Manfredonia, storie d'amore e di magia
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E quegli amori danno vita a storie di passione, di tormento, di speranza, di gioia, mescolando la magia degli incontri furtivi e dei baci rubati al misticismo ancestrale delle credenze popolari, dove una predizione o una fattura può cambiare per sempre il destino di due amanti...
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Recensioni su Manfredonia, storie d'amore e di magia
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Anteprima del libro
Manfredonia, storie d'amore e di magia - Teresa La Scala
http://write.streetlib.com
Prefazione
Fotografie dal passato
Un regalo inaspettato è stata per me la richiesta da parte di Teresa La Scala di scrivere una prefazione a questo suo libro, una raccolta di storie che ai miei occhi è una vera sorpresa.
Teresa e io, infatti, siamo accomunate da un percorso molto simile, seppure in ordine differente: amore per la lettura, laurea, maternità, scuola, scrittura e giornalismo per l’informazione locale.
Occuparsi degli accadimenti della propria città e fare informazione in un luogo ristretto e, per così dire, paesano come Manfredonia porta inevitabilmente a parlare con la gente comune. Gente che spesso vede in te una persona disposta all’ascolto, il che la porta a confidarsi e quindi a raccontare di sé, condividendo anche racconti di vita molto intimi.
Mi sento perciò molto vicina a questo lavoro di Teresa e, allo stesso tempo, comprendo la sua necessità, una volta partita per la Svizzera, di raccontare e condividere queste storie. Quasi un desiderio, un’impellenza nata da quella nostalghia che prende chi lascia il proprio paese, volontariamente o no, e che tiene in qualche modo legati alle proprie radici.
Teresa, con un linguaggio lineare e scorrevole adeguato alla schietta semplicità dei racconti, ci presenta qui una sorta di Spoon River dell’amore e della magia, che ci riporta a una Manfredonia di un passato neanche troppo remoto.
Leggendo queste storie si ha come l’impressione di entrare nello studio del fotografo Valente, citato nel racconto Un colpo di fulmine lungo sessant’anni. I fratelli Valente, attivi a Manfredonia dalla fine del ’900 fino ai primi anni ’80, nella loro camera di posa sistemavano i clienti in maniera minuziosa affinché la foto non risultasse scontata o addirittura banale, e poi la ritoccavano e la coloravano, rendendola quasi viva. Così fa Teresa nel delineare e dipingere i personaggi dei propri racconti. I capelli, l’aspetto fisico, gli abiti, le case sono dettagli che costituiscono parte integrante di ogni narrazione.
Lo stesso rilievo acquistano le usanze tipiche dei nostri luoghi, e quindi, trattandosi di storie d’amore, si parla di corteggiamento, fidanzamento e matrimonio. Esempi? La preparazione della trapunta, l’esposizione del corredo (che doveva essere necessariamente copioso), lo scarno buffet a base di dolcetti e rosolio in casa, oppure il ricevimento nell’elegante Albergo Daniele, a seconda delle possibilità economiche.
E che gradevole sensazione ritrovare nel corso della lettura quella parola in dialetto, quel modo di dire tutto paesano, che ci immergono ancora di più nell’ambiente locale.
Storie d’amore d’altri tempi, ambientate tra gli anni ’40 e ’60, quando si guardava l’amato o l’amata da lontano, ci si incontrava di nascosto tra i tanti fichi d’India che circondavano Manfredonia o nella pineta intorno al castello. Poi, quando si voleva ufficializzare la cosa, la richiesta del permesso ai genitori, dopodiché ci si poteva vedere alla luce del giorno, andare al cinema o alle feste… ma solo se accompagnati dalle sorelle più piccole, a garanzia che i due innamorati, per così dire, si comportassero bene
. Oppure ci si vedeva a casa, sotto l’occhio vigile di mammà.
Ma, come sappiamo, pratica comune era anche la fuitina
per accelerare le cose, o per la smania di desiderio troppo a lungo repressa. I matrimoni riparatori che seguivano erano celebrati in sacrestia, senza abito bianco e senza festa, a sottolineare l’onta dello sbaglio.
Ancora più delicate ci appaiono queste storie d’amore quando apprendiamo che, come ci informa l’autrice, vengono dai ricordi di chi le ha realmente vissute. E facilmente ci immaginiamo i volti degli ignoti testimoni, sentiamo le loro emozioni, e l’interiore nostalgia di quei momenti.
Ma le storie d’amore hanno spesso infiltrazioni da territori magici. Teresa infatti ci racconta anche di fatture, di masciari e cuccuéscje, di segni premonitori e viaggi esoterici. Tutte storie che, se non fossero state raccolte in questo romantico volumetto, sarebbero rimaste chiuse nell’immaginario e nella memoria di chi le ha raccontate.
E dall’immaginario di Teresa, dal tipo di racconti che si inventano per i bambini, viene la storia dei due innamorati Manfredi e Onia, improbabili fondatori della nostra città. Anche in questo racconto ribaltante nel fantastico, una fiaba che chiude la raccolta, si parla d’amore e di magia. Ci piace considerarla un foreshadowing, un’anticipazione, di un nuovo lavoro di Teresa che ci auguriamo di leggere presto.
E che dire dell’Introduzione di Teresa al suo stesso libro? È quasi un altro racconto, una storia che va ad aggiungersi a quelle raccolte. È la più intima delle storie, quella della passione per la lettura prima, poi per la scrittura e per il giornalismo che le ha fatto scoprire, come lei stessa dice, il valore dell’esistenza quotidiana e della ordinarietà delle vite senza storia.
Spoon River, appunto.
Manfredonia, 10 novembre 2017
Mariantonietta Di Sabato
Introduzione
Questo è un libro d’amore.
Innanzitutto d’amore per la scrittura, un aspetto della mia essenza più profonda che ho tenuto sopito per lungo tempo.
Da piccola ero ammaliata dalla poesia: rimanevo incantata di fronte alla possibilità di dire cantando, di legare le parole con la rima, di creare una ragnatela così fitta di echi e rimandi che niente riesce a dissolvere, si imprime nella memoria e non la scordi più.
Sono cresciuta tra i poeti cari a mia madre, Pascoli e Montale, Eluàrd e Neruda, Prèvert e Ungaretti: mi piacevano la cullante sonorità di Pascoli e i lievi turbamenti che mi procuravano Neruda ed Eluàrd, con le loro poesie trasudanti sensualità e umori.
Dal leggere poesie a scriverne il passo fu breve. Breve anche di durata: smisi in fretta di sognare di fare la poetessa, ma mi rimase una forte propensione alla versificazione, per cui tra amici e conoscenti divenni l’addetta ufficiale a biglietti di auguri per nascite, compleanni e ricorrenze varie.
Intanto la passione per la scrittura cresceva, di pari passo con quella per la lettura.
Facevo letteralmente incetta di tutti i libri disponibili in casa: Pavese, Wilde, Petronio, Moravia, Carlo Levi, Cassola, Apuleio…
Ad un certo punto credo che i miei avessero ritenuto opportuno comperarmi dei libri più consoni alla mia età, Capitani Coraggiosi, Zanna Bianca, Robinson Crusoe, Kim, anche se, a pensarci adesso, non mi spiego perché non avessero mai scelto titoli un po’ più… da femminuccia.
Fatto è che, non appena ne ebbi la possibilità, mi fiondai su Anna dai capelli rossi, Peter Pan e Alice nel Paese delle Meraviglie.
Poi fu l’avvento de La Storia Infinita, che segnò una svolta decisiva nel mio rapporto con la scrittura, e con i libri: in quel momento realizzai che i libri vivono, e possono; sono strumenti potentissimi di creazione, come una poesia tessono legami indissolubili tra lettori in tutto il mondo, che