci vuole certo un genio per capire chi fu il mimo di strada più famoso, nella storia di tutti i tempi di quella città colorata! Ci fu gente che attraversò l’oceano solo per seguire la voce della popolarità di quel mimo, che tutti acclamavano e a cui nessuno sapeva resistere. Tutti ridevano a crepapelle, di fronte alle sue esibizioni.

    Fedro era richiestissimo. Il cappello che lasciava ai suoi piedi, in pochissimi minuti, si riempiva di monete sonanti e banconote fruscianti che lo resero ricco. C’è chi dice che si esibì anche di fronte al re e alla regina che, per il gran ridere, quasi si fecero la regale pipì sotto.

    L’uomo muto era richiestissimo dalle donne, perché un grande amante e, soprattutto, perché era l’unico uomo in tutta la città che poteva passare ore e ore a sorridere alla gentil signora in questione, senza annoiarla con i vani sproloqui che spesso escono dalle labbra degli uomini in amore.

    Ma il mimo più amato del mondo aveva un solo desiderio: poter raccontare a qualcuno del mondo nascosto che portava dentro, raccontare non per arte, non per far ridere, non per amore dello spettacolo, ma per non sentirsi più solo. Fedro voleva sentire la sua voce urlare il suo dolore nascosto.

    Ma la voce non usciva e furono molte le osterie che lo videro ubriacarsi, affogare nel vino le lacrime trattenute, e stordire la rabbia silenziosa che nutriva il suo cuore. Ogni sera, il nettare rosso degli dei gli parlava con le parole che Fedro non riusciva a trovare dentro di sé.

    Un giorno un uomo, dal viso segnato e con le mani delicate di chi sa seminare e forti di chi sa raccogliere i frutti, camminava per una delle vie colorate di una città di mare. Raggiunse la lunga strada che portava al porto, popolata da mimi colorati e circondati da persone curiose e bambini eccitati. Cercava Fedro.

    Lo cercava perché nel suo terreno erano fioriti trentotto Fiori, i Fiori che Dio e i suoi angeli avevano seminato. Uno di questi era un piccolo Fiorellino giallo e l’uomo quando lo vide fiorire sentì una voce di soffio sussurrargli:

    – Questo è per sciogliere i nodi, inonda i ponti, fa saltare le dighe, dona il coraggio di accogliere se stessi. Porta serenità. –

    Lo colse e lo lasciò riposare in una ciotola trasparente, colma di acqua di bosco. Solo quando fu a casa, il Fiorellino giallo disse:

    – Portami dall’uomo che sa solo sorridere, perché impari a piangere e sappia che non c’è paura nella strada che lo porta dentro il suo cuore. –

    Quell’uomo di mezza età, di poche parole, ma con occhi capaci di vedere oltre la pelle di chi gli stava di fronte, capaci di leggerti l’anima senza neanche fartene accorgere, capì subito che il mimo circondato da bambini felici, con un sorriso rosso disegnato sulle labbra era l’uomo che cercava.

    Aspettò che i bambini e i curiosi lasciassero i soldi nel cappello di Fedro e poi si chinò anche lui, ma non lasciò nessuna moneta, solo una ciotola di cristallo, come una coppa, colma di acqua dissetante e sul pelo dell’acqua un fiorellino giallo.

    E sparì così come era arrivato.

    Fedro non vide l’uomo che gli aveva lasciato questo strano pagamento. Pensò che il mondo è pieno di gente bizzarra e portò il calice alle labbra, assetate per il caldo umido.

    Qualcuno ancora racconta cosa accadde in quel pomeriggio affollato di persone e riscaldato da un sole arancione. Un mimo, che era diventato famoso per la sua arte e il suo talento, dopo aver bevuto una ciotola di acqua che gli era stata offerta da un viandante (qualcuno dice che sull’acqua ci dormisse adagiato sopra un Fiorellino giallo) iniziò a piangere, pianse prima dimessamente e poi sempre più forte e più forte e più forte che sembrò urlasse. Le lacrime scesero così copiose da allagare la strada e finire in mare, sembrava che l’uomo si stesse sciogliendo tra le sue stesse lacrime. Pianse per ore, sentì il suo cuore battere sommerso dall’acqua salata, sentì muri dentro di sé venir via trascinati dall’impeto del pianto.

    Le persone non potevano credere ai loro occhi.

    Ancora oggi qualcuno racconta che il più famoso di tutti i mimi di una città adagiata sul mare bevve una strana pozione, pianse per giorni interi fino quasi allagare tutte le strade e quando sentì che il pianto era finito, si asciugò il viso, si tolse la maschera, si inchinò e, dopo aver detto:

    – Grazie – con un sorriso salutò il suo pubblico e andò via.

    Una donna anziana vedendolo disse che quel sorriso era il sorriso di Dio.

    ll Fiore che ha profumato questa storia è: Agrimony (Agrimonia)

    Per le persone gioviali, allegre e spiritose che amano la pace e sono disposte a molte rinunce pur di evitare discussioni e liti che le possono mandare in crisi. Anche se in generale hanno dei problemi e sono tormentate, preoccupate oppure stanche a livello fisico o psichico, nascondono i loro crucci dietro l’umorismo e le burle. Così sono da tutti considerati degli ottimi amici. Tuttavia fanno spesso uso eccessivo di alcolici o droghe stimolanti per aiutarsi ad affrontare meglio le difficoltà.

    Edward Bach

    Aspen è

    arrivato

    a qualcuno ha parlato,

    a tutti vuol dire

    che le paure ignote

    fa fuggire.

    L’UOMO NERO

    Mattia aveva cinque anni, una mamma e un papà che lo amavano molto, dei nonni sempre pronti e riempire la sua stanza di giocattoli, una maestra, dei compagni d’asilo con cui si divertiva molto e un cane, su cui andava a cavallo ogni volta che ne aveva voglia.

    Insomma Mattia sarebbe stato felice se non fosse stato per l’uomo nero che mamma invocava in continuazione:

    – Ecco! Sta arrivando l’uomo nero e se non mangi tutto quello che c’è nel piatto, ti porta via con lui. –

    – Vai di corsa a lavarti le mani o chiamo l’uomo nero. –

    – Se continui a disubbidire alla mamma, ti mando dall’uomo nero! –

    C’erano mille occasioni per schivare quest’oscuro signore, di cui Mattia aveva un vero e proprio terrore, e che avevano fatto di lui un bambino buonissimo.

    Mattia vedeva ovunque e in continuazione l’uomo che gli faceva tanta paura. Poteva emergere dal buio in qualsiasi momento e scrutare i suoi occhi neri, oppure nascondersi nell’armadio e farlo scricchiolare nelle ore più disperate. Altre volte l’uomo nero s’infilava sotto il letto di Mattia che, sentendo la sua presenza, iniziava a sudare freddo non appena entrava nella stanza.

    Il piccolo aveva imparato a riconoscere la sua presenza, non avrebbe saputo dire neanche lui dove si nascondesse e perché era certo che ci fosse … sapeva solo che c’era e questa cosa gli faceva sentire un improvviso calore sulla nuca e sotto i capelli. Le mani diventavano fredde, la bocca secca e il cuore batteva all’impazzata, lasciandolo con gli occhi sbarrati e immobile, per qualche secondo, prima di riuscire a correre e rifugiarsi nel primo luogo sicuro che gli fosse venuto in mente.

    A nulla erano valse le rassicurazioni della mamma che aveva cercato di fargli capire che l’uomo nero non esisteva, che lei stessa lo aveva inventato per farlo mangiare.

    – È finto! Come i cartoni animati che guardiamo insieme in tv. Non devi aver paura – gli diceva la mamma, quando Mattia, con le lacrime agli occhi, si rifiutava di entrare nella stanza dove aveva intravisto l’uomo nero fargli cenno di entrare.

    – Non c’è nulla, vedi? – lo rassicurava, entrando nella sua camera, passando accanto al mostro che le alitava sul collo senza che lei se ne accorgesse.

    – Vedi amore? Non c’è nessuno! –

    Come poteva Mattia dirle che l’uomo nero era accanto a lei e rideva beffardo delle sue rassicurazioni, e soprattutto, come potevano le parole della mamma farlo sentire protetto e al sicuro, se lei non riusciva neanche a vedere il pericolo da cui avrebbe dovuto proteggerlo?

    Le visite dell’uomo oscuro si fecero sempre più frequenti. Lo vedeva nel sonno da cui si svegliava urlando tutto sudato, scorgeva i suoi occhi neri materializzarsi dietro un mobile, al bagno, mentre faceva la pipì, in macchina dietro il finestrino mentre erano fermi al semaforo, a scuola dietro lo scaffale con le matite e i colori. Gli occhi erano la cosa che vedeva più spesso, ma capitava anche che lo vedesse a figura intera, con i suoi contorni indefiniti e sfumati come il buio della notte.

    Era anche capitato che l’uomo nero gli avesse parlato.

    – Vieni Mattia, vieni qua! – gli aveva detto mentre erano allo zoo e lui lo aveva visto fare la fila davanti al papà per prendere i biglietti di entrata.

    Qualche giorno dopo lo aveva sentito avvicinarsi al suo letto.

    – Sono venuto per prenderti! –

    Mattia era riuscito a mandarlo via con urlo fortissimo che aveva svegliato mamma e papà nel cuore della notte.

    Il bimbo sapeva che era inutile parlarne ai suoi genitori e che, anzi, doveva cercare di mostrare loro il meno possibile la sua paura, perché la mamma e soprattutto papà, dopo aver passato molto tempo a rassicurarlo, ora spesso che si spazientivano e minacciavano di metterlo in castigo se non l’avesse fatta finita con questa storia.

    In realtà i genitori di Mattia erano preoccupati. Dopo aver pensato che gli incubi e gli avvistamenti che terrorizzavano il loro cucciolo fossero frutto della sua fervida fantasia o di paure normali alla sua età, iniziavano a temere che ci fosse qualcosa che non andava e avevano preso un appuntamento con uno psicoterapeuta per cercare di capire cosa gli stesse accadendo.

    – Mamma e papà ti portano dal dottore. –

    Fu lo stesso uomo nero a sussurrarglielo attraverso la coperta che Mattia aveva usato per nascondersi da lui.

    Il dottore dei bambini era un tipo simpatico e aveva una stanza piena di giochi e di matite colorate.

    Mattia prima giocò un po’con un camioncino dei pompieri e poi fece un disegno per mostrare al dottore come era fatto l’uomo nero, così che lui potesse vedere se aveva qualche pozione magica per farlo andare via.

    Il medico prima osservò bene il disegno e disse:

    – Ho sentito di questo tizio che va dai bambini per spaventarli, ma basta chiedergli cosa vuole per farlo andare via. Io ho un’arma segreta che posso darti a patto che non ne faccia parola con anima viva. –

    Tirò fuori una boccetta di vetro scuro e gli disse che lì dentro c’era la forza concentrata di un albero che si chiama pioppo tremulo perché trema come i bambini quando vedono l’uomo nero.

    Il bimbo sorrise nel vedere su un libro i fiori di quest’albero, ricoperti come batuffoli di ovatta che fa il solletico ma è in grado di annientare qualsiasi uomo nero o maleficio. La mamma avrebbe dato un po’ di gocce di pioppo tremulo a Mattia ogni giorno per aiutarlo a non avere più paura.

    Tutti lasciarono lo studio del medico col cuore più leggero.

    Naturalmente Mattia prese le gocce con grande diligenza e, come per magia, l’uomo nero non si fece più vedere!

    Nessuna traccia di lui, era sparito! Il dottore aveva proprio ragione: il pioppo era riuscito a mettere una grande paura a quel mostro che terrorizzava i bambini.

    Passarono giornate intere senza preoccupazioni e Mattia aveva ormai abbassato la guardia, anche se la mamma continuava a dargli le gocce di pioppo.

    Un pomeriggio, il nostro piccolo eroe stava facendo il suo pisolino pomeridiano quando sentì un rumore improvviso.

    Il sangue gli si fermò e il cuore iniziò a battere rumoroso.

    Era tornato! L’uomo nero era tornato!

    – Ciao Mattia – gli sussurrò sedendosi sulla sedia che aveva trascinato fino ai piedi del letto.

    – Ti sono mancato? –

    Il bambino non poteva crederci che fosse di nuovo accaduto. Dopo essersi ripreso dallo spavento iniziale, si ricordò delle parole del dottore e cercò di immaginare il pioppo tremulo che con le sue foglie tremava al vento.

    – Sono qui, Mattia! –

    Il pioppo rispose alle sue preghiere.

    – Sono qui con te! Non temere! –

    Il bimbo aveva visto un batuffolo muoversi nell’aria accanto all’uomo nero.

    – Chiedigli che vuole – disse il batuffolo.

    – Che vuoi da me? – chiese Mattia.

    – Voglio portarti in un luogo bellissimo, dove vanno solo i bambini coraggiosi che riescono ad aprire quella porta – rispose, indicando una porta che si era disegnata sulla parete della camera e che si era affrettato a raggiungere.

    Mattia non sapeva cosa fare: aveva molta paura, ma la curiosità era sempre stata una sua caratteristica e poi sentiva che il pioppo era con lui e questo gli dava forza.

    – Dietro quella porta ci sono mondi nuovi. Per vederli devi riuscire ad attraversarla. Io sarò nella tua mano! – disse il fiore dell’albero tremante.

    Mattia guardava la porta disegnata dall’uomo nero e sentiva i suoi occhi fissarlo con una tale intensità da fargli venire i brividi.

    – Sarò con te! – disse il pioppo.

    Il bambino si alzò da letto e si ricordò della mamma quando gli diceva che l’unico modo per bere una medicina amara è quello di buttarla giù di un sol fiato, senza starci a pensare.

    Prese la rincorsa e come un ariete aprì la porta senza un attimo di esitazione. Quello che vide dall’altra parte fu la meraviglia delle meraviglie, il mondo più super fantastico che ci sia, il paradiso dei bambini. Purtroppo non è possibile scriverne e voi non potete leggerne, solo i bambini che hanno il coraggio di varcare la porta custodita dall’uomo nero possono accedere in quel mondo da favola e goderne gli incanti.

    E Mattia è uno di quelli!

    Il Fiore che ha profumato questa storia è: Aspen (Pioppo tremulo)

    Per quelle paure imprecisate e sconosciute che non hanno spiegazione o giustificazione. Il soggetto può essere in preda al terrore per qualcosa che non sa, ma crede stia per accadergli. Questi timori imprecisati e sconosciuti possono sopraggiungere il giorno o la notte. Chi ne soffre ha spesso paura di confessare la propria pena agli altri.

    Edward Bach

    Se dai tuoi errori

    proprio non vuoi imparare

    Chestnut Bud ti può aiutare.

    Nella prossima favola

    lo puoi incontrare,

    ricordati di lui

    se fatichi a studiare.

    IL VIAGGIATORE DEI MONDI

    – Qui Bud, viaggiatore dei mondi.

    Mi ascolti Dio?

    Qui Bud, viaggiatore dei mondi.

    C’è qualcuno in ascolto?

    Ho perso le istruzioni e non ricordo più la mia missione.

    C’è qualcuno in ascolto?

    Dio? Ci sei?

    Sto atterrando con la mia navicella su un pianeta di cui non conosco il nome e vorrei sapere cosa mi avevi chiesto di fare. Mi senti? –

    La grossa biglia di latta atterrò al suolo, con un tonfo sordo e prese a rotolare per molte miglia, prima di fermarsi per far scendere il suo unico passeggero, nonché capitano e astronauta che, ancor prima di mettere piedi sul terreno sabbioso, era già inciampato sul suo stesso mantello verde.

    – Chi sei? – chiese un sasso che si trovava a passare di lì proprio al momento del rocambolesco atterraggio della palla spaziale.

    La domanda rimase senza risposta.

    Il capitano, dopo essersi ripreso dal capitombolo, sembrava essere stato morso da qualche tarantola e aveva iniziato correre come un forsennato a destra e a sinistra.

    Andava e tornava senza una precisa direzione sotto lo sguardo incuriosito del sasso

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1