La porta degli universi
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(dal diario di Alessandra)
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Anteprima del libro
La porta degli universi - Salvatore Viola
Suzuki
Introduzione
Alessandra ha 32 anni, abita ad Oristano col marito Riccardo e lavora in un Centro Commerciale della città. Anche Riccardo ha 32 anni e lavora come Dottore Commercialista in uno studio al centro, da cui la loro casa è poco distante. Sono sposati da tre anni e non hanno figli. Lei è originaria di Paulilatino che dista da Oristano circa 30 chilometri e si raggiunge in circa 25 minuti. È molto legata al suo paese e prima di conoscere Riccardo e sposarsi viveva con i genitori e viaggiava giornalmente per recarsi al lavoro ad Oristano. Riccardo invece è originario di Sassari e si è trasferito in città avendovi trovato lavoro subito dopo la laurea. Si sono conosciuti per caso, presentati da un’amica comune, e dopo un anno erano già sposati.
Apparentemente sono una coppia felice. Ma lo sono realmente?
Quante volte abbiamo guardato con ammirazione delle coppie che sembravano vivere in simbiosi e poi è accaduto l’imponderabile e agli occhi di tutti sono apparse tragedie improvvise, tradimenti nascosti o semplicemente drammatiche rotture per insopportabilità della convivenza.
Quasi sempre diamo agli altri un’immagine distorta della nostra vita, di quella che si consuma dentro le mura delle nostre case. È li che le gioie e i dolori reali hanno sfogo nella nostra solitudine o con qualcuno con cui condividiamo i nostri giorni e che può assecondarci o destabilizzarci fino a creare un ambiente esplosivo.
Tutto ruota intorno ai quello che siamo riusciti a creare nella nostra sfera personale in cui esistono persone che amiamo o che credevamo di amare, persone che ci amano o che credevano di amarci. Tra queste i nostri genitori, i nostri fratelli e sorelle, da sempre nella nostra sfera, e poi quelle che si sono inserite col tempo e che hanno incrementato il tasso d’amore o creato turbolenza e scompiglio nella nostra vita.
Ma non basta. Le certezze della nostra sfera personale possono essere messe a dura prova da eventi drammatici verificatisi all’improvviso che spesso ci conducono verso un abisso da cui è faticoso reagire e venirne fuori.
Definiamo questi eventi frutto del destino già scritto per ognuno di noi.
Ma è davvero così? E se invece nell’universo esistessero tante vie della nostra esistenza? Se esistessero tante alternative, tante vite diverse da quella che viviamo, legate alle nostre decisioni, ai nostri pensieri? Tante vite che stiamo vivendo da qualche parte, nell’universo infinito, e che il nostro spirito sarebbe in grado di vedere se raggiungesse l’illuminazione, se potesse penetrare nell’energia dell’universo e l’energia dell’universo potesse penetrare in lui.
In Oriente definiscono l’illuminazione come l’istante in cui la goccia si fonde nell’oceano, nell’attimo stesso in cui l’oceano si riversa nella goccia
.
Esiste veramente questa possibilità? Esiste qualcosa che ci avvicini all’energia dell’universo e una porta che ci possa poi condurre in altre dimensioni?
1
"Caro diario, ho deciso che da ora in poi tu sarai il mio solo amico a cui confiderò le mie gioie e i miei dolori.
Lo so, sarai un amico che mi ascolterà e non potrà mai darmi consigli, ma sei l’unico di cui possa fidarmi. Certo, se potessi parlare, mi diresti: con un marito a fianco perché ti confidi con me e non con lui?
Già, sta propri qui il problema…perché l’uomo che ho sposato tre anni fa è proprio diverso da quello che mi è apparso quando ci siamo conosciuti e che ho frequentato per un anno prima di decidere di avventurarci nel matrimonio. Tutto allora mi sembrava splendido. Avevo dei genitori meravigliosi, un fratello, Gianni, che amavo e a cui ero molto legata e un lavoro che mi consentiva di essere indipendente finanziariamente e di poter contribuire alle esigenze della mia famiglia. Certo, anche Gianni lo faceva. Lui è un ingegnere edile e lavora in uno studio qui ad Oristano con altri ingegneri associati. Ha da subito preferito, appena trovato lavoro, cercare casa in città e ne ha acquistata una veramente bella che sta pagando col mutuo.
Poi, conosciuto Riccardo, è stato come completare la parte di me che mancava, quella parte che ci fa sembrare tutto il mondo meraviglioso come vivere in una fiaba. Ma col tempo Riccardo si è dimostrato lontano mille miglia dalle mie esigenze, dalle mie ansie, dai miei problemi quotidiani. Io cerco di stargli vicino e di affrontare insieme a lui i crucci del suo lavoro, di dargli consigli ed incoraggiarlo. Lui liquida i miei frettolosamente, sminuendoli e rimproverandomi di pormene troppi.
Sono diventata per lui la donna di casa che serve a completare la sua vita. Ma solo con cose materiali: cucinare, pulire, stirare, lavare, fare sesso…
Fare sesso…anche questo è diventato un’esigenza senza amore. Il mio coinvolgimento è andato gradatamente sfumando col rendermi conto della persona che avevo accanto. Spesso mi rimprovera che sono diventata una lastra di ghiaccio e non nego che abbia ragione. Ho cercato di parlargli, di fargli capire che la nostra vita in comune sta andando a rotoli, che è cambiato nei miei confronti e che dobbiamo cercare di recuperare quel qualcosa che abbiamo perso col tempo. Lui mi risponde che sono io diversa e che lui è sempre lo stesso. Forse ha ragione per tutte e due le affermazioni, perché lui è lo stesso e sono io che non ho visto sin dall’inizio com’era in realtà, abbagliata com’ero dai miei sentimenti. Poi è anche vero che sono cambiata perché, rendermi conto di come è veramente lui, mi ha fatto perdere per strada l’amore che avevo.
Amore? Provavo veramente amore o forse era solamente infatuazione?
Mi sentivo amata ed ero entusiasta della nostra vita in due. Ma sarebbe potuta essere anche la nostra vita in tre se fosse dipeso solamente da me. La maternità è stata sempre la cosa che ho sempre sognato. Avere dei figli è il mio desiderio più grande e anche in questo Riccardo mi ha ingannata perché prima di sposarci gli avevo confidato il mio sogno e lui era stato d’accordo con me nel condividerlo. Ma dopo il matrimonio, quando io gli ho espresso l’intenzione di andare avanti in una gravidanza, mi ha fatto osservare che non era ancora il momento e che ne avremmo discusso in futuro. Col tempo sono tornata spesso alla carica, ma inutilmente. Questo mi ha delusa profondamente. Mi sono sentita defraudata di un mio diritto, acquisito anche col suo consenso prima che ci sposassimo.
Ora sono contenta di non averlo fatto perché non so quanto potrà durare il nostro rapporto.
Se potessi parlare mi diresti: se è così, cosa ci stai a fare con lui?
Spesso me lo chiedo anch’io.
Forse è perché spero di recuperare ancora la nostra vita. Riccardo non è cattivo, è una brava persona ed io, anche se magari quello che provo non è amore, gli voglio bene. Lui crede in noi e questo m’incoraggia. Sono una ragazza all’antica e prima di prendere decisioni drastiche voglio ancora valutare bene quello che è rimasto e se c’è ancora spazio per andare avanti.
Ora devo interrompere perché lui sta per rientrare. Pranzeremo insieme frettolosamente perché oggi ho il turno di sera al lavoro e devo uscire velocemente.
Ti prenderò presto per confidarmi di nuovo con te."
Alessandra chiuse il suo diario in una cassetta metallica con serratura di sicurezza che aveva acquistato qualche giorno prima e la nascose in un cassetto sotto i suoi indumenti intimi. Il cassetto si trovava in un armadio molto capiente della camera da letto. Era composto da due ante scorrevoli e all’interno aveva una parete centrale che lo divideva in due vani, ciascuno dei quali aveva in basso tre cassetti. Si erano divisi i due vani e sicuramente Riccardo non sarebbe mai andato a frugare nel cassetto del vano di Alessandra.
Prese la poltroncina che avevano in un angolo della camera, l’accostò all’armadio, vi salì e mise la chiave sul soffitto dell’armadio, in una posizione impossibile da vedere e da prendere se non da chi l’aveva messa.
Stava riposizionando la poltroncina al suo posto quando sentì aprirsi la porta d’ingresso.
«Ale, ci sei?» la chiamò Riccardo.
«Si, Ricky, sono qui», gli rispose Alessandra, uscendo dalla camera da letto e avvicinandosi per salutarlo.
Scambiò con lui un bacio sfuggente sulle labbra e si diresse in cucina. Aveva già apparecchiato e si mise a scaldare la pasta al forno che aveva preparato la mattina.
«Se vieni presto a sederti pranziamo insieme. Fra poco devo andare!» gli disse alzando la voce per farsi sentire.
«Arrivo!» le urlò Riccardo.
«Ehilà, c’è pasta al forno…buona!»
«Lo so che ti piace, spero sia veramente buona...»
«Sicuramente sì, sei brava in cucina!»
Riccardo iniziò a divorare la pasta annuendo positivamente ad ogni forchettata.
«Tutto bene col lavoro?» gli chiese Alessandra.
«Non tanto. Abbiamo ancora problemi col quel cliente di cui ti parlavo.»
«Vi inguaierà se non lo mollate in tempo.»
«Ma no, non eravamo a conoscenza di quell’evasione fiscale di cui stanno indagando!»
«Ma non mi hai detto che stava cercando di coinvolgervi?»
«Abbiamo chiarito tutto. Comunque non possiamo mollarlo perché abbiamo ancora in ballo con lui una consulenza che ci frutterà una bella cifra.»
«Spesso conviene valutare le cose senza l’abbaglio dei guadagni, serenamente, con la mente sgombra da condizionamenti. Va bene, ora devo andare. Vado un attimo in bagno e poi esco.»
Cinque minuti dopo Alessandra salutò frettolosamente Riccardo e chiuse la porta di casa alle sue spalle.
Fuori, l’accolse il sole ancora caldo di fine settembre. Mise in moto la sua auto e si diresse verso il Centro Commerciale.
2
Elena percorreva lentamente le vie del centro tenendo per mano i suoi due figli, Tommaso ed Elisabetta.
Tommaso aveva tre anni ed Elisabetta due. Camminavano con andatura incerta e i due bambini ogni tanto strattonavano la madre per fermarsi ad osservare le vetrine, soprattutto quelle dei panifici, che sprigionavano dal loro interno la fragranza del pane appena sfornato.
«Mamma, ce lo compri un panino?» chiese Tommaso.
«Piu tardi, Tommy, ora dobbiamo andare…», gli rispose Elena , trattenendo una lacrima.
Era ridotta in uno stato di povertà totale e stava privando soprattutto i suoi figli della vita normale di cui avrebbero avuto diritto. Si era rivolta alla Caritas diocesana per avere dei generi di prima necessità ed era riuscita così ad andare avanti, ma quella situazione non poteva durare a lungo. Avrebbe voluto un lavoro e da tanto tempo cercava di trovarlo. Ma con due figli così piccoli, anche trovandolo, chi avrebbe badato a loro? Ad Oristano era sola e non conosceva persone a cui lasciali e di cui potersi fidare.
Era rimasta orfana da piccola e non avendo parenti, era stata affidata dai servizi sociali ad una famiglia che l’aveva allevata amorevolmente, come fosse loro figlia, facendola studiare e incoraggiandola in tutte le sue passioni. A 25 anni si era ritrovata di nuovo sola. In poco più di un anno una brutta malattia si era portata via prima sua madre adottiva e poi suo padre. Ma da tempo lavorava in un supermercato e non aveva avuto modo di trovarsi in difficoltà economiche. Le difficoltà erano state solamente quelle di aver perso due persone che amava e che erano il suo punto di riferimento. Ma la solitudine non durò molto, perché dopo sei mesi dalla loro morte conobbe Sandro. Fu un colpo di fulmine che travolse entrambi e che li portò nel giro di pochi mesi al matrimonio.
Sandro faceva l’autotrasportatore ed aveva cinque anni in più di Elena. Il suo lavoro lo portava spesso in giro per la Sardegna e qualche volta nella penisola, ma era bello vivergli accanto nei momenti in cui tornava. E poi, dopo un anno, Elena rimase incinta di Tommaso e la sua vita divenne ancora più piena. Decise di lasciare il suo lavoro e di dedicarsi completamente a suo figlio e a suo marito. La casa che avevano preso in affitto, in via Tharros, essendo in una zona abbastanza servita, le dava modo di avere a portata di mano tutto quello di cui necessitava.
Dopo un altro anno arrivò Elisabetta e da quel momento in poi fu assorbita interamente dalle esigenze dei suoi due figli. Ma era felice. Sandro, nei momenti che non lavorava, era un marito e un padre sempre presente e premuroso, che si dedicava con amore alla famiglia.
Tutto girava per il verso giusto, ma la vita tormentata di Elena doveva subire un altro scossone e quando successe fu tremendo.
Sandro, durante una trasferta ad Olbia, in cui doveva trattenersi per due giorni, fu trovato morto nella sua stanza d’albergo, la mattina dopo il suo arrivo. Stabilirono che si era trattato di un arresto cardiaco dovuto ad una disfunzione congenita di cui lui non si era mai accorto. Una vita giovanissima, un futuro ancora da scrivere svanito in una notte e una famiglia lasciata nel dramma e nello sconforto.
Immaginiamo solo in