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La giustizia in-civile
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E-book87 pagine1 ora

La giustizia in-civile

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Info su questo ebook

Nato dal desiderio di denunciare una folle situazione che potrebbe capitare a chiunque, il libro offre uno spaccato del sistema giudiziario italiano visto attraverso gli occhi di un cittadino comune che ha deciso di far conoscere quei difetti che non ci vengono, quasi mai, raccontati. Dopo l’acquisto di un piccolo appartamento nella città in cui il figlio frequenta l’università, la protagonista e il marito incappano in una serie di sfortunati eventi che coinvolgono molti attori della compravendita. Tra questi il mediatore, un cugino la cui lealtà apparirà sempre più dubbia man mano che la storia si svolge. La persona che però li farà patire con le sue innumerevoli cause civili, che si sovrappongono temporalmente alla malattia dell’amatissima nonna, è la “Signora”. Anche se i procedimenti si chiudono positivamente per i protagonisti, questo non significa essere risarciti del tempo e delle spese. Si dice spesso: «Chi perde paga». Nella realtà non è affatto così. E ogni volta che una causa giunge al capolinea la Signora ne fa nascere un’altra che rinvia l’epilogo verso un futuro sempre più lontano. È lei la regista di questa storia e ha il potere di farla durare all'infinito.
LinguaItaliano
Data di uscita3 mar 2017
ISBN9788892600263
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    Anteprima del libro

    La giustizia in-civile - Stella Genziani

    2015)

    Introduzione

    Il ricordo della nonna

    La cara nonna ci ha lasciato.

    Da oltre un mese respirava con fatica e se n’è andata, in silenzio, in uno di quei pochi momenti – un fine settimana – in cui la sua particolare famiglia si ricongiungeva e gli adorati affetti le stavano accanto.

    Nel suo percorso di vita aveva scontato tanti, troppi eventi dolorosi.

    Era nata il 29 marzo del 1916 e aveva vissuto le paure dell’ultima guerra che le avevano lasciato il segno nel corpo e nell’anima, dopo essere stata estratta dalle macerie di un bombardamento.

    Ancora giovinetta era rimasta senza mamma, affidata, con i suoi tre fratelli, a una matrigna non amata.

    Anche le intense emozioni del primo grande amore, quando sono arrivate, sono durate poco.

    La malattia del secolo scorso, la tubercolosi, l’ha infatti resa vedova a soli ventotto anni.

    A trentaquattro il secondo amore le ha regalato un nuovo momento di serenità facendole vivere le gioie della maternità.

    Ma dopo appena sei anni un incidente stradale l’ha resa di nuovo vedova, con un figlio piccolo, cresciuto con affetto esclusivo, e rinunciando a qualsiasi ambizione di donna, pur essendo così bella e attraente al punto che, quando si parla di lei, l’immagine riaffiora ancora oggi a illuminare i volti di chi l’ha conosciuta.

    Questo piccolo nucleo familiare mi ha incluso nel momento in cui mi sono innamorata del figlio, divenuto intanto un giovane uomo, e ho deciso di condividere con lui la mia vita.

    Con il matrimonio si è formata una famiglia un po’ all’antica, considerata la convivenza di suocera e nuora.

    Nel 1977 è nato l’unico nipote, amatissimo dalla nonna.

    Con il passare degli anni il dolore dei lutti si era affievolito e si prospettava per lei una vecchiaia addolcita da gioie mai provate: i brillanti successi scolastici del nipote e il sogno del conseguimento di quella laurea che aveva dovuto negare al figlio.

    Ma proprio al termine degli studi liceali, nel momento più carico di fiducia nel futuro, sono piombate sulle nostre esistenze due brutte storie parallele: una terribile odissea giudiziaria e la devastante malattia della nonna, il morbo di Alzheimer.

    Il male è sopraggiunto per cause naturali ed è stato mitigato da cure adeguate, grande affetto e dedizione. E dopo quattordici, lunghissimi anni ha posto fine al dolore arrecato. La nonna ci ha lasciato il 23 giugno 2013.

    La storia giudiziaria è stata invece creata dalla mente umana e ha dimostrato via via un’ostilità sempre più grande, senza nessuna pietà.

    Nel momento dell’addio della nonna, mi scorrevano davanti agli occhi, come in un film, tutti gli attacchi giudiziari e mi assaliva la rabbia per il tempo prezioso che ci era stato rubato, tempo che, invece, avremmo voluto dedicare a lei negli ultimi anni, i più difficili e impegnativi della sua vita.

    Qualche tempo dopo, sotto la carta a fiori con cui aveva rivestito il primo cassetto del comò, abbiamo trovato un foglietto bianco. Come mai era finito lì sotto? La curiosità ci ha spinto a guardarlo meglio e sulla facciata nascosta abbiamo intravisto una scritta di poche parole. Abbiamo riconosciuto la grafia della nonna. Si rivolgeva a suo nipote per dirgli che la sua croce di granati, l’unico piccolo gioiello di cui disponeva, fosse data alla ragazza che avrebbe sposato. Ma si rivolgeva anche a noi, tutti e tre insieme, con queste parole: «Voglio ringraziarvi per il troppo bene che mi avete voluto». L’ultimo pensiero, poi, era di nuovo per il nipote: «Tanti baci la tua nonna». Non c’era la data. L’aveva scritto chissà quando. Forse in uno di quei momenti di lucidità e di presa di coscienza che, nella fase iniziale della malattia, si alternavano ai momenti di assenza. È stato comunque un dono immenso perché parole così belle, forse per pudore, non ce le aveva mai scritte né dette prima di allora.

    Primo capitolo

    L’inizio della storia: il contesto familiare e la fiducia tradita

    Era un mercoledì. Ero appena arrivata a casa da scuola e stavo mangiando una mela, in cucina. All’improvviso sento suonare il campanello. Chi sarà? Guardo l’orologio grande, quello appeso al muro: è quasi mezzogiorno. Potrebbe essere il postino, arriva sempre a quest’ora e spesso suona qui, forse perché il pulsante del nostro campanello è più comodo rispetto a quelli degli altri condomini, essendo il primo della fila. Sollevo la cornetta del citofono e chiedo «Chi è?». «Posta da firmare», sento rispondere. Da firmare che cosa? Improvvisamente mi assale il timore che possa trattarsi di un nuovo atto di citazione. Il cuore incomincia a battere forte mentre poso sul tavolo la mela già un po’ morsicata e cerco le chiavi. Esco di casa e chiamo l’ascensore. I cinque piani che devo percorrere mi sembrano interminabili. Mi sforzo di calmarmi pensando che potrebbe essere solo una multa. Ma quando vedo il colore verde della busta e la scritta «Atti giudiziari» ho la quasi certezza che ci risiamo. Appena arriva nelle mie mani apro la busta così velocemente che strappo anche il fascicolo in essa contenuto. Mi basta leggere le prime parole per capire che ci risiamo per davvero, la Signora ha promosso un altro atto di citazione. Come se non bastasse, un altro pensiero mi assale: cosa starà pensando di me il postino? Tanta è la vergogna che butto là le prime parole che mi vengono in mente per spezzare quel silenzio insopportabile: «Sa, abbiamo tentato di comperare una casa e ci è andata male…». Il postino, però, continua a tacere e se ne va. Per fortuna non mi ha visto nessun altro, nessuno è passato in quel momento attraverso l’atrio del palazzo. Ritorno in casa e cerco di capire meglio di che cosa si tratti. Faccio fatica a leggere perché le lacrime sgorgano liberamente e i sentimenti che provo mi porterebbero invece a urlare e a inveire, non a concentrarmi. Scorro il testo velocemente, vorrei capire tutto in fretta, ma non ci riesco, mi accontento di aver trovato il punto, di aver compreso qual è la richiesta.

    La prima cosa che faccio è telefonare a mio

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