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Il primo angelo
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E-book293 pagine7 ore

Il primo angelo

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Info su questo ebook

“Nessuno specchio poteva riflettere il suo volto. Neanche i vetri opachi delle finestre di Villa Bethania. E così lo sguardo si perdeva nel buio della vallata. Era passato tanto tempo dalla sua caduta, da quando aveva contemplato il cielo da un luogo diverso dal piccolo pianeta in cui era esiliato. Quasi un’eternità.”

I servizi segreti sono sulle tracce di Sophia Madlane, una donna americana che sembra custodire oscuri segreti. Un esorcista spagnolo, Juan de Tuleda, viene coinvolto nella vicenda quando la donna si reca proprio da lui per chiedere aiuto. Juan accetterà di accompagnare Sophia in un singolare viaggio alla ricerca di una antica eresia sulla nascita del Male: i ricordi perduti del Diavolo, le ragioni della sua primordiale rivolta. Ma potenti organizzazioni sono interessate ad acquisire questa verità, e grande sarà la sorpresa del giovane nello scoprire che a muovere le fila, come un gran burattinaio, si cela proprio lui, Satana, il biblico principe dell’Inferno.
Intrappolato in una trama più grande di lui, ed invaghito della donna, Juan tenterà di comporre il mosaico delle religioni, fino a quando, come in un gioco di specchi, il Principe del Mondo mostrerà il suo vero volto, ed il giovane si smarrirà sulle soglie dell’abisso.

Eresie medievali, templarismo, esoterismo, culti egizi, tutto trova collocazione in una trama incalzante condotta sul filo dell’ironia, che offre una imprevedibile, ma coerente, teologia “alternativa”.

Primo classificato Premio AlberoAndronico 2009; premio speciale Terre Lontane Creatività e Scienza 2009; primo premio Parole d’autore 2009; menzione speciale Premio Nabokov 2014.

“Il Dan Brown del Salento” (Gazzetta del Mezzogiorno)
“Un libro che fa tenere il fiato sospeso, un giallo a sfondo teologico che capovolge i presupposti dell’origine della religione” (Corriere del Mezzogiorno)
LinguaItaliano
EditorePaolo Dune
Data di uscita10 gen 2014
ISBN9788868852306
Il primo angelo

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    Anteprima del libro

    Il primo angelo - Paolo Dune

    Dune

    I

    Operazione strega

    Vidi una donna seduta sopra una bestia scarlatta… Sulla fronte portava scritto un nome simbolico: la grande Babilonia, la madre delle meretrici e delle abominazioni della terra.

    Apocalisse 17,3 ss

    LA notte non aveva ancora ceduto il passo al giorno quando, sotto una sottile pioggia autunnale, una donna dai capelli castani scese dal taxi in Times Square. Sotto il trench i suoi tacchi risuonarono sull’asfalto bagnato mentre, con uno sguardo fugace, si dirigeva agile verso i portici del New York Times, la sede dell’importante testata giornalistica che troneggiava nel piazzale ancora semiaddormentato. Aveva lavorato in quell’edificio un tempo, prima che la sua vita imboccasse una strada di non ritorno. I capelli bagnati scivolavano sul viso perlato di Sophia, mentre gli occhi riflettevano il temporale di strani pensieri che le si agitava dentro.

    Da settimane, Sophia Madlane percepiva una presenza palpabile intorno a lei, un occhio che la seguiva, una presenza che la ascoltava, un respiro innaturale vicino a lei. Anche in quel momento si sentiva osservata, come se la figura avvolta in una palandrana dall’altra parte della strada la scrutasse. Non poteva avvedersi che, nascosto in un’auto, qualcuno comunicava in un invisibile microfono: «È appena arrivata e si sta guardando attorno. Forse attende qualcuno».

    Dopo breve, una voce alle spalle di Sophia la fece voltare: «Benvenuta, mia cara».

    «Bensoria!» esclamò lei. 

    I capelli fulvi della nuova arrivata incorniciavano un volto di mezza età, che si aprì in un indulgente sorriso. «Mi spiace di averti fatto venire a quest’ora, ma la situazione sta divenendo delicata. Ti avevo avvisato che siamo state individuate. È necessario lasciare la città.»

    «Ma perché? Da cosa dobbiamo fuggire?»

    La donna corrugò la fronte con una saggezza millenaria nascosta tra le rughe sottili: «Il mondo non ti conosce ancora, ma presto saprà di te».

    Sophia Madlane scosse la testa davanti alla strana amica. Bensoria era entrata nella sua vita poco tempo prima, durante una sua inchiesta sul fenomeno del satanismo. Stravagante, ambigua, seducente, l’aveva avvicinata al mondo dell’esoterismo, un universo verso cui lei, sorprendentemente, aveva scoperto di sentirsi attratta. E così si era abbandonata, quasi con voluttà, all’arcano gioco. 

    «Si tratta di una donna» disse l’individuo nell’auto, osservando le loro sagome attraverso il parabrezza bagnato. «Stanno parlando… ma non riesco a orientare il microfono, l’audio è disturbato.»

    Bensoria accarezzava le spalle di Sophia con le dita affusolate, mentre la pioggia prendeva a cadere più fitta. 

    «Dobbiamo raggiungere il vecchio continente» disse. «Le profezie si stanno realizzando prima del previsto. Ma io ti seguirò per altra via, fino a un luogo sicuro.»

    «Come faremo a trovarci?»

    «Lui saprà ritrovarti.»

    Sophia volse lo sguardo verso l’insegna con la M bianca sullo sfondo scuro che galleggiava nella foschia, l’ingresso della metropolitana. Da lì poteva raggiungere l’aeroporto Kennedy e cercare un volo intercontinentale. Ma i ricordi degli ultimi mesi, ancora confusi nella sua mente, le rendevano difficile qualunque scelta. Si sforzò di non pensare alle immagini che ritornavano come una continua risacca.

    Era stato un passo consapevole il suo, in quella notte di plenilunio durante il solstizio d’estate. Un vortice di vento l’aveva accolta agitandole i capelli. Come se stesse entrando in una nuova dimensione, le era parso di galleggiare nel vuoto; l’aria umida, il pavimento morbido, un firmamento ondeggiante ai suoi piedi. Finché l’ospite era comparso al suo fianco accompagnato da una strana luminescenza. E lei non aveva opposto resistenza, smarrita in un ambiente di cui non si scorgevano i confini. Aveva trovato un’altra se stessa quella notte, mentre fluttuava tra due dimensioni, dietro le quinte del mondo, vivendo un rito iniziatico. Un evento destinato a cambiare la sua vita.

    Oltre i grattacieli una serie di silenziosi lampi stava accompagnando la nascita del nuovo giorno: scacciando i ricordi, Sophia si addentrò nelle gallerie della metropolitana decisa a fare quanto Bensoria le aveva consigliato. Non c’era nulla, del resto, nel suo appartamento del Queens che dovesse portare con sé. 

    Ombre di vapore dipingevano le pareti della stazione e un vecchio orologio elettronico era fermo alle ore 06.06.06. La metropolitana si preparava alla prima corsa mattutina. Sophia seguì il corridoio e la scala mobile fino alla banchina, dove attese il treno.

    Fu in quel momento che qualcuno sussurrò alle sue spalle, una voce come un fruscio: «Questo luogo è mal frequentato, principessa».

    Lei si voltò di scatto, ma non c’era nessuno; solo un individuo a diversi metri di distanza. Una palandrana chiara, boccoli dorati che spuntavano sotto un cappuccio, una fossetta sul mento. Poteva essere la figura che aveva notato a Times Square, l’individuo che forse la seguiva.

    «Ha detto qualcosa?» domandò, trattenendo il respiro.

    Quello sembrò sorridere e qualcosa balenò nei suoi occhi chiari.

    All’imbocco della scalinata, un uomo in abito scuro parlò attraverso un invisibile microfono: «Forse ci siamo, un altro contatto. Non riesco a distinguere il soggetto, ma è un maschio, bianco… Procediamo?»

    Insieme a un collega, si avvicinò a Sophia. «Signorina Madlane?» disse. «È invitata a venire con noi.»

    «Chi siete?» gemette lei. «Che significa?»

    «Sicurezza nazionale.» Un distintivo con il marchio federale si materializzò davanti gli occhi della donna. Poi il suo possessore fece cenno all’individuo con la palandrana: «Anche lei. Tenga le mani in vista».

    Intanto il pannello elettronico sulla parete si era illuminato annunciando l’arrivo del convoglio. Echeggiando di infinite domande, il cuore di Sophia martellava frenetico. Tutt’attorno presero a volteggiare dense esalazioni verdastre, finché gli occhi della vettura d’acciaio sfolgorarono nell’oscurità. Il suono assordante del treno che si avvicinava coprì le intimazioni degli agenti nei confronti dello sconosciuto, che rimaneva impassibile. Quando con uno stridore di freni il convoglio sopraggiunse, nessuno riuscì a intervenire. 

    Lo sconosciuto sfiorò i due agenti, che si ritrassero, afferrò Sophia stringendola a sé e, con un movimento innaturale, spiccò un salto al di sopra dei binari verso l’altra banchina, come trasportato dal vento. Il grido della donna fu sovrastato dal clangore del treno che si arrestava.

    Atterrarono entrambi dall’altro lato, illesi, lasciandosi alle spalle gli uomini stupefatti. Lei si divincolò bruscamente riprendendo fiato. «Ma lei chi è? Cosa succede?»

    «Ora sei al sicuro, principessa» disse quello.

    «Cosa vuole?»

    Fece un inchino: «Sono solo un custode, ai tuoi servigi».

    Soltanto allora la donna notò due protuberanze che sporgevano sulla fronte del giovane, tra la chioma ricciuta. Due protuberanze come due corna. 

    «Cosa sta succedendo?…» domandò spaventata.

    «Gli Inferi si agitano per te, per venir incontro al tuo arrivo; per te essi svegliano le ombre» disse enigmatico, citando un verso biblico.

    Incapace di rendersi conto di ciò che stava vivendo, Sophia chinò il capo. Si udiva una concitazione dall’altra parte della banchina, dove il convoglio stava chiudendo i portelli per riprendere la corsa, ma attorno a lei tutto era silenzio. Non c’era più nessuno. Anche lo strano messaggero si era dileguato, dissolto tra i vapori della stazione, lasciandola come al risveglio da un sogno. La giornalista non attese oltre e imboccò il primo corridoio.

    * * *

    Alcune ore più tardi, in una saletta senza finestre sulle cui pareti lampeggiavano schermi colorati e una grande cartina elettronica del mondo, un piccolo gruppo di uomini attendeva in silenzio. L’arredamento spartano era costituito da un tavolo ovale e alcune sedie d’acciaio. Quando il capitano Bryant, un uomo magro dall’aria accigliata, fece il suo ingresso nella stanza, si assicurò l’attenzione dei presenti con un cenno prima di far oscurare le luci. 

    L’immagine di una diapositiva illuminò un pannello bianco sulla parete.

    «È la migliore che siamo riusciti a ottenere» accennò l’agente del Federal Bureau of Investigation.

    Gli altri non dissero nulla. In perfetto primo piano, il volto di una donna si stagliava sul pannello con una leggera inclinazione laterale, come a cogliere un’immagine in movimento. I capelli chiari sospesi, la bocca dischiusa, la fronte con una leggera increspatura.

    «Sophia Madlane a Times Square, ore 6.00 circa di questa mattina» spiegò Bryant.

    Gli altri si scambiarono brevi commenti. Era presente il direttore della CIA, in un gessato grigio e con aria infastidita, nonché il responsabile della sicurezza del Pentagono, il generale Shaw. In un angolo, con indosso un camice bianco, un uomo con le lentiggini e i capelli rossicci taceva.

    Azionando l’apparecchio, il capitano sostituì la diapositiva con una nuova immagine, che ritraeva la stessa donna nell’atto di attraversare la strada. «Questa è stata scattata poco prima che entrasse nella metropolitana di Times Square.»

    «E che ne perdeste le tracce» sottolineò con sarcasmo il direttore del Central Intelligence Agency. «Il presidente non ne sarà contento.»

    «Per settimane abbiamo tenuto il soggetto sotto stretta sorveglianza» rimarcò l’agente dell’FBI, punto sull’orgoglio. «Era necessario verificare i rapporti ricevuti… E il soggetto non ha sospettato nulla. L’esito dell’operazione è dipeso unicamente da quell’intervento imprevisto.»

    «L’uomo misterioso?» ironizzò l’altro. «Davvero singolare. I vostri agenti sono stati trovati in un quartiere del Bronx, in stato confusionale, e completamente nudi! Come sono arrivati fin lì? In metropolitana? Hanno raccontato di un individuo bollente come l’Inferno, secondo uno, e gelido secondo l’altro, che avrebbe compiuto un salto al di sopra del convoglio, portando via la ragazza e facendo letteralmente perdere le tracce… Al punto che nemmeno le telecamere a circuito chiuso hanno registrato la sua presenza. Vi ricordo che il governo degli Stati Uniti ha investito una fortuna in questa operazione e non possiamo perdere tutto per un’inefficienza operativa.»

    «Quanto accaduto è ancora oggetto di accertamenti» abbozzò Bryant. «E ovunque sia andata la donna, la ritroveremo! Quanto al misterioso individuo…» Premette il tasto mostrando un’altra diapositiva, un’immagine della galleria della metropolitana in fondo alla quale, a un lato, era distinguibile un’ombra, una figura umana con un cappuccio calato sul viso. «Eccolo.»

    «Non si vede niente» osservò il generale Shaw.

    «Tutte le foto che lo ritraggono sono risultate bruciate» ammise il capitano. «Ma questa è accettabile.»

    «Non riuscite a sviluppare una foto?» fu l’ironico commento del direttore della CIA. 

    «Abbiamo scansionato l’immagine al computer» ribatté Bryant, «per ricostruirne il volto. E il programma ha dato uno strano esito…» Premette ancora il tasto, facendo comparire una foto che raggelò i presenti. 

    «Ma cosa? Mio Dio, che significa?» farfugliò il generale Shaw, impallidendo.

    «Cosa sono quelle protuberanze sulla fronte?»

    «Potrebbe essere un errore di sviluppo» riconobbe Bryant, asciugandosi un filo di sudore.

    «È lui» borbottò invece l’uomo col camice e i capelli rossicci, colto da improvviso interesse. 

    Gli altri lo guardarono mentre si alzava a fissare l’immagine da vicino. I capelli color carota sembrarono infiammarsi alla luce del proiettore. 

    «Non si tratta di un errore» disse. «State forse dimenticando contro quali forze combattiamo?» 

    A queste parole scese il gelo. Adam Kruvjch era un ingegnere molecolare tra i più importanti del Pentagono e dirigeva una sezione top-secret al Dipartimento della Difesa, alle dirette dipendenze del presidente degli Stati Uniti. Sebbene non ricoprisse incarichi governativi, godeva di grande autorevolezza per le sue frequentazioni tra i vertici della Casa Bianca.

    Mentre accarezzava l’immagine con la punta del dito, le sue labbra divennero sottili. «Li studio da anni e credo di conoscerli.» Sembrò gongolare mentre spiegava: «È opportuno fare una cronistoria della vicenda, signori. Dal secolo scorso il governo americano è a conoscenza dell’esistenza di creature che vivono nelle profondità della terra, nella totale oscurità. Creature che provengono da epoche preistoriche, antenate dell’Homo sapiens. Nel 1947, nel deserto di Roswell in New Mexico, ne venne catturata una… Come noto, l’episodio fu poi attribuito alla caduta di un disco volante alieno». Nonostante il disagio dei presenti, sorrise. «Era stato Adolf Hitler durante la Seconda guerra mondiale a ipotizzare la loro esistenza. La sua arma segreta era un esercito di demoni, che per fortuna non realizzò.»

    «È inutile rivangare» cercò di chiudere il generale Shaw.

    «Ebbene» aggiunse il professore, davanti all’immagine della diapositiva, che sembrava muoversi sul suo camice, «secondo le nostre fonti, questa giornalista, Sophia Madlane, ha avuto contatti con le creature dell’Inferno. L’abbiamo sorvegliata per settimane, per mesi. Ormai è chiaro che costituisce un tassello in un disegno più grande. Il leader di quelle creature l’ha iniziata. L’essere conosciuto fin dall’antichità col nome di Satana l’ha resa sua complice, sua discepola. E questo significa che lui è qui, su questa terra, a tessere i suoi fili invisibili.»

    «Concludiamo!» tagliò corto il direttore della CIA, che non amava l’argomento.

    Ma il professore tornò a indicare lo schermo. «Questo che vedete è uno di loro. Uno splendido esemplare, direi… All’apparenza umani, ma sotto: angeli perduti. Abbiamo la prova che cercavamo, signori: siamo in guerra contro l’Inferno!»

    Le corna della diapositiva si stagliavano con fierezza dietro la testa del professore.

    «Un momento» intervenne il generale Shaw, respirando affannoso. «Perché non contattiamo il Vaticano? In fondo è un problema che riguarda anche loro…»

    «Non credo che abbia interessi paralleli ai nostri» ammise Kruvjch. «La curia romana rifiuta di vedere i vantaggi di una colonizzazione dell’Inferno. La persona che ci ha fornito le informazioni, del resto, è un vecchio esorcista per anni deriso per le sue battaglie metafisiche. Neanche il papa era disposto a finanziare le sue ricerche.» Il professore guardò ancora l’immagine sullo schermo. «Satana sa di essere braccato. Da secoli è latitante, ma ha lasciato tracce dietro di sé, e noi non abbiamo cessato di cercarlo. Molti agenti sono morti per decifrare i suoi disegni. Ormai disponiamo di conoscenze sufficienti per affrontarlo nella battaglia decisiva: dobbiamo fermare l’Inferno, prima che l’Inferno salga fino a noi.»

    Tutti ebbero l’impressione che il volto deforme del demone, sul camice del professore, stesse sorridendo.

    * * *

    I capelli tentacolari si allungavano sul letto fino ad accarezzare il cranio calvo dell’anziano sacerdote che dormiva. Anche quella notte, come gli accadeva da settimane, l’uomo si agitava nel sonno in preda a strane sensazioni. Dischiudendo gli occhi, intravide una donna accovacciata ai piedi del giaciglio. Pallida, completamente nuda; con le orbite degli occhi vuote. Come una ragnatela, i suoi capelli rossi e lunghissimi lo avevano avvolto. L’uomo urlò in preda all’orrore, destandosi di soprassalto. Ma non c’era nessuno oltre a lui, la stanza era vuota. 

    Aveva avuto l’ennesimo incubo, l’ennesimo terribile incubo. 

    Padre Cimor si passò una mano sulle guance incavate e la fronte lucida, andando alla ricerca di qualcosa sul comodino. Il maligno lo stava tormentando, mettendo a dura prova la sua temperanza. Da tempo il presidente dell’Associazione internazionale esorcisti soffriva di strani e indefinibili presagi: da qualche parte nel mondo il maligno si stava rafforzando, si preparava alla sfida contro le potenze celesti. E sebbene anziano, lui si sentiva in prima linea nel conflitto.

    Raggiunse lo strano oggetto che luccicava sul comodino, un oggetto con cui diverse volte aveva affrontato i demoni, e ne accarezzò i bordi levigati e appuntiti. Un crocifisso d’argento con le punte acuminate come un pugnale, che strinse al petto. La sua arma bianca contro il male.

    Improvvisamente la radio-sveglia si accese e la voce del notiziario attraversò bruscamente i suoi pensieri: Nuovo attentato a Gerusalemme! Un uomo-bomba si è fatto esplodere all’ingresso di una sinagoga nella parte occidentale della città. Incertezza sul numero delle vittime…

    Come folgorato, Cimor scattò in piedi; gli occhi sgranati, i nervi tesi, la schiena e i peli del corpo eretti. Se avesse avuto i capelli, si sarebbero rizzati anch’essi. I percorsi di Dio sono tortuosi, lo sapeva, ma la Terra Santa era ormai un labirinto interminabile di odio. 

    L’attentato fa seguito alla rappresaglia dei giorni scorsi in cui erano rimasti uccisi alcuni civili…

    Da mesi, la cronaca delle vittime suonava come un tragico bollettino di guerra; il maligno stava seminando zizzania nella terra del Signore, impedendo la conversione del popolo eletto.

    Si infilò una tunica nera sul pigiama, lucidò il crocifisso sulla manica e corse a lavarsi in bagno. Aveva avvisato il Pentagono su cosa significava sfidare l’Inferno. Stolti pensò, "spiare una donna, per arrivare fino a lui". Ingenui, se pensavano di espugnare l’Inferno con la tecnologia militare. La battaglia contro Satana non era adatta a comuni militari. Serviva un professionista del trascendente, qualcuno come Cimor. 

    Uscì dal bagno, col viso e l’abito gocciolante, e andò al telefono per comporre un numero. «Una chiamata intercontinentale. Stati Uniti, Pentagono. Il professor Adam Kruvjch.»

    II

    Cacciatori di demoni

    Nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno nuove lingue, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno.

    Vangelo secondo Marco 16,17 ss

    IL polso del paziente rivelava battiti irregolari. Sul lettino medico, con la barba incolta e gli occhi fuori dalle orbite, l’uomo era scosso da tremiti in tutto il corpo e mormorava parole in una lingua incomprensibile. Juan cercò di immobilizzargli la testa, per poi sollevargli le palpebre. Nel piccolo collegio di San Ignazio, a Barcellona, padre Juan de Tuleda era alle prese con un caso ancora non diagnosticato dalla scienza ufficiale. Chiamavano sempre lui quando si sospettavano casi di possessione, e Juan interveniva con la sua esperienza, e spesso con un tocco di personale scetticismo, sviluppato nel corso degli anni.

    All’improvviso, inarcando la schiena, il malato ebbe una convulsione e un conato di vomito, che fece zampillare un liquido sulfureo addosso all’infermiere.

    «¡Es el diablo!» esclamò questi, terrorizzato. «È posseduto, padre!»

    Senza scomporsi, Juan tenne fermo l’uomo, osservando il suo sguardo privo di luce, e dopo avergli pulito la bocca gli iniettò un antispasmodico: «Temo sia un disturbo gastrico, invece».

    Il malato farfugliò qualcosa riferito a una zuppa inglese, per poi chiudere gli occhi e abbandonarsi inerte.

    «Non crede che abbia contratto il diavolo, padre?»

    Il sacerdote indirizzò un’occhiata indulgente al suo aiuto: «Perché il maligno dovrebbe accanirsi sul nostro corpo se è la nostra anima che cerca?»

    L’infermiere non nascose la sua perplessità, ma Juan lo rassicurò: «Questo indemoniato ha solo bisogno di una lavanda gastrica, e ritroverà la sua pace». Vedendo che il paziente si era addormentato, l’esorcista lo affidò alle mani timorose di José, in attesa dell’arrivo dei medici. Conosceva bene il suo assistente, un gran devoto della Vergine, ma con un’altrettanto grande paura del Diavolo. Classico caso di demonofobia, pensò. Sorrise vedendo che metteva un crocifisso al collo del malato. Lui, invece, Juan de Tuleda, aveva imparato a rapportarsi ai fenomeni paranormali con un occhio diverso. Più critico, pragmatico. 

    Era l’ennesimo falso allarme, rifletté mentre tornava alle sue stanze, un ennesimo caso rivelatosi di origine organica. Ovunque fosse, il Diavolo continuava a tacere. 

    Nonostante l’abito talare, Juan aveva sempre usato un approccio scientifico al fenomeno del satanismo, al punto da guadagnarsi l’interesse del mondo accademico. In quanto gesuita, era uno studioso e si considerava a tutti gli effetti uno scienziato della fede. Passeggiando tra i corridoi lucidi del collegio, si ritrovava spesso a riflettere sulla sua posizione e sulla sua solitudine: guardato con diffidenza dagli scienziati per la sua vocazione, e dal clero per la sua mentalità poco ortodossa, tentava di trovare uno spazio comune tra fede e ragione. Forse i suoi superiori avevano autorizzato la sua attività di ricerca solo per poterne controllare meglio i risultati. Del resto, il sapere costituiva un potere immenso, e la Compagnia di Gesù ne era gelosa custode. 

    Fondata a Parigi nel 1534 da san Ignazio di Loyola, con l’obiettivo di evangelizzare e preservare la conoscenza, la Compagnia di Gesù aveva gestito il sapere in modo elitario. Come Juan sapeva, i gesuiti si erano guadagnati una fama ambigua nella Storia divenendo in molti paesi sinonimi di doppiezza politica. Era nota la loro responsabilità nell’aver istigato la popolazione francese contro gli ugonotti nella celebre Notte di san Bartolomeo. Perseguitati da più parti ed espulsi dal Portogallo e dalla Francia, erano stati dapprima soppressi da papa Clemente XIV nel 1773 e in seguito ricostituiti da Pio VII nel 1814. Non sempre Juan aveva condiviso i metodi della Compagnia, e non sempre si era sentito di appartenervi, ma rispetto all’Ordine dei francescani, verso i quali

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