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La sposa del sultano: Harmony Collezione
La sposa del sultano: Harmony Collezione
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E-book176 pagine2 ore

La sposa del sultano: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Il sultano Zaid Al-Ameen, appena salito al trono, è deciso a liberare il proprio paese dalla corruzione. Purtroppo per Esme Scott, una giovane assistente sociale, questo porta all'arresto di suo padre, un incallito truffatore privo di scrupoli. Per aiutarlo, l'unica alternativa è stringere un accordo proprio con lo sceicco e offrirsi di aiutarlo ad apportare le riforme di cui il suo regno ha tanto bisogno.
Lavorare insieme però si rivela più difficile del previsto. Il carisma sensuale di Zaid rende Esme incapace di resistere alle sue richieste. Lei non avrebbe mai immaginato di divenire un giorno la moglie di un sultano, ma fra le braccia di Zaid tutto diventa possibile. Anche innamorarsi.
LinguaItaliano
Data di uscita20 set 2018
ISBN9788858987001
La sposa del sultano: Harmony Collezione

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    Anteprima del libro

    La sposa del sultano - Maya Blake

    successivo.

    1

    Esme Scott si svegliò di soprassalto nella penombra della sua camera da letto, una frazione di secondo dopo la vibrazione del cellulare e appena prima dello squillo della suoneria. Con il cuore che galoppava, fissò lo schermo illuminato. Essendo un'assistente sociale, non era insolito che il telefono suonasse nel cuore della notte. I problemi dei reparti che seguiva richiedevano una dedizione totale. Tuttavia, d'istinto, seppe che quella telefonata non aveva nulla a che fare con il lavoro. Dopo il quarto squillo, afferrò il telefono, ordinando alla propria mano di smettere di tremare.

    «Pronto?»

    «Parlo con Esmeralda Scott?»

    Esmeralda. Il cuore le si fermò di colpo. La sola persona che usava quel nome era suo padre, l'uomo che non vedeva e con cui non parlava da ben otto anni. Si costrinse a rispondere. «S... sì.»

    «La figlia di Jeffrey Scott?» fu la replica.

    La voce aveva un timbro così autoritario e arrogante, da farle aumentare la stretta sulla cornetta. No, quella non era una telefonata qualsiasi. Alzandosi a sedere, si voltò verso la lampada sul comodino, concentrandosi su colui che era in linea. «Sì. Chi parla?»

    «Mi chiamo Zaid Al-Ameen. Sono il procuratore capo del Regno di Ja'ahr.» La voce risuonava di profondo orgoglio e di una determinazione implacabile.

    Esme sentì il respiro serrarsi nei polmoni. «Cosa posso fare per lei?» chiese. La sua richiesta fu accolta da un gelido silenzio.

    «Ho chiamato per informarla che suo padre si trova in carcere. Verrà processato quando saranno formalizzate le accuse contro di lui.»

    Di colpo si sentì gelare e il peso che avvertì allo stomaco le confermò che, anche se da otto anni se n'era andata e lo aveva cancellato, suo padre aveva ancora il potere di sconvolgerla. «Io... capisco.»

    «Lui ha voluto usare l'unica telefonata che gli era concessa per avvertirla, sembra però che il numero in suo possesso fosse fuori servizio.»

    Non vi era alcuna accusa in quel tono freddo e pratico, tuttavia Esme non era preparata a informarlo che il suo numero non era nell'elenco proprio a questo scopo.

    «Quindi come mi ha trovata?» chiese, mentre nella sua mente brulicavano un migliaio di domande.

    «Ho una delle migliori forze di polizia al mondo, signorina Scott» replicò lui, sprezzante.

    Per quanto odiasse chiedere, non poteva rimandare la domanda. «Quali sono le accuse a suo carico?»

    «La nostra indagine ne sta portando alla luce di continuo... Comunque l'accusa principale è frode.»

    Il cuore le batté più forte contro le costole. «Capisco.»

    «Non sembra molto sorpresa dalla notizia.»

    «Qui in Inghilterra è notte fonda, signor Al-Ameen. Mi perdonerà se mi sto sforzando di capire» rispose lei.

    «Sono consapevole della differenza di orario, signorina Scott. E, pur non essendo obbligati a rintracciarla, pensavo fosse comunque giusto metterla al corrente dell'incidente...»

    «Quale incidente?» domandò.

    «Nel carcere di suo padre c'è stata una rissa...»

    «È ferito?» chiese lei, sentendosi serrare lo stomaco.

    «Il medico gli ha diagnosticato una leggera commozione cerebrale e qualche livido, in ogni caso dovrebbe essere in condizioni di tornare in cella già domani.»

    «Per essere aggredito di nuovo? O pensate di fare qualcosa per proteggerlo?»

    «Suo padre è un criminale, signorina Scott. Lui non merita un trattamento speciale e non gliene sarà dato alcuno. In ogni caso si consideri fortunata ad avere ricevuto questa chiamata di cortesia. Come le ho già detto, sarà processato fra due giorni, decida lei se desidera presenziare. Buonanotte...»

    «Aspetti, la prego» esclamò Esme, mentre si costringeva a pensare razionalmente. «Ha un legale? Presumo abbia diritto ad averne uno?»

    Il silenzio teso che accolse la domanda, le disse che aveva offeso il suo interlocutore. «Non siamo un paese sottosviluppato signorina, nonostante ciò che i media amano far credere al mondo. I beni di suo padre sono bloccati, come vuole la legge nei casi di frode, ma gli è stato dato un difensore d'ufficio.»

    Esme trasalì. Sapeva per esperienza che la maggior parte di tali avvocati erano sempre troppo oberati di lavoro. Questo, aggiunto al fatto che suo padre era indubbiamente colpevole, non faceva presagire nulla di buono. La parte di lei che provava l'impulso di interrompere quella conversazione e fingere che non ci fosse mai stata, fu immediatamente sommersa da un pesante senso di colpa. Tuttavia, lei aveva tagliato i legami con il passato e dato una svolta alla propria vita per ragioni più che valide e non si sarebbe sentita in colpa per questo.

    «Posso parlargli?»

    Per diversi secondi, ci fu solo silenzio. «D'accordo. A condizione che i medici glielo consentano, gli permetterò di fare un'altra telefonata. Si renda disponibile alle sei. Buonanotte, signorina Scott.»

    La linea si scollegò, portandosi via quella voce autoritaria. Esme posò il telefono e tornò a sedersi sul letto, aveva la visuale offuscata e le tremavano le mani.

    Come aveva altezzosamente sottolineato Zaid Al-Ameen, lei non era affatto sorpresa dalla notizia e anzi era stupita che avesse impiegato otto anni per arrivare. Sospirò, cercando di placare rimorso, rabbia e dolore. Quando, dopo dieci minuti, non era ancora riuscita a mettere sotto controllo le proprie emozioni, si alzò e si avvicinò al piccolo scrittoio nella sua stanza da letto.

    Dormire ancora era fuori questione. Il solo modo per impedire che il forziere dei cattivi ricordi arrivasse ad aprirsi era il lavoro. La sua professione fortunatamente consisteva nell'occuparsi dei problemi altrui e questo riusciva sempre a distrarla dai propri. Fin da quel giorno di quattro anni prima, quando aveva iniziato il lavoro di assistente sociale, Esme aveva benedetto il conforto che le arrecava il proprio operato, soprattutto quando produceva risultati positivi. A volte in modo impercettibile, altre più significativamente. In ogni caso era un valido tentativo di eliminare la macchia nera che le pesava sull'anima.

    La Touch Global Foundation, la fondazione mondiale per cui lavorava, trattava direttamente con le organizzazioni locali per aiutare gli emarginati, intervenendo in svariati modi.

    Lavorare ora, con in mente la notizia di suo padre, era quasi impossibile. Tuttavia Esme si costrinse a completare la relazione che raccomandava una nuova sistemazione in un quartiere più sicuro per una madre sola con quattro bambini. Utilizzando, poi, il motore di ricerca, digitò le informazioni che cercava. Sebbene suo padre le avesse spesso parlato del Regno di Ja'ahr, insieme non ci erano mai stati. Ai tempi avevano frequentato città come Monaco e Dubai, o New York e Las Vegas.

    Dopo pochi minuti Esme capì perché il padre aveva iniziato a nutrire interesse per Ja'ahr. Il piccolo regno sul Golfo Persico, in quegli ultimi dieci anni, si era guadagnato una fama pari a quella dei suoi più famosi vicini e per ragioni più che valide.

    Abili negoziati e massiccio sfruttamento delle sue risorse, oltre alle vie marittime lo avevano visto approdare alla condizione di stato più ricco del mondo, catapultando il sovrano e la famiglia reale verso una ricchezza estrema, mentre le classi inferiori erano state lasciate indietro. Un simile divario non era inconsueto in quei paesi, ma nel caso di Ja'ahr era sbalorditivo. Inevitabilmente, un risultato del genere aveva causato un malcontento politico ed economico, parte del quale era sfociato in violente rivolte spietatamente soppresse.

    Esme mise in guardia se stessa dal credere a tutto ciò che leggeva su internet, ma era difficile ignorare storie inquietanti riguardo al sistema giudiziario di quel regno. Sembrava venissero inflitte condanne severe per reati decisamente minori e pene spietate ai recidivi.

    Non siamo un paese sottosviluppato, signorina Scott, nonostante ciò che i media amano far credere al mondo.

    Solo che il loro sistema giudiziario sembrava arretrato. Il che non preannunciava nulla di buono per suo padre.

    Lui se lo merita. Ricordi perché te ne sei andata via?

    Raddrizzò la schiena.

    Lei se n'era andata via. Lei aveva cambiato in meglio la sua vita. Il ricordo la sostenne finché il telefono suonò. Risoluta, rispose.

    «Pronto?»

    «Esmeralda? Sei tu?»

    Gli occhi le si chiusero a quella voce profonda e familiare. «Sì papà, sono io.»

    Sentì un sospiro di sollievo e subito una risata dura. «Quando mi hanno detto che erano riusciti a raggiungerti, ho pensato che mi stessero prendendo in giro.»

    Esme non rispose. Era troppo occupata a contenere il cocktail di emozioni che sempre le vorticava dentro, quando si trattava di suo padre.

    «Bambina, sei lì?» chiese Jeffrey Scott.

    Il vezzeggiativo era così agrodolce, che lei non sapeva se ridere o piangere. «Sono qui» riuscì a rispondere.

    «Okay credo tu sappia cos'è accaduto?»

    «Sì.» Lei si schiarì la gola. «Stai bene? Mi è stato detto che hai avuto una commozione cerebrale.»

    «La commozione è la minore delle mie preoccupazioni. Non se il gran capo farà a suo modo.»

    «Il gran capo

    «Sì. Il Boia Reale in persona.»

    «Mi spiace papà. Di cosa stai parlando?»

    «Il pubblico ministero capo mi ha preso di mira, Esmeralda. Mi è stato negato il rilascio su cauzione e lui si sta dando da fare per velocizzare il mio processo.»

    «Tu hai un avvocato, vero?»

    La risata fu più forte. «Se chiami avvocato chi mi ha detto che il mio caso era senza speranza e mi ha consigliato di dichiararmi colpevole e risparmiare a tutti il disturbo di un vero e proprio difensore...»

    «Cosa?»

    «Ho bisogno che tu venga qui, Esmeralda.»

    Questa volta il respiro le rimase bloccato in gola, insieme alla voce interiore che urlava un inorridito No.

    Quando metteva insieme scenari di come avrebbe potuto essere il ricongiungimento con il padre, aveva immaginato che avrebbe preteso qualcosa da lei. Il denaro era stato la scommessa più probabile, visto che i suoi beni erano stati congelati, ma quello che le stava chiedendo...

    «Ho fatto una piccola ricerca. Durante i processi danno molta rilevanza ai testimoni dell'imputato» continuò lui in fretta. «E tu sarai la mia, ti ho nominata io.»

    Un senso di dèjà vu le serpeggiò lungo la spina dorsale. Non era così che era sempre cominciata? Con il padre che le chiedeva di fare qualcosa, provocandole un senso di colpa che la divorava, finché si sentiva obbligata ad accontentarlo? Esme si irrigidì, ricordando a se stessa l'ultima, indifendibile cosa che lui aveva commesso.

    «Papà, non penso...»

    «Per me potrebbe fare la differenza tra morire in prigione, o tornare a casa. Non vorrai negarmelo, vero?» Esme serrò le labbra e rimase in silenzio. «Secondo il mio avvocato, il Macellaio punta all'ergastolo.»

    Il cuore di Esme vacillò. «Papà...»

    «So che non ci siamo lasciati nel migliore dei modi, ma mi odi così tanto?» chiese suo padre.

    «No, non ti odio.»

    «Allora verrai?» sussurrò speranzoso.

    Esme chiuse gli occhi e ricordò a se stessa che alla fine aveva resistito ed era stata così forte da andarsene lontana, ora, però, questo non importava. Perché Jeffrey Scott era la sola famiglia che aveva e non poteva lasciarlo in balia di un uomo conosciuto come il Macellaio.

    «Sì. Verrò.»

    Il sollievo nella voce di suo padre era quasi palpabile ed Esme lo salutò, mentre il tempo assegnatogli metteva fine alla loro telefonata.

    Digitò un altro nome nel motore di ricerca e quando si ritrovò a fissare gli occhi ambrati del Macellaio, dimenticò di respirare. La loro impressionante autorevolezza era solo una parte dei lineamenti sorprendenti del pubblico ministero capo del Regno di Ja'ahr.

    Esme conosceva già il suono della sua voce e ora capì quanto si intonasse al mento squadrato che sembrava scolpito nel granito. Era quasi impossibile distogliere lo sguardo dagli zigomi cesellati attorno al naso forte e altero. I capelli nero corvino erano pettinati all'indietro, ma ciò che catturò la sua attenzione e la lasciò senza fiato, furono le linee sensuali della bocca.

    L'allarmante direzione dei suoi pensieri provocò un riposizionamento veloce del mouse. Questo, però, non fece che rivelare di più dell'uomo il cui magnetismo la ipnotizzava. Spalle ampie e collo forte erano contenuti a malapena in un abito scuro. Era in piedi davanti alla lucente insegna di uno studio di avvocati americani.

    Esme avvertì un fremito di sollievo al pensiero di avere sbagliato nella sua ricerca, tuttavia cliccando sul collegamento successivo comparve ancora lui, solo che non sembrava più lo stesso.

    I suoi lineamenti erano resi ancora più forti dall'abbigliamento tradizionale che lo copriva dalla testa ai piedi. Il thawb era di un bianco accecante con decorazioni nere e oro, che si ripetevano nella kefiah che gli incorniciava viso e testa.

    Esme cliccò un ultimo link e sussultò, mentre leggeva la biografia del trentatreenne soprannominato il Macellaio. Colui che quella notte aveva disturbato il suo sonno, non era solo il temuto pubblico ministero capo di un regno ricco di petrolio, Zaid Al-Ameen, l'uomo che aveva tra

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