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Io ti amo ma non con te
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Io ti amo ma non con te
E-book337 pagine5 ore

Io ti amo ma non con te

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Info su questo ebook

Due persone si amano e si mettono insieme. Non è un incontro seriale, ma quello che vale una vita. Ci sono Eros, Pathos e Senso. Ci sono Intesa, Respiro e Fervore. Ma soprattutto, da subito, sembra loro di poter vedere di più. Come astrofili sdraiati sul prato in una notte di Pleiadi, ecco gli amanti scoprire trame impensate e creare da zero mitologie rinnovate, ipotizzare viaggi che cambieranno l’ignoto. Poi però, all’improvviso o col tempo, la lente si appanna, si crepa, si rompe. I due non vedono più e non si vedono più. Il loro universo collassa e, al suo posto, si staglia il terribile Enigma Incrociato, che blocca le vite nell’assurda reciproca sensazione di amare ancora il partner ma, al contempo, di non volere che sia lui. Ma neanche un altro. E allora chi? E come se ne esce? Un uomo come tanti, chiamato Maschioincrisi, prova a trovare un passaggio segreto. Ha pochi strumenti con sé: amore, ironia, sofferenza, introspezione. E il coraggio di dire quello che forse nessuno ha mai detto. Basteranno per penetrare l’Enigma e svelarne il mistero?
LinguaItaliano
Data di uscita13 apr 2018
ISBN9788828304845
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    Anteprima del libro

    Io ti amo ma non con te - Pietro Fornari

    PRESENTAZIONE DALL’ORLO DELL’ESTINZIONE

    Sono il Maschio Moderno In Crisi. Sì, proprio io: l’irritante e precaria creatura su cui ogni giorno milioni di donne rovesciano tonnellate di letame nelle forme più varie. Sono io: il brillantone sfuggente, il mammone senza palle, il maritino a doppiofondo, l’egoista mascherato, il seduttore evanescente. Quello di cui, nei talk show di ogni fascia oraria, si parla come di una sottospecie umana: il Maschioincrisi, un saldo esistenziale che dilaga a macchia d’olio rovinando la vita a tutti ma soprattutto a lei, alla meravigliosa Femmina Emancipata Autocosciente.

    In questi anni ho avuto due sole difese, le peggiori: la Mamma che, dicendo Lasciate stare il mio bambino!, mi ha affossato in modo irreversibile, e qualche scialbo regista cinematografico che ha cercato un po’ di elemosina – e purtroppo l’ha ottenuta – trasformando i miei drammi profondi in ruffiani film che hanno potenziato a dismisura la mia immagine di sfigato.

    Il letame mi sommerge a tal punto che me ne sento protetto come da un liquido amniotico, ci sguazzo dentro come un ippopotamo nella fanghiglia del fiume. Tanto che ho pensato: potrei restare qui, nella migliore delle vite di compromesso, intanto nessuno si aspetta più niente da me; non un impegno stabile, né un’assunzione di responsabilità, né un’erezione senza problemi. Che bello aver perso tutto e non dover dimostrare più nulla! Per anni ho guardato ‘Sex and the city’ alla tivù e, invece di adirarmi per il fatto che ne esco perlopiù come un idiota, ero felice di esserne il protagonista negativo. Era gratificante osservare queste quattro donne che si dannano l’anima per capirmi e che parlano di me, solo di me, per tutto il tempo: le mie inadeguatezze, le mie miserie, le mie misure. Come può un uomo – questa è la domanda-chiave che io suscito – che ha già toccato il fondo della meschinità e del doppiogiochismo, sorprenderci ancora? Non può, una magari pensa, questa è l’ultima bassezza, oltre non può andare. E invece eccone un’altra, disarmante, che apre un nuovo livello di mediocrità e trascina in dimensioni ancora inesplorate di straordinaria pochezza umana.

    Eppure la Femmina Emancipata Autocosciente non molla la presa. Spinta dal suo orgoglio sconfinato, eccola trasformarsi periodicamente in una speleologa-missionaria (o, secondo i casi, in una scienziata-filosofa) che vuole mettere alla prova l’universo e vedere se esista un limite, un Mattoncino Ultimo Di Meschinità Non Oltrepassabile, che sancisca il fondo del baratro maschile e quindi, implicitamente, la mia possibilità di risalire. E vuole essere lei la prima e la sola a scoprirlo, come se quello fosse il trofeo capace di elevarla sopra le altre e, al contempo, la pietra filosofale capace di restituirle, come per magia, un barlume d’uomo appena normale.

    Perciò, lusingato da tutta quest’attenzione, stavo davvero per mettere da parte ogni ribellione: Signore mie, voilà: io sono il vero, inimitabile Maschioincrisi! E sono a vostra completa disposizione: arrovellatevi su di me come si fa col cubo di Rubik, stroncatemi come si fa con un tenore che stecca il do di petto, bestemmiatemi come si fa con un dio muto e imperscrutabile. Una vera primadonna insomma, circondata da quell’astio che è prerogativa solo dei più grandi, quelli di cui s’invidia l’enorme talento perché non fanno alcuna fatica a tirarlo fuori, dato che è un dono ricevuto da madre natura.

    E invece no. Un sussulto ancestrale, forse l’eco di un urlo boschivo dell’homo erectus, qualche giorno fa mi è risuonato dal profondo. Sembrava un monosillabo preistorico, come lo sbadiglio di un troglodita che riemerge da un lunghissimo sonno. Poi, ascoltandolo meglio, ho capito che si trattava di una frase compiuta, e che la voce che la pronunciava era quella di un omone che, in tono severo e perentorio, diceva: Rialza la testa, o prodigioso coglione!

    Realmente la voce non veniva da me, ma da qualcosa in me, che mi era familiare e, al contempo, estraneo. Qualcosa che, per la sua inusitata vecchiaia ed esperienza, possiede un’autorità naturale. Infatti era così: si trattava del Grande Uomo Di Due Milioni Di Anni, cioè di quello strato profondissimo della psiche di noi maschi, che è nato per primo nella storia della nostra evoluzione e che fa da base a tutti gli altri strati che si sono sviluppati in seguito.

    Mi ero dimenticato di questa entità presente in me. Mio padre, il Grande Maschio Patriarcale vissuto dal paleolitico fino al 1968 e ai moti femministi, me ne aveva parlato dal letto di morte: Stai attento a non fare troppo il tappetino disse, perché, se il Vecchio si sveglia, sono cazzi! Ma gli avevo riso in faccia, ritenendo che fossero i deliri di un plurimillenario che stava tirando le cuoia.

    Del resto il grande ritrovo di Woodstock, nel 1969, faceva davvero pensare che l’emancipazione della donna, aspetto essenziale della rivoluzione socioculturale, ci avrebbe riportati a una sorta di giardino dell’Eden, a un mondo cioè in cui l’uomo e la donna potessero viversi senza conflitti. Sembrava l’alba di una grande era, in cui la nuova coscienza avrebbe finalmente ricostituito l’armonia originaria fra i sessi, che si era spezzata quando Eva colse la mela, nonostante le reticenze di Adamo, dall’albero della conoscenza nel paradiso terrestre.

    Oggi, però, sappiamo che non fu né un’alba né un tramonto: furono tre giorni, giusto quelli che durò il concerto. Tre soli giorni in tutta la storia dell’umanità. La donna, infatti, che sul piano dei diritti sociali aveva iniziato il sacrosanto cammino verso la parità, fin da subito non si trattenne e, sul piano delle singole relazioni di coppia, prese al balzo l’occasione per dare il via al Ribaltone Antropologico: un processo di inversione dei ruoli cui io, maschietto moderno appena nato, non riuscii minimamente a oppormi, e che, dispiegandosi in modo inesorabile negli ultimi decenni, non mi ha lasciato che un minuscolo spazio vitale, l’Intercapedine Esistenziale. È come se uno dovesse restare immobile in una posizione scomodissima, perché sa che altrimenti gli accadrebbe qualcosa di terribile, e potesse fare solo minuscoli movimenti, come arricciare il naso, alzare gli alluci, spianare la fronte, stringere le chiappe. Tutte azioni che, non cambiando la forma del corpo, non tolgono nulla allo spazio circostante, cioè a lei.

    Ma che cosa vuoi?! Cos’è quest’ironia da quattro soldi? mi dice la Femmina Emancipata Autocosciente. Hai fatto il padre- padrone per migliaia di anni, e adesso hai anche il coraggio di lamentarti?

    Beh, veramente ribatto, sei tu che ti lagni di avere una scarsissima scelta maschile. In fondo, se lo spazio disponibile è questo, non è che io possa fare molto...

    Ma nell’Intercapedine incalza lei, ci sei finito tu da solo! E comunque era ovvio che io debordassi, dopo tanta umiliazione. Eri tu che dovevi arginarmi! Un vero uomo avrebbe difeso il suo spazio, avrebbe combattuto!

    La signora ha detto bene: un vero uomo avrebbe agito in questo modo. Non il Maschioincrisi, perché il Maschioincrisi, per definizione, non agisce, non fa azioni.

    Come non fa azioni?! interviene stupita la Voce Fuori Campo.

    No, non ne fa neanche una rispondo io.

    Ma scusa insiste, lo vedo che si sbatte come un matto dalla mattina alla sera!

    "Sì, certo, ma ciò non significa che agisca."

    E allora cosa fa?

    Aspetta che accadano le azioni che fa.

    Non capisco, come fa uno ad aspettare che accada ... qualcosa che poi alla fine è comunque lui a fare?

    Te lo spiego: quando la vita di coppia mi chiama a fare un

    gesto adulto (decidere, intraprendere, definire), cado subito in un compiaciuto standby e compio una sequela di azioni maldestre e contraddittorie la cui risultante, in un tempo estenuato, è che quel gesto alla fine accade, trascinandomi con sé. Io perciò non agisco. Al massimo ripiego, compenso, implodo, piango, mi ammalo, guaisco, manipolo, attendo, contorco, spengo, ovatto, rimando, taccio, disoriento, ometto, intorto, sfuoco, distolgo, evito, confondo, svio, logoro, alterno, sfumo, canticchio, sbuffo. È questo il mio modo di affrontare la realtà. E non è che non m’impegno. Anzi, spesso do tutto me stesso, ma le mie azioni si servono di questi verbi, e il risultato è quel che si vede.

    È per questo che stavo per arrendermi: perché sono un vigliacco, un nevrotico, e non ho neanche provato a capire cosa mi stia accadendo. Sono un uomo attualmente privo di quello che i latini chiamavano amor fati, cioè della passione che, accettando in pieno le difficoltà della vita, getta il cuore oltre la siepe, la mente oltre la logica e il pisello oltre la paura. Soltanto la voce tuonante del Vecchio, questa parte che abita i fondali della mia psiche, è stata capace di destarmi. E, ora che si è fatta sentire, non la posso proprio ignorare.

    Il Grande Uomo Di Due Milioni Di Anni, infatti, è molto discreto: se ne sta tranquillo nel suo mondo arcano e lascia all’omino individuale una libertà pressoché totale, eccetto che di fronte a un serio pericolo di estinzione per questo suo figlioccio. Quindi, se ha parlato, deve essere accaduto qualcosa di veramente grave. Ma cosa può averlo fatto arrabbiare così? Quale enorme evento gli ha fatto percepire il pericolo?

    Un sorrisetto.

    Un sorrisetto?

    Sì, un sorrisetto che ha colto l’altro giorno sul viso di una tizia, all’incirca sui quarant’anni, che parlava con due amiche alla fermata dell’autobus:

    "Lui ce la mette anche tutta, poverino! (sorrisetto pietistico)...

    Con i bambini poi è meraviglioso, potrei dire che è un mammo perfetto (sorrisetto sarcastico)... E poi, per carità, è un gran lavoratore (sorrisetto serioso)... Non posso neanche dire che non scopa, perché quello che deve fare lo fa (sorrisetto compiaciuto)... Ma il punto è che io a letto con lui non sudo (sorrisetto arrendevole)... Non so se mi spiego: non-su-do (sorrisetto occhieggiante)."

    Sì, sì, ti capisco, annuisce una delle amiche, però lui almeno ti vuole. Il mio invece mi cerca una volta al mese, quando va bene!

    Sì ma io non sudo! Manuel invece mi fa sudare (sorrisetto supponente).

    Chi?!?!? chiedono in coro le comari. Il fisioterapista dello sporting?!

    Cosa vi devo dire? Sarà grezzo, sarà stronzo, però io con lui sudo. E anche tanto! (sorrisetto consapevole ... Vi dico solo che, quando esco, sul lettino rimane la mia sindone (sorrisetto isterico)...

    La sindone? domandano trasognate.

    Sì, lui la chiama così (sorrisetto deciso)... All’inizio mi faceva un po’ impressione (sorrisetto stupito)... Ma adesso mi sento quasi orgogliosa (sorrisetto fiero)...

    Ma Sergio sospetta qualcosa?

    "Non credo, non si accorge di niente (sorrisetto indispettito).

    Del resto io ho bisogno di sudare. E lui, mi spiace dirlo perché comunque è il padre dei miei figli e blablablà, non sa farmi sudare (sorrisetto crudele)."

    Eccolo il sorrisetto che ha risvegliato il Grande Uomo. Di tutti gli altri se ne frega: lo vede che si tratta di chincaglieria. Ma in quest’ultimo ha riconosciuto quel qualcosa di tipicamente femminile e di radicalmente insopportabile che avvelena i rapporti attuali fra Maschioincrisi e Femmina Emancipata Autocosciente. Qualcosa che rema contro la mia stessa sopravvivenza di maschio.

    Per capire bene di cosa si tratta bisogna ritornare sull’ultima frase della signora, pronunciata con voce stridula e saccente e accompagnata da uno sguardo tagliente e soddisfatto: Non sa farmi sudare.

    Appare evidente che l’affermazione della sua modernità di donna (Io sono consapevole della mia sessualità e quindi suderò) e della sua autonomia (Io sudo con chi voglio e quando voglio, visto che non mi fa sudare lui), debba per forza accompagnarsi allo svilimento esibito del partner, come se il gesto della sudata, da solo, non fosse abbastanza appagante.

    In fondo la contessa poteva limitarsi a dire che al suo matrimonio mancava eros. Che male c’è nel confidarsi con le amiche? Nessuno. Ma, se fosse in buona fede, avrebbe potuto mostrarsi almeno un pelino dispiaciuta per il dover tradire. E invece no: ci da dentro, come se nell’intimo si divertisse.

    Tsè, figurati se una si diverte a prendere per il culo il marito! dice il Luogo Comune, sempre in agguato nel mio teatrino mentale.

    Sì, si diverte! ribatto io. Anzi, è peggio: ne gode. Lo svilisce e, mentre lo svilisce, ne gode!

    Ma non è possibile, dai! riafferma il Luogo Comune, chiamando a sé il Buon Senso, suo amico d’infanzia.

    Se vi dico che ne gode, insisto, dovete credermi! Guardate: vi faccio un fermo-immagine. Osservate bene il suo sguardo.

    Ti dirò... dice il Luogo Comune, ma sai che forse ... a osservare meglio... Però no, non può essere. Si tratterà di un artefatto.

    Non è un artefatto! Siamo qui in tre e stiamo vedendo tutti la stessa cosa. Abbiate il coraggio per una volta di rinunciare al buonismo di cui siete intrisi. Mi avete già fatto abbastanza danni con questa roba!

    Il Luogo Comune e il Buon Senso, scossi dal mio tono insolitamente perentorio, decidono allora di convocare la Ragionevolezza per avere una consulenza meno emotiva. E tutti e tre insieme si mettono a osservare il fermo-immagine della sudatrice, colta proprio nel momento in cui sta pronunciando la frase sotto accusa: ‘non sa farmi sudare’.

    Dammi il sonoro chiede il Luogo Comune.

    Eccolo rispondo prontamente.

    "Sì, in effetti l’accento cade forte sulla a riflette la Ragionevolezza, e la voce è davvero molto saccente."

    E anche gli occhi, ragazzi! dice tremolante il Buon Senso, guardate il taglio delle palpebre... brrr, mi mette una paura!

    Allora? chiedo. Che ne dite?

    Accidenti! Hai ragione! Sta godendo! ammette frastornato il Luogo Comune.

    Fate guardare anche a me! Fate guardare anche a me! grida arrivando in corsa il Pensiero Scientifico, che non vuole sentirsi tagliato fuori da una scoperta di tale portata.

    Osserva! gli dice la Ragionevolezza. È pazzesco: la signora ha gli occhi spiritati!

    Il Pensiero Scientifico osserva con occhio attento e sperimentale.

    Poi, dopo un minuto di angosciante silenzio, solleva la testa e, in tono severo, proclama:

    Sì, non c’è dubbio alcuno, signori miei. Nel pronunciare quelle parole la signora ha lo sguardo che gode.

    Incredibile...! esclamano gli altri tre.

    Mi confermi dunque gli chiedo, che quella donna è esaltata dal crollo dell’immagine del suo uomo, padre dei suoi figli?

    Tutto questo ha un nome, signori, continua il Pensiero Scientifico, lavandosi le mani nella bacinella che la Sete Di Sapere, sua ancella, gli offre con solerzia, e questo nome è sadismo.

    Vi rendete conto della portata di ciò che state dicendo? chiede agitato il Buon Senso, che fa sempre fatica a prendere atto della realtà. Abbiamo bisogno di una controprova!

    C’è solo una cosa da fare propone la Ragionevolezza. Chiamare il Bastiancontrario. Solo lui potrà dirci con assoluta certezza se il sorrisetto sia realmente sadico.

    Bastian! Bastian! gridiamo allora tutti insieme.

    Arrivo, caaalma, caaalma dice Bastian in tono paternalistico.

    Non c’è niente per cui agitarsi. Quale sarebbe il problema questa volta?

    Qui c’è una donna gli espone con fervore il Luogo Comune, che gode della presunta inadeguatezza erotica del marito.

    Ma va là! Piuttosto starà mascherando la sua sofferenza con un sorriso. È un chiaro gesto di sensibilità verso le amiche. Siete i soliti esagerati. Scansatevi! Fatemi guardare.

    Il Bastiancontrario si china sull’immagine ma, appena la osserva, comincia subito a star male. Si porta le mani al petto e alla gola, in preda a una stretta che gli impedisce di respirare. Prova a dire qualcosa ma riesce a emettere solo qualche rantolo, fino a quando, dopo pochi secondi, stramazza al suolo tra lo stupore degli astanti.

    Bastian! Bastian! cerca di scuoterlo il Buon Senso. Rispondi Bastian! Parla, dì qualcosa!

    Lascialo andare. Non vedi che è morto? dice la Ragionevolezza.

    È incredibile! soggiunge il Luogo Comune. Per la prima volta in vita sua non ha potuto negare l’evidenza. Questa verità è così lampante che l’ha ucciso, povero Bastian!

    Pochi sentimentalismi, amici! afferma autorevole il Pensiero Scientifico. A parte il fatto che ci siamo liberati di un gran rompiscatole, dobbiamo subito intervenire per bloccare gli effetti di quel sorrisetto sadico. Vedi ragazzo, dice prendendomi sottobraccio, "alla scienza non basta una verità una volta sola. Servono prove inconfutabili e argomentazioni serie, basate su dati di fatto. Hai per caso altre prove di questo sadismo?"

    Altre prove? Sì, certo! Quel sorrisetto è lo stesso di molte altre volte. Lo trovo lì, sul volto della donna, quando in una discussione riesce prevalere sul partner, o quando ottiene un successo professionale a spese di un collega maschio. E lo ritrovo là, nelle cene tutte al femminile, quando espone i flop sessuali degli uomini che ha avuto, o quando dice a un partner occasionale: 

    Dai, vediamo cosa sai fare!

    È lui, è il Sorrisetto Sado-Sferzante, che fa partire nelle donne un brivido di onnipotenze che erano sì già scontate, ma che è tanto bello riprovare ogni volta, perché dentro c’è di tutto: soddisfazione, compiacimento, conferma, stizza, vendetta ed anche voglia di infliggere, simile a quella di alcuni bambini che torturano piccoli animali senza sapere perché lo fanno.

    Ma con chi ce l’avete? mi vien da chiedere.

    Con le millenarie sopraffazioni da parte del maschio! rispondono tutte in coro.

    Okay, nessuno mette in dubbio le millenarie sopraffazioni. Però si dà il caso che io Maschioincrisi abbia solo cinquant’anni, non diecimila! Non posso essere stato io a sopraffarti. Già sono qui che mi sopraffaccio da solo!

    È evidente, tuttavia, che non posso chieder loro una risposta obiettiva: sono ancora troppo coinvolte, e lo comprendo. Perciò proverò a rispondere io. Lo farò attraverso un parallelo biografico tra due grandi personaggi della storia: la Mia Bisnonna Carlotta e la Ventiduenne Tagliente Del Ventunesimo Secolo.

    La Bisnonna nacque nel 1890 in una frazione di un Paese Minuscolo, in una cascina in mezzo al niente e a una rigida catechesi da Controriforma. Data a balia fino a sette anni a una famiglia di contadini analfabeti, venne poi riportata a casa, dove fu affidata alle amorevoli cinghiate del padre-padrone e dovette assistere la nonna nella sua lunga malattia terminale. In quest’atmosfera da mille e una notte, la vita della piccola Carlotta – che dentro di sé, nell’intimo, era già bisnonna – si snodava tra i rosari vespertini delle beghine locali e raggiungeva il massimo svago nella messa domenicale, allorché le era concesso di correre sul sagrato e di avere accesso, a pranzo, alla coscia del pollo, di solito riservata ai maschi di casa.

    Trascorsa l’adolescenza in un’alternanza di salmi in gloria e di molestie sessuali da parte dei fratelli, con la zia materna che la obbligava a dormire con le mani giunte sul petto per stroncare ogni possibilità di autoerotismo, Carlotta si ritrovò diciottenne in un matrimonio concordato dal padre per risolvere un debito di bestiame con un feroce latifondista che la giovine non aveva mai visto prima. Un evento che permise alla zelante zia di completare l’educazione sessuale della nipote, cui impose, come regalo di nozze, uno stock di mutandoni ascellari con il buco in corrispondenza della vulva, da mettere sotto la vestaglia di lino total body, ricamata dalle beghine con i simboli dell’Apocalisse.

    Così i due coniugi vissero felici e contenti. Lui, chiamato prima alla Grande Guerra e poi alle campagne coloniali in Africa, tornò a casa sette volte in sette anni. Ogni volta Carlotta, nel freddo buio della stanza da letto, sentiva il bifolco entrare da padrone sotto le coperte, cercare con mani grossolane il buco nelle mutande, inserirvi ansimando il membro eretto, emettere in pochi secondi un grugnito di cinghiale e poi mettersi a russare senza pausa, con un alito di rhum e sanguinaccio che si diffondeva pesantemente nell’alcova. Lei rimaneva lì tremante, senza ben capire di cosa si trattasse, ma sapendo soltanto che ciò doveva accadere. E solo verso la fine della vita, dopo i novant’anni, riuscì a convincersi che i sette figli, ai quali ha fatto da serva per tutta la vita, avessero a che fare con quello strano rituale, casualmente coincidente con i sette ritorni del marito.

    Diamo ora un’occhiata alla vita della Ventiduenne Tagliente Del Ventunesimo Secolo. Concepita negli anni ‘90 del secolo successivo a quello di Carlotta, viene alla luce nel reparto solventi della migliore clinica ostetrica di una Grande Metropoli. Circondata dalle cure amorevoli di genitori, nonni, cuginetti e parenti tutti, e scarrozzata ovunque con passeggini supermolleggiati, passa l’infanzia tra ludoteche e settimane bianche, parchi giochi e baby sitter diplomate, Disneyland e Sharm-el-Sheik. Scopre la masturbazione in prepubertà e ci dà dentro come una forsennata, accompagnata dai video pornografici di Internet, cui i genitori affidano l’educazione sessuale.

    Mentre percorre con successo la scuola superiore, limona con l’intera ala est dell’istituto, per poi inanellare quattro storielle erotiche, una relazione con un venticinquenne sgamato e una decina di avventure occasionali, di cui due esperimenti lesbo soft con tre compagne. Idolatrata in famiglia e sostenuta negli studi universitari, appoggiata in vacanze londinesi e foraggiata nei campus estivi, pur non sapendosi cucinare un uovo sodo comincia a sentirsi onnipotente e, ostentando la sicurezza di un attempato Nobel, comincia a giudicare tutto e tutti senza distinzione.

    In poco tempo il Sorrisetto Sado-Sferzante impazza sul suo

    volto, mentre lei, con lo sguardo di un samurai, sfida uomini di ogni età a dimostrarle la loro tempra virile. E di fronte ad ogni flop maschile, che è lei stessa a favorire con il suo castrante atteggiamento, alla sua autostima si accende un nuovo reattore che la spinge a razzo verso un’esistenza galattica.

    Ora, se c’è una, tra le due figure femminili appena descritte, che si dovrebbe incazzare (e anche di brutto), credo sia la Bisnonna Carlotta. Eppure non è lei (che – scrivono i figli sul necrologio – si è spenta serenamente a 103 anni) a essere incazzata, ma la Ventiduenne Tagliente che vive in assetto di battaglia e aspetta gli uomini al varco per ghigliottinargli il fallo e l’autostima. Allora il punto è: se è Carlotta ad avere tutte le ragioni, per quale motivo lei ha vissuto senza emettere neanche un gemito, mentre la Ventiduenne Tagliente, la cui madre è figlia della rivoluzione femminista, manifesta quella bellicosità e quel disprezzo per gli uomini che avrebbero dovuto esprimersi sacrosantamente in Carlotta?

    La prima ipotesi è che si tratti di reincarnazione. Secondo questa fascinosa teoria l’anima di Carlotta si sarebbe reincarnata nel corpo della Ventiduenne, manifestando tutta la rabbia accumulata in una vita di soprusi. Quindi la Bisnonna, che aveva la possibilità di andare tra i martiri del paradiso, avrebbe deciso di tornare ancora per un po’ nella materia vivente per togliersi qualche sassolino dalla scarpa.

    Teoria accattivante, certo, ma che dire dei casi in cui la Ventiduenne sia nata poco prima che Carlotta morisse? Forse che la vegliarda, prima di dipartire, ha venduto l’anima all’embrione della pronipote, e ha lasciato qui, per qualche anno, un corpo vuoto e totalmente rincoglionito? Forse che durante l’estrema unzione ha sfanculato il prete, che le chiedeva inusitatamente di pentirsi dei suoi peccati, e ha fatto partire una Macumba Intergenerazionale, per cui tutta la sua discendenza femminile avrebbe perseguito con ferocia la missione di restituire agli uomini quel che aveva subito lei?

    La seconda ipotesi è che Carlotta abbia lasciato un diario con scritto tutto. Un diario che sarebbe miracolosamente sopravvissuto ai traslochi della figlia e della nipote e che un giorno, durante un ripulisti generale, sia finito nelle mani della pronipote Ventiduenne, la quale, invece di buttarlo via con indifferenza, si sarebbe seduta a leggerlo d’un fiato e, rabbiosa e commossa, si sarebbe fatta carico di vendicare la sconosciuta bisnonna.

    È anche questo molto suggestivo, ma un quesito mi sovviene: com’è possibile che la tagliente ragazza, che non si è mai interessata a nulla che non fosse il proprio ego e che ritiene preistorico tutto ciò che è avvenuto prima del 2017, possa sentire la responsabilità di portare avanti la causa di una donna le cui ossa giacciono dimenticate in un cimitero lontano?

    La terza ipotesi è l’intervento dell’inconscio collettivo. Secondo la psicologia del profondo, infatti, la nostra psiche è fatta di tre strati: in superficie c’è la coscienza (costituita da ciò che sappiamo di noi stessi e che sentiamo di essere), sotto c’è l’inconscio personale (costituito da ciò che ancora non sappiamo di noi e da ciò che abbiamo rimosso in quanto troppo doloroso) e poi, ancora più giù, c’è l’inconscio collettivo (costituito da immagini ed elementi psichici che appartengono a tutta l’umanità a prescindere dalle esperienze personali).

    È come se ognuno di noi fosse un’isola, singola, che però è collegata a tutte le altre isole dal fondo del mare, il quale appartiene a tutte e conserva gli strati – e quindi anche il vissuto – di tutte le epoche passate. Perciò, secondo questa teoria, la Ventiduenne di oggi sentirebbe arrivare, dalle sue remote profondità psichiche (cioè dall’inconscio collettivo), l’ondata del letame accumulato da tutte le donne del mondo in migliaia e migliaia di anni.

    Non sarebbe dunque lei individualmente a desiderare la punizione del maschio, ma la grande Storia che, attraverso di lei, intende cancellare il debito che ha nei confronti del femminile. Ma anche qui il dubbio mi assale: se, infatti, l’ondata di sterco non può fermarsi di fronte a nulla, perché allora si ferma davanti a quegli uomini che, ancora oggi, trattano la donna come facevano i feudatari del medioevo? Perché l’ondata si manifesta solo col Maschioincrisi? Non dovrebbe, la Necessità Storica, scagliarsi proprio contro quella parte del maschile odierno che meglio rappresenta l’orrido passato?

    Il motivo reale del Sorrisetto risiede, dunque, in qualcos’altro. Qualcosa che è sempre lì, latente, ma pronto a scattar fuori appena il contesto lo permette. Lo si vede bene quando una donna intraprende una psicoterapia.

    Vi approda tutta mogia e con la netta convinzione di essere inadeguata. Il marito, fino a quel momento, è per lei un uomo autorevole, certo con i suoi difetti, ma con valori e dignità indiscutibili. Poi però la signora, attraverso il percorso psicologico, inizia ad acquisire consapevolezza di sé. Fa, come si dice in gergo, qualche salto di coscienza. E qui viene il punto, perché, ad ogni minimo saltello, ella vede il partner come un omino sempre più limitato.

    In pratica più comprende se stessa (o crede di comprendersi), più ha la sensazione, direi la certezza, che il partner sia un mezzo coglione, forse anche volenteroso ma incapace di fare i progressi che sta facendo lei. E noi certo non sappiamo se costui sia effettivamente un grezzo monolito psichico, incapace da sempre di capirla, oppure un uomo comprensivo e innamorato anche dei limiti della moglie. Quel che conta è che ora, signore e signori, LEI ha fatto il balzo quantico! LEI è diventata autocosciente. Fermi tutti! È LEI che ora ha capito!

    La donna sobbalza, saltella e smania sulla poltrona del terapeuta, che deve adoprarsi con mestiere per tenerla seduta e spiegarle che il marito non deve per forza diventare un coglione solo perché lei ha capito qualcosa di più di se stessa. Ma ormai qualcosa le è scattato fuori dal profondo e non si ferma. E allora assegniamo un nome, a questo qualcosa di cui nessuno vuole parlare! Io, umilmente, l’ho chiamato Istinto Opzionale Di Prevaricazione.

    Si tratta di un riflesso arcaico per il quale la donna, messa nelle condizioni ideali per sviluppare la propria personalità, considera l’uomo che ha accanto come inferiore e subalterno, e prova piacere nel vederlo annaspare. La sua affermazione perciò, per essere appagante, deve per forza accompagnarsi a uno svilimento del maschile, e, se

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