Lo Specchio Rotto
Di Audree Nack
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Info su questo ebook
avevo provato a lasciarti. Dicono siano sette, quegli specialisti in tivu`, che blaterano e blaterano
per ore istruendo le masse su quello che sostengono sia la verita` sulla nostra vita. In parte gli
ammiravo, non avevo mai visto cosi` tanti “studiosi” parlare per ore del silenzio. Perche` di fatto, il
silenzio era quello che caratterizzava la mia condizione: I silenzi punitivi che mi
infliggevi,lasciandomi a struggermi nella paranoia e nel dubbio. I silenzi giudicanti dei vicini,chesentivano e spiavano ma voltavano la testa dall’altra parte ogni volta che mi incrociavano
singhiozzante o sanguinante nelle scale. Il silenzio eloquente del mio medico,che capiva, ma
bendava senza fare domande. Ero convinta i miei tentativi fossero piu` di sette,non sapevo se nella
conta andavano inclusi o meno i tentativi di suicidio,ma ero convinta che il numero sette non
rappresentasse affatto la mia sgomitata verso l’uscita"
Audree Nack
A movie enthusiast who is utterly captivated by the pink aesthetic. Her existence revolves around a constant rotation between the spotlight and the backstage of cameras. On the rare occasions when sleep eludes her, she manages to jot down fragments of her thoughts and ideas.
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Anteprima del libro
Lo Specchio Rotto - Audree Nack
PROLOGO
Tossii diverse volte , finché’, finalmente, la gola inizio’ a svuotarsi e bruciare.
Ogni mio respiro era accompagnato da una fitta, dovuta a flebili ma ostinati tentativi d'inspirare ed espirare in modo fluido:sentivo i miei polmoni sfregare contro le costole, grattugiandosi, per poi rattrappirsi e inaridirsi in rinsecchite sacche sabbiose, come se fossi resuscitata dal regno dei morti. Giacevo, scossa, al buio, tentando di aprire gli occhi, sbattere le palpebre, ma le mie ciglia erano incollate fra loro, unite da sporco e sudore. Sfregai gli occhi, tentando di pulirli, ma inavvertitamente, spalmai una manciata di polvere sul viso, realizzando, lacrimando isterica in un attacco di tosse, che le mie mani erano incrostate di sporcizia.
Strisciando su un fianco, sforzai le gambe addormentate a cambiare posizione, in un patetico tentativo di sedermi su quello che pareva essere un materasso sfondato e sbrindellato in certi punti, con l’imbottitura che fuoriusciva in ciuffi scuri simili a... capelli. Ne afferrai un tocco, stuzzicandolo tra pollice e indice e rimasi colpita da quanto la texture fosse sinistramente simile alla mia esatta tipologia di capelli.
Più strizzavo e tormentavo quel tocco di pelo, più il battito del mio cuore accelerava.
Più il battito accelerava e più aumentava la quantità di sudore che scendeva sul mio viso.
Ben presto, incitate dalla drammatica introduzione sonora, le lacrime affiorarono, carezzandomi le guance e atterrando sulle mie ginocchia:il giaciglio era imbottito con capelli afro e treccine. Scavai nei numerosi squarci, in preda al panico e alla confusione, incapace di formulare ogni tipo di pensiero logico. A giudicare dal pungente odore d’umidità e l’incredibile quantità di polvere, ammassata in nubi tutt’intorno, doveva essere uno scantinato. I miei occhi iniziarono ad abituarsi all’oscurità’ e realizzai di trovarmi in una stanza di forma circolare. Racimolando le ultime forze, mi alzai, ignorando il dolore lancinante esplodermi nelle caviglie intensificandosi un passo dopo l’altro. In breve, sentii la pelle d’oca espandersi su tutto il mio corpo, pungente e rapida come un esercito d'indispettite formiche rosse. Dolorante e tirando su col naso, scorsi l’ombra di una porta.
CAPITOLO UNO
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Il poliziotto, un uomo dal corpo tozzo rosa prosciutto luccicante di sudore e strizzato in una divisa troppo piccola, giocava in maniera impertinente con la penna, da dietro la scrivania, fissandomi freddamente in maniera annoiata senza preoccuparsi di fingere interesse. Gli occhi scuri e porcini rimbalzavano continuamente dal mio petto al mio viso, giudicandomi in un silenzio eloquente. Indossavo una felpa oversize eppure il suo sguardo, fisso sul punto esatto dove erano presenti i miei capezzoli, mi faceva sentire nuda. I minuti spesi sulle mie labbra con quell’espressione lasciva e quel ghigno da porco, leccandosi le labbra sottili e aride risvegliarono un sentimento di allerta e terrore che credevo di aver sepolto nella mia infanzia. Fu la voce di me bimba a parlare, fioca e balbuziente
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Sbuffo` sonoramente e indicandomi con un cenno, alzando la voce per attirare l’attenzione dei colleghi, tuono`<
<< discutibili
?>> uscirmi dalla bocca, in mia difesa. Lui ghignava, la bocca tesa in una smorfia che andava da un orecchio a un altro, e ora al suo fianco, aveva i colleghi, sogghignanti a loro volta, alcuni scuotendo la testa fissandomi, altri scimmiottando il pianto che tentavo di trattenere.
Sforzandomi di trovare un volto femminile in quella folla, realizzai con orrore che la mia vista iniziava ad appannarsi, mio malgrado.Stavo usando tutta la mia concentrazione per impedire alle lacrime di scorrere lungo il mio viso, controllando il respiro, tentando di bloccare i pensieri, rifiutando di mostrare la mia vulnerabilità` dandomi ulteriormente in pasto agli squali.
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Inspirai ed espirai. Molto, molto lentamente, isolando il vociare eccitato e animato attorno a me. Sentivo il viso in fiamme.
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Quello che parve essere l’intero ufficio si soffermò` a fissare il mio petto.
Game over: Stavo piangendo. Ero troppo arrabbiata e cercavo di stare calma senza esplodere in una scenata, perché non volevo essere attaccata da una gang di poliziotti in centrale: Non ne sarei mai uscita viva. L’unica ragione per la quale mi trovavo lì`, a pregare per il loro aiuto, era la disperazione. Avevo bisogno di aiuto, di qualcuno che