Caratteri, mentalità e dialettica dei sistemi di gioco nel calcio italiano
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Anteprima del libro
Caratteri, mentalità e dialettica dei sistemi di gioco nel calcio italiano - Maurizio Veronelli
MAURIZIO VERONELLI
CARATTERI, MENTALITÀ
E DIALETTICA DEI SISTEMI DI GIOCO
NEL CALCIO ITALIANO
EDITRICE GDS
Maurizio Veronelli Caratteri, mentalità e dialettica dei sistemi di gioco, nel calcio italiano
©EDITRICE GDS
EDITRICE GDS
di Iolanda Massa
Via Pozzo, 34
20069 Vaprio d’Adda (MI)
Tel. 02 90970439
e-mail: edizionigds@hotmail.it ; iolanda1976@hotmail.it
Progetto copertina di ©Iolanda Massa
TUTTI I DIRITTI RISERVATI.
Chi sa solo di calcio non sa niente di calcio
J. Mourinho
Chi sa solo di filosofia, non sa nulla di filosofia
E. Matassi
PREMESSA
Questo libro, sia tattico, sia filosofico intende:
a) Individuare i caratteri fondamentali dei sistemi di gioco che si susseguono nel calcio italiano, per stabilirne comunanze e differenze,attraverso tutta una serie di confronti;
b) Comprendere il modo in cui i diversi ordini di gioco affrontano e risolvono determinati problemi di natura tattica, quali, ad esempio, il rapporto tra fase difensiva ed offensiva, il pericolo dell’uno contro uno, la scelta fra marcamenti a zona o ad uomo, l’assenza o la presenza del libero;
c) Porre in evidenza i differenti tipi di atteggiamento filosofico e di mentalità, che stanno a monte dei diversi schieramenti di gioco, per capire quali forme di giudizio esprimano, sia su tematiche tattiche, sia sulle cose calcistiche;
d) Descrivere la linea di sviluppo del pensiero tattico nel calcio italiano, attraverso il succedersi ed il contrapporsi, nel tempo, dei sistemi di gioco, per rilevare in che modo e per quali ragioni, sia pervenuta allo stato attuale;
e) Abbracciare il percorso del calcio nazionale, non secondo lo svolgimento degli ordini tattici, in senso cronologico, bensì, in chiave logica, secondo l’idea di sistema di gioco, per afferrarlo nella sua profonda unità, al di là delle antitesi fra uno schieramento di gioco e l’altro, fra una mentalità e l’altra.
Per rendere più chiara la lettura del materiale trattato, il libro si avvale di ripetuti specchi riassuntivi. Le tesi, sviluppate in questo volume, sono l’originale elaborazione concettuale prodotta da un’attenta riflessione compiuta su alcune fondamentali opere, dedicate al calcio, riportate nella bibliografia.
La bussola metodologica è costituita dalla dialettica ripresa, nei termini più semplici, da due filosofi, Marx ed Hegel.
IL METODO
Il calcio nasce, in Inghilterra, attorno alla seconda metà del XIX secolo ed, inizialmente, è una disordinata mischia, nella quale nessuno difende la propria porta e tutti attaccano, continuando a dribblare gli avversari.
Passare il pallone ad un proprio compagno è ritenuto vergognoso e sul terreno di gioco la confusione regna sovrana.
Le prime forme di distribuzione dei calciatori sul campo (1-1-8, 1-2-7, 2-2-6 ) sono disequilibrate, in quanto sacrificano, nettamente, la difesa, a tutto vantaggio dell’attacco.
Si comincia, però, ad evitare che il gioco si trasformi in una continua cascata di dribbling individuali; i giocatori iniziano a passare il pallone ai compagni di squadra e si determina, così, una comune manovra.
Nel 1880, si afferma, al di là della Manica, il primo effettivo e razionale schieramento dei calciatori sul campo, il 2-3-5, la Piramide di Cambridge, nel quale, per la prima volta, esiste un rapporto di equilibrio fra attacco e difesa, dato che cinque attaccano e cinque difendono.
Proprio per la presenza di un bilanciamento numerico determinato, fra la fase di attacco e quella di difesa, la Piramide di Cambridge è il primo sistema di gioco della storia del calcio.
Il sistema di gioco è l’unità tattica nella quale si racchiudono, in modo rigido e definito, sia il posizionamento dei calciatori sul campo, sia l’appartenenza del giocatore al movimento offensivo od a quello difensivo.
Nel 1883, la Piramide di Cambridge si trasforma nel Metodo ed è proprio questo sistema di gioco ad essere praticato dal calcio italiano, in un ampio arco temporale che si estende dai primi anni del XX secolo a tutti gli anni Trenta.
Il Metodo riprende dalla Piramide, sia la suddivisione della squadra, costituita da tre linee -prima, seconda e terza- a garanzia di una razionale ed efficace occupazione di tutto il rettangolo di gioco; sia la concezione di una manovra caratterizzata dallo scambio del pallone fra un calciatore e l’altro.
Il nuovo sistema di gioco corregge la Piramide,sia nello svolgimento numerico (dal 2-3-5 al 2-3-2-3), sia nella composizione di un triangolo di collegamento, formato dal centromediano metodista e dai due interni, abbassati rispetto alle due ali ed al centrattacco.
Il Metodo è schieramento a W od anche a WW; infatti, il portiere vede che i cinque attaccanti disegnano sul campo la lettera W ed allo stesso modo compongono la medesima lettera, i cinque difensori, quindi WW.
Esaminiamo ora i caratteri peculiari del Metodo, procedendo per punti.
1)davanti al portiere si collocano due calciatori stretti e centrali; sono i due difensori, il terzino di centro-destra ed il terzino di centro-sinistra.
Si battezzano terzini, in quanto costituiscono le terza linea dello schieramento e non sono posizionati sui lati.
Due sono i compiti dei terzini.
Il primo è quello di dividersi il campo in due parti -zona destra e zona sinistra- per intervenire sul pallone, anticipando l’attaccante avversario che capita nello spazio di rispettiva competenza.
Nell’apparato difensivo del Metodo, organizzato su due linee -terza e seconda- la funzione dei due centrali è quella di giocare alle spalle della mediana, dando ad essa copertura e proteggendo il portiere.
I due terzini sono due liberi che intervengono, in ultima battuta, sul pallone, scorrendo nello spazio, per intercettare la sfera e per impedire all’attaccante di battere a rete.
I due difensori centrali giocano,secondo il principio della zona,marcando lo spazio.
Il secondo compito dei due terzini è quello di armare, in modo ripetuto, la tattica del fuorigioco (offside), per interrompere l’azione dell’attacco avversario e per riconquistare il possesso del pallone.
Nella fase difensiva, uno dei terzini, di fronte all’attacco avversario, sfrutta la regola del fuorigioco (1866), secondo la quale l’attaccante, per essere in posizione regolare deve avere fra sé e la porta tre calciatori (due difensori ed il portiere) e compie, al momento opportuno, il passo in avanti, ponendo facilmente in offside il giocatore al quale è diretto il pallone.
Nel Metodo, cinque attaccano e cinque difendono e tale parità numerica è potenzialmente pericolosa per i difensori, dato che rimanda ad un possibile uno contro uno su tutto il fronte difensivo.
Per disinnescarla, la difesa, da un lato,può ricorrere al tempestivo anticipo sul pallone da parte di uno dei terzini; dall’altro, può usare il ricorso alla messa in fuorigioco di un attaccante avversario, con il passo in avanti di uno dei due liberi.
Nel quadro del possibile cinque contro cinque, soprattutto nella parte centrale dell’arco difensivo, si può combinare un pericoloso tre contro tre, che può essere risolto grazie al passo in avanti di uno dei due terzini che, invece di andare sul pallone, mette, ad esempio, in offside il centrattacco.
L’utilizzo del fuorigioco, non solo dà modo alla difesa metodista di spezzare sul nascere la corsa degli attaccanti verso la porta, ma può sbrogliare, in senso favorevole ai difendenti, un’eventuale situazione di svantaggio numerico, rispetto all’attacco.
In sintesi, i cardini del modo di difendere nel Metodo sono:
a) La presenza di due liberi,i terzini;
b) Il principio difensivo a zona (spazio>palla);
c) L’impiego del fuorigioco,dettato dal passo in avanti di uno dei due liberi.
2) La seconda linea di schieramento tattico a W o WW è la mediana, formata da tre calciatori, i due laterali e il centromediano metodista.
Queste tre pedine, da un lato, giocano a zona, come i due terzini, dall’altro, si trovano a dover sempre affrontare, nel medesimo spazio, laterale o centrale, lo stesso avversario.
Infatti, i movimenti degli attaccanti sono verticali, per cui i mediani ed il centromediano metodista devono, all’interno della propria zona, stabilire una sorta di confronto diretto con le ali o con il centrattacco.
Tale confronto, diretto e ripetuto nella zona, con il medesimo avversario, non è mai un marcamento ad uomo, al quale il Metodo è contrario, ma è sempre la capacità di intercettare il pallone prima dell’avversario.
I due mediani o laterali, in quanto situati sui lati del rettangolo, attendono, nella rispettiva zona di controllo, le due ali avversarie, per limitarle, precedendole sul pallone.
Il centromediano metodista si colloca davanti ai due terzini centrali e svolge due funzioni, quella offensiva, primaria e quella difensiva, secondaria.
Se i due mediani tendono a mantenere, in linea generale, una posizione di copertura, di rilancio, il centromediano si spinge costantemente in avanti, per sostenere con passaggi e lanci l’azione dei cinque attaccanti.
Nella fase offensiva, il centro-mediano avvia l’azione, ricevendo il pallone dal portiere o da un difensore.
È il metodista, davanti alla difesa, che sceglie il profilo della manovra d’attacco, servendo uno degli interni, le mezzali, o lanciando con lunga e precisa battuta del pallone, le ali.
Il centromediano metodista è giocatore tecnicamente completo; dotato di acume tattico, esprime una corsa continua ed è indiscutibilmente il fulcro della manovra offensiva della squadra.
Il rischio a cui può esporsi, è quello di essere preso in contropiede dagli avversari, per un passaggio sbagliato nella metà campo altrui.
In tale situazione, i due terzini, vista l’inferiorità numerica difensiva, rispetto all’attacco avversario (4 contro 5), ricercano con il passo in avanti di uno dei due, la messa in fuorigioco di uno degli attaccanti.
Pur essendo, soprattutto, un calciatore di qualità offensiva, teso a costruire il gioco, il centro mediano ha anche compito difensivo; non è solo fulcro, ma anche schermo.
Infatti, è di statura alta, stacca col tempo esatto, dispone di un buon colpo di testa, per poter interrompere i lanci che provengono dal centromediano avversario o dal rilancio dei difensori.
In tal modo, il centromediano protegge centralmente la difesa, anticipa il centrattacco o intercetta un lancio a scavalcare per una delle ali avversarie.
Inoltre, all’interno del proprio spazio centrale, deve saper intuire il momento esatto in cui catturare il passaggio verso il centrattacco od uno degli interni, per pescare sbilanciato il centromediano avversario ed avviare un’azione di contropiede.
3) La prima linea del Metodo si precisa attraverso cinque giocatori: le due ali, le due mezzali, il centrattacco.
I due interni -mezzala destra e sinistra- collocati davanti al center-half
, il centromediano, formano con questo un ampio triangolo di centrocampo, sulle cui linee si snoda l’avvio dell’azione d’attacco.
Infatti, uno dei due interni prende il pallone dal metodista e mette in moto il centrattacco o l’ala di riferimento.
Per via della regola del fuorigioco -il calciatore è in offside quando, ricevendo il pallone, ha fra sé e la porta due soli giocatori, un difensore ed il portiere- il centrattacco, in molti casi, invece di puntare verso la porta, rifinisce per una delle due mezzali che, arrivando da dietro, può mandare a vuoto la messa in fuorigioco, con il passo in avanti, da parte di uno dei terzini.
Quindi, le due mezzali svolgono, sia il compito di costruire la soluzione offensiva, sostenute dal centromediano, sia quello di concludere a rete.
Le due ali (wings), lanciate dal centromediano metodista od imbeccate dagli interni, volano sui lati del campo per effettuare il cross a favore del centrattacco.
Sono, in linea di massima, calciatori esili, veloci, capaci di precedere o saltare il mediano, per costringere uno dei terzini ad uscire e a dare spazio all’inserimento del centrattacco nella zona centrale della difesa.
Il centerforward
, il centrattacco, è il terminale della manovra d’attacco; ha caratteristiche di forza, potenza, coraggio, progressione.
Buon colpitore nel gioco aereo, dotato di tiro, è solitamente un giocatore più robusto che tecnico; deve stare attento a non cadere nella trappola del fuorigioco, organizzata dai terzini.
Anche alle mezzali si richiede una buona capacità di tiro e soprattutto, come del resto al centromediano, continuità di corsa, lucidità d’impostazione e precisione nei passaggi e nei lanci.
Facciamo, sulla base di quanto affermato, sette brevi considerazioni.
La prima: il Metodo è un sistema di gioco a zona, che esclude il principio del marcamento ad uomo; i calciatori presidiano lo spazio per intercettare il pallone, anticipando l’avversario.
La seconda: l’ordine tattico a W o WW, prevede, di base, un ripetuto cinque contro cinque (5 attaccanti contro 5 difendenti), nel quadro di uno schieramento all’interno del quale la prima linea urta contro la somma delle altre due linee (seconda e terza);
La terza: al centro del Metodo, si forma un ampio triangolo, che collegando un giocatore della seconda linea (il centromediano), con due calciatori della prima (le due mezzali), costituisce, ecco la rilevante novità tattica, il reparto di centrocampo.
La quarta: il Metodo è un sistema di gioco che disegna sul campo una squadra lunga (le tre linee tendono a conservare fra di esse distanze notevoli) e larga (le ali ed i mediani non recuperano mai spazio, con un movimento verso l’interno del campo).
La quinta: con la sola e parziale eccezione del centromediano, che si porta a sostegno della prima linea, tutti gli altri calciatori, all’interno del modulo a W, non vanno al di là della linea alla quale appartengono.
La sesta: i movimenti di tutti i giocatori, con la sola parziale eccezione dei due terzini, che possono muoversi orizzontalmente rispetto alla linea di fondo, sono rigorosamente verticali.
La settima: il Metodo, usando il linguaggio tattico della zona odierna, può essere considerato un 4-3-3, costruito sul presidio dello spazio e sull’utilizzo del fuorigioco.
IL SISTEMA
Come il Metodo, anche il Sistema è un ordine tattico di provenienza inglese.
Il suo ideatore è, nel 1928, Herbert Chapman, ingegnere ed ex-calciatore, che allena l’Arsenal di Londra.
Il Sistema è, da un lato, in termini numerici, un 3-2-2-3 e, dall’altro lato, in ragione del disegno prodotto dai calciatori sul campo, uno schieramento a WM.
Infatti, il portiere della squadra, che si dispone secondo il Sistema, vede che la W è il profilo dell’attacco e la M quello della difesa.
Procedendo per punti, cogliamo i tratti fondamentali del Sistema.
1) Davanti al portiere si schierano tre difensori, due sui lati ed uno al centro, a formare la terza linea, il reparto difensivo.
In che modo Chapman ridisegna la difesa, rispetto al Metodo?
L’allenatore dell’Arsenal, da un lato, allarga i due terzini centrali, presenti nel Metodo, affinché si occupino delle ali; dall’altro lato, sposta all’indietro, dalla seconda alla terza linea, il centromediano metodista che diventa il centromediano sistemista e nello stesso tempo stringe, verso il centro del campo, i due mediani del Metodo, ai quali si affidano le mezzali.
Agli spostamenti corrisponde un vero e proprio ribaltamento del criterio difensivo.
Nel Sistema, i tre difensori -i due terzini ed il centromediano- non presidiano lo spazio a ciascuno di loro assegnato, come avviene nel Metodo e lo stesso vale per i due mediani.
Tutti i difendenti, nell’ordine tattico a WM, marcano ad personam
, cioè ad uomo, il proprio avversario.
Il centromediano sistemista prende in marcamento diretto, continuo, il centrattacco.
I due terzini prendono in consegna le due ali e i due mediani marcano ad uomo i due interni.
Il cinque contro cinque, che il Metodo risolve all’interno di un quadro difensivo a zona, con il tempestivo anticipo sul pallone o con il fondamentale ricorso al passo in avanti di uno dei terzini, il Sistema lo affronta per ciò che è, con cinque duelli diretti, individuali, uomo contro uomo.
Nella difesa sistemista non ci sono battitori liberi, marcamento a zona, coperture a favore del compagno, c’è solo lo scontro di un calciatore con un altro.
Se nel Metodo, il criterio difensivo è: spazio>palla, nel Sistema, di contro, è: uomo>palla.
Nel Metodo, chi difende gioca ad intercettare il pallone; nel Sistema, chi difende gioca a marcare l’uomo.
Nello schieramento tattico a WM, si marca sempre lo stesso avversario, ovunque si sposti, prescindendo dal presidio di una specifica zona di competenza.
Per quale ragione Chapman, nel 1928, rovescia il tradizionale approccio difensivo -marco lo spazio, per prendere il pallone
- ed afferma che : bisogna marcare l’uomo, per conquistare la palla
?.
Tre anni prima, nel 1925, si era modificata la regola relativa al fuorigioco, con il chiaro intendimento di favorire l’attacco, penalizzato dal ricorso, ormai sistematico, al passo in avanti da parte dei terzini centrali del Metodo.
Il numero delle reti era precipitato, le azioni offensive erano facilmente fermate, lontane dalla porta,gli spettatori, in Inghilterra, cominciavano ad annoiarsi e riducevano la loro presenza attorno al terreno di gioco.
Con la nuova regola, il calciatore si trova in posizione regolare se ha, fra sé e la porta, non più tre avversari (due difensori ed il portiere), bensì due avversari (un difensore ed il portiere).
Se, invece, al momento di ricevere il pallone, l’attaccante ha fra sé e la porta un solo avversario, la sua posizione è irregolare e si trova in fuorigioco; se l’attaccante è più avanti o solo in linea con l’ultimo difensore, la sua posizione ferma l’azione offensiva.
La scomparsa della saracinesca difensiva, creata dalla regola del fuorigioco