L'altra metà del cielo
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Anteprima del libro
L'altra metà del cielo - luciano barbieri
twitter.com/youcanprintit
Parte prima
L'altra metà del cielo, questa semplice modalità, iniziò un di’ di tanti tanti anni fa, ove vi era magia nel dire, nel fare di tutto, be’, penso non come ai giorni nostri, dove vi è tanto livore con molta meno spensieratezza, del resto si sa, la vita ai giorni nostri è molto dura, ma prima c'era la guerra, dopo il boom economico, se così non fosse, si altererebbe l'enfasi della storia dei nostri giorni. Come dicevo, Luciano, un ragazzo sempliciotto dedito alla vita con modalità penso consone alla realtà di tutti i giorni, se non altro apparentemente normale, con irriverenze nei confronti della vita, niente di grave perché si sa, la fanciullezza è spensierata, tranquilla, sotto l'aspetto del vivere quotidiano, almeno sto parlando dei tempi miei, ok. Dunque Luciano era ossessionato da un mistero che lo circondava, ma non sapeva cosa fosse di preciso; più ci pensava e più rimaneva costernato da quello accaduto intorno a sé, come sussistenza ambigua, pensava alla sua vita semplice passata tra amici, scuola e giuochi di ragazzi sotto i portoni di casa o nelle strade aperte, andando a scoprire il circondario così strano, così almeno appariva a me, forse anche ad altri miei amici ma non ne capivo le istanze; talvolta rimanevo imperterrito di fronte a tanta incombenza, per esempio di Santina, una mia cara amica delle elementari, be’, le volevo molto bene, per me era una ragazzina tutta da scoprire, se non altro nel mio immaginario. Vedete, oggi tutti pensano, dicono immagina e già lì avevo una fervida immaginazione, tanto da crearmi delle inimicizie, non così assidue, in quanto la gioiosità si manifestava da me nei confronti degli altri. Senza, si sa, non si era nessuno, però talvolta non bastava a riempire i miei vuoti di pensiero, nel contesto del giorno ed anche della notte. Comunque, Santina la conobbi, come dicevo, a scuola. Lei, una ragazzina molto apprensiva, un po’ disordinata, ma molto carina con due occhioni scuri, sai, tipo donna mediterranea, certo però un po’ timida; mi piaceva perché era bella, si atteggiava con una semplice irruenza e mi dava gioia, felicità immensa, tanto quanto il tremolio del tempo, del ticchettare dell’orologio, dello scroscio lento di un goccio di acqua. Sì, lei era tutto questo, infatti, sebbene adolescente, già sentivo fervere in me qualcosa di sussistente, composto da una certa magia di vedute, ammiccamenti, gesti. Poi un giorno particolare di novembre, non venne a scuola ed io ne soffrii molto, mi preoccupavo di dove fosse, cosa facesse e di come mai non venne a scuola; tutto ciò è molto strano perché la ragazzina ci teneva molto alla sua presenza tra i banchi, specialmente per guardare me, i miei occhi fervidi e penetranti come non mai. Allora aspettai circa una mezzora prima di rivolgermi alla maestra. Sì, la mia maestra indimenticabile delle elementari, una donna buona, tipica madre di famiglia con un certo carattere un po’ particolare, però lei, Franca, sapeva prenderci nel modo giusto facendoci capire il valore dell’istruzione. Dunque aspettai e chiesi a Franca: «Maestra, ha visto Santina? Non è venuta a scuola.»
«Sì, Luciano, lei si sarà sentita male. Sai, Luciano, con questo tempo, poi Santina è una ragazza fragile, si ammala facilmente; comunque, oggi, Luciano, quando vai a casa, visto che state abbastanza vicini, vai a trovarla, così ti accerti di cosa le è successo.»
«Certo» risposi con tono dolente e preoccupato. Sì, mi dispiaceva tanto di lei, ciò mi dava grande dolore al cuore, in quanto io pensavo sempre al suo sorriso, al suo atteggiarsi per apparire più grande di quanto non fosse già. Trascorsero le ore di lezione, come sempre la scuola finiva circa alle ore 13 o 14, dipendeva dalle lezioni supplementari. Uscii, mi incamminai verso casa, dovevo fare circa un kilometro e mezzo per arrivarci. C’era mia madre ad attendermi.
«Ciao Luciano, come va? Tutto bene oggi?»
«Sì, mamma, però la mia amica Santina non è venuta a scuola.»
«Ma davvero? E cosa le è successo?»
«Non so, mamma, però oggi vado a trovarla, speriamo mi voglia vedere. Sai, so che ha dei problemi con i suoi.»
Dopo, nel pomeriggio, andai a casa sua. Nel percorso intrapreso per arrivarci, pensavo a cosa dirle nel caso in cui avessi incontrato suo padre; sì, perché era un omone un po’ irruento, tipo o così o niente, capite voi! Ero preoccupato non sapendo come presentarmi davanti a lei. Mi venne un’idea geniale: se le chiedessi cosa si deve fare nel pomeriggio a riguardo dei compiti da svolgere a casa? Allora arrivo al suo portone, suono, ma nessuno rispondeva. Accidenti, dissi, be’, riprovo, tutto in un attimo e sentii delle grida un po’ offuscate dal citofono, come fosse un ronzio fastidioso e lo sentii come lontano dalle mie orecchie. Diceva: Vieni qua disgraziataaaaaaaaa! Pensai: vai, ho scelto proprio un bel momento per venire da Santina, quasi quasi torno a casa mia. Ancora mentre me ne stavo andando, sentii: te la do io la scampagnata, disgraziata, non ci vai maiiiiiii, capito?! Mi venne di chiamare Santina Santina; non