Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Le confessioni di un adolescente psicopatico: Trilogia dello psicopatico
Le confessioni di un adolescente psicopatico: Trilogia dello psicopatico
Le confessioni di un adolescente psicopatico: Trilogia dello psicopatico
E-book336 pagine4 ore

Le confessioni di un adolescente psicopatico: Trilogia dello psicopatico

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Ángel Salazar non è un ragazzo come gli altri. Bugiardo, egocentrico, crudele e senza scrupoli, ha costruito un universo su misura nel quale si è eletto Essere Supremo e nel quale niente ha importanza, tranne sè stesso. Ma tutto sta per cambiare.

"Questa è la mia storia. La mia verità. Nuda, sincera, senza alcuna ipocrisia o falsa modestia. Probabilmente vi permetterete di giudicarmi. Riesco quasi a vedere da qui l'espressione di orrore e schifo, il muso storto di repulsione e imbarazzo che mostra il vostro viso nel leggere queste righe... La maggior parte di voi non sarà capace di superare il primo capitolo, e il resto si farà di me l'idea di un perverso e diabolico, senza alcuna umanità. Ad onor del vero, devo dire che non me ne frega un cazzo della vostra opinione..."

Per tutto il racconto, l'autore - ex poliziotto e professore all'Università di Murcia nella quale indaga sulla violenza infantile -, delinea con somma maestria le caratteristiche principali di una personalità psicopatica adolescente, basandosi sulle teorie di autori esperti in materia, come Hervey Cleckley, Robert Hare o Vicente Garrido.

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita4 nov 2018
ISBN9781547546886
Le confessioni di un adolescente psicopatico: Trilogia dello psicopatico

Correlato a Le confessioni di un adolescente psicopatico

Ebook correlati

Gialli hard-boiled per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Le confessioni di un adolescente psicopatico

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Le confessioni di un adolescente psicopatico - José Antonio Jiménez-Barbero

    Le confessioni di un adolescente psicopatico

    Autore: José Antonio Jiménez-Barbero

    Traduttore: Filomena Curcio

    ––––––––

    Depositato legalmente nel Registro di Proprietà Intellettuale con il numero: CMU-000006-2015

    Partita di scacchi giocata tra Ricardo e Ángel: vincono i bianchi.

    1. PD4 PE5

    2. CC3 CG6

    3. AF4 AF5

    4. PG4 AxP

    5. PF3 AH5

    6. PE4 PxP

    7. O-O PE5

    8. DG3 DC6

    9. PD5 DB6

    10. TC1 CD7

    11. AH3 PG5

    12. DxP TG8

    13. DH4 AG6

    14. CE2 AB7

    15. CD4 DC5

    16. AxP DA5

    17. CC6+ PxC

    18. PxP TB8

    19. TE1 DxC

    20. TxC+ CxT

    21. DxP+ RxD

    22. AF5+ RD8

    23. AE6+ RC8

    24. AxC++

    INDICE

    PROLOGO DELL’AUTORE

    INTRODUZIONE

    PRIMA PARTE: UN RIBELLE SENZA MOTIVO.

    Capitolo 1. Io, psicopatico

    Capitolo 2. Non giocare con me

    Capitolo 3. Utile e dilettevole

    Capitolo 4. Gli Angeli

    Capitolo 5. Un tradimento

    Capitolo 6. Rinchiuso

    Capitolo 7. Il gruppo

    Capitolo 8. La Pineta

    Capitolo 9. La sentenza

    Capitolo 10. Condannato

    Capitolo 11. Domani

    Capitolo 12. Una morte

    SECONDA PARTE: SENZA COSCIENZA

    Capitolo 13. Domande

    Capitolo 14. Scacchi

    Capitolo 15. La partita

    Capitolo 16. La rissa

    Capitolo 17. Sequestrato

    Capitolo 18. Risvegli

    Capitolo 19. Si riprende la partita

    Capitolo 20. Tra amici

    Capitolo 21. Tutta la verità

    Capitolo 22. ...nient’altro che la verità?

    Capitolo 23. Scacco matto

    Capitolo 24. Tornano sempre

    Capitolo 25. La purificazione

    EPILOGO

    Prologo dell’autore

    Secondo Robert D. Hare (1993), gli psicopatici sono predatori che affascinano, manipolano e si fanno strada nella vita senza pietà, lasciando una lunga scia di cuori spezzati, aspettative deluse e portafogli vuoti. Con una totale carenza di coscienza e sentimenti verso gli altri, prendono ciò che vogliono nel modo in cui vogliono, senza alcun rispetto per le regole sociali e senza il minimo cenno di pentimento o pietà [...].

    C’è stato un tempo in cui la psicopatia era considerata un disturbo fortemente legato all’ambiente familiare e sociale. Ciò indusse molti autori ad utilizzare il termine sociopatia per riferirsi a questo fenomeno. Tuttavia, la prova empirica delle ultime decadi sembra indicare che la psicopatia sia un disturbo di natura innata; detto in altri termini, lo psicopatico nasce psicopatico. L’ambiente sociale e familiare, quindi, agirà come un fattore di modulazione, ma non ne costituirà l’origine. Per esempio, uno psicopatico che cresce in un ambiente sfavorevole, in una famiglia destrutturata o caratterizzata dalla violenza, diventerà facilmente un delinquente, assassino, o violento, visto che la sua natura lo predispone a ciò.

    Tuttavia, cosa succede con quelli che crescono in un ambiente adeguato, o in un ambiente familiare che potremmo considerare normale per gli standard comunemente accettati? Nonostante molti di loro forse non delinqueranno mai, la loro totale carenza di empatia, la povertà affettiva e mancanza assoluta di valori, li porterà ad agire sempre al limite della legalità, che potrebbero oltrepassare a volte, quando lo considereranno necessario per raggiungere i propri scopi. Senza coscienza, senza rispetto per le regole sociali o per le leggi umane o divine; caratterizzati dalla mancanza di scrupoli e dall’assenza di qualunque sentimento di colpa, in questo gruppo troveremo criminali con i colletti bianchi, squali finanziari, truffatori, politici corrotti, eccetera.

    Un’idea abbastanza diffusa è che ogni persona che commette un crimine orrendo è, per forza, uno psicopatico. Ovviamente, esistono molti delinquenti, anche assassini, che non rientrano nei criteri della psicopatia. In questi casi, invece, l’aver ricevuto una socializzazione inadeguata, provenire da ambienti marginali o famiglie fallite, uno sfogo passionale, o la semplice necessità, può portare un individuo a diventare un criminale. Sinceramente penso che chiunque di noi, in condizioni estreme, possa arrivare ad agire come uno psicopatico.

    In generale, esiste tra il grande pubblico una grande ignoranza sulla realtà delle personalità psicotiche. Nonostante venga pubblicato molto al riguardo, la maggior parte di ciò che viene scritto di solito è diretto a lettori esperti o almeno dotati di un bagaglio culturale o scolastico che permetta loro di accedere e comprendere testi scientifici o pseudoscientifici. Secondo me, un buon mezzo per trasmettere questa realtà alla società in generale è il romanzo. Eliminare il linguaggio tecnico e portare il lettore nella vita interiore, nei pensieri, emozioni e sentimenti di uno di loro, con una trama interessante e vivace, potrebbe essere il modo migliore per comprendere il funzionamento di questi soggetti.

    In questo romanzo mi propongo di esplorare la psicopatia nell’infanzia e nell’adolescenza, cioè all’origine; o meglio, visto che un’altra cosa mi sembrava pretenziosa, cercherò di scalfire timidamente la sua superficie.

    La psicopatia infantile è stata studiata poco fino ad ora. Infatti, nelle tassonomie psichiatriche ufficiali (DSM-V¹, CIE-10²), si contempla solo il disturbo asociale della personalità (nome con il quale viene riconosciuta la psicopatia), tra adulti. Psichiatri e psicologi si rifiutano di diagnosticare una psicopatia nei bambini, visto che considerano che la personalità non è ancora sufficientemente formata per utilizzare con loro questa etichetta diagnostica.

    Al contrario, le diagnosi che si stabiliscono per descrivere questo tipo di condotta nei bambini e adolescenti sono i disturbi distruttivi, del controllo degli impulsi e della condotta. In questa gamma, quello che sembra avvicinarsi di più alla psicopatia è il disturbo della condotta, che il DSM-V definisce come un modo ripetitivo e persistente di comportamento con il quale non si rispettano i diritti basilari degli altri, come le norme o regole sociali proprie dell’età. Questo disturbo, a sua volta, può iniziare nell’infanzia (se appaiono i primi sintomi prima di compiere i dieci anni), o nell’adolescenza (se questi cominciano ad osservarsi dopo i dieci anni). Data la tesi anteriormente esposta, e che serve come base a questa narrazione, sembra logico pensare pertanto, che un disturbo del comportamento di origine infantile sia quello che più si avvicinerebbe alla psicopatia infantile.

    Ne "Le confessioni di un adolescente psicopatico, - titolo che presuppone una fandonia in sè, considerando le tassonomie ufficiali, nelle quali non esiste in realtà la diagnosi psicopatica, e ancor meno ciò potrebbe applicarsi a degli adolescenti -, ho cercato di plasmare il più fedelmente possibile la mentalità di uno psicopatico, proprio come viene descritta dai principali esperti in materia. Ángel, il protagonista, deve molto, quindi, alla visione di autori come Hervey Cleckley (The Mask of Sanity, 1941), Robert D. Hare (Without Conscience, 1993) o lo spagnolo Vicente Garrido (El psicópata", 2003).

    Anche se la tesi imperante è, come già detto, quella dello psicopatico innato, ancora non esiste molto dibattito intorno a questo tema. Non è mio obiettivo generare una polemica al riguardo. Entreremmo in una questione spinosa ed eticamente complessa e, d’altra parte, la mia opinione manca di autorità sufficiente per essere protagonista dell’apertura di un dibattito in questo senso. Sinceramente, credo che il tema sia troppo serio o grave da poter considerare altre opinioni che non siano quelle di esperti al riguardo.

    La mia intenzione, prima di tutto, è quella di intrattenere. Ma anche di far arrivare al lettore non esperto sul tema, l’essenza di ciò che costituisce la natura psicopatica, sulla quale ancora esiste una grande ignoranza tra i diversi settori sociali. Molto si dice e discute sui giornali e nella stessa società, quando per disgrazia si viene a sapere di qualche avvenimento violento in cui è implicato un minore. A volte, a caldo, si valuta con eccessiva leggerezza o mancanza di prudenza. Allo stesso modo, le decisioni legislative dei governi rispetto ai minori vengono adottate senza consultare in molti casi gli esperti autorizzati, e normalmente sotto l’influenza di ideologie o correnti di pensiero.

    In questo senso, voglio chiarire che qui non viene plasmata un’ideologia o opinione di alcun tipo. Ovviamente ne ho una, ma non è oggetto del libro. Proprio come potrà verificare il lettore, qui parla e pensa solo Ángel, un giovane psicopatico, o che perlomeno riflette molti degli standard che oggi sappiamo riguardo a questo disturbo. Raccontandosi in prima persona, tutto si mostra – o prova a mostrarsi – dietro il filtro della visione di questo adolescente asociale, cosa che ci porta all’esperienza di percepire la realtà attraverso gli occhi di qualcuno di spietato, senza empatia nè affettività; senza senso di colpa, freddo, impulsivo e violento.

    Riconosco che ogni volta che ho dovuto indossare i panni da psicopatico in ogni frase o pensiero di Ángel, mi è costato uno sforzo emotivo estenuante, ma è proprio l’obiettivo principale di questa storia: vedere, pensare e sentire come farebbe un vero psicopatico. Forse alcuni episodi del protagonista potrebbero sembrarvi esagerati o eccessivi; credetemi, la realtà supera ampiamente la fantasia. Episodi come il maltrattamento degli animali, o la violenza usata contro alcuni compagni di classe, sono tipici e caratteristici della psicopatia negli adolescenti. Vi posso assicurare che la maggior parte degli episodi del genere riportati qui sono ispirati a fatti reali.

    In ogni caso, ognuno potrà avere la propria opinione in merito. Io – o meglio Ángel -, ci limitiamo a raccontare la storia.

    Bisogna dire che, a sua volta, questo esercizio mi ha imposto importanti limiti letterari che spero il lettore potrà comprendere e perdonare. Uno psicopatico è incapace di percepire la bellezza o l’amore, i sentimenti, le sfumature... ciò mi ha obbligato ad utilizzare uno stile un po’ chiuso in determinati momenti della narrazione, tenendo conto che chi ci sta raccontando le cose è un castrato emotivo. Difficilmente potrà capire, e ancor meno esprimere in metafore quei dettagli che emergeranno dalla sua egoista ed egocentrica visione del mondo. La spietata prospettiva della realtà del narratore mi ha frenato nel momento in cui dovevo utilizzare figure letterarie che avrebbero potuto abbellire il messaggio, ma che, secondo me, avrebbero anche sminuito la realtà, facendo fallire il mio esperimento.

    Vorrei chiarire che tutti i personaggi descritti sono frutto esclusivamente della mia immaginazione. Qualunque similitudine con persone o nomi reali è puramente casuale. Non esiste nemmeno un carcere minorile chiamato La Pineta, ad Abarán (Murcia).

    Riguardo alla struttura organizzativa dello stesso, è basata su quella che normalmente viene utilizzata in veri centri, anche se mi sono permesso alcune licenze per poter portare avanti la storia. Allo stesso modo, le strategie educative e terapeutiche che riporto sono simili a quelle utilizzate in questo tipo di strutture: le terapie di gruppo e le visite psicologiche, per esempio, sono abitualmente inserite nei propri programmi.

    Infine, devo avvertire che per sviluppare una trama interessante, che possa favorire lo sviluppo dei personaggi, si da un’immagine negativa di alcuni impiegati del finto carcere. Nonostante ciò, sono convinto che la maggior parte delle persone che lavorano in questo tipo di strutture sono magnifiche professoniste, che si dedicano al proprio lavoro con serietà e vocazione, per niente simili ai caratteri e i comportamenti perversi che vengono descritti in alcune parti del libro; e anche se, per disgrazia, ci sono stati a volte avvenimenti macabri e condannabili riguardo agli stessi, secondo me costituiscono l’eccezione e non la regola.

    ––––––––

    ¹ Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, versione 5.

    ² Classificazione internazionale delle malattie, versione 10.

    Introduzione

    L’uomo alto passeggia indifferente, contemplando il traffico con aria distratta. Un giovane poliziotto lo saluta, con tono gentile, con il tipo gesto marziale, ma senza prestargli troppa attenzione. Dopotutto, non è altro che un cittadino comune che passeggia tranquillamente, in quel torrido pomeriggio di sabato del mese di luglio.

    Anche se non è il suo primo omicidio, stavolta non sa bene perchè lo ha fatto. Di sicuro era da tempo che provava una forte avversione verso quella donna dal volto rozzo e volgare, che lo tormentava con le stesse tediose discussioni, giorno dopo giorno. Persino il sesso con lei era diventato insipido e abitudinario.

    E infine, quello stesso pomeriggio, la goccia che ha fatto traboccare il vaso: le sue continue esigenze di altri soldi (stronza egoista!), insieme alle velate minacce di rendere pubbliche le sue cose... Si potrebbe dire che aveva firmato lei stessa la sua condanna a morte.

    È cosciente del fatto che la sua scomparsa possa rappresentare un problema per gli affari. Conosce perfettamente l’importanza di Ana e degli inconvenienti che può causargli la sua assenza in questo momento, ma ormai non c’è rimedio.

    Ad ogni modo, penserà poi ad una soluzione. È bravo in questo. Pensare.

    Chiama il primo taxi che vede avvicinarsi. Un anziano appoggiato ad un bastone lo ha chiamato per primo, ma il tipo alto utilizza la sua maggiore agilità per avanzare e aprire lo sportello. Non guarda nemmeno in faccia il vecchio idiota... Un altro perdente, sicuro.

    -  Dove la porto, signore? – chiede il tassista.

    -  In Piazza dei Fiori, per favore.

    -  Ok – risponde lui, mentre mette in funzione il tassametro.

    Partono in silenzio, ma quel giorno il traffico è denso e la circolazione è lenta e noiosa. Perciò il tassista non riesce a resistere alla tentazione di intavolare una conversazione.

    -  Con questo caldo la gente è più irritabile, non le pare? Fa piacere trovare qualcuno che non sembra appena uscito da un manicomio.

    Sorride dentro. Dal sedile posteriore riesce a vedere perfettamente il suo viso anonimo ed insulso riflesso nello specchietto retrovisore. Gli fa venire voglia di colpirlo.

    -  Grazie, signore – risponde, comunque, impassibile.

    -  Cosa fa nella vita, se si può sapere?

    -  Sono un pilota di linea.

    La bugia nasce in maniera automatica. Gli è sempre piaciuto impressionare gli altri e di solito riesce a darla a bere alla gente senza battere ciglio. È bravo a mentire. Solo raramente qualcuno lo guarda stranito o incredulo. E, in rare occasioni, qualche furbetto riesce a coglierlo in contraddizione. Ma non gli importa. Sa uscire con successo da qualunque situazione. La sua fantasia non ha limiti.

    -  Pilota di linea! Wow! – esclama il tassista. - Ho sempre desiderato diventare un pilota. Confesso che è il mio sogno da bambino... in quale compagnia vola?

    -  Iberia – risponde subito – è quella che paga meglio, e la sua flotta è ancora la migliore, secondo me...

    Così continuano a parlare per un po’. Si vede obbligato a continuare ad inventare nuove bugie per mantenere la finzione, ma lo fa con vero piacere, senza neanche pensare. Gli viene molto facile.

    Finalmente, arrivano alla piazza in cui il tassista emozionato ferma il veicolo in doppia fila.

    -  Sono dodici euro e venti centesimi, signore – dice, dopo aver dato uno sguardo al tassametro.

    Ha abbastanza soldi, come sempre, ma non gli va di pagare.

    -  D’accordo... Oh, mannaggia! – esclama contrariato – Quanto mi dispiace, amico! Ho solo la carta di credito. Le dispiace aspettare un attimo qui, mentre cerco un bancomat? Ce n’è uno proprio in quell’angolo – gli dice, mentre indica la filiale di Cajamurcia.

    -  Certo che no. Nessun problema, signore.

    Ovviamente, quando scende dal taxi, sparisce. Stavolta non si guarda neanche indietro.

    Avanti, sempre avanti.

    Per un istante gli appare il viso di Ana, congestionato, sorpreso quando capisce subito che sta per essere assassinata, ma cancella senza sforzo il pensiero fastidioso dalla sua mente quando apre la porta di casa sua, dove lo aspettano sua moglie e sua figlia.

    Un falso sorriso si disegna sulle sue labbra in modo spontaneo, mentre sua moglie gli si avvicina titubante.

    -  Siccome ci stavi mettendo molto a tornare da lavoro, io e la bambina abbiamo già cenato. Spero che non ti dispiaccia.

    Certo che gli dispiace. Adesso dovrà riscaldare i suoi fottuti avanzi. Ma stavolta non si scompone. Mantiene il sorriso forzato.

    -  Certo che no, tesoro. È logico, non ti preoccupare – la tranquillizza.

    Eva, sua moglie, si rilassa visibilmente. Era tesa, attendendo e temendo la sua reazione. Anche quello è normale. Sa che non deve irritare suo marito. A volte, quando si arrabbia, perde il controllo.

    Mentre mangia una frittata tiepida, osserva sua figlia Sofia, di dodici anni, che contempla imbambolata un insulso programma televisivo. Non lo ha nemmeno salutato quando è tornato. A volte ha il sospetto che lei lo detesti profondamente.

    -  Come è andata a scuola oggi? – chiede, cercando di intavolare una conversazione.

    -  Oggi è sabato, papà. Non c’è scuola – risponde lei con tono freddo, senza voltarsi.

    -  Oh! È vero, hai ragione.

    In realtà, non gli è mai interessata troppo la vita di sua figlia. Crede che vada bene.

    All’improvviso, lei spegne il televisore e si alza dal divano.

    -  Dove vai?

    -  In camera mia. A mettermi su internet – risponde brevemente.

    -  Ah, ok – risponde l’uomo alto con indifferenza. Poi, come se ricordasse all’improvviso i suoi obblighi genitoriali, le ordina: - Non starci fino a tardi! Non chattare con sconosciuti!

    Non gliene frega un cazzo con chi parla sua figlia: ormai è grande e vaccinata. Ma immagina che sia ciò che si aspetti che le dica. È la cosa giusta... ciò che farebbe un padre normale.

    Quando si mette a letto quella sera insieme alla sua stupida moglie, è di nuovo un uomo in pace con sè stesso e con il mondo. Non fa fatica a conciliare il sonno. Mentre chiude gli occhi, dedica un ultimo pensiero a Sofia, sua figlia, che è ancora attaccata al computer a chattare in camera sua. E per un momento, evoca alcuni ricordi. Anche se di solito non perde il tempo a ricordare il passato, non riesce ad evitare, a volte, che questo scivoli nei suoi sogni.

    Stavolta, non sa bene il perchè, si rivede all’età di otto anni. Non è il più bello, nè il più cervellone della classe. Sembra non emergere in nulla, tranne nella statura. E nonostante faccia i compiti quasi mai, sa bene come evitare le punizioni. Le sue scuse sono solitamente molto credibili e i professori troppo idioti.

    Tra i suoi compagni, è senza dubbio il leader. Nessuno resiste al suo fascino e persuasione. E se ciò fallisce, ci sono i suoi pugni per risolvere qualunque questione.

    Si rigira nel letto mentre gli ultimi ricordi svaniscono e comincia a sognare con un sorriso crudele disegnato sulle labbra...

    Prima Parte

    Un ribelle senza motivo

    ––––––––

    Lo psicopatico è un ribelle, un disobbediente fanatico. Sfida qualunque codice [...], un ribelle senza motivo, un istigatore senza slogan, un rivoluzionario senza programma; tuttavia, la sua ribellione ha lo scopo di ottenere la soddisfazione dei propri e unici obiettivi; è incapace di realizzare qualcosa a beneficio di un’altra persona. Tutti i suoi sforzi, indipendentemente da cosa siano mascherati, rappresentano investimenti destinati a soddisfare i propri desideri urgenti.

    Robert Lindner, Rebel Without a Cause, 1944.

    Capitolo 1. Io, psicopatico.

    Mai, nemmeno nei miei incubi più irrazionali sono arrivato ad immaginare che mi sarei trovato in questa situazione. Ma il fatto è che sono qui: in un manicomio, rinchiuso tra fottuti pazzi.

    E ancora peggio, obbligato a sopportare questa banda di imbecilli con il camice bianco. Orgogliosi, gonfi di ignoranza e superbia, pieni di autocompiacenza; li osservo passaggiare per il cortile con le mani dietro la schiena, formando greggi di idioti che annuiscono convinti alle stupide affermazioni dei propri colleghi, e devo seriamente sforzarmi per non vomitare di sincero odio.

    Proprio uno di quei cretini mi ha appena detto che, secondo lui, potrei sviluppare un disturbo asociale della personalità. La sua relazione mi descrive come un egocentrico, carente di empatia, bugiardo, manipolatore ed emotivamente freddo e superficiale. Cioè, un essere empio, incapace di provare rimorsi e sensi di colpa... un’anomalia sociale, una perfida imperfezione, un essere malvagio...

    In pratica, un mostro.

    Il tipo, il mio psichiatra, un individuo effeminato ed insignificante che sembra vivere in un permanente stato di fascino contemplativo, mi ha chiesto tra timidi sproloqui di scrivere un riassunto della mia vita. Come una specie di autobiografia che mi aiuti a capire meglio il mio disturbo. Una gran cazzata.

    Non ho abboccato all’amo. Sono cosciente che gli ispiro solamente morbosa – e forse anche lasciva – curiosità. Tuttavia, devo riconoscere che l’idea mi attira, anche se per motivi diversi. In fin dei conti potrebbe essere una buona opportunità per mostrare al mondo la mia vera natura e smentire la miriade di ridicole supposizioni e pregiudizi che si sono creati attorno alla mia persona durante gli ultimi mesi.

    Un altro motivo per il quale ho deciso di farlo è la segreta, ma anche debole, speranza che la mia esperienza possa servire a risvegliare le coscienze addormentante dall’ammasso di leggi, assurde e timorate, che censurano la naturale inclinazione umana, privandola della vera libertà. Ambizioso, vero?

    Prima di cominciare, comunque, vorrei chiarire delle cose. In realtà, non me ne frega un cazzo di cosa sceglierete di pensare di me se deciderete di continuare a leggere... le regole sulle quali si reggono le vostre vite non mi riguardano assolutamente, e non lo faranno mai: nessuno ha chiesto la mia opinione per impormele e non le ho mai fatte mie.

    Non si tratta di certo di un esercizio redentore (è ovvio che non ne ho bisogno), nè di un bisogno di giustizia, quel concetto vuoto e senza sostanza con il quale vi piace guarnire i vostri pesanti discorsi. Dal mio punto di vista, la legge e la giustizia non sono altro che pura utopia concepita dai poteri di questa società con lo scopo di giustificare la loro oppressione sulla libertà dell’individuo. Nel suo insieme, una puzzolente e lurida montagna di merda.

    Forse avrei potuto decidere di raccontarmi per pura autocompiacenza... o per l’esclusivo piacere di osservare la vostra reazione. Ancora non mi è chiaro... 

    O forse semplicemente me ne fotto.

    E il fatto è che capire la mia visione della vita non dovrebbe risultarvi per niente difficile. Infatti, sono abbastanza sicuro che, in fondo, la maggior parte di voi nasconda un pensiero simile al mio, nonostante in pubblico fingiate di terrorizzarvi per le mie azioni... Ma siete dei codardi moralisti, incapaci di accettare la vostra vera natura.

    In realtà, tutto si riduce ad un’idea molto basilare, vecchia come il mondo... Esistono due realtà, oggettivamente contrapposte ed incompatibili. Una è la mia personale visione delle cose. Cioè, nel mio caso sono io con la mia realtà: la mia vita, i miei bisogni, le mie aspirazioni. Di fronte si posiziona la realtà del resto degli esseri che popolano questo pianeta. Il dilemma consiste nel decidere quali delle due è la più importante.

    E io non ho mai avuto dubbi sulla mia scelta... per questo stesso motivo, sono più onesto di tutti voi.

    Comunque, non mi dilungo oltre. In fin dei conti, forse sto solo perdendo tempo, e il vostro eterno destino sarà contemplare stupidamente la vita, come un allevamento di porci sulla strada per il mattatoio... Nel bene e nel male, questa è la mia storia. Nuda, sincera, sprovvista di ogni forma di ipocrisia o falsa modestia.

    Sono nato e cresciuto in un paesino nei dintorni di Murcia, chiamato Alcantarilla. Circondato da un rigoglioso frutteto bagnato dal fiume Segura, a quei tempi non era altro che una città dormitorio. Il suo agglomerato urbano consisteva esclusivamente in una lunga strada fiancheggiata da edifici e per la quale c’era il passaggio che lo collegava alla capitale, situata a pochi chilometri.

    Sinceramente, non si può dire che il mio paese natale possa considerarsi carino, ma ha un certo fascino. Anche se ostenta modernità, soprattutto per quanto riguarda le progettazioni di strade e giardini, gli abitanti continuano ad essere guardiani gelosi delle proprie storiche tradizioni e costumi, basate su antiche credenze di impronta mistico-religiosa, e ciò gli conferisce una sfumatura di eclettismo urbano che si apprezza solo quando lo si conosce a fondo.

    Riguardo alla mia infanzia, riconosco di non avere ricordi molto piacevoli. Vivevo con i miei genitori in un piccolo appartamento di tutela ufficiale, quelli a tariffa agevolata. Il mio vecchio, un semplice operaio muratore, nel periodo della crisi diventò con il passare del tempo uno schifoso alcolista che maltrattava mia madre ogni volta che arrivava a casa dopo aver bevuto qualche bicchiere di troppo.

    Per quanto riguarda lei, la ricordo come una donna senza

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1