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The Blossom's Beauty - La saga del Fiore
The Blossom's Beauty - La saga del Fiore
The Blossom's Beauty - La saga del Fiore
E-book295 pagine3 ore

The Blossom's Beauty - La saga del Fiore

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Info su questo ebook

Quando tutte le certezze della sua vita crollano, Alexandra dovrà comprendere quali sacrifici sarà disposta a fare per salvare le persone che ama.

Una storia di sopravvivenza, sacrifici e segreti, dove l’amore si cela nei fatti, non nelle parole.

Vivere o morire.

La scelta non è mai stata così difficile.

Qui troverete i due romanzi che compongono la saga del Fiore:

1)Il lamento del fiore

2)L'innocenza del fiore

LinguaItaliano
Data di uscita3 apr 2017
ISBN9788826046471
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    Anteprima del libro

    The Blossom's Beauty - La saga del Fiore - Valentina Mears

    1:26-27

    PROLOGO

    Noi veniamo in pace.

    Noi veniamo per salvarvi.

    Un concetto facile ma alquanto difficile da credere.

    Non così. Non in queste condizioni. Intere famiglie sono state decimate dall’arrivo dei Creatori appena un anno e mezzo fa e poche sono rimaste unite. Io faccio parte della maggioranza dei sopravvissuti divisi dalla propria famiglia.

    Sono passati sei mesi dalla fine della lotta e l’umanità è stata pesantemente sconfitta.

    Sono rimaste solo piccole sacche di resistenza sparse per tutto il Paese con lo scopo di cercare di respingere l’invasore, ma non è sufficiente per vincere e anche se ci riuscissero, non potrei venire a saperlo.

    I Creatori hanno tolto qualsiasi opportunità di comunicare e aggregarci. Non tutti però hanno visto i Creatori come esseri usurpatori anzi, molti li credono come una risposta ai grandi problemi che affliggevano la Terra prima del loro arrivo.

    Si sono presentati come salvatori e molti gli hanno creduto.

    Almeno all’inizio.

    1

    Ho perso ormai la cognizione del tempo, ma sono sicura di aver visto almeno tre lune nel cielo da quando sono rimasta sola. Veramente sola.

    Sono stati mesi difficili, fatti perlopiù di rinunce; dalle più importanti come avere un tetto sopra la testa, un pasto caldo in tavola, l’affetto della famiglia, a quelle più stupide come il colore dei miei capelli.

    Quando tutto ha avuto inizio, la mia chioma rossa dava fin troppo nell’occhio, così ho dovuto prendere una decisione, o restare del mio colore naturale e morire oppure, tingermi i capelli di una nuance più scura, in modo da mimetizzarmi meglio nei boschi.

    È stata una decisione che più volte mi ha aiutato a rimanere in vita.

    A vent’anni l’ultima cosa che mi aspettavo era quella di dover lottare per la sopravvivenza e diffidare da tutto e da tutti. Non è rimasto nulla di ciò che conoscevo.

    La nebbia se l’è portato via come la maggior parte delle persone a me care.

    Alcuni sono svaniti nel momento stesso in cui la nebbia li ha avvolti svanendo al contrario di altri che sono stati uccisi dalla stessa. È dopo questo che i Creatori si sono presentati ai rimasti. Buffo chiamarli così dato che da quando sono nata li ho sempre conosciuti come alieni.

    Abbiamo ignorato per così tanti anni gli avvistamenti e le testimonianze dei primi che avevano avuto un contatto con loro che ora, a distanza di un anno, mi rendo conto che avremmo potuto arrivare preparati all’imminente invasione. Per le persone lasciate indietro, non c’è futuro.

    Non in questa nuova realtà. Sono state letteralmente abbandonate a sé stesse.

    Per chi non supera la prova della scatola, è come avere una sentenza di morte certa. I meritevoli, ossia tutte le persone che non sono state toccate dalla nebbia poiché puri nell'animo, sono stati invitati a recarsi al più presto alle Scatole della Salvezza.

    Qui, una sola goccia di sangue è sufficiente per scoprire il proprio destino e quindi se si è degni del nuovo mondo, in cui veniamo condotti grazie alle loro avanzate tecnologie.

    In un batter d'occhio si scompare per venire catapultati in una nuova dimensione, o almeno è quello che ci hanno ripetuto ininterrottamente attraverso tutti i mezzi di comunicazione disponibili.

    Consegnarsi a quelle scatole è un atto di fiducia enorme, ma, ad oggi, è anche l'unica speranza che ci rimane.

    Oltre alla Resistenza.

    Questo nuovo mondo, che sostengono di aver creato per supportare ogni nostra esigenza fisiologica, ha delle risorse limitate a cui non tutti possono avere accesso e la Terra non può essere lasciata in mano a chi, per un motivo o per l’altro, ha contribuito a distruggerla.

    In fondo, dopo tutto quello che ho visto, capisco la loro scelta. Quelli rimasti hanno dimostrato il peggio di cui è capace la nostra razza trasformandosi in mostri.

    Furti, omicidi, stupri e perfino atti di cannibalismo sono diventati in un lampo all’ordine del giorno.

    Forse è anche per questo motivo che i Creatori hanno lasciato qui sulla Terra gli altri esperimenti che devono aver condotto contemporaneamente a noi.

    I nostri incubi peggiori si sono materializzati davanti ai nostri occhi, ma è un incubo da cui non possiamo svegliarci. Hanno un unico obbiettivo: eliminarci.

    Sono i Ripulitori della Terra, non hanno alcun altro scopo se non la nostra distruzione.

    Rimango in silenzio ascoltando i rumori provenienti dall'ospedale ormai pressoché vuoto.

    Mi dirigo nei bagni, l'acqua corrente è diventata ormai un lusso che poche volte posso permettermi in questa nuova realtà.

    Mi sciacquo velocemente resistendo alla tentazione di usare qualsiasi prodotto che potrebbe a contaminare il mio odore naturale e lasciare così una scia che i mostri riuscirebbero a intercettare.

    Se cedessi, dopo dovrei attenuare il profumo usando ciò che la natura offre.

    È uno dei piccoli suggerimenti, dell’ultima telefonata con mio fratello, di cui ho fatto tesoro.

    Lui aveva deciso di unirsi immediatamente alla Resistenza abbandonandomi. Il principio è quello di mischiare il mio odore con quello della natura per impedire ai mostri di scovare la mia scia.

    Anche per questo che mi nascondo nel fitto dei boschi.

    E pensare che prima di tutto questo non avrei mai immaginato di poter vivere senza tutta la tecnologia che circondava la mia vita!

    Vivere all’aria aperta poi! Non ero il tipo da lasciare le comodità della vita moderna.

    Tutto il contrario di mio fratello. Il mio orologio inizia a lampeggiare segnando i fatidici quattro minuti, il tempo che mi concedo ogni volta.

    I Ripulitori tentano in ogni modo di stanare gli umani puntando sulle loro debolezze, inoltre sembra che percepiscano quando le scatole vengono utilizzate e per questo corrono in massa per neutralizzare gli indesiderati.

    È questo il motivo per cui non rimangono mai troppo lontano da quelle zone. Per mia fortuna divento sempre più veloce o semplicemente non mi importa più nulla del mio aspetto. È rimasto molto poco della ragazza che vedevo allo specchio.

    I capelli sono sfibrati, il volto che porta i segni della stanchezza, le unghie, una volta lunghe e smaltate, ora sono corte e mangiucchiate per la tensione.

    Per farla breve, sono un vero e proprio disastro.

    Nessuno della mia vecchia vita riuscirebbe a riconoscermi in questo stato.

    Non c'è più nulla in me della vecchia Alexandra.

    Gli alieni si sono portati via tutto ciò che ero.

    Non mi è rimasto più nulla.

    In tutti i sensi.

    Un rumore attira la mia attenzione, facendomi saltare sul posto. Estraggo la pistola dalla cinta dei pantaloni e cerco disperatamente il coltello lungo da macellaio che Liza -la mia migliore amica- aveva recuperato in una delle sue spedizioni con il padre.

    È una sorta di portafortuna.

    Spero sempre di non doverlo usare, ma non posso fidarmi più nemmeno delle persone rimaste.

    Con i pochi animali superstiti, alcuni si sono dati alla caccia all'essere umano, soprattutto di quelli più giovani. Sono proprio questi che cerco di mandare al di là attraverso le scatole.

    Se mio fratello lo sapesse non mi perdonerebbe mai, ma al contrario, credo che il genere umano non potrà più trovare la normalità su questo Pianeta.

    Siamo inferiori, sotto tutti i punti di vista.

    Dall’altra parte abbiamo la possibilità di ricostruire qualcosa di nostro.

    Qui, vedo solo morte. Non c’è vita.

    Mi guardo intorno sperando di scovare fuori dalle finestre un appoggio, magari una scala antincendio da cui scappare, ma purtroppo mi ritrovo al terzo piano e senza alcuna possibilità di saltare.

    I Creatori non devono trovarmi o mi obbligheranno a utilizzare le scatole e nel caso in cui il mio DNA fosse idoneo verrei immediatamente portata nell’altro mondo senza potermi ribellare.

    «Dannazione!» sbotto a bassa voce rimproverandomi subito dopo per aver dato un chiaro segnale della mia presenza.

    Mi accosto alla porta cercando di carpire qualsiasi altro movimento al di fuori. Immersa nel silenzio, prendo quel poco di coraggio che mi è rimasto uscendo fuori in un corridoio deserto, armata per quel poco che posso permettermi. Il silenzio è di quel tipo che sembra irreale, ed è il peggiore perché in una frazione di secondo sei cosciente che tutto potrebbe crollare come un castello di carte.

    È quel tipo di silenzio che molto spesso uccide.

    In un nanosecondo il mio sguardo viene attirato da un movimento improvviso, tanto che i miei occhi hanno fatto fatica a coglierlo ma non la mia mente che ha riconosciuto in quel ragazzo il volto di mio fratello.

    2

    «Nick!» urlo precipitandomi verso l'uscita d'emergenza seguendolo a rotta di collo. Inizio a correre cercando di stare al suo passo senza pensare che potrebbe essere uno scherzo della mente.

    In queste ultime settimane ho pregato di incontrarlo o almeno avere la certezza che fosse al sicuro nascosto da qualche parte. Sto cedendo.

    «Nick!» urlo nuovamente.

    Apro l’'ultima porta dietro la quale si è rifugiato ma non sono preparata ad uno spazio così aperto, totalmente esposto.

    Le enormi vetrate non garantiscono un riparo sufficiente dagli occhi che si potrebbero scrutare dall’esterno, che siano umani o di quelle creature infernali.

    La pioggia cade delicatamente sui vetri impedendomi di avere una visione chiara di ciò che mi circonda.

    Tempo fa sarei rimasta affascinata, ora non riesco fare a meno di rimanere bloccata a guardare il ragazzo in piedi davanti a me. Non è lui.

    Troppo alto, longilineo quanto muscoloso. Quello non è il suo corpo e quando si volta il mio cuore accusa il colpo, tradito dalla speranza.

    Ha un ghigno dipinto sul bel volto, è maligno e non posso fare altro che stringere ancora di più il manico del coltello e la pistola che porto di fronte alla mia gamba in un chiaro avvertimento. Non sarebbe di certo la prima volta che sono obbligata ad usarla.

    «Stavi cercando qualcuno?» esordisce. Dal tono della sua voce capisco di essere caduta in una stupidissima trappola tessuta alla perfezione. Dovrei sparare, ora, ma il mio braccio sembra essersi bloccato come tutto il resto del mio corpo.

    Un blocco mentale…e non come quello che avevo agli inizi: «Non è poi così tanto diverso...» mi aveva sussurrato Liza, pochi giorni prima di andarsene.

    Cercava di impormi la sua idea che non avrei dovuto farmi alcun problema a uccidere una persona se questo significava salvarmi la vita.

    «Non è così tanto diverso dall’uccidere un animale.»

    Arretro, evitando di dargli le spalle ed estraggo il coltello che avevo nascosto dietro la schiena.

    «Sei una dura, eh?» mi provoca e il suo movimento è così rapido che non mi rendo conto che si è posizionato dietro di me. Mi intrappola con un solo braccio mentre con l'altra mano mi stritola il polso. Perdo la presa sul coltello che finisce a terra con un lieve tintinnio.

    «Pensavi davvero di poter fare qualcosa con quella misera arma?» sghignazza premendo il naso nei miei capelli. Cerco di ribellarmi, pestandogli i piedi e cercando di liberarmi quel tanto che basta da potergli assestare una gomitata, ma la sua presa non accenna ad allentarsi.

    Il mio cuore scoppia nel petto e l’adrenalina si riversa nelle mie vene aiutandomi a resistere, ma è come cercare di combattere contro una montagna.

    Penso a mia madre e a mio fratello.

    «Facciamola finita presto» sibilo trattenendo le lacrime. Se devo morire non voglio dargli la soddisfazione di vedermi supplicare.

    «Ti arrendi così presto? Allora mi sono sbagliato.»

    Mi fa voltare come se fossi una trottola riportandomi al centro della stanza, disarmata.

    Lo zainetto penzola dalle sue dita.

    Mi vuole sfidare a riprenderlo e la pistola che avevo in mano ora si trova nella sua, agganciata al suo indice, pronto a premere il grilletto.

    Rimaniamo entrambi in attesa guardandoci vicendevolmente, mentre il mio cervello è alla ricerca di un escamotage qualsiasi che mi permetta di uscire viva da quella faccenda. Io contro uno della razza dei Creatori, un segugio, le mie chance sono così basse che stento quasi a credere di stare ancora respirando.

    «Sei divertente!» esclama improvvisamente.

    Sussulto dalla sorpresa, guardando i suoi occhi accendersi dall'eccitazione della caccia.

    «E tu sei un mostro» sibilo, sperando che non mi tremi la voce.

    «Ehi, che maleducazione!» dice rabbuiandosi e in un attimo è di nuovo di fronte a me, che inclina la testa di lato come se mi stesse studiando.

    Deglutisco a vuoto, sentendo le gocce di pioggia tamburellare sui vetri sopra di noi.

    «Quando io per primo ti mancherò di rispetto, sarai autorizzata a fare altrettanto» mormora vicinissimo al mio viso, dandomi un buffetto sotto il mento.

    La mia mente sembra essere andata in blackout per alcuni secondi. I suoi occhi, di un azzurro intenso -troppo per essere naturale-, mi scrutano profondamente mentre mi sorride, conscio della sua bellezza sovrumana. Non è normale, non è umano, ripeto a me stessa, disgustata per aver anche solo formulato quel pensiero. Mi prenderei a schiaffi da sola per essermi permessa di trovarlo attraente.

    «Allora?» dico interrompendo quel momento «Cosa stai aspettando?»

    Assottiglia lo sguardo, contraendo la mascella. Quando mi ritrovo lo zainetto sulla schiena, sussulto terrorizzata.

    Mi prende una mano sollevandola e con lentezza calcolata mi ridà la pistola che mi ha precedentemente rubato. Con l'altra mano fa scivolare il coltello, tenendo entrambe le armi puntate su di sé.

    «Vattene. Questo posto brulicherà di mostri, tra pochi minuti» sussurra. Il sogghigno è sparito dal suo volto e i suoi occhi sembrano essersi scuriti leggermente.

    «La prossima volta che vedi qualcuno di così importante per te, evita di concedergli tanta fiducia...voi umani siete troppo prevedibili.»

    Impugno con più convinzione le armi, arretrando senza distogliere lo sguardo da lui. Rimane impassibile, si volta tornando a scrutare le enormi vetrate che continuano a respingere l'attacco della pioggia.

    Potrei sparargli, ora.

    Potrei fare finta che sia umano e colpirlo al cuore, forse lo ucciderei, ma non sono della Resistenza.

    Non so come eliminarli, se hanno qualcosa in comune con la nostra razza o sono dei completi rebus.

    La verità è che non ho il coraggio di premere il grilletto e mettere a repentaglio quest’occasione, più unica che rara. Sono una codarda.

    Corro fuori a perdifiato, sentendo il cuore rimbombare nelle orecchie, insieme al respiro affannato, mentre la pioggia s’infiltra negli abiti.

    Un riparo.

    Lontano.

    Corro miglia.

    Lontano dall’ospedale.

    Lontano da lui.

    Corro senza una meta.

    Corro lontano dalla mia debolezza.

    Un riparo.

    Ho bisogno di asciugarmi e stare al caldo, se non voglio ammalarmi ed essere facile preda di qualche creatura.

    Non può andarmi bene una seconda volta, mi ripeto mentalmente, ripercorrendo con la memoria quello strano incontro.

    Trovo un rifugio apparentemente abbandonato fuori dalla periferia della città, un posto piuttosto isolato, ma tuttavia abbastanza vicino al bosco, mia fonte primaria di viveri e sicura via di fuga.

    Prendo degli asciugamani, iniziando a tamponarmi velocemente i capelli, e recupero tutte le coperte per creare un giaciglio comodo e caldo.

    Non posso permettermi il lusso di accendere un fuoco, attirerei troppo l'attenzione nel caso ci fosse qualcuno con il compito di sorvegliare gli edifici dove gli esseri umani potrebbero ancora rifugiarsi.

    È l'errore più comune e semplice da commettere, specialmente in giorni piovosi e freddi come questo. Non mi resta altro che pregare e sperare.

    Sposto un mobile davanti all'ingresso per proteggermi principalmente dagli altri esseri umani, non posso abbassare la guardia neanche per un secondo.

    Mi avvolgo in tre coperte e mi accuccio nell'angolo più lontano dalla porta e dall'unica finestra, sperando di dormire per un altro paio d'ore.

    Peccato che, nonostante la stanchezza, abbia i nervi a fior di pelle per colpa dello scontro e non riesca a chiudere occhio.

    Ogni volta che abbasso le palpebre, anche solo per pochi secondi, due enormi occhi azzurri mi tormentano e quando le riapro sento il mio cuore accelerare i battiti, come se nella stanza ci fosse qualcuno in agguato, pronto a fare la sua mossa.

    Mi ha lasciato andare solo per divertirsi a uccidermi nel sonno? Era forse più facile?

    Che avesse avuto qualche remora?

    Magari prima era umano e quegli esseri l'hanno trasformato in una delle loro strane creature.

    Possibile, ma questo non rappresenta comunque un motivo sufficiente per pensarci.

    «Dormi, Alex!» sibilo a me stessa, imponendomi di spegnere i pensieri.

    Devo tornare a casa.

    Devo tornare da mia madre.

    3

    La luce filtra dalla piccola finestra del casolare, svegliandomi come ormai ogni mattina.

    Sono lontani i tempi in cui potevo permettermi di restare a letto a dormire, riscaldata dal calore di un soffice piumone e con la sicurezza di potermi svegliare senza combattere ogni istante per la mia sopravvivenza. Cancello ogni traccia della mia presenza lì, sarà come non ci sia mai stata. Mi siedo per l’ultima volta nell’angolo, cercando di trovare il coraggio di uscire e rimettermi in marcia. È il momento peggiore, se si ha passato una notte relativamente tranquilla.

    È difficile lasciare un posto che ormai si considera privo di pericolo per essere di nuovo in balia della fortuna, ma è l’unico modo per avere una vera chance.

    Mai fermarsi, mai considerarsi al sicuro in nessun posto. Stamattina, però, c’è qualcos’altro che mi impedisce di varcare quella porta, un’odiosa sensazione di essere osservata, braccata come una preda.

    Trattengo il respiro, sperando di catturare un qualsiasi rumore che mi permetta di conoscere la posizione dell’intruso o almeno di capire se si tratti di altri esseri umani o di qualche creatura mostruosa a caccia di noi terrestri.

    Proprio quando inizio a pensare di essermi suggestionata, capto delle urla provenire dal bosco. Troppo vicine.

    Se quella vittima dovesse vedere questo casotto, potrebbe pensare di avere una possibilità nascondendosi qui dentro e quindi mettendomi in pericolo.

    Afferro automaticamente la pistola e il coltello da caccia, precipitandomi verso la finestra, senza però espormi in modo plateale.

    Fuori si sta svolgendo la scena più raccapricciante a cui abbia mai assistito in questi ultimi mesi.

    Non sono mostri... sono umani.

    Tre uomini si stanno letteralmente avventando su un terzo, cercando di tenerlo fermo, mentre un altro -armato di accetta- si prepara a infliggere il colpo mortale. L’ultimo straziante grido d'aiuto della vittima. Uno stormo di uccelli si libra in volo, spaventato dall’ultimo, straziante, grido d’aiuto della vittima. Rimango paralizzata, assistendo alla terribile scena che mi si palesa a una decina di metri di distanza.

    Le foglie cadute a terra ora sono cosparse del sangue dell’uomo, definendo lo sfondo dell’ennesimo efferato crimine. Non mi è mai capitato di ritrovarmi così vicino alla scena del delitto, né tantomeno di assistere

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