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Il procuratore muore
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E-book151 pagine2 ore

Il procuratore muore

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Il Procuratore muore allude a un episodio di cronaca politica che Luisa Valenzuela non cita direttamente, ma che è di dominio pubblico in Argentina e che ha sconvolto il Paese: il presunto suicidio di Alberto Nisman, famoso oppositore di Cristina Fernández de Kirchner, accusata di aver coperto il coinvolgimento dell’Iran nell'attentato contro un centro ebraico a Buenos Aires nel 1994. L’ex commissario della Polizia Federale, Santiago Masachesi, costretto al pensionamento anticipato perché in disaccordo con la versione ufficiale del delitto del procuratore, rivede dopo anni Teldi, la sua prima fidanzata. All’epoca condividevano la passione per le letture poliziesche, che spaziavano da Miss Marple a Montalbano, e proprio queste avevano spinto Masachesi a diventare investigatore, non potendo realizzare il suo sogno di insegnare lettere. Ma ora, finalmente libero da obblighi, può esporre le sue deduzioni sull’omicidio del procuratore al suo amore ritrovato, che in questo nuovo inizio offre all’ex commissario la lettura del suo romanzo inedito, creando una finzione nella finzione, con atmosfere tipiche del realismo magico così caro agli scrittori sudamericani.
LinguaItaliano
Data di uscita31 gen 2023
ISBN9788894979589
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    Anteprima del libro

    Il procuratore muore - Luisa Valenzuela

    Colophon

    Titolo originale

    Fiscal muere

    Copyright ©Luisa Valenzuela, 2021. Secondo accordi con interZona editora, Buenos Aires, Argentina.

    © Edizioni leAssassine, 2022

    Tutti i diritti riservati

    Traduzione dall’argentino di Laura Mongiardo

    Obra editada en el marco del Programa Sur de Apoyo a las Traducciones del Ministerio de Relaciones Exteriores, Comercio Internacional y Culto de la República Argentina.

    Opera pubblicata nell’ambito del Programma Sur di Supporto alle Traduzioni del Ministerio de Relaciones Exteriores, Comercio Internacional y Culto de la República Argentina.

    Progetto grafico copertina e interni: studioquasar

    Copertina: elaborazione da foto istockphoto

    ISBN della versione e-book 978-88-94979-58-9

    www.edizionileassassine.it

    info@edizionileassassine.it

    Luisa Valenzuela

    Il procuratore

    muore

    Traduzione di Laura Mongiardo

    Edizioni le Assassine

    Milano

    Prefazione

    Scrivo senza mappe, senza programmare, e non ricordo mai con precisione quando ho cominciato questo o quel romanzo, nato in genere da una singola frase o da una domanda. Ma in questo caso ho, per così dire, la data certificata: il 12 giugno 2021. Quello stesso pomeriggio ho mandato un messaggio ai miei amici dicendo loro: Oggi mi sento Macedonio Fernández, ho scritto un romanzo prima di pranzo e ho risolto il caso Nisman.

    La prima affermazione era una vile esagerazione, la seconda quantomeno era la bozza di una storia che ruotava attorno a un’ipotesi che, sebbene coerente, risultava comunque sorprendente. Un motivo di orgoglio per interposta persona, dato che tale ipotesi me l’aveva offerta – senza preavviso e senza che ci stessi nemmeno pensando – l’ex commissario Santiago Alberto Masachesi, personaggio di finzione nato in un racconto precedente dal titolo La mancha roja (La macchia rossa), che sarebbe poi stato incluso nel romanzo.

    Arrivata al momento della stesura, Masachesi mi ha portato a spiegare il motivo per cui il suo cognome fosse stato argentinizzato, e mi ha costretto a molteplici digressioni per raccontare parte della sua vita, prima di decidersi a svelare la propria deduzione sulla morte del procuratore.

    Il motore del romanzo che avete in mano si fonda su una cruda realtà: la morte del procuratore, avvenuta il 18 gennaio del 2015 e aperta a interpretazioni discordanti, a causa di torbidi maneggi politici. Una morte che ci ricorda il classico di Gaston Leroux Il mistero della camera gialla, perché avvenuta in un luogo di impossibile accesso e archiviata come omicidio, al fine di rovesciare il governo di turno.

    I dettagli principali del caso compaiono nella terza parte del romanzo e non vale la pena ripeterli: sono di pubblico dominio. La deduzione di Masachesi è una congettura plausibile, al contrario di altre, assurde ma spacciate per veritiere.

    E qui comincia il mio vero incontro con questo personaggio, che è andato via via prendendo vita con il trascorrere dei giorni. Non so di chi sia la colpa, se di Masachesi per la sua forte personalità o del mio peculiare modo di affrontare la scrittura di finzione, che consiste nell’addentrarmi sempre più in profondità nell’ignoto. Tuttavia, credo che sia stato lui a spingermi a narrare la sua vita e a sciogliere alcuni nodi, prima di decidersi a spiegare la deduzione che gli era valsa lo scherno e il rifiuto dei suoi colleghi, fanatici del nuovo governo.

    Ed è così che è comparsa Teldi, la fidanzatina di gioventù dell’ex commissario, che in quel momento abitava in una piccola città di provincia. E con Teldi, e con tutto l’affettuoso sostegno di lui, vede la luce un racconto sperimentale da lei scritto. Testo che, all’interno del romanzo, funziona come perno – così mi auguro – grazie al quale poter svelare il nucleo della storia principale: la deduzione di Masachesi. O, per meglio dire, per far sì che Masachesi riesca finalmente a liberarsi del suo blocco.

    A questo punto è necessaria una confessione. Per scrivere quello che sarebbe diventato il romanzo di Teldi, sono partita da zero, dalla convinzione che non vi fosse il minimo abbozzo di storia e che, ciononostante, in quel vuoto fatto di singole parole – come ogni vuoto mentale – si potesse trovare un ordine, una trama inattesa. E così sono nati prima la fonda e poi il barman. E la figura del barman si è sviluppata e ha conosciuto delle mutazioni... Un contrappunto, soprattutto quando la parte romanzata in questione è accostata alla cruda realtà.

    Il fatto inquietante è che, nonostante gli anni trascorsi, il caso N. sia finito in una bolla di sapone. Nonostante il governo accusatore non sia stato rieletto dopo i quattro anni di mandato, i poteri nascosti – poi non così tanto occulti – agitano tuttora il fantasma del procuratore per difendere i propri interessi.

    La deduzione di Masachesi è una delle tante congetture, ma potrebbe colpire nel segno, ragione per cui la sua reticenza nell’esporla non sarebbe del tutto fuori luogo e potrebbe essere foriera di minacce latenti. Ma qui chi è in pericolo, il personaggio o l’autrice?

    Luisa Valenzuela dicembre 2022

    Il testo può essere compreso nella sua interezza

    solo come una struttura in evoluzione,

    quasi proteiforme.

    Ted Nelson, Progetto Xanadu

    Le tribolazioni di un ex commissario

    Il peso della derisione

    E che cazzo! imprecò fra i denti Santiago Alberto Masachesi. A cosa mi è servito un ritiro anticipato dal corpo se i crimini affiorano persino nella minestra.

    Per giunta, minestra era la parola esatta. Perché stava assaporando il minestrone di sua cugina Elba quando quest’ultima gli aveva confessato, a bassa voce perché anche le piante hanno orecchie, il sollievo di sapere che i suoi due figli erano finalmente vaccinati.

    Il pranzo si teneva nel cortile di Elba, situato in un quartiere di case basse con giardini recintati e fioriti. Sabato di sole e buona compagnia.

    Nessun obbligo per il commissario, ex commissario, pertanto niente e nessuno lo costringeva a formulare la domanda. Ma la formulò.

    Come può essere si stupì che i tuoi figli siano vaccinati se non hanno compiuto nemmeno trent’anni: non rientrano nella fascia d’età.

    Va be’, che vuoi che ti dica balbettò Elba. Non sei più commissario, sei mio amico da una vita e non sei nemmeno del quartiere, quindi te lo posso raccontare. È confidenziale e sono soldi ben spesi. Per cinquemila pesos per ciascuno, Sputnik Light, quello da una sola dose. Ne è valsa la pena. Una tranquillità con questa peste di merda che non se ne va via mai. Hanno visto la fialetta e tutto il resto.

    E Masachesi, che ovviamente non esercitava più come poliziotto ma che aveva comunque il virus nel sangue – il virus professionale, non l’altro –, iniziò le indagini senza parere, mentre assaporava di gusto il denso minestrone. E, tra una cucchiaiata e l’altra, ed esclamazioni del tipo che delizia!, domandò: In quale centro vaccinale?.

    In nessuno, sotto il pergolato della piazza, ma il tizio aveva la valigetta da medico e ha emesso regolare ricevuta.

    Questa minestra fa resuscitare i morti. Sì, soltanto un altro mestolo, grazie... e dimmi, come fanno a essere sicuri della vaccinazione che hanno comprato?

    Il vaccinatore sembrava una persona seria. Ha detto che, se avevano dubbi, dopo tre settimane potevano sottoporsi a un test sierologico. È gratuito e lo fanno a chiunque lo richieda ha detto.

    E così, fra le milanesas¹ e le pesche sciroppate – il vino rosso, buonissimo, lo aveva portato lui –, Masachesi venne a sapere che il vaccinatore in questione era un medico del quartiere, be’, appena arrivato nel quartiere dalla sua Córdoba natia, e stava cercando una casa adatta in cui impiantare anche l’ambulatorio. Le vaccinazioni le faceva con lo sconto per guadagnarsi a poco a poco la fiducia del vicinato e crearsi una clientela.

    È ragionevole, no? commentò Elba, terminando il resoconto dei fatti e anche il pranzo.

    L’ex commissario, che era andato a trascorrere il fine settimana lungo a casa di sua cugina, quasi una sorella minore, si ritirò nella stanza dei ragazzi con la scusa di un pisolino. In realtà, voleva solamente riflettere in solitudine.

    E maledire.

    Maledetta, stramaledetta vocazione da poliziotto, si lamentò Masachesi dannato senso di che ne so… del dovere, ecco, che mi fa correre dietro a ipotetici reati come un segugio.

    Era difficile per lui riuscire a frenare l’impulso di lanciarsi alla ricerca del presunto medico per vedere cosa stesse combinando. Per il momento, decise di mettere in ordine i dati che era riuscito a raccogliere durante il pranzo cercando, questo sì, di non mostrare eccessivo interesse.

    Una decina di persone vaccinate avevano calcolato i suoi figli, aveva raccontato Elba. All’inizio avevano esitato, ma si erano convinti vedendo la fialetta da cinque dosi, le siringhe usa e getta, la credibilità del medico con la sua mascherina chirurgica, il camice bianco e i guanti in lattice. Strana figura là sotto il pergolato dove erano soliti riunirsi i vecchi a giocare a scacchi. Ma sul tavolo di cemento aveva dispiegato una tovaglietta pulita, bianchissima, e una vaschetta di polistirolo come quelle del gelato con il ghiaccio secco per non interrompere la catena del freddo, e sulla panchina un cuscino su cui doveva sedersi il futuro vaccinato con la manica tirata su fino alla spalla. Il posto era molto riparato, ma all’aria aperta veniva rispettato il protocollo; prima di loro erano passati da lì altri tre pazienti e quelle erano le ultime dosi, li aveva informati il medico.

    E lo sapete: potete farvi il test degli anticorpi, ma bisogna aspettare almeno tre settimane perché la vaccinazione faccia effetto. Quindi per ora vi prego di non farne parola con nessuno li aveva esortati. Non è illegale, ma è irregolare e verrebbero tutti a chiedermi la vaccinazione e a malapena riesco a procurarmi una fialetta alla volta e con molte precauzioni. Giusto venerdì prossimo mi arrivano altre cinque dosi, vale a dire un’altra fialetta; è qualcosa di eccezionale e proprio per questo devo farmi pagare anche solo una cifra simbolica per coprire le spese di spedizione.

    Albertito, il figlio minore di Elba, che senza ombra di dubbio aveva ereditato qualcosa dal suo padrino Masachesi, quel venerdì fu spinto dalla curiosità a gironzolare nei pressi del centro vaccinale, per vedere chi ci andava, e a seguire poi il medico fino al suo covo, che risultò essere niente di meno che la pensione-albergo di Eulalia, pomposamente battezzata Il Nuovo Splendore, aveva specificato Elba all’ex commissario.

    E il padrino di Albertito, l’ex commissario di cui sopra, continuò a rimuginarci su e decise che non c’era tempo da perdere. Per quello che gli importava. Ma gli importava. Era fatto così, non sapeva se per una questione di curiosità personale o di bene pubblico.

    Senza pensarci più a lungo, si rinfilò i pantaloni che si era tolto per sdraiarsi sul letto, cambiò la maglietta con una camicia bianca formale e si incamminò verso la pensione con pretese da albergo. Eulalia... l’aveva conosciuta bene anni prima, ai tempi dell’infanzia del suo figlioccio.

    Percorse tutti quegli isolati domandandosi perché cazzo si stesse privando di una bella siesta, porca puttana! Era andato a casa della sua adorata cugina di primo grado in quel quartiere residenziale fermo nel tempo per riposare e, in men che non si dica, correva a ficcare il naso in un’altra faccenda che non gli competeva. Almeno non più. Tre anni erano trascorsi lenti dal suo ritiro dalla polizia.

    Vocazione o karma, prese a domandarsi. Vocazione o karma, vocazione o karma continuò a ripetersi nella testa al suono dei suoi passi sul marciapiede, deserto nonostante la

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