L’ambiente secondo Me
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Info su questo ebook
Una vita in armonia con l’ambiente che ci accoglie, seguendo il ciclo naturale delle giornate, è lo stile di vita auspicato dall’autore che, con bucoliche ed incantevoli descrizioni paesaggistiche, sperimenta questo stile di vita che spera un giorno di realizzare.
Giovanni Romeo è nato a Piacenza nell’ottobre del 1966, figlio di un imprenditore parmense, vive la sua adolescenza e i suoi studi superiori agrari nella cittadina emiliana legata alle sue radici familiari e alle sue più sincere amicizie. Si trasferisce, dopo la maggiore età, nelle colline tosco-romagnole, disegnate dal tracciato della SS67, vicino ai luoghi di memoria dantesca, nelle terre di proprietà del nonno paterno, trascorrendo la prima parte della propria vita come coltivatore diretto. Lì si sposa ed avrà il primo figlio maschio. Dopo la prematura e dolorosa morte del padre si occupa della madre e del fratello minore, entra nel settore ambientale e si trasferisce di nuovo. Arriva la seconda figlia, ma dopo pochi anni divorzia. Più avanti riprende l’attività di imprenditore in Veneto e si sposta nella provincia veneziana, dove si risposa in seconde nozze. Profondo amante della natura e del mare ha una intima conoscenza dei luoghi alpini e dolomitici che visita spesso con la moglie, dedicando le sue vacanze estive ai luoghi marini dell’Isola del Giglio, da lui definita il suo sogno. Da lì il suo esordio come scrittore con La vita di tutti.
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Anteprima del libro
L’ambiente secondo Me - Giovanni Romeo
Giovanni Romeo
L’ambiente
secondo Me
Terminato di scrivere Dolo 06/09/21
© 2023 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma
www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com
ISBN 978-88-306-8121-7
I edizione giugno 2023
Finito di stampare nel mese di giugno 2023
presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)
Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa
L’ambiente secondo Me
Prefazione di Barbara Alberti
Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.
È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.
Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi
Non esiste un vascello come un libro
per portarci in terre lontane
né corsieri come una pagina
di poesia che s’impenna.
Questa traversata la può fare anche un povero,
tanto è frugale il carro dell’anima
(Trad. Ginevra Bompiani).
A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.
Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.
Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.
Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov
.
Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.
Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.
Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.
La Vaia
Sono seduto su questo imponente tronco di abete accasciato sul fianco della montagna, una volta padrone del bosco, che guardava dall’alto dei suoi trenta metri: oggi muore, lentamente, nel silenzio di questa foresta violentata dal vento e dalla rabbia di madre natura.
Le sue radici, ancora in parte interrate, hanno intrappolato la roccia dolomitica a cui un tempo erano ancorate, ma che nulla hanno potuto contro la violenza dei venti impazziti, vorticosi e urlanti che hanno mietuto migliaia di suoi fratelli giganti. Quelle stesse radici che continuano a dargli linfa e alimento, tenendo ancora verdi i suoi palchi, ma che non basteranno a salvarlo.
Come tanti uomini che ora sono in terapia intensiva, intubati, morenti, a causa di un virus che al pari della Vaia ha mietuto le sue vittime a caso, colpendo e uccidendo alcuni e solo sfiorando altri.
Ma come per la Vaia, anche questo virus dopo il suo passaggio lascerà i suoi segni, nelle nostre abitudini, nelle nostre vite, nelle nostre menti.
E mentre rivedo le scene delle migliaia di morti umani, non posso avvicinarle a quelle di queste centinaia di alberi abbattuti e ancora giacenti sul letto di foglie che li ha accolti e che ora lentamente e gradualmente li sta decomponendo riportandoli al ciclo naturale come elementi organici.
Il ciclo naturale, lo stesso che decomporrà i corpi dei poveri umani che morti a decine di migliaia sepolti in fosse comuni, in parchi urbani o in lontani cimiteri.
La natura non dimentica i suoi figli, semplicemente richiama i loro corpi a ricostituire gli elementi semplici di cui sono composti e con cui essa stessa riporterà e riprodurrà altra vita.
La natura vista da qui, seduto su questo tronco, nel silenzio di questo bosco centenario, sembra ciò che in fondo è, una fabbrica inarrestabile di vita e di morte e di nuova vita, in un ciclo inarrestabile e mai banale.
Lo abbiamo studiato nei secoli, abbiamo cercato di capirne l’intimo equilibrio, abbiamo provato ad intervenire per stravolgerlo e modificarlo e come per il virus, poi ci ha punito, ma il ciclo naturale e l’evoluzione della Terra non la capiremo mai davvero se non la ascoltiamo.
Possiamo e dobbiamo solo cercare di comprendere chiaramente i nostri limiti e come possiamo adattarci e disturbare il meno possibile questa macchina perfetta.
Dobbiamo capire perché le cose accadono e adattarci, non modificarle.
Ora questo bosco dopo la devastazione sta rinascendo, i piccoli abeti e gli arbusti intorno a questo gigante stanno riappropriandosi dei raggi di sole che il mostro privava loro.
E a fatica stanno ritrovando il vigore violato, tendono verso l’alto e ricomincia la loro lotta alla sopravvivenza per svilupparsi e crescere.
Lentamente, nel silenzio, pioggia dopo pioggia, stagione dopo stagione, in un’eterna lotta che tiene tutti in equilibrio.
E mentre penso lo sguardo cade su un movimento furtivo in lontananza, di un manto marrone chiaro, che passa lontano da me, che resto immobile, ma curioso.
Un daino e la sua compagna, lenti si arrampicano, ma non mi hanno visto, sono troppo silenzioso e immobile.
Respiro piano e mi godo la scena di questa coppia, che ha il solo mandato di accoppiarsi e procreare, per consentire alla razza di esistere.
E mentre li vedo distendere le zampe, con balzi, che sembrano contro il principio di gravità, sparire nella folta